SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
ANTONIO DUCATI (1 di 2)

 I GRANDI IMPRENDITORI, LE GRANDE LEGGENDARIE IMPRESE 

LA STORIA DI UNA GRANDE

IMPRESA BOLOGNESE

PREMESSA

La seguente relazione si pone come obiettivo la produzione di una breve e sintetica analisi storica ed economica di una grande azienda, la DUCATI, da quando i tre figli di ANTONIO CAVALIERI DUCATI  fondarono a Bologna un’industria di materiale radio che divenne in pochi anni una delle maggiori fabbriche del mondo che impiegava migliaia di operai, fino ai giorni nostri, quando il marchio ducati è ancora uno dei più stimati del settore anche se molti cambiamenti e molte innovazioni sono avvenute con il passare dei decenni.

Uno degli elementi più importanti della storia di questa impresa bolognese con slancio e ruolo internazionale è stato sicuramente la storia stessa della famiglia Ducati medesima. Famiglia di antiche origini (si veda il capitolo specifico più avanti), i Ducati diedero il proprio nome al marchio di una delle più importanti industrie emiliane con fama mondiale. 

Il nome di questa antica famiglia, che invece di vivere di ricordi seppe interpretare ed utilizzare le novità tecnologiche del XX secolo, divenne sinonimo di una moderna famiglia di imprenditori che quotidianamente si è affermata nel mondo della produzione industriale. 

Nel 1882 ANTONIO CAVALIERI DUCATI si laureò in ingegneria industriale al Politecnico di Milano e iniziò ardite opere di ingegneria idraulica e ferroviaria; poi una trentina di anni dopo, nel 1924, suo figlio Adriano riusciva a collegare, per la prima volta, l’Italia all’America con un sistema a onde corte con minima potenza.

Come già detto in precedenza, vi poi la fondazione dell’industria bolognese di materiale elettrico. Nel 1990, dopo oltre un secolo, la ducati vede sventolare il suo marchio sul podio del campionato mondiale delle super moto: negli Stati Uniti d’America ed addirittura in Malesia, i migliori piloti, guidati da Marco Luchinelli, si aggiudicarono, alla guida di bimotori con le stemma della casa motociclistica bolognese, tutte le vittorie, piegando la resistenza e la concorrenza delle celebri moto giapponesi.
È stato questo, sicuramente, un ottimo mezzo per diffondere il valore e la notorietà dei prodotti ducati. Inoltre, last but not least, questi trionfi nell’estremo oriente hanno rappresentato il miglior modo per festeggiare il centesimo compleanno di questa famiglia di imprenditori bolognesi.

Da Borgo Panigale, piccola zona del Comune di Bologna, ai podi dell’Asia, è questo il miglior modo, almeno noi crediamo, per simboleggiare la parabola ascendente di questa impresa che ha saputo attraversare tutti i periodi della nostra storia patria, divenendo, come altre imprese a carattere famigliare (dalla Barilla alla Zanussi), uno dei pilastri della piccola e media industria italiana, contribuendo al buon andamento dei nostri rapporti di import-export con il resto del mondo.

Un’altra parte del seguente elaborato analizzerà la situazione interna e l’organigramma dell’impresa da un lato più tecnico volendone mettere in rilievo, attraverso un paragone, i maggiori cambiamenti avvenuti nell’ultimo cinquantennio.

LA FAMIGLIA CAVALIERI DUCATI

Le radici storiche

Le origini della famiglia Cavalieri Ducati affondano in epoca molto antica e ciò è dimostrato, tra l’altro, dall’appartenenza di tale famiglia al novero delle famiglie nobili d’Italia.
Per avere maggiori informazioni sulle origini e sull’evoluzione della propria famiglia, lo zio paterno Cavaliere Ducati, iniziò delle ricerche attraverso uno studio araldico già all’inizio del secolo, e negli anni ’30, il Cav. Bruno affidò l’incarico di proseguire l’opera investigativa all’Istituto Genealogico Italiano del Conte Piero Guelfi Camaiani. Nel “Libro d’oro della nobiltà italiana” (edito nel 1976) si legge quanto segue:

“Antica e nobile famiglia romagnola, originaria della Sardegna, patrizia di Ferrara e signora di Castelsaggio. Con patente del 5 aprile 1582, conservata nell’Archivio di Stato a Vienna, la nomina a Conte del Sacro Romano Impero da parte dell’Imperatore Rodolfo I° d’Austria. Fra i personaggi più illustri il grande scienziato matematico e ottico Bonaventura, fondatore del calcolo sublime. Nobili di Comacchio con Decreto Ministeriale di Riconoscimento in data 02-08-1938 e successivo 23-12-1938”.

