SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
CATERINA D'ARAGONA ( 3 di 3 )

< la 1ma e la 2nda puntata


Caterina D'Aragona

di  Simonetta Leardi


Dopo queste vicende, la regina lasci� il castello di Baynard e lungo il fiume scese a Greenwich. L� una sera, pochi giorni dopo la drammatica udienza, le fece visita Wolsey, accompagnato da Cavendish. Il cardinale era stato mandato dal re perch� cercasse di convincere la regina a rimettere l'intera questione nelle mani del sovrano, se non voleva essere condannata da un tribunale. Caterina non volle che la conversazione si svolgesse in latino, cosa che effettivamente avrebbe impedito a molte persone del suo seguito di seguire il colloquio. Non aveva nulla da nascondere, che tutto il mondo sentisse ci� che diceva. Alla fine del colloquio nulla era mutato. Caterina non intendeva cedere.

Il 25 giugno, venerd�, la regina non si present� alla convocazione del tribunale e fu dichiarata contumace. In sua assenza, venne presentato un elenco di argomenti da chiarire, relativi al matrimonio del re. Questi andavano da una serie di accertamenti del tutto oziosi, tipici di ogni indagine giudiziaria (per esempio, fu chiesto al re se il principe Arturo era suo fratello) alla delicata e fondamentale questione del rapporto tra Caterina e il principe Arturo. A questo proposito, tra le obiezioni all'unione di Caterina con Enrico si postulava che il precedente matrimonio della regina fosse stato consumato con "copula carnale", giacch� la coppia aveva convissuto per qualche tempo, fino alla morte di Arturo, "da tutti considerati e creduti marito e moglie e sposi legittimi". Sembra tuttavia che quando questa obiezione specifica venne presentata a Enrico perch� la firmasse, fossero omesse le parole "con copula carnale"

Ancora una volta, Enrico non era disposto a rendersi complice di un'aperta menzogna. Il 28 giugno di nuovo la regina ignor� la convocazione del tribunale. Quel giorno l'assenza la sollev� dall'imbarazzo di dover ascoltare le testimonianze di vari cortigiani a proposito di quella sua prima notte di nozze al castello di Baynard, ventotto anni addietro. Nel corso di altre sedute diverse persone testimoniarono che Arturo e Caterina erano vissuti insieme come marito e moglie, dormendo nella stessa camera. Poco credito va dato a queste deposizioni; a distanza di quasi trent'anni era impossibile dimostrare se fosse o non fosse stato consumato il primo matrimonio di una donna che in seguito era stata per vent'anni moglie di un altro. La cosa migliore era attenersi al carattere che tutti riconoscevano alla regina: era donna cos� virtuosa, devota e santa che non si poteva crederla capace di mentire. Questo fatto (unito all'atteggiamento sfuggente del re a questo proposito) resta ancora la prova migliore. 

Il 28 giugno, al termine del dibattimento, la regina venne convocata per il 5 luglio. La convocazione giunse a Greenwich tre giorni prima della data stabilita, ma anche quel giorno Caterina non si present�. E nonostante fosse nuovamente dichiarata contumace, la regina non comparve pi� davanti al tribunale, che continu� a riunirsi fino alla fine di luglio. Nel frattempo la difesa si era messa alacremente al lavoro per trasferire il caso a Roma. Favor� non poco la causa di Caterina anche il processo di riavvicinamento in atto tra papa e imperatore, ratificato infine dall'accordo di Barcellona, con il quale la figlia naturale di Carlo V andava sposa al duca di Parma, nipote del papa. 
Date le circostanze non era facile per il papa sottrarsi alla richiesta di Caterina di trasferire il caso a Roma. A met� luglio dunque il papa accolse l'istanza di trasferimento del caso a Roma. La decisione del pontefice troncava brutalmente tutte le speranze del re di ottenere il divorzio entro la fine dell'estate, speranze che Wolsey era andato incoraggiando. Tuttavia, prima che la notizia giungesse in Inghilterra, il tribunale ebbe modo di ascoltare tutta una serie di cavillosi pareri legali a favore dell'uno o dell'altro partito. 

Sabato 23 luglio si tenne l'ultima sessione. Re Enrico assistette da una delle gallerie sovrastanti gli scanni dei legati ponfifici. Ma il verdetto che aveva atteso a lungo non venne. Fedele agli ordini di Clemente VII, il cardinal Campeggio prese tempo. Dichiar� che il caso era troppo importante perch� si potesse decidere alcunch� senza sentire il parere della Curia. Sfortunatamente la Curia era in vacanza (la lunga vacanza estiva italiana) e dunque il tribunale veniva aggiornato all'ottobre. In ogni caso, la sera prima era giunta la notizia che il papa intendeva avocare il caso a Roma. Finivano cos� due mesi di sottigliezze teologiche, contese legali e aneddoti salaci. Ma quanto a liberarsi della moglie, Enrico non aveva fatto un solo passo avanti. La vicenda e il suo esito sfavorevole al re ebbero tuttavia una conseguenza palese: la caduta di Wolsey. 

