SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
FEDE E RAGIONE

EVOLUZIONE DEL RAPPORTO 
FEDE-RAGIONE
(Da Agostino a Ockham a Tommaso d'Aquino )
(III- XIII SEC.)


Questo approfondimento vuole mettere in evidenza le varie tappe di sviluppo
del rapporto fra fede e ragione. 

Volendo contestualizzare l�argomento � doveroso mettere in evidenza la rilevanza del problema. Ci troviamo infatti in un epoca quasi di �transizione� (dal III secolo d.C. in poi), un epoca in cui si introducono "nuove" riflessioni filosofiche, e ci � possibile constatare come i maggiori pensatori del periodo si siano dovuti confrontare con la questione. 

Il contrasto esasperato fra fede e ragione non ebbe molta fortuna nella filosofia medioevale poich� si pens� sempre ad una loro armonia. L�analisi infatti � volutamente limitata ad alcuni filosofi poich�, a causa della vastit� e complessit� del problema non � possibile trattarli tutti. Un filosofo che ha avuto una notevole rilevanza � S. Agostino (1) di cui si tratta il modo di concepire il rapporto fra fede e ragione. Una famosa citazione del santo "crede ut intelligas et intellige ut credas" � quantomai opportuna in questa analisi. Essa sintetizza infatti la sua teoria: credi per capire e capisci per credere, significa che per trovare la verit� (cio� capire) � necessaria la fede (credere appunto), ma al tempo stesso, per avere una fede consapevole � necessario l�uso dell�intelletto. Si viene quindi a creare fra regione e fede un rapporto di stretta e diretta connessione, e si configurano come due aspetti di quella realt� esistenziale che � il rapporto fra uomo e Dio. 

Per Agostino, la filosofia non cerca tanto la "verit�" in quanto tale, quanto piuttosto cerca di spiegare la verit� Cristiana. E� cos� che la filosofia assume quella che viene detta la finalit� apologetica, cio� ha un suo scopo ben preciso, infatti quello di Agostino non � un pensiero sistematico come quello di Plotino o Aristotele, ma il suo filosofare nasce dall�esigenza di dare delle risposte sul piano �culturale� a questioni e problematiche inerenti la dottrina Cristiana.

Si � parlato di evoluzione del rapporto, e una vera e propria evoluzione emerge dal confronto di Agostino con Anselmo d�Aosta. Una sua frase significativa "credo ut intelligam" evidenzia una �precedenza� della fede rispetto alla ragione. I termini sono gi� differenti rispetto ad Agostino, non si pu� capire se non si ha fede; tuttavia essa deve essere dimostrata e confermata con motivi razionali. L�accordo tra ragione e fede � essenziale, ma se ci fosse un contrasto, bisognerebbe mettere in discussione la ragione e basarsi sulla fede. In questo caso c�� quasi una subordinazione, ma Anselmo asserisce che tale contrasto non ci pu� essere poich� la ragione e la fede hanno la stessa natura, cio� derivano entrambe dalla illuminazione divina. E� interessante considerare Anselmo anche sotto la prospettiva storica, in quello che � il suo contesto, cio� l�XI secolo d.C.. 

Si comincia a pensare che la ragione possa integrare verit� che sono date e sono solo da accettare. Si consideri che questa nuova concezione non � mossa solo dalla nuova prospettiva del rapporto, infatti � opportuno considerare anche la prova ontologica cio� il fatto che Anselmo port� a pensare che fra intelletto e realt� ci fosse connessione. Tuttavia la critica di Gaunilone (abilmente evitata da Anselmo) mette in evidenza come sia diverso il piano del pensiero e delle possibilit� da quello della realt� effettiva, pertanto dalla possibilit� concettuale non deriva una convincente prova ontologica. 

Siamo agli inizi di un risveglio filosofico in cui la ragione ha tutta la dignit� per essere praticata e la formula fede-ragione comincia ad essere considerata come una formula che ha conclusioni positive. Radicalmente opposto al "credo ut intelligam" di Anselmo d�Aosta troviamo "intelligo ut credam" di Abelardo. Non si pu� credere se non a ci� che si conosce e si deve in ogni caso discutere se si debba o no avere fede. Si deve credere all�autorit� fintanto che non si � compreso la dimostrazione di ci� che essa vuole insegnare, ma la fede stessa diventa inutile nel momento in cui la ragione ha la possibilit� di accertare in modo autonomo la verit�. 
Se non si dovesse discutere nemmeno di ci� che si deve o non si deve credere, non avrebbe differenza credere il vero o credere il falso. A differenza di Anselmo in cui la maggiori implicazioni partivano dalla prova ontologica, in questo pensatore � proprio la nuova prospettiva del rapporto fede ragione che ha le pi� rilevanti conseguenze. La ricerca di Abelardo � infatti impiantata su nuove basi, si rileva infatti come egli vuole mostrare la necessit� di adoperare la ragione per risolvere i contrasti e trovare la soluzione. 