Antonio Cavaliere Ducati, tra famiglia e impresa

L’ingegnere Antonio Cavaliere Ducati discendeva, come si è visto, da una nobile e antica famiglia nobiliare. Suo padre era il sindaco della città, il dottor Carlo, medico e patriota esiliato a Costantinopoli durante il Risorgimento.  Suo zio era Giovanni Cavalieri Ducati, uomo ormai anziano che, affezionatosi al giovane nipote ne divenne mecenate facendolo laureare in ingegneria al Politecnico di Milano. Durante i suoi studi Antonio conobbe e frequentò Ernesto Breda: i destini dei due si sarebbero di nuovo incontrati anni dopo quando si ebbe, ad opera dei loro successori, l’unificazione tra la Breda e la Ducati. 

Nel 1885 l’ing. Ducati svolse la sua prima attività per una fabbrica di aghi da cucire e, avviatosi alla specializzazione in campo idraulico, impiantò una pila idraulica per il Conte Aria di Marzabotto.
Alla fine del XIX secolo l’Italia era sconvolta a seguito di una grave epidemia di colera e gli studi di medici e specialisti cominciarono a sottolineare gli stretti legami tra queste epidemie e le scarse condizioni igieniche e sanitarie di molte strutture, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico delle abitazioni e lo smaltimento dei rifiuti organici. 
Incalzato dall’opposizione radicale e socialista il Governo regio permise ai Comuni di aprire un conto alla Cassa Depositi e Prestiti dello Stato per la costruzione di acquedotti e fognature. 

Nel quadro della realizzazione di queste infrastrutture di pubblica utilità patrocinate dal nuovo corso giolittiano, A. C. Ducati fu incaricato dalla città di Chieti di progettare l’acquedotto cittadino della città abruzzese. Correva l’anno 1887 e, in appena quattro anni, nel 1841, veniva inaugurata questa struttura che, utilizzando condotte forzate di tubi metallici, conduceva l’acqua proveniente dalla Maiella fino ad una fontana situata nel centro di Chieti (la città è in cima a un colle a 330 s.l.m)

Tra l’incredulità generale il Duca degli Abruzzi insigniva Antonio Ducati della Croce di Cavaliere della Corona d’Italia, accreditandolo tra i maggiori ingegneri idraulici del Regno. 
Con i riconoscimenti ufficiali arrivarono anche nuovi incarichi come quello per la realizzazione delle condutture idriche di Trieste, ma per ragioni politiche e nazionaliste (all’epoca la città giuliana era ancora sotto il dominio dell’Impero Austro-Ungarico) fu poi un ingegnere austriaco, Smrecker, a realizzare l’acquedotto.
Adriano ritornò a Bologna dove sposò Lydia Janni, giovane ragazza triestina di origine austriache (i genitori erano originari di Graz) conosciuta a Trieste. 
Stabilitisi in via Saragozza ebbero il primo figlio, a cui fu dato il nome di Bruno che, però, morì alla tenera età di 14 mesi a seguito di una perniciosa infezione intestinale.
I coniugi Ducati, dopo la morte del figlio, si trasferirono in Palazzo Re Enzo, in Piazza Maggiore dove nacquero, a distanza di 16 mesi l’uno dall’altro, i due figli Adriano e Bruno.
Successivamente la famiglia Ducati si trasferì in via Poeti 4 dove, in un ampio salone al piano nobile, Antonio istituì la sede del suo studio. Qui, nel 1912 nacque il terzogenito della coppia Ducati a cui fu dato il nome di Marcello.

In questi anni furono progettate e portate a termine da Antonio Ducati che si trasferì, con la moglie e i tre figli, ben presto nella più ampia abitazione di via Garibaldi 3, dove, in un ampio salone, il figlio Adriano poté, nel biennio 1922-23, installare le sue apparecchiature, dimostrando, così, la sua naturale propensione per l’ingegneria e l’elettronica che fu stimolata ed assecondata dal padre.
Questi, infatti, fondò con il figlio Bruno ed alcuni amici bolognesi, la Società Scientifica Radio Brevetti Ducati, da cui iniziò la storia dell’industria Ducati nel capoluogo emiliano.

Antonio Cavalieri Ducati morì il 27 giugno del 1927 all’età di 72 anni, tra il cordoglio dei figli che ne continuarono l’opera e ne svilupparono l’attività. Per fare ciò assieme ai fratelli i secondogenito Bruno Ducati fu costretto ad abbandonare gli studi. La vita e le opere del defunto sono riassumibili nella sua celebre espressioni: “Onestà e lavoro costante siano lo stemma di nostra famiglia, come lo furono sempre”. Questa frase e stata scolpita alla base della pietra tombale.