Nell'autunno del 1529, in concomitanza con la scomparsa di Wolsey da corte, si registr� l'arrivo di un nuovo alleato di Caterina. Il nuovo ambasciatore spagnolo, Eustace Chapuys, aveva tutti i requisiti per condurre la sventurata regina attraverso la palude dei dibattiti e delle polemiche che seguirono il trasferimento del caso a Roma. Qualcuno aveva avuto l'idea di spostare il dibattito dall'ambito della legge canonica a quello della teologia. A tal fine era d'uopo sentire il parere dei teologi di tutte le pi� importanti universit� d'Europa. Chapuys era dottore in diritto canonico ed era stato giudice in un tribunale ecclesiastico a Ginevra. Ci� nonostante, la situazione di stallo cui si era giunti riguardo al divorzio comportava che, almeno all'apparenza, il re e la regina continuassero a vivere insieme. L'obbligo della frequentazione non serv� ad allentare la tensione. La regina approfittava di ogni occasione offertale dalle cerimonie ufficiali per insistere con il re sulla questione della sua verginit� all'epoca del matrimonio. Ci� che la regina non poteva e non voleva vedere, e in ogni caso non avrebbe potuto capire, era che tutto ci� non contava ormai nulla. Il re aveva deciso che il suo matrimonio era contrario alla legge divina e le reiterate proteste di Caterina non servivano che ad esasperarlo. 

Alla fine dell'anno Chapuys scriveva che la regina cominciava a perdere le speranze. Chapuys era convinto che non avrebbe resistito ancora a lungo. Ci� nonostante, almeno pubblicamente, Caterina non cedeva: che si facesse e si dicesse tutto quello che si voleva, lei era e restava moglie di Enrico VIII e regina d'Inghilterra. L'appello alle universit� d'Europa, quel brillante espediente di cui il re andava tanto fiero, produsse in verit� risultati prevedibili: la maggior parte degli studiosi dette parere favorevole agli interessi politici del proprio sovrano. Gli italiani restarono divisi, nonostante le somme distribuite da Cranmer e da altri agenti del re perch� si pronunciassero in favore del divorzio. L'universit� di Parigi emise parere favorevole al divorzio perch� Francesco I si era convinto che conveniva fomentare ogni motivo di attrito tra Enrico VIII e l'imperatore. Le universit� della Spagna si espressero negativamente. A Oxford e Cambridge la maggioranza appoggiava il re. Nulla era sostanzialmente mutato. In pratica, il re e la regina mantenevano una sorta di accordo secondo cui avrebbe fatto fede la decisione del papa. Intanto, in giugno, il re esprimeva la sua esasperazione al temporeggiare del pontefice: "Nessun principe mai fu trattato da un papa come vostra santit� tratta noi." 

Considerando che due anni prima lo stesso papa aveva emesso una procura decretale perch� il caso fosse giudicato in Inghilterra e che poi aveva cambiato parere per motivi politici e non dottrinali, l'ira del re non era del tutto ingiustificata. Venne inviata a Roma una petizione, redatta da un assistente del re e firmata da un gran numero di nobili e prelati, in cui si supplicava il papa ad agire per il bene e la pace d'Inghilterra. Ma il papa esitava. La sua cautela scatenava la collera di Enrico e non leniva i patimenti della sua sfortunata consorte, ma faceva l'interesse della Chiesa, cui non conveniva contrastare apertamente una delle grandi potenze implicate.

Il re d'Inghilterra per� stava cominciando a prendere in considerazione una soluzione che non contemplasse l'intervento del papa. Gi� in passato Enrico aveva alluso al pericolo dello scisma: gli inglesi potevano addirittura passare al luteranesimo se al loro re veniva negato il divorzio. Tuttavia, al re conveniva che il suo secondo matrimonio fosse benedetto dal pontefice per evitare il rischio che in futuro qualcuno osasse metterlo in discussione. Ma se la sospirata benedizione del papa si faceva tanto attendere, fino a che punto il re era tenuto a riconoscere la sovranit� di Roma? 

Nel dicembre del 1530 il papa chiese che Anna Bolena venisse allontanata da corte; nel gennaio del 1531 proib� espressamente al re di sposarsi finch� la causa del divorzio era sub judice a Roma: tutti i figli eventualmente nati da tale matrimonio sarebbero stati dichiarati illegittimi. Enrico non si sentiva pi� libero nel suo regno, libero soprattutto dalle ingerenze papali. La teoria della supremazia del re non nacque nella testa di Enrico VIII perfettamente formata. Il Parlamento che nell'arco di sette anni avrebbe compiuto una vera e propria rivoluzione religiosa fu convocato la prima volta il 3 novembre 1529 con obiettivi del tutto diversi. Tommaso Moro, il nuovo cancelliere del regno, era impegnato a cercare di sradicare il luteranesimo, mentre Thomas Cromwell, l'astro nascente al servizio del re, era tutto preso dalla questione finanziaria: le insufficienti entrate della Corona infatti costituivano al momento un grave e pressante problema. 

Cromwell intravvide un sistema per risolvere le difficolt� finanziarie del sovrano e al tempo stesso ridurre il clero alla sottomissione: far balenare davanti agli occhi dei prelati l'accusa di praemimire, cio� di connivenza con il papa ai danni dell'autori� regia. Il clero, convocato nel gennaio del 1531, davanti all'accusa tremava: non tutti forse avevano chiaro di che si trattasse, ma nessuno dubitava quale sarebbe potuta essere la pena. Per liberarsi da un'eventuale accusa di complicit� con Wolsey, votarono lo stanziamento di centomila sterline a favore del re. Fu inoltre ratificato il nuovo titolo del sovrano: capo supremo della Chiesa e del clero di Inghilterra. Questo era indubbiamente un primo passo di allontanamento da Roma. 