Questa nuova metodologia di indagine consiste nell�enunciare argomenti che si adducano pro e contro la risposta positiva e quella negativa, e infine nello scegliere una della due soluzioni, confutando quindi l�altra. Ci� � il concetto principale dei una delle sue opere maggiori, il "Sic et non". Successivamente questo metodo sar� proprio di tutti gli scolastici e si manterr� fino alla fine della scolastica stessa, proprio dopo Guglielmo di Ockham. 

Fino ad ora l�evoluzione del rapporto fede ragione non si � considerata nella sua totalit�. E� un complesso ed articolato processo che, nel caso specifico di Abelardo, si integra anche in un contesto ben pi� ampio che � la disputa sugli universali.
(UNIVERSALE: sono universali quei concetti che per la loro generalit� sono predicabili di pi� entit� individuali: p.e. � universale il concetto di "uomo", perch� � predicabile di singoli individui. Nel corso del XII sec. si accese una disputa intorno alla reale natura di questi concetti: alcuni (Anselmo, Guglielmo di Champeaux) ritengono che agli universali corrisponda una reale struttura ontologica, che trascende il mondo sensibile e gli fa da modello (Realismo); altri (Roscellino) sostengono invece che non hanno alcuna realt�, ma sono puri nomi, segni convenzionali, e hanno la loro esistenza solo nella voce che li pronuncia (Nominalismo); a queste tesi si oppose Abelardo, sostenendo che gli universali non sono n� entit� trascendenti, n� puri nomi, ma semplici significati logici.)

La concezione di fede e ragione ci permette di definire la metodologia di indagine, ma non � possibile ignorare le conseguenze nell�ambito delle dottrine teologiche come il modalismo, il necessitarismo e l�ottimismo metafisico.
(OTTIMISMO: "E� la dottrina secondo la quale il bene, sia nel significato naturale, sia in quello morale, predomina sul male, che sarebbe soltanto relativo e apparente." - Dal "Dizionario di filosofia e scienze umane" Emilio Morselli)

 La connessione fra fede e ragione � meno rilevante nell�analisi delle filosofie islamiche ed ebraiche. In particolare in Avicenna ed Averro� si parla di necessit� dell�essere, della dottrina dell�intelletto, dell�ordine necessario del mondo, del concetto di eternit� dell�universo e della doppia verit�, ma tutte queste tematiche non presentano al loro interno riferimenti alla fede. C�� come una prevalenza assoluta dell�intelletto che, nell�azione combinata di quello potenziale e quello attivo, astrae dalle rappresentazioni sensibili i concetti e le verit� universali (quest�ultimo � un riferimento ad Averro�).

Procedendo con l�analisi troviamo Tommaso d�Aquino la cui filosofia ha come fine determinare in modo rigoroso il rapporto fra la religione e la rivelazione. In questa visione la ragione � subordinata alla fede, essa non pu� dimostrare ci� che � di pertinenza specifica della fede, altrimenti la fede stessa perderebbe di significato. Tuttavia pu� servire alla fede in tre diversi modi: pu� dimostrare i preamboli della fede, cio� quelle verit� la cui dimostrazione � necessaria alla fede stessa; la filosofia pu� essere adoperata a chiarire mediante similitudini le verit� della fede; la ragione pu� controbattere le obbiezioni che si fanno alla fede dimostrando che sono false o che non hanno forza dimostrativa. La fede e la ragione non possono trovarsi in contraddizione: la ragione ha una sua verit�, dei principi intrinseci che sono verissimi ed � impossibile pensare che siano falsi dal momento che Dio stesso � l�autore della natura umana. La verit� di ragione non sar� perci� in contraddizione con la verit� rivelata poich� la verit� non pu� contraddire la verit�. La ragione pu� indurre all�errore ed in quel caso la fede deve essere la regola del corretto procedere della ragione. 