Per riconoscerne l’opera e l’importanza per lo sviluppo della città e del suo comprensorio, il comune di Bologna volle dedicare al compianto Antonio Cavalieri Ducati la via che costeggia gli stabilimenti della Ducati a Borgo Panigale. 
Oltre che acuti ingegneri e validi capitani d’impresa, la famiglia Ducati fu anche misantropa ed benefattrice della loro città e più in generale del mondo dell’industria, in quanto vollero realizzare, facendolo finanziare completamente dalla Società Ducati, una Scuola di Addestramento Professionale annessa agli stabilimenti e dedicata al capofamiglia, Antonio Cavalieri Ducati. 

Elenco delle principali opere di Antonio Cavalieri Ducati 

Acquedotti
CITTÀ’ REALIZZAZIONE 
Chieti Prog. / Costruzione Gorizia Progettazione
Comacchio Prog. / Costruzione Zola Predosa Prog. / Costruzione
Bazzano Progettazione Chioggia Prog. / Costruzione
Cesenatico Progettazione Cesena Progettazione
Rimini Progettazione Modena Progettazione
Zocca Prog. / Costruzione Guiglia Progettazione
Pola Progettazione Trieste Progettazione
Atene Progettazione Bassano Prog. / Costruzione
Morronvalle Progettazione 

Consorziale Interprovinciale 
Progettazione: Molinella, Portomaggiore, Argenta, Ostellato, Federale del Tavo, Consorzi di Penne, Castellammare, Atri 

Progettazione e costruzione:
Consorziale di Atri Arsita, Bisenti, Castilenti, Castiglione, Elice, Montefino, Silvi, Cellino, Mutignano e altre frazioni.

Ferrovie
Codigoro Mare (Porto Garibaldi) (progetto)
Castellammare-Penne (elettr.) (progetto)
Cesena Cesenatico (progetto) 
Montesilvano Penne (elettr.) (progetto)
Montesilvano- Penne (progetto) 

Bonifica, laghi artificiali, ecc. …
Bonifica d’Umana (studio) 
Fornitura Elettr. città di Trieste (progetto)
Bonifica di Comacchio (studio) 
Fornitura elettrica Bologna (progetto)
Lago Artificiale Rioveggio (progetto) 
Fornitura elettrica Gorizia (progetto) 
Lago Sfondo (progetto) 
Deviazione Tevere presso Roma (progetto)

Fognature
Città di Trieste (progetto) 
Città di Atri (progetto)
Città di Pola (progetto) 

Monografie a stampa
Tramvie a Vapore Prov. BO 
Il nuovo acquedotto di Trieste
Acquedotto di Chieti 
Acquedotto e fognatura Bologna
Ferrovie ferraresi 
Acquedotto di Chioggia
Critiche al Progetto Lorenzulli- Smrecker ( acquedotto di Trieste)
Relazione Paladini Salmoiraghi (acquedotto di Trieste)
Acquedotto del Tavo (progetto di massima)
Ferrovia elettrica Castellammare Adr.- Montesilvano - Penne. 


Il primato di Adriano Cavalieri Ducati

La Bologna di inizio ‘900 viveva in un clima particolare. La fine del potere pontificio avvenuta nel 1861 con la nascita del regno d’Italia aveva risvegliato le parti migliori della città felsinea facendone uno dei fari culturali di tutta la penisola con una fama che finiva con il superare i confini nazionali per assumere un ruolo a livello europeo. 
Era la città di Carducci e di Pascoli, uomini di cultura e massimi poeti dell’epoca che, soprattutto Carducci, avevano assunto uno spessore internazionale con il conseguimento del Premio Nobel per la letteratura ed era divenuto il poeta della Terza Roma, ossia del nuovo regno italiano sabaudo. Era una città i cui teatri vedevano la realizzazione delle opere e delle rappresentazioni di maggiore moda e, il clima tipicamente verdiano e da belle époque, era facilmente respirabile camminando sotto i caldi e accoglienti portici della città che permettevano una vita sociale pubblica anche durante i molti mesi di nebbia.

Il mondo scientifico non era sicuramente da meno rispetto a quello letterario ed umanistico: Augusto Righi, seguendo le orme dell’illustre Luigi Galvani la cui statua campeggiava già da anni nell’omonima piazza dietro alla Chiesa di san Petronio, aveva iniziato importanti ricerche sui fenomeni elettrici, stimolando su tale terreno di ricerca un giovane allievo che rispondeva la nome di Guglielmo Marconi che, nonostante gli insuccessi scolastici iniziali, frutto di una giovanile superficialità, giunse ad ideare e a realizzare la telegrafia senza fili.
Fu proprio in questo clima a dir poco “elettrizzante”, (nessun aggettivo potrebbe essere più appropriato per descrivere la situazione!) che Adriano Ducati iniziò le proprie ricerche, fortemente stimolato dagli studi e dai progetti realizzati dai suoi più illustri concittadini).