Il Parlamento si comport� meno vilmente: rifiut� di ratificare il titolo. Lo stesso Enrico, del resto, non era ancora deciso a proseguire per quella strada fino alle estreme conseguenze. Enrico vide la regina Caterina per l'ultima volta nel luglio 1531. Dopo ventidue anni di matrimonio, non vi fu nessun addio: il re si limit� a lasciare Windsor, dove la corte alloggiava in quel periodo, per andare a caccia a Woodstock con Anna, e la regina seppe della sua partenza da altri. Pi� tardi, quando Caterina gli invi� una cortese lettera di rimprovero, lamentando che di solito prima di una partenza le permetteva almeno di salutarlo, dette libero sfogo alla sua esasperazione. "Di' alla regina," url� al messaggero di Caterina, "che non voglio i suoi addii." E che non gli inviasse pi� nessun messaggio. Ignorando la proibizione, la regina rispose con una lunga lettera che riprendeva da capo i vecchi argomenti sulla validit� del loro matrimonio. Ci� scaten� un'altra sfuriata del re. Alla fine di maggio un serio tentativo di convincere la regina a sottomettersi con dignit� ai voleri del re venne compiuto dal duca di Norfolk, ma non sort� alcun effetto. Ai ragionamenti del duca la regina oppose il solito fermo rifiuto. 

Quando il tribunale designato a pronunciarsi sull'istanza di Caterina si apr� a Roma in giugno (ma venne subito aggiornato a ottobre) gli avvocati del re obiettarono che il sovrano non poteva essere chiamato a testimoniare fuori dai confini del suo regno. In Inghilterra, Enrico espresse tutto il suo infuriato disprezzo al nunzio pontificio: mai avrebbe accettato che il papa si facesse giudice in quella questione (il divorzio); quanto alla minaccia di scomunica "non mi impressiona per nulla, perch� non mi importa un fico di tutte le sue scomuniche." Che il papa a Roma facesse quel che voleva: "Io qui far� ci� che credo meglio." 

A questo punto una nutrita delegazione di nobili, ancora capitanata da Norfolk, si rec� dalla regina per consigliarle di chiedere la sospensione del processo a Roma e il trasferimento del tribunale in territorio neutrale. Non ottenne nulla. La regina, fingendosi sorpresa per l'ora tarda rispose che solo il papa aveva l'autorit� di giudicare il suo caso. E per quanto essi si affannassero a dimostrare che ormai il re aveva in effetti autorit� suprema nelle faccende spirituali quanto in quelle temporali e che dunque era bene rimettere ogni cosa nelle sue mani, ella rimase ferma sulle proprie posizioni. Giunse dunque ordine di trasferire la regina e tutta la sua corte in una delle ex residenze di Wolsey, The More, nei pressi di Richmansworth, in Hertfordshire. Il gesto del re era grave, ma non necessariamente punitivo, almeno dal punto di vista della vita materiale. The More mostrava segni di abbandono, ma si trattava pur sempre di un luogo splendido. La regina manteneva inoltre il numeroso seguito cui la sua posizione l'aveva abituata: erano quasi duecento le persone al suo servizio, comprese le numerose dame di compagnia, tra cui la sua vecchia amica Maria de Salinas. 

Ma quando un'altra delegazione, con esponenti del clero e della nobilt�, le fece visita a The More invitandola ad accettare che il caso fosse risolto in Inghilterra, ancora una volta la regina seppe mantenere tutta la sua dignit�. Da The More la regina fu mandata a Bishop's Hatfield, il palazzo del vescovo di Ely; soggiorn� anche per qualche tempo nel castello di Hertford. Infine, nella primavera del 1533, fu trasferita ad Ampthill, nel Bedfordshire, imponente fortezza con grandi torri di pietra e un'ala di ingresso che si diceva costruita dal cognato di Enrico IV con i proventi delle guerre contro la Francia. 
Per due anni dunque Caterina venne relegata in esilio in campagna, mentre re Enrico cercava di abituare il paese e il resto del mondo all'idea che lady Anna sarebbe presto divenuta sua moglie. Mentre la regina si trovava ad Ampthill, grandi mutamenti avvenivano nel paese: la riforma religiosa e la dottrina della supremazia del re avevano ormai imboccato una strada relativamente indipendente dalla questione del divorzio. 

Nel marzo del 1532 era stata presentata in Parlamento una proposta di legge per limitare gli introiti che il Vaticano ricavava dalle sedi vescovili inglesi. Fino a quel momento ogni vescovo di nuova nomina era tenuto a versare al papa l'annata, cio� le rendite di un anno della diocesi. La nuova legge riduceva tali contributi a un mero cinque per cento delle rendite annue e stabiliva che qualora il papa per ripicca si fosse rifiutato di consacrare i vescovi, la consacrazione sarebbe avvenuta senza il suo consenso. La legge tuttavia non sarebbe divenuta operativa fino a nuovo ordine del re: in questo modo Enrico si trovava in mano un forte strumento di pressione nei confronti del papa, il quale evidentemente temeva la perdita di cos� consistenti introiti.
Pochi giorni prima era apparsa la cosiddetta Supplica contro i vescovi ordinari, ispirata da Cromwell. Si trattava di una lunga lista di lagnanze contro il clero che trovavano vasti consensi tra la popolazione che viveva assillata dalle decime e dalle imposte d'ogni sorta pretese dal clero e terrorizzate dall'uso arbitrario che questo faceva dell'arma della scomunica. Thomas Cromwell redasse la Supplica nella forma in cui venne presentata al re, prima di sottoporla all'approvazione del clero. 

