SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
ENRICO CARUSO

Una delle più celebri voci di tutti i tempi

Via Partenope è indubbiamente una delle più belle strade e famose strade di Napoli, ed il suo nome richiama alla mente le più antiche leggende sulle origini della città. Apollonio Rodio nelle Argonautiche, narra infatti di tre sirene che si diedero la morte tra le onde, perch� Ulisse era riuscito a sfuggire all’incantesino delle loro melodie; proprio una delle tre sirene, Partenope, fu trascinata sulla costa della Campania, ove sorgerà la città che porta il suo nome. Si è anche sostenuto che Partenope fosse il nome di una giovane greca, naufragata in queste acque, ed alcuni credettero di individuare anche il suo sepolcro in riva al mare. I napoletani identificano Partenope nel volto di una scultura greca, da sempre per questo indicata come ‘a capa e Napule.

In questa strada morì uno dei personaggi divenuti poi una vera e propria leggenda del nostro tempo, il celebre tenore Enrico Caruso che, proprio in questa strada, aveva cominciato la sua scalata verso il successo. Correva infatti l’anno 1891 quando il giovanissimo Caruso cantava alcune canzoni napoletane ai Bagni Risorgimento, e fu notato dal tenore Misiano, che lo spinse a prendere lezioni dal maestro Guglielmo Vergine, avviandolo a più seri studi di canto.

Nato nel 1873 da un meccanico originario di Piedimonte d’Alife , Enrico Caruso interruppe presto gli studi e iniziò a lavorare come apprendista meccanico; appassionato di musica, prese le prime lezioni di canto esibendosi nelle ‘periodiche’, riunioni familiari della borghesia napoletana, o in piccoli spettacoli nei caffè concerto ed anche come esecutore di serenate a pagamento. Dopo il suo incontro con Misiano e Vergine cominciò ad esibirsi, con non esaltanti successi, in parecchi teatri in Italia e all’estero, debuttando a Natale del 1900 alla Scala di Milano. La sua prima esibizione al San Carlo di Napoli risale all’anno successivo, il 30 dicembre del 1901, con l’Elisir d’amore, ma senza ottenere pareri favorevoli dalla critica, che in parte si ricrederà subito dopo con Manon, rappresentata nello stesso teatro.

Essendo compromesso il suo rapporto con la sua città, Caruso sceglierà di partire per l’America, ove il suo successo sarà strepitoso, anche grazie all’incisione di innumerevoli dischi; ricco e famoso comprò una villa in Toscana, ma sentì sempre fortissima la nostalgia di Napoli, la sua città, anche perch� la sua vita non era affatto felice. Sposato con il soprano Ada Botti Giachetti ebbe con lei due figli, ma il loro rapporto fu tormentato dai continui tradimenti di entrambi, che più di una volta finirono in tribunale, mentre a causa di problemi di salute la sua voce iniziava a perdere di tono. Operato di laringite ipertrofica nodulare nel 1909, continuò però a cantare con successo ed iniziò ad incidere anche le più note canzoni napoletane; per la sua voce potente e la ricchezza di colori nelle sue interpretazioni, egli si affermò come il più grande tenore verista di tutti i tempi. In questi anni realizzò anche due film di grande successo, My cousin e The splendid romance, continuando ad esibirsi nei teatri di tutto il mondo.

Separatosi dalla moglie sposò la giovane americana Dorothy Benjamin, che gli darà anche una figlia, Gloria; in questi anni però il suo stato di salute iniziò a peggiorare e, sebbene acclamato dal suo pubblico, più volte fu costretto a sospendere gli spettacoli. In America gli venne diagnosticata una pleurite e poi una bronco polmonite, e fu anche operato al polmone sinistro; deciso a tornare a Napoli Caruso rientrò in Italia e decise di sostare a Sorrento per un po’ di riposo ma, dopo un breve miglioramento, le sue condizioni peggiorarono nuovamente inducendolo a partire per Roma, per una nuova operazione.

Costretto a fermarsi a Napoli per un ulteriore improvviso malore il tenore fu visitato dai maggiori luminari dell’epoca presso l’hotel Vesuvio ove alloggiava; tra i grandi clinici accorsi al suo capezzale c’era anche il religiosissimo prof. Giuseppe Moscati, il medico santo, che fu l’unico a formulare l’esatta diagnosi di ascesso subfrenico. Convinto della gravità della situazione si rivolse all’ammalato dicendogli: ‘Lei ha consultato molti medici, ma ha dimenticato quello più importante…Gesù Cristo’. Caruso riuscì a malapena a rispondergli: ‘Professore…fate quello che volete’, e così fu chiamato il sacerdote per somministrargli i sacramenti. Confortato ed assistito dal Moscati, Caruso morirà la mattina seguente, il 2 agosto 1921, all’hotel Vesuvio, proprio di fronte a quei Bagni Risorgimento dove aveva iniziato la sua splendida carriera. Riposa al cimitero di Poggioreale a Napoli, la sua Napoli che tanto amò.

 

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