Il giovane studente di fisica Adriano Ducati, a soli 19 anni, era profondamente affascinato ed interessato dalla nascente radio e ne sviluppò gli studi e le applicazioni fino a realizzare dei trasmettitori radio con potenza minima di 50 watt e con l’uso di onde corte di 100 metri, mentre in quegli anni le trasmissioni radio avvenivano con grandi potenze (2000/3000 KW) e con onde di notevoli dimensioni (20.000/30.000 metri)

Il 15 gennaio 1924 Adriano Ducati riuscì a collegare l’Italia con gli Stati Uniti d’America grazie agli strumenti da lui costruiti a Bologna. L’impresa ebbe echi internazionali tanto da essere oggetto di tutte le maggiori riviste tecniche dell’epoca, soprattutto della QST, organo ufficiale dei radiantisti statunitensi.
Colpiti da questo evento furono anche i vertici della Marina Militare italiana che, attraverso l’ammiraglio Alessio, organizzò una campagna radiotelegrafica per sperimentare l’efficacia degli apparecchi di Adriano Ducati. 

Visti i positivi risultati, sia da un punto di vista puramente tecnico, sia da quello della propaganda, di tali esperimenti Adriano Ducati venne premiato dal Ministro della Marina, ammiraglio Thaon de Revel, che, oltre un premio in denaro, gli conferì la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia. 
All’età di soli 21 anni (1924) Adriano Ducati era il più giovane italiano insignito di tale titolo.

Ma forse la migliore ricompensa per le sue attività e per i suoi meriti la ebbe nel momento in cui la Marina misi a sua disposizione i Laboratori tecnici dell’Accademia Nazionale di Livorno e lo incaricò di realizzare nuove stazioni a onde corte per collegare le colonie regie della Somalia e dell’Eritrea con la madrepatria.
Anni di studi e di esperimenti cominciavano a dare i primi frutti, tanto che lo stesso Ducati volle procedere alla stesura di un volume (formato 21x30, 800 pagine, con foto e immagini a colori) in cui raccoglieva le sue esperienze. Nel 1927 pubblicava a Bologna per Zanichelli il suo “Le onde corte nelle comunicazioni radioelettriche”

Fra il 1925 ed il 1926 Adriano procedette allo studio delle onde cortissime (5/6 metri) giungendo a realizzare scambi alla distanza di 6000 Km con onde di 5 metri. Cominciò anche a realizzare piccoli strumenti per comunicazioni portatili le cui prime dimostrazioni pubbliche avvennero alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III: erano nati i primi walkie-talkie.

Dopo dieci anni dalle sue prime innovative scoperte l’Associazione Radiotecnica Italiana donava ad Adriano Ducati una medaglia d’oro appositamente coniata per celebrare l’avvenimento: Adriano Cavaliere Ducati entrava nella storia della radio e in tale invidiabile e nobile posizione veniva onorato ai più alti livelli scientifici ed accademici.

LA NASCITA DELL’IMPRESA DUCATI

Nel 1925 i tre fratelli Ducati, che insieme superavano i cinquanta anni, insieme a Carlo Crespi la “Società Scientifica Radio” che aveva un piano di programmazione e di azione industriale ben definito: si doveva iniziare dalla costruzione di piccoli condensatori per poi giungere alla produzione di apparecchi radio.
Prodotti i primi condensatori, detti “Manes”, si procedette a inviarli ai tecnici di tutto il mondo, soprattutto in Germania e Gran Bretagna, paesi all’avanguardia nel campo dell’elettronica. Era questo il primo passo verso l’internazionalizzazione della produzione e della vendita dei prodotti dei fratelli Ducati. 
Il padre, Antonio Ducati, volle sostenere lo sforzo e l’iniziativa dei figli dopo averne seguito con vivo interesse i primi passi verso un moderno sviluppo industriale. Probabilmente l’anziano patriarca vedeva nella sua prole germogliare quegli stessi sintomi e quello stesso afflato alla sfida ed all’iniziativa innovativa che avevano caratterizzato la sua giovinezza quando, da semplice ingegnere, aveva conseguito, nell’Italia di inizio XX secolo, onorificenze e guadagni mettendo frutto i suoi studi che erano risultati essere all’avanguardia.

Venduta una proprietà a Firenze, Antonio Ducati disponeva di un certo capitale che volle, saggiamente, investire nell’attività dei figli, dimostrando, così, di essere un moderno capitalista del nuovo secolo e non un vecchio latifondista ottocentesco: preferiva il rischio dell’impresa alla più sicura, ma parassitaria, rendita bancaria.
Con alcuni amici, per dare un opportuno inquadramento all’attività dei tre figli, costituì una regolare Società per Azioni (1926): con rogito del notaio Marani si istituì la “Società Scientifica Radio Ducati” che aveva come unico fine lo sfruttamento dei brevetti ideati ed intestati ad Adriano Cavalieri Ducati. L’elenco dei sottoscrittori di tale Società per Azioni, comprendeva otto importanti personalità.
Con il programma illustrato in precedenza e con le qualità di Adriano Ducati non fu difficile trovare clienti interessati ai prodotti che uscivano da tale società. Il primo cliente fu trovato oltre oceano, in Sud America. Proveniva infatti dall’Argentina, terra d’emigrazione e seconda patria per molti Italiani, la fatidica e mai dimenticata “prima ordinazione”. 
Questi avvenimenti furono di fondamentale importanza per la nascita, l’affermazione e l’avvenire della famiglia Ducati, quindi ci sembra il caso di ritornare, nel seguente paragrafo, sull’argomento dandone una descrizione più accurata.