La sostanza era questa: tutta la legislazione ecclesiastica doveva da quel momento in avanti ricevere l'imprimatur reale; per quanto riguardava il passato, la legislazione in vigore sarebbe stata sottoposta a revisione, tenendo presente che la si intendeva emanata dall'autorit� del sovrano, non da quella del pontefice. L'assemblea dei vescovi, presieduta dal cardinale Warham, in un primo momento rifiut� di accogliere proposte tanto radicali; ma dovette infine capitolare di fronte alle minacce. La cosiddetta Sottomissione del clero avvenne il 15 marzo 1532. Altrettante pressioni ricevette il Parlamento. Thomas Cranmer venne inaspettatamente nominato arcivescovo di Canterbury, sebbene la sua carriera fosse del tutto insufficiente a giustificare una posizione tanto prestigiosa. 

Verso la fine della prima settimana di dicembre Anna rimase incinta. Con il passare dei giorni, la questione del matrimonio acquist� nuova urgenza. La cerimonia delle nozze, nelle famiglie reali del tempo, si svolgeva privatamente. Non vi fu dunque nulla di strano nella rapida cerimonia segreta che ebbe luogo intorno al giorno di San Paolo (25 gennaio). Il re e la sua signora erano finalmente marito e moglie. Per il momento la notizia rimase segreta. La segretezza aveva le sue ragioni. A parte il fatto che Anna non era ancora entrata nel quinto mese, quando, come s'� visto, il rischio di aborto o la possibilit� di un errore si consideravano superati, restava il fatto che il re, anche se si era risposato, non aveva ancora ottenuto il divorzio.
Anche il fatto che il re avesse contratto un secondo matrimonio quando il primo non era ancora stato sciolto aveva una sua logica, per quanto assurda. Se infatti la prima unione non era valida, Enrico poteva considerarsi scapolo. Ma data la necessit� che il figlio di Anna apparisse in tutti i sensi legittimo agli occhi dei sudditi, questa tesi non fu mai sostenuta fino in fondo. (In ogni caso l'impedimento di pubblica onest� imponeva lo scioglimento del matrimonio con Caterina, con la quale agli occhi del mondo Enrico era sposato e dalla quale aveva avuto figli.) Il divorzio doveva dunque essere sancito pubblicamente. 

Per dare all'avvenimento la minor pubblicit� possibile, il tribunale venne istituito nella cittadina di Dunstable, in Bedfordshire, non lontano da Ampthill, dove al momento era alloggiata la regina. All'inizio di aprile, quando Anna stava per entrare nel quinto mese di gravidanza, venne data ufficialmente notizia del matrimonio del re, discretamente evitando di indicarne la data esatta. Il 9 aprile una delegazione si rec� dalla regina Caterina a Ampthill per portarle la notizia: l'uomo che considerava ancora suo consorte era sposato da due mesi con lo scandalo della Cristianit�; di conseguenza ella tornava allo status di principessa vedova di Galles. Indignato dalla notizia del secondo matrimonio del re, Chapuys pensava che l'imperatore sarebbe dovuto intervenire con la forza. Ma l'imperatore decise di non imbarcarsi in quella cavalleresca operazione di soccorso. La pietosa situazione della matura zia, lass� in Inghilterra, non toccava, n� mai aveva toccato, i suoi sentimenti. Caterina, com'� ovvio, si rifiut� di comparire a Dunstable e, come gi� a Blackfriars quattro anni prima, fu dichiarata contumace. Era assente anche il re, tutto preso dai preparativi per l'incoronazione di Anna Bolena. Ma a leggere gli atti del processo nessuno sospetterebbe che la situazione fosse quella che era. 

Se il nuovo matrimonio del re rispondeva se non altro a una forma di logica, per quanto contorta, la condotta e le parole dell'arcivescovo Cranmer in quella occasione non hanno scusanti di sorta. Lo stesso individuo che si apprestava a incoronare la nuova moglie del re a Londra, a Dunstable minacciava di scomunicare Enrico VIII se non avesse allontanato da s� la regina Caterina. 
Il 23 maggio Cranmer emise la prevedibile sentenza: il matrimonio di Enrico VIII e Caterina d'Aragona non era valido. Concluso il processo, da Dunstable Cranmer and� a Londra dove esattamente una settimana dopo posava la corona sulla testa di Anna Bolena. Il primo giugno 1533 Anna Bolena, all'epoca incinta di sei mesi, fu dunque incoronata regina. 
Il giorno della sentenza di Dunstable, Caterina aveva rifiutato di essere relegata allo status di principessa vedova di Galles appellandosi al fatto che era stata incoronata e consacrata regina.

