SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
EDUARDO DI CAPUA

Celebre compositore-autore della canzone napoletana
scrisse la musica di "'O sole mio"

EDUARDO DI CAPUA Nato a Napoli il 12 maggio 1865 ricevette dal padre Giacobbe (1841-1913) i primi rudimenti musicali e si iscrisse poi al conservatorio, ma fu costretto ad abbandonare gli studi e a seguire il genitore in tournee in Italia e in Europa.

Suo padre era un apprezzato violinista e si era poi dedicato alla posteggia a Napoli, in vari locali, ma anche all’estero ove si recava con un proprio complesso ove Eduardo mosse i primi passi nel mondo della musica. A Napoli collaborò con Salvatore Di Giacomo, musicando nel 1893 i versi di ‘Carcioffolà’ e con Giambattista De Curtis, per il quale compose la musica di ‘E giesummine ‘e Spagna’, nello stesso anno.

Nel 1898 Giovanni Capurro, poco prima che egli partisse per una tournee in Russia, gli consegnò i versi di ‘’O sole mio’ e durante il soggiorno a Odessa Eduardo Di Capua, in un albergo sul mar Nero, lontano dal sole di Napoli, scrisse la musica di quello che divenne, al suo ritorno, un capolavoro assoluto della canzone italiana.

Accanito giocatore passò l’intera vita in attesa di una vincita al lotto, dilapidando i suoi pochi guadagni, e di ciò ne fecero le spese anche la moglie Concettina Coppola e i suoi tre figli, che vissero sempre in precarie condizioni, perennemente rassicurati da Di Capua circa una imminente vincita, che non avvenne mai. Fu però proprio la passione per il gioco a fargli conoscere Vincenzino Russo un poeta poverissimo che aveva la fama di ‘assistito’; se l’incontro tra i due non ebbe successo per le vincite al lotto, fu indubbiamente fondamentale nella storia della canzone napoletana.

Nacquero dal loro lavoro pezzi davvero indimenticabili, pubblicati dall’editore Bideri, a partire dal 1897; tra i più noti ricordiamo: ‘’A serenata d’’e rose’,‘ I’ te vurria vasà’, ‘Torna maggio!’, ‘Nuttata a mare’, ‘Chitarrata’ e ‘’Nterra Pusilleco’.
Capolavoro assoluto frutto del loro sodalizio fu la notissima e malinconica serenata ‘Maria Marì’, lanciata sempre da Bideri nel 1899, con una musica ispirata all’ ‘Aida’ di Giuseppe Verdi.

Nel 1904 , poco prima di morire, ancora pervaso dalla voglia di vivere, Russo consegnò a Di Capua il testo di ‘Canzone bella’ e poco dopo al musicista toccò il triste incarico di scrivere anche la musica per gli ultimi versi che Vincenzino Russo aveva vergato sul letto di morte, ‘L’urdema canzone mia (tutto è fernuto)’, dopo aver assistito dal balcone al matrimonio dell’amata con un altro uomo.
Inutilmente anche in quella occasione Di Capua provò a giocare un terno: 48 , il morto che parla, 63 la sposa e 82 la canzone. Negli anni successivi Di Capua continuò a scrivere canzoni, sbarcando il lunario miseramente, come direttore di un’orchestrina e come suonatore di pianoforte nei cinematografi.

Costretto a vendere i pochi oggetti di valore per pagarsi il ricovero in ospedale, Di Capua morì poverissimo, il 3 ottobre del 1917. La vedova, Concettina Coppola, fu per molti anni costretta a vivere con una misera pensione e, solo nel 1952, alla camera dei Deputati fu presentato un disegno di legge affinch� le fosse assegnato un sussidio straordinario, che poi però non fu mai concesso.

La SIAE le concesse un modesto assegno mensile ed il presidente della Repubblica ed i lettori del ‘The Roma Daily american’ le inviarono un contributo di 252.000 lire. Poi sulla triste storia di Di Capua calò per sempre il silenzio.

Continuarono invece a lungo i ricorsi del musicista Alfredo Mazzucchi e dei suoi eredi, affinch� fosse riconosciuto il contributo da lui apportato con piccoli ritocchi alla musica di ‘’O sole mio’, in base ad un preciso incarico ricevuto dall’editore.

Anche se in vita Di Capua non ebbe alcun tipo di riconoscimento, e dopo morto fu ancora umiliato e dimenticato, le sue melodie immortali gli regaleranno di certo una fama eterna. Alcuni anni dopo la sua morte il poeta Pasquale Ruocco, riferendosi alla sua passione per il gioco del lotto, lo commemorò con questo epigramma : ‘Di Capua-com’è stato raccontato-/ fu sempre un giocatore sfortunato/ e lui si rassegnava umile e pio/ ma un giorno vinse un terno: ‘’O sole mio’.


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