Dalle origini alla morte di Antonio Cavalieri Ducati

Adriano aveva costituito una ditta individuale denominata: Adriano Cavalieri Ducati Impianti Elettrici. Fu in questi anni che ebbe una prima commessa da parte dell’Università di Padova,
Dopo un breve periodo di collaborazione all’Accademia Navale di La Spezia nell’azienda di Adriano assume un ruolo determinante il fratello Bruno con la sua frizzante attitudine imprenditoriale che lo caratterizza tuttora alla sua splendida età di 92 anni. 

Cominciò a nascere in questi anni l’idea di istituire un’apposita società anche poiché Bruno comprese che costruire apparecchiature richiedeva l’impiego di capitali finanziari e di una struttura produttiva. Non si poteva più agire solo in un’ottica di piccola impresa famigliare, ma bisognava trovare solidi finanziamenti finanziari in quanto la condizione economica della famiglia pur garantendo una relativa agiatezza non era in grado di disporre di quanto era necessario per lo sviluppo dell’impresa.
Con il suo genio, la sua fantasia imprenditoriale e la sua perspicacia, Bruno Ducati ritenne si fosse giunti ad un punto di svolta nella storia della sua famiglia: era il momento opportuno per sfruttare in qualche modo le conoscenze tecniche del fratello Adriano.
Constatata la grande carenza di componenti che servivano all’assemblaggio delle apparecchiature radio, pensò che il “Condensatore”, potesse essere il prodotto ideale da costruire. 

Quindi senza perdere tempo, siamo sempre nel 1925 viene fondata una società di fatto denominata “SSR Società Scientifica Radio” finalizzata alla produzione dei condensatori a mica, elemento base per la realizzazione delle apparecchiature radio. La sede di tale società fu stabilita in via Garibaldi 3 che era la residenza della Famiglia Ducati. 
Come abbiamo detto in precedenza il condensatore prodotto fu dominato Manens: tale nome fu frutto del suggerimento pervenuto dalla figlia del prof. Guarducci, Margherita una ragazza coetanea di Bruno, che frequentava con profitto la scuola liceale. 
Il nome voleva sottolineare la grande affidabilità del prodotto e la sua lunga vita operativa. 
Bruno Ducati ebbe l’idea di spedire per posta nei vari paesi del mondo ai vari radiotecnici e produttori di apparecchiature, una campionatura del condensatore Manens; ogni condensatore aveva un suo certificato di garanzia e di collaudo personalizzato. 
Il successo dell’iniziativa non tardò a dare i suoi frutti e l’azienda si fece conoscere dal grande palcoscenico internazionale della tecnica elettronica: cominciarono ad arrivare le prime commesse dai vari clienti.

Come abbiamo visto una svolta importante nelle vicende della famiglia Ducati fu caratterizzata da un evento luttuoso e da una conseguente eredità il cui proficuo impiego fu una decisiva spinta propulsiva per le attività dei tre fratelli.
Nel 1926 morì lo zio paterno Gaetano che aveva un’attività cartiera e che risiedeva a Firenze. Tra i documenti trovati a casa del Cav. Bruno c’è anche una copia del testamento dello zio Gaetano stilato il 05-07-1915 in cui lo zio nominò erede il fratello Antonio di una cifra intorno al milione di lire, lasciò settantamila lire a Gaetano e Giovanni, figli del fratello Prospero, una rendita di seimila lire per anno al fratello Battista ed infine cinquemila lire a Marcella, figlia del fratello Lorenzo.
Come accennato l’eredità dello zio Gaetano giocò un ruolo fondamentale per lo sviluppo della società. Come abbiamo visto il padre, ing. Antonio, nel 1926 decise di entrare in gioco e dare una moderna struttura alla nascente attività industriale dei figli: viene fondata la “Società Scientifica Radio” con capitale sociale pari a 300.000 £ e con il seguente organigramma interno: 

– Presidente: ing. Antonio Cavalieri Ducati
– Vice Presidente: dott. Giuseppe Ramazzotti
Risultarono sottoscrittori:
On. Cav. avv. Attilio Loero, Conte ing. Adolfo Aria Branca, Gr.Uff. avv. Attilio Scotti, Rag. Renzo Ficcarelli, Gr. Uff. dott. Roberto Villetti, Comm. dott. Tito Francia Comi, Cav. Temistocle Tito Pasquini, Gr. Uff. dott. Lodovico Bertani. 