  L'undici luglio 1533, con apposita bolla, papa Clemente VII dichiar� nulla la sentenza di Cranmer e ordin� a Enrico di allontanare Anna, poich� ogni figlio nato da quella unione sarebbe stato dichiarato illegittimo; il re veniva inoltre scomunicato, anche se il provvedimento per il momento era sospeso. Tutto ci� per� non recava alcun vantaggio alla causa di Caterina. L'unico che avrebbe potuto fare qualcosa era l'imperatore, il quale, tuttavia, non aveva nessuna intenzione di prendere le armi. Caterina restava cos� imprigionata in una sorta di limbo senza speranza. Ma con l'indomita ostinazione di sempre continuava a rifiutare il titolo di principessa di Galles, ormai senza eccezioni attribuitole, cui l'incoronazione di Anna l'aveva costretta. Il compito di indurla ad accettare il titolo era stato affidato al suo ciambellano, Mountjoy. Era presente anche Griffith Richards, il gentiluomo che aveva accompagnato Caterina in tribunale nel 1529 e al cui braccio ella aveva lasciato la sala. Mountjoy non ebbe modo di esporre le argomentazioni che s'era preparato. Come pronunci� il temuto titolo, Caterina rispose seccamente che lei non era la principessa vedova di Galles, ma la regina e vera moglie del re. Infine Caterina ribad� che era stata incoronata e consacrata regina e che aveva dato al re legittima prole.

  L'imbarazzata delegazione le fece notare che Anna Bolena era ora incoronata e consacrata regina d'Inghilterra. Come potevano esserci due regine? Caterina alz� le spalle: forse che ci� la riguardava? Altrettanta indifferenza incontr� l'avvertimento che tanta ostinazione irritava il re. Caterina rispose che preferiva disobbedire al re piuttosto che a Dio. E di fronte alla minaccia che il re le avrebbe confiscato i beni e, peggio ancora, avrebbe trattato duramente la figlia a causa della scortesia della madre, dichiar� che n� la figlia, n� le propriet�, n� qualunque altra avversit� e dispiacere potesse venirle, l'avrebbero indotta a cedere in quella causa e a mettere a repentaglio la sua anima. 
L'indomani, quando le presentarono il verbale da firmare, cancell� con la penna le parole Princess Dowager e dichiar� che avrebbe preferito essere moglie di un povero mendicante ed essere certa della salvezza, piuttosto che regina del mondo intero. In ogni caso Caterina non aveva perduto il suo acume. Se, come asserivano, lei non era la moglie del re, non poteva neppure essere annoverata tra i sudditi di Enrico VIII. A tale osservazione si sarebbe potuto rispondere che re Enrico aveva potere su di lei in quanto vedova di suo fratello; ma non era facile insistere su questo punto di fronte a una principessa di sangue reale di una potenza straniera. 

Tumultuosi eventi avvenivano in Inghilterra nella primavera di quell'anno: liberi da imposizioni straniere, il re e Cromwell poterono dedicarsi alla riorganizzazione della struttura ecclesiastica del paese. Nel marzo 1534 il papa finalmente emise sentenza favorevole a Caterina, dichiarando che il matrimonio con Enrico era sempre stato ed era tuttora valido. Il re naturalmente la ignor�. Come la bolla del luglio precedente, anche questa volta la decisione del papa poco giovava a Caterina. Le erano stati riconosciuti i suoi diritti, ma chi li avrebbe fatti rispettare? 

L'imperatore era impegnato a difendere i suoi domini dalla minaccia di Solimano il Magnifico. Re Francesco non aveva nessuna intenzione di immischiarsi nelle faccende inglesi. Clemente VII mor� sei mesi dopo aver dichiarato valido il matrimonio di Caterina. L'anno seguente, quando il suo successore Paolo III (Alessandro Farnese) sugger� che la Francia imponesse il rispetto della sentenza pontificia con le armi, Francesco I per tutta risposta propose invece di dare la principessa Maria in sposa al suo terzo figlio. Il che non era esattamente la stessa cosa.

Poco prima della nascita di Elisabetta, la regina Caterina era stata trasferita a Buckden, residenza del vescovo di Ely, nello Huntingdonshire. Non era una sistemazione sgradevole: il palazzo consisteva di un vasto edificio centrale, costruito nel secolo precedente, con una bella torre e ampi appartamenti; c'erano spaziosi alloggiamenti per la servit�. Un fossato correva tra la torre e la vicina chiesa, elemento che probabilmente aveva giocato nella scelta della residenza; al di l� si stendeva un piccolo parco. La nuova dimora non rec� alcun conforto a Caterina, che alla prima occasione ribad� il suo sdegnato rifiuto del titolo che si voleva imporle. 

Nel dicembre 1533 Suffolk la trov� ferma come sempre sulle sue posizioni. Ma quale risonanza poteva avere la sfida proveniente da quel microcosmo lontano dalla corte, rispetto all'ondata di nuove leggi che in quel periodo venivano approvate? Di quelle leggi la pi� gravida di conseguenze per il paese fu il cosiddetto Atto di Supremazia (approvato da Enrico VIII venne successivamente abrogato da Mary nel 1554 e reintegrato da Elisabbetta I nel 1559) che riconosceva il sovrano inglese come capo supremo della Chiesa d'Inghilterra.