Questa parte della filosofia tomistica � riscontrabile soprattutto in "Somma contro i Gentili".Successivamente si "assiste" a quella che viene definita la fine della scolastica, con particolare riferimento a Guglielmo di Ockham. Nella teoria della conoscenza, vengono posti notevoli limiti alla possibilit� da parte dell�uomo di comprendere la realt�. La conoscenza � infatti limitata a ci� di cui si ha esperienza, ed � particolarmente significativo il processo di astrazione conoscitiva.
(ASTRAZIONE: Questo termine passa per due fasi principali: 1. Fase logico-metafisica: per Aristotele � il procedimento che, omessi i caratteri accidentali di una cosa, ne rivela le qualit� essenziali e le considera per se stesse; quindi sono astratte le forme separate della materia, come le grandezze matematiche, l'idea della statua separata dal masso di marmo. Nello stesso senso � intesa nel Medioevo: abstrahere formam a materia intellectu = separare la forma dalla materia mediante l'intelletto. Nella logica astrarre consiste generalmente nel passare, mediante la soppressione di una o di pi� note di un concetto, a un concetto pi� generale.
2. Fase psicologica: � l'operazione spontanea per cui il pensiero isola progressivamente, nella massa dei fenomeni, le qualit� comuni ai singoli oggetti e le esprime mediante un nome comune, un concetto, un'idea generale, trascorrendo dall'osservazione dei singoli individui, alla specie e al genere, grazie a quell'altra operazione spontanea che � la generalizzazione, per cui si estende a tutta una classe, a una specie, a un genere ci� che si osserva in uno o pi� individui.)

 Volendo confrontare S. Tommaso con Ockham si nota come mentre nel primo il processo consiste nell�isolare ed astrarre ci� che � "in re", per quanto riguarda Ockham il discorso � pi� complesso. Si deve infatti introdurre la teoria della supposizione. Quella di Ockham � una posizione nominalista...
(NOMINALISMO: Una delle soluzioni date nel medioevo al problema degli universali suggerito da un passo dell' Isagoge di Porfirio alla logica aristotelica, il quale aveva lasciato in sospeso la questione se i genera e le species, cio� i concetti universali, esistono in natura come sostanze o siano solo oggetti della mente. Quelli che ritennero che gli universali non esistessero nella realt�, ma fossero solo segni verbali significanti i caratteri comuni ad un determinato gruppo di realt� singole, furono detti nominalisti).

 ... per comprendere ad esempio la parola uomo, ogni individuo, anzich� fare riferimenti ad enti empirici, considera uomo come segno dell�universale. Se si pensa all�universale di uomo, si pensa ad un uomo specifico dal quale poi si astraggono gli elementi che ne caratterizzano la sua specificit�.
 
Un sistema conoscitivo basato esclusivamente sull�esperienza empirica pone come gi� detto dei limiti alla conoscenza; si viene a creare un problema che sembra privo di soluzione: l�indimostrabilit� degli argomenti teologici. L�uomo infatti non pu� raggiungere niente che trascenda l�esperienza. Non � possibile quindi provare ontologicamente l�esistenza di Dio. Tuttavia la fede non deve essere negata, ma un conto � l�oggetto di fede, altra cosa � l�oggetto di scienza. A differenza di Tommaso, non c�� in Ockham una diretta connessione fra fede e conoscenza. Si crea anche un�altra problematica, infatti � vero che non � possibile, ontologicamente parlando, dimostrare l�esistenza di Dio, ma allo stesso modo non � possibile dimostrarne il contrario, cio� la non esistenza. 

In definitiva, il reale � indagabile solo entro certi limiti, la conoscenza diversa da quella empirica � solo illusoria: � proprio su questo concetto che si basa la critica alla metafisica tradizionale. 

(1) AGOSTINO AURELIO (354-430). Nato a Tagaste nell�Africa romana, a diciannove anni la lettura dell� "Ortensio" di Cicerone lo avvicin� alla filosofia. In un primo tempo ader� alla setta dei manichei per poi convertirsi tra il 384 e il 387 al cristianesimo. Trasferitosi a Milano all�et� di trent�anni per insegnare retorica, fu colpito dall�esempio del vescovo Ambrogio che lo persuase della verit� del cristianesimo e divenne catecumeno. Agostino, dopo la lettura di alcuni scritti di Plotino, arriv� a sostenere l'esistenza del mondo intellegibile contro ogni materialismo e scetticismo. Ritiratosi nella sua villa a Cassiaciaco compose le sue prime opere: "Contro gli Accademici", "Sull�ordine", "Sulla beatitudine", "Soliloqui". Dopo il sacco di Roma del 410 decise di comporre "La citt� di Dio". L'opera venne redatta in risposta alle accuse dei pagani, secondo le quali l'origine della decadenza romana era dovuta ai cristiani. Consacrato vescovo nel 425, mor� ad Ippona (oggi Annaba).

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Relatore: Luca Torre
DEL LICEO "PIERO DELLA FRANCESCA" DI SANSEPOLCRO (AR)


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