La sede, tre locali al piano terreno, fu stabilita in via Collegio di Spagna al numero 9. È noto anche il nome della prima dipendente dell’azienda: si trattava della signora Bice Tartarini, che accoglieva i clienti dell’impresa facendoli accomodare, dopo che (come si desume dai documenti analizzati) il trillo di un campanello posto all’entrata principale ne aveva annunciato l’arrivo, in due ampi saloni, nel primo dei quali, seduti alle loro scrivanie poste una di fronte all’altra, vi erano Bruno ed Adriano.

Dice oggi il Cav. Bruno, ricordando con commozione quei momenti:
“Stavamo uno di fronte all’altro, come nelle grandi società, come nelle banche firmavo la corrispondenza e con la nostra immaginazione eravamo già una grande azienda” . 
Ma il miglior ricordo del Cav. Bruno è sicuramente legato al primo ordine significativo da parte del sig. Mario Argento, un commerciante di Buenos Aires, la cui commissione, per l’epoca quasi incredibile, era pari ad una quantità di 3000 Manens. Il sig. Argento aveva conosciuto Adriano durante la breve permanenza di questo in Argentina ed era il titolare del più grande emporio Radio di quel paese. Aveva poi ricevuto alcuni dei campioni dimostrativi inviati per posta ed era rimasto favorevolmente impressionato dalla loro qualità. 

Molti anni di studi, esperimenti e lavori cominciarono a dare i loro frutti, tanto che, dopo questo primo ordine da parte del sig. Argento, un italo-argentino la cui famiglia era riuscita a far fortuna in quel Sud America in cui era emigrata alcuni decenni prima e che continuò per anni a rifornirsi dai fratelli Ducati, cominciarono ad arrivare regolarmente da altre parti d’Italia e del Mondo. 
La Ducati prendeva velocemente la strada dello sviluppo ed il sig. Argento non seppe mai quanto il suo contributo possa essere stato significativo per la Ducati.: fu al tempo stesso il riconoscimento del lavoro svolto ed uno stimolo a proseguire e migliorare l’attività. 
Ma, come si suole dire, il “tempo fu galantuomo”, infatti alcuni anni più tardi i fratelli Ducati ebbero modo di sdebitarsi, aiutando finanziariamente la ditta del sig. Argento che attraversava un momento difficile: rilevarono la Società che era sull’orlo del fallimento e lo insediarono come presidente .

Nel 1927 un altro grave lutto colpì la famiglia Ducati: la morte dell’ing. Antonio, avvenuta il 27 giugno che provocò angoscia e dolore nella famiglia. Bruno decise di continuare nella attività paterna di studio ingegneristico e scrisse della sua intenzione a tutti i clienti dello studio in modo da rassicurarli. Ciò dimostra che all’epoca, l’impegno totale verso l’attività della SSR non era ancora immaginabile e l’esperienza di Bruno nello studio paterno aveva lasciato un segno profondo che non poteva certo esaurirsi in poco tempo anzi, come vedremo in seguito, sarà poi ripreso negli anni 50, dopo più di un ventennio.

La produzione fu allargata ad altri componenti tra cui i condensatori variabili, che grazie alla loro precisione acquistarono ben presto il favore del mercato. Per far fronte all’ampliamento dell’attività furono acquisiti anche i locali al numero 53, fu realizzata una fonderia e furono installate macchine ad altissima precisione tra cui la “Genovoise” (1936, nello stabilimento di Borgo Panigale), la famosa macchina per forare l’acciaio su vasta scala con precisione millimetrica. La macchina fu posta in un locale appositamente predisposto, con ambiente ad aria condizionata ed a temperatura costante: per l’epoca questo era un fatto degno delle più grandi industrie nazionali, una vera innovazione rivoluzionaria. 
La Ducati fu la prima azienda in Italia ad importare questo tipo di macchina, a quei tempi era qualcosa di fantastico, per il puntamento si usava il microscopio: attrezzature simili erano diffuse su larga scala solo nelle industrie del nord Europa o degli Stati Uniti d’America, non certo in Italia, paese che aveva da pochi decenni, da meno di un secolo vissuto la sua parziale industrializzazione.
I nuovi locali acquistati vennero velocemente saturati dai sempre crescenti fattori produttivi ed in pochi anni l’organico sfiorò le 500 unità: da piccola impresa artigiana era divenuta una moderna industria all’avanguardia, che avrebbe legato la propria storia a quella di Bologna. 