"Albeit the king's majesty justly and rightfully is and ought to be the supreme head of the Church of England, and so is recognized by the clergy of this realm in their in their convocation, yet nevertheless for corroboration and confirmation thereof, and for increase of vietue in Christ's religion within this realm of England, and to repress and extirp all errors, heresies, and other enormities and abuses hereto fore used in the same; be it enacted by authority of this present Parliament, that the king our sovereign lord, his heirs and successors, kings of this realm, shall be taken, accepted; and reputed the only supreme head in earth of the Church of England, called Anglicana Ecclesia; and shall have and enjoy, annexed and united to the imperial crown of this realm, as well the title and style thereof, as all honours, dignities, pre-eminences, jurisdictions, privileges, authorities, immunities, profits, and commodities to the said dignity of supreme head of the same Church belonging and appertaining; and that our said sovereign lord, his heires and successors, kings of this real have full power and authority from time to time to visit, repress, redress, reform, order, correct, restrain, and amend all such errors, heresies, abuses, offences, contempts, and enormities, whatsoever they be, which by any manner spiritual authority or jurisdiction ought or may lawfully be reformed, repressed, ordered, redressed, corrected, restrained, or amended, most to the pleasure of Almighty God, the increase of virtue in Christ's religion, and for the conservation of the peace, unity, and tranquillity of this realm; any usage, custom, foreign law, foreign authority, prescription, or any other thing or things to the contrary hereof notwithstanding.  The Supremacy Act, 1534"

Tuttavia, dal punto di vista della regina Anna, della regina Caterina e della principessa Maria, pi� immediate e rivoluzionarie conseguenze ebbe l'Atto di Successione, la cui terza versione, per simbolica coincidenza, reca la data 23 marzo 1534, la stessa del decreto papale in favore di Caterina. Costretti a giurare obbedienza alla nuova legge, i sostenitori del vecchio ordine sarebbero venuti a trovarsi in grave difficolt�. L'Atto di Successione stabiliva formalmente la validit� del matrimonio tra re Enrico e la regina Anna e il diritto dei loro eredi legittimi alla successione. Neppure ora la principessa Maria era esplicitamente definita illegittima, anche se i termini dell'Atto sembravano indicarlo. L'omissione era forse una precauzione dettata dal senso pratico di Cromwell: era prudente non sottovalutare l'elevato tasso di mortalit� infantile e d'altro canto non conveniva danneggiare le prospettive matrimoniali di Maria sul mercato europeo. Il valore di una figlia naturale era dopo tutto di gran lunga inferiore a quello di una figlia senza altre qualifiche aggiunte. Ci� non toglie che la legge privasse di fatto Maria del titolo di principessa, come privava sua madre di quello di regina. 

Nel maggio del 1534 l'arcivescovo Lee di York e il vescovo Tunstall di Durham si recarono a Buckden per sottoporre il giuramento all'ex regina. Caterina, risoluta come sempre, per tutta risposta lesse il verdetto del papa. I due prelati ne uscirono non solo esausti, ma oltremodo seccati dalle solite recriminazioni e proteste riguardo al divorzio, ripetute da Caterina. Il re si era risposato. Ora era a capo della Chiesa d'Inghilterra. Stancamente cercarono di farle capire che le conveniva adattarsi alla posizione di vedova del principe Arturo. Ma per Caterina, che non aveva altro cui pensare la questione restava viva e dolorosa.

Quanto alla sicurezza personale di Caterina, quali che fossero i timori spesso espressi da Chapuys, non si pu� pensare che il re meditasse di farle del male, considerando anche il fatto che la sua salute, nel gennaio 1534, era gi� decisamente preoccupante. Con la morte di Caterina la situazione avrebbe preso tutt'altra piega. Ma c'erano altri per cui la situazione stava prendendo una piega assai pi� pericolosa. In caso di bisogno l'Atto di Successione poteva trasformarsi in una vera e propria trappola mortale. Il rifiuto di prestare il giuramento che l'Atto richiedeva prevedeva la pena della detenzione a vita, ma se veniva provato che qualcuno era andato oltre, negando che il re fosse a capo della Chiesa, per costui c'era la condanna a morte. Negare al re il titolo che ora gli competeva, infatti, era considerato alto tradimento. Nella trappola caddero parecchie persone e intere comunit� religiose che rifiutarono di giurare. 

Tra maggio e giugno dell'anno seguente numerose persone furono condannate a morte. Il gesto del papa, che nomin� cardinale il vescovo Fisher quand'era in carcere, fece infuriare il re: il vescovo fu decapitato il 22 giugno. Il 6 luglio tocc� a Tommaso Moro. Quell'ondata di esecuzioni, talvolta particolarmente barbare non fece che accrescere l'impopolarit� della donna che nell'immaginazione popolare ne era la vera responsabile: Anna Bolena. 
Caterina si trovava ora al castello di Kimbolton, nei pressi di Huntingdon, dove era stata trasferita dopo il soggiorno a Buckden. Ma l'esilio impostole dal re e le precarie condizioni di salute l'avevano privata di ogni peso politico: Caterina non era pi� il simbolo attorno al quale si raccoglievano le opposizioni, in patria come all'estero. Il castello di Kimbolton era stato costruito solo sessant'anni prima dalla vedova del primo duca di Buckingham, ma si trovava in stato di grave abbandono; Caterina non avrebbe voluto esservi trasferita. Non tutti i contatti con il mondo esterno erano cessati. I due medici di Caterina, oltre a occuparsi della sua salute, mantenevano occasionali contatti epistolari con Chapuys. Ma il tenore di vita di Caterina era drasticamente mutato: era sempre vissuta in ambienti e con abitudini regali, ora si trovava in una situazione che ricordava piuttosto l'esistenza in un convento. Degli splendidi oggetti che un tempo la circondavano rimanevano quelli di carattere religioso. I suoi magnifici gioielli erano da tempo passati ad Anna Bolena; nell'oratorio, la sua stanza pi� privata, vi erano statue di santa Barbara, santa Margherita con la corona e la croce, santa Caterina con la ruota e un crocifisso di fattura spagnola. Solo l'acquasantiera d'argento istoriato, con le iniziali H e C incise sotto una corona reale, ricordava la gloria passata e i tempi del matrimonio. Tutto ci� era tollerabile. La vera sofferenza per Caterina stava nel rinnovato divieto di vedere la figlia, anche quando Maria era malata. Chapuys non ebbe mai il permesso di visitare la sua regina. 