PUBBLICITÀ, PUBBLICHE RELAZIONE
 E AMPLIAMENTO DELL’AZIENDA

Quella della propaganda, antesignana della moderna pubblicità, è sicuramente sempre stata una prerogativa e un delle più importanti attività della Ducati. Il Prof. Marani dal 1931 fino al 1950 ha diretto il “ Centro Arte” dell’ufficio Propaganda della Ducati. Che ha sempre sostenuto che: “Nel settore propaganda la Ducati era avanti di 20 anni ” .
Innovativa era anche la suddivisione dei lavori fratelli Ducati si erano divisi i compiti come segue:
Adriano: dirigeva la divisione Ricerca e Sviluppo che già nei primi anni trenta occupava 30 persone tra tecnici ed ingegneri.
Bruno: dirigeva l’ufficio Commerciale ed aveva l’incarico di Direttore generale. Era il responsabile delle pubbliche relazioni.
Marcello: Dirigeva l’ufficio Produzione.

Nel 1932 oltre 500 persone lavoravano nell’azienda, situata in via Guidotti che stava crescendo a ritmi vertiginosi, non solo grazie al mercato in continua espansione, ma soprattutto a seguito della propaganda pubblicitaria, il cui ruolo è stato sicuramente decisivo. 

L’unità di vedute tra i tre fratelli e la continua voglia di fare nuove scoperte, di aprirsi nuovi mercati e di ricercare nuovi prodotti furono altri elementi caratterizzanti del successo della ducati: Bruno, Adriano e Marcello si dimostrarono attenti alle esigenze emergenti e all’innovazione e assolutamente contrari a copiare o imitare i concorrenti.
Ciò era dimostrato dal fatto che l’ufficio Ricerca e Sviluppo operava continuamente in varie direzioni in modo che, nel giro di pochi anni, la Ducati passerà da produttore di condensatori a mica, a produttore di apparecchiature in quattro ben definite divisioni produttive: meccanica, ottica, elettronica.

Uno dei compiti di un’industria vincente è, soprattutto, quello di fare conoscere al mercato se stessa ed i suoi prodotti: il veicolo più efficace per perseguire questo obiettivo è la pubblicità.
Di questo settore fu incaricato il professore Marani che, prima di lavorare per i Ducati, era in forze presso l’agenzia pubblicitaria petroniana Argo, specializzata in confezioni per i vari prodotti di consumo, manifesti stradali, poster da vetrina per i negozi. Lavorava sia per piccole e medie ditte (la Buton, la Sarti, la Calzoni e naturalmente la Ducati), sia per grandi ditte (la Rinascente, la Buitoni). Il professor Marani, una volta assunto presso la Ducati, seppe realizzare ottime campagne pubblicitarie che seppero lanciare i prodotti della ditta sul grande mercato nazionale. 

A seguito dell’ampliamento della rete commerciale e dei traffici dell’azienda, nei primi anni 30 fu chiaro che la Sede di via Guidotti non era più sufficiente a contenere l’espansione aziendale.
A favorire lo sviluppo dell’azienda Ducati aveva sicuramente concorso l’elettrificazione delle ferrovie avvenuta a partire dagli ultimi ani ’20. La realizzazione di tali infrastrutture richiese l’impiego di condensatori per la cui realizzazione la Ducati si assicurò importanti commesse. Altra fonte di lavoro fu rappresentata dalla Marina che, a seguito della progressiva installazione delle apparecchiature radio sia sui mezzi militari, sia nei porti, provocò una richiesta di condensatori variabili.
La fama dell’azienda bolognese andava ben oltre i confini patri tanto che, nonostante i non buoni rapporti politici tra l’Italia fascista e la Francia repubblicana, i due più grandi transatlantici del mondo dell’epoca, sia il Rex italiano, sia il Normandie francese, furono equipaggiati con condensatori variabili Ducati.

Altri eventi ed altri fattori contribuirono a far incrementare la richiesta di condensatori. A tal proposito non si può certamente certo dimenticare la diffusione della radio, tanto cara alla dittatura fascista che la utilizzò come strumento per la propaganda del regime, non si può nemmeno dimenticare lo sviluppo dell’illuminazione al neon e l’utilizzo massiccio di motori elettrici che si ebbe nella prima metà del terzo decennio del XX secolo.
Quegli anni furono sicuramente caratterizzati da un grande sviluppo tecnologico, ma la democrazia e la libertà in Italia erano state cancellate da oltre un decennio dalla dittatura fascista di Benito Mussolini che, attraverso la polizia segreta del regime (la famigerata OVRA) impediva ogni forma di libera espressione, anche quella più innocente rappresentata dalle barzellette, tra le cui “vittime” vi erano spesso il “papaveri del regime”, in primis quel Starace, già segretario del Partito Nazionale Fascista e noto per la poca lungimiranza (come avrebbe potuto dire il compianto Mario Melloni, in arte Fortebraccio, “una fronte non molto spaziosa”).

Anche la Ducati fu interessata da questi fenomeni: un’operaia, per il solo fatto di aver sorriso una simile storiella ascoltata in fabbrica, fu oggetto di una “spiata” e venne prelevata dal reparto, condotta ed interrogata in commissariato. Venne condannata alla pena di un mese di carcere. Proprio una brutta pagina per la storia di una fabbrica il cui ritmo di crescita esponenziale imponeva nuovi organigrammi e una nuova e più appropriata sede.

Per risolvere definitivamente il problema dello spazio aziendale, i fratelli Ducati ed i loro collaboratori cominciarono a pensare ad una potenziale ubicazione per una eventuale nuova sede. Essa fu individuata a Borgo Panigale, lungo la via Emilia in direzione Milano su un’area di 120.000 mq, il cui progetto fu realizzato considerando ogni evenienza, valutando persino il pericolo del bombardamento aereo: i capannoni furono localizzati in modo da ridurre al minimo la possibilità di gravi danni derivati da un eventuale simile evento, che non veniva percepito come impossibile alla luce degli avvenimenti continentali che spargevano anche nell’aria di una piccola città come Bologna, un’atmosfera di paura e di timore. La tragedia della Seconda Guerra Mondiale era alle porte e, pur di aver quel famoso “milione di morti da spendere al tavola della pace”, Mussolini ed il fascismo vi ci trascinarono l’Italia, paese impreparato a tale evento e che costerà alla penisola lutti e sofferenze. 

A Borgo Panigale fu progettato un modernissimo stabilimento in cui furono considerate tutte le esigenze di una grande e moderna azienda, inclusa la possibilità in funzione di ulteriori e previsti sviluppi, di realizzare eventuali futuri ampliamenti Il progetto considerò in maniera profonda il flusso degli addetti, quello dei materiali in entrata e quello dei materiali in uscita; questo lavoro venne portato a termine in pochi mesi: a soli 10 anni dalla fondazione della società e dai locali in affitto in via Collegio di Spagna 9 la Ducati ora era un’azienda modernissima che, per vincere la sfida del mercato tecnologico oltre alle strutture materiali, puntò molto anche sulle risorse umane ritenute, alla luce delle esigenze tecniche dell’azienda, difficilmente reperibili.

Si reperirono degli ingegneri dall’università e dei tecnici dalle scuole superiori (soprattutto dall’Istituto Tecnico, Aldini Valeriani) e tutti gli operai erano altamente specializzati, molti dei quali venivano formati presso la scuola tecnica in seno all’azienda. Oltre a tecnici e operai specializzati la lavorazione richiedeva macchine ed impianti particolari che molto spesso non esistevano neppure sul mercato e che dunque venivano costruite all’interno della stessa struttura produttiva.

Evidentemente una struttura come quella descritta precedentemente doveva avere un supporto anche a livello di pubbliche relazioni, ossia una forte introduzione negli ambienti politici, finanziari, industriali e culturali indispensabili al consolidamento e ulteriore sviluppo di un’azienda di quelle dimensioni: i Ducati dovevano entrare nella sala dei bottoni. Il ruolo determinante per l’inserimento dei Ducati nell’ambiente politico fu rappresentato dall’On. Arturo Marescalchi suocero di Bruno, che, profondo estimatore del genero giunge a dedicargli la seguente dedica in aperture del suo “Storia della vite e del vino” (1932, anno X dell’era fascista):
“dedico questo lavoro di cui egli mi diede l’idea, augurando all’Italia molti industriali come lui, dalle larghe vedute, dal meditato spirito di iniziativa, dalla saggia intraprendenza, e soprattutto dal gran cuore pronto ai più nobili impulsi”. 

Nel 1934 i fratelli Ducati riuscirono convincere Guglielmo Marconi ad accettare il loro invito a Bologna per organizzare una conferenza generale dei radiotecnici italiani, si tenne il 5 e 6 di maggio del 1934. Marconi volle visitare la sede della Ducati che all’epoca era ancora ubicata in via Guidotti 51.
Tra gli invitati al convegno vi erano i maggiori notabili locali del regime (il suocero, nonché sottosegretario di stato all’agricoltura senatore Arturo Marescalchi, S.E. Natoli Prefetto della città, S.E. Manaresi Podestà di Bologna) e uomini di scienza e di cultura come il Magnifico Rettore dell’Università bolognese On. Ghigi, il Prof. Betti, il Direttore dell’Istituto di Fisica prof. Majorana e molti altri titolari di cattedre accademiche.

Anche in questo caso i Ducati avevano raggiunto il loro obiettivo: uscita dal provincialismo e dall’anonimato erano diventati un “nome”, anche se non utilizzarono mai questi “agganci” per ottenere commesse pubbliche dallo stato: non ne avevano bisogno, gli affari, come si è soliti dire utilizzando un’espressione presa a prestito dal mondo della nautica, andavano a gonfie vele.

 

Gonfie vele? Non proprio. Quanti scogli nella navigazione  !! 

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