Nel luglio 1534, preoccupato per la salute di Caterina, l'ambasciatore decise di farle visita comunque. Radunati un centinaio di spagnoli part� per Kimbolton. Ignorando il messaggio del re che gli ordinava di desistere, si ferm� solo quando Caterina lo invit� a obbedire all'ordine del re. Tuttavia una trentina di persone della compagnia continuarono il viaggio. Chapuys nel frattempo rientrava a Londra con quanta pi� ostentazione possibile, perch� tutti vedessero che l'ambasciatore spagnolo aveva tentato invano di raggiungere la regina Caterina. Aveva tuttavia preferito mantenere un'apparenza di rapporti cortesi con il re per l'eventualit� in cui una visita alla regina divenisse veramente urgente e necessaria. Quella occasione venne diciotto mesi pi� tardi. 

Per tutto l'autunno del 1535 le condizioni di Caterina andarono peggiorando. A Natale sembrava non vi fossero pi� speranze. Il 31 dicembre, infine, sir Edmund Bedingfield da Kimbolton inform� Thomas Cromwell che la principessa vedova di Galles si trovava in grave pericolo di vita: il medico temeva che, anche se vi fosse stata una breve ripresa, la fine fosse ormai vicina. Il medico aveva visto giusto: Caterina ebbe una breve ripresa all'inizio del 1536, che le consent� di ricevere il fedele Chapuys e la vecchia amica Maria de Salinas, che erano accorsi a Kimbolton. A Caterina non bastarono le forze per scrivere di suo pugno l'ultima lettera al re: la dett� a una delle sue dame. Fino all'ultimo, ebbe a cuore la salute spirituale del marito.

"My most dear lord, king and husband, the hour of my death now drawing on, the tender love I owe you forceth me, my case being such, to commend myself to you, and to put you in remembrance with a few words of the health and safeguard of your soul which you ought to prefer before all worldly matters, and before the care and pampering of your body, for the which you have cast me into many calamities and yourself into many troubles. For my part, I pardon you everything, and I wish to devoutly pray God that He will pardon you also. For the rest, I commend unto you our daughter Mary, beseeching you to be a good father unto her, as I have heretofore desired. I entreat you also, on behalf of my maids, to give them marriage portions, which is not much, they being but three. For all my other servants I solicit the wages due them, and a year more, lest they be unprovided for. Lastly, I make this vow, that mine eyes desire you above all things. Katharine the Quene. (Ultima lettera di Caterina D'Aragona ad Enrico VIII, 7 Gennaio 1536)

La lettera cominciava con il tono della moglie che ammonisce il marito: "Mio carissimo signore, mio re, Mio sposo, nell'avvicinarsi dell'ora della morte... per l'amore che Vi porto non posso fare altro che supplicarvi che pensiate alla salute dell'anima Vostra, la quale dovreste anteporre a qualsivoglia urgenza del mondo e della carne. Per le quali invece avete gettato me in grandissime afflizioni e voi medesimo in grandissime sventure." Chi pu� biasimarla per il tono della lettera? Era troppo tardi perch� la collera del re potesse toccarla, perch� ella dovesse piegarsi all'ordine di non scrivere, di non informarsi della sua salute. "Vi perdono ogni cosa", dett� Caterina, "e prego Iddio di fare altrettanto." Quindi raccomandava al re Maria supplicandolo di essere per lei un buon padre. Anche il destino delle damigelle che le erano rimaste le stava a cuore: a loro spettava una dote; desiderava inoltre che tutti i suoi servitori ricevessero un anno di stipendio in pi� del dovuto. Era nella natura di Caterina rivolgere al re simili richieste: una donna sposata non poteva fare testamento, ma semplicemente proporre suppliche al marito. La chiusa � commovente: "Infine, giuro che i miei occhi desiderano posarsi su di Voi pi� che su ogni altra cosa. Addio." 

La ripresa fu breve. Il dolore le impediva di mangiare e di bere. Riusc� tuttavia a dire a Chapuys quanto gli era grata della visita: le sarebbe stato di gran conforto morire nelle sue braccia e non del tutto abbandonata. Parlarono pi� di due ore. Quando ripart� per Londra, la mattina del 6 gennaio, Chapuys confidava che Caterina, se pur per breve tempo, si sarebbe ripresa. Quella stessa sera, invece, vi fu una ricaduta. La sera, Caterina riusc� ancora a pettinarsi e legarsi i capelli da sola. Giunse finalmente anche quella fredda alba d'inverno: la regina ricevette i sacramenti. La sua fibra resistette ancora fino alle due. Quindi rese l'anima a Dio. 

Era il 7 gennaio 1536. Caterina aveva da poco passato i cinquant'anni. Mor� tra le braccia di Maria de Salinas, che le era stata accanto nei giorni infelici di Enrico VII, in quelli gloriosi del matrimonio con Enrico VIII e in tanti altri, ore sempre meno serene, sempre pi� penose. A vegliare il corpo nella cappella di Kimbolton, insieme a Maria de Salinas, furono le tre dame che le erano rimaste. Subito si sparse la voce che il re l'aveva fatta avvelenare. Era inevitabile che accadesse, considerando che negli ultimi anni buona parte della corrispondenza tra Chapuys e la corte imperiale esprimeva timori per la sicurezza personale di Caterina. Tutto ci� rientrava nel costume del tempo: la morte dei personaggi di rilievo la cui scomparsa avrebbe fatto comodo a qualcuno era sempre accompagnata da sospetti del genere. In questo caso, tuttavia, l'accusa � assurda per il carattere di Enrico VIII. Il veleno gli ripugnava, era il metodo che non si confaceva al suo carattere: per togliere di mezzo chi osava sfidare la sua volont� Enrico ricorreva alla mannaia e al capestro delle esecuzioni pubbliche, preceduti, se possibile, dall'ammissione di colpevolezza e dal pentimento del colpevole. 

L'autopsia condotta sul cadavere dal candelaio del castello (cui ufficialmente competeva tale compito) rivel� una grossa escrescenza nera sul cuore, tutti gli altri organi apparivano sani e normali. Enrico non ne fu molto turbato. Il re decise che gli abiti di Caterina non sarebbero andati al convento francescano prediletto dalla regina. N� consent� che essi provvedessero al funerale. Quanto alla sepoltura nella cattedrale di St Paul (dove Caterina aveva sposato Arturo, che Enrico formalmente continuava a considerare suo sposo), sarebbe costata troppo. Infine, il re rifiut� di onorare ogni disposizione di Caterina fino a che non avesse visto com'erano abiti e pellicce. Gli asciugamani di fine lino d'Olanda, bordati di frange d'oro e di seta, furono consegnati al re; stessa destinazione ebbero il resto della biancheria di pregio e un tavolo ricoperto di velluto nero con borchie dorate. Una cassa di taglieri di legno, uno scrigno foderato di raso cremisi e ancora vari effetti della principessa vedova di Galles furono consegnati alla regina.

Per la sepoltura di Caterina, che avvenne finalmente tre settimane dopo la morte, il re scelse la bella e antica cattedrale di Peterborough, a circa trentacinque chilometri di distanza dal castello di Kimbolton. Durante il viaggio, il corteo funebre sost� per una notte all'abbazia di Sawtrey. Oltre a costare meno, il funerale avrebbe avuto meno risonanza lass� che non a Londra; ci� nonostante la gente accorse lungo tutto il percorso ad assistere al passaggio della regina Caterina. 

Il re aveva designato a seguire il feretro nel ruolo di prima e seconda piangente la pi� giovane delle due figlie di sua sorella Maria, Eleonor Brandon, e la giovane matrigna di questa, Katherine, ora duchessa di Suffolk, che era figlia di Maria de Salinas. Furono inoltre chiamati a partecipare al corteo numerosi poveri vestiti di nero, con il cappuccio calato sugli occhi e torce in mano, perch� la cerimonia avesse l'imponenza che il rango della defunta richiedeva. Era il funerale che spettava a una principessa di Galles, non a una regina. Per questo motivo Chapuys rifiut� di partecipare. Caterina fu sepolta sul lato nord-ovest del transetto. Chapuys scrisse all'imperatore: ecco a cosa si riducevano "i grandi splendori e l'incredibile magnificenza" con cui gli inglesi fingevano di aver voluto onorare la memoria della regina.

Di tutte le mogli di Enrico VIII, Caterina desta la maggiore compassione. Storicamente venne sempre descritta come una donna di mezza et�, pia e gentile che tollerava le infedelt� del marito compreso il non facile compito di accettarne il figlio illegittimo e da allontanare quando scoppi� la passione verso Anna Bolena. Tuttavia questa rappresentazione trascura lo spirito testardo di Caterina, la sua ostinazione che la port� a rifiutare categoricamente di mettersi da parte. Caterina non dimentic� mai di essere la figlia di due grandi monarchi, Isabella e Ferdinando d'Aragona, e neppure la comprensione per la necessit� di avere un erede maschio la spinse a cedere. Nonostante la sua piet� e la sua ortodossia fu responsabile della Riforma in Inghilterra. Nessuna donna, prima o dopo, ha mai causato, seppur involontariamente, un simile cambiamento storico.

FINE

di  Simonetta Leardi

Bibliografia:
A. Fraser "Le sei mogli di Enrico VIII".
M.M. Rossi "Storia dell'Inghilterra", III vol, Sansoni ed. -  Firenze 1953. 
Storia Universale di Cambridge, Garzanti ed. VII vol
Stralci di articoli e enciclopedie varie.

DI ENRICO VIII ( 1491 - 1547) (VEDI LA BIOGRAFIA ) > > 


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