SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
GIORGIO BASSANI

 

Scrittore italiano, formatosi nell'ambiente universitario bolognese intorno a Roberto Longhi.
Complessa e analitica la sua opera di narratore, che mira a rappresentare abitudini e mentalità della comunità israelitica borghese e benestante di Ferrara. Città dove visse fino al 1943, trasferendosi poi a Roma. Periodo dove conobbe proprio negli anni della sua meglio gioventù gli orrori della persecuzione razzista di cui fu vittima lui e la famiglia, e nello stesso tempo la rivisitazione dell'incantesimo dell'infanzia; la solitudine in una galera e il sogno della vita di un tempo che fu.

Giorgio Bassani nasce a Bologna il 14 marzo 1916, ma la sua famiglia è ferrarese da parecchie generazioni. Dora ed Enrico Bassani, agiati borghesi di credo israelita, hanno anche altri due figli, Paolo e Jenny, che con Giorgio dividono, in Ferrara nell'antica casa signorile di via Cisterna del Follo, l'infanzia e l'adolescenza.

A Ferrara Giorgio Bassani studia Liceo "Ludovico Ariosto" fino alla maturità classica, conseguita nel luglio del 1934.
Da qualche anno manifesta vivo interesse per la musica, tanto da far presagire un avvenire di pianista, ma sui diciassette anni rinuncia d'un tratto a questo passione inclinando nettamente verso la letteratura. Prima d'ora non ha mai letto nulla di letteratura italiana contemporanea, ma dall'autunno del 1934 ha la fortuna di frequentare la casa e la biblioteca di Giuseppe Ravegnani, il più illustre dei letterati ferraresi.

Si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, infrangendo una lunga tradizione familiare: padre e nonno, infatti, erano medici. Dal 1935 al 1939 frequenta l'Università del capoluogo emiliano, prendendo giornalmente un treno di terza classe: da una parte, quindi, c'è la Ferrara degli amici, fra i quali Giuseppe Dessì (narratore) e Claudio Varese (critico letterario); dall'altra la Bologna dei docenti, delle conoscenze nuove, dei modelli umani e morali. Il suo ideale alto e conclusivo è Benedetto Croce, ovviamente fuori dal cerchio delle conoscenze dirette, esempio estremo di intellettuale libero e sovranamente padrone d'una compiuta filosofia della storia, dell'arte e della vita. 

Variamente studiati e discussi durante tutto l'arco dell'anno, i temi della razza trovano, nel corso del 1938, la loro formulazione in princìpi di ordine giuridico, vale a dire in leggi antisemite. Docenti e studenti di origine ebrea sono esclusi in via di massima e con pochissime eccezioni da tutte le scuole del Regno e i cittadini ebrei immigrati in Italia dopo il 1919 sono invitati a lasciare il territorio italiano. Ormai, d'ora in avanti le disposizioni contro gli ebrei si faranno sempre più restrittive fino a che, nel 1943, la cosidetta "soluzione" del problema ebraico passerà nelle mani degli occupanti tedeschi.

Nel 1940, sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi, per quei motivi razziali di cui si è appena detto, Bassani pubblica il primo libro: "Città in pianura", prose e racconti scritti da non più di qualche mese, in qualità di esercizi di stile e di lirica fantasia, ambientati in Ferrara e nel mondo borghese israelita. A cominciare da tale data, Bassani, da giovane letterato, si trasforma in attivista politico clandestino, sottraendosi sia alle amicizie letterarie ferraresi, sia a quelle più varie di Bologna. Si laurea comunque nel 1939 con una tesi su Niccolò Tommaseo, discussa col Calcaterra, mentre il fratello Paolo, già costretto per motivi razziali a frequentare l'università di Grenoble, ne verrà addirittura espulso quando l'Italia dichiarerà guerra alla Francia.

Sono anni intensi e di una loro audace e rischiosa bellezza che Bassani dedica quasi del tutto a una segreta militanza antifascista, fino al 1943, quando nel maggio viene arrestato e tenuto in carcere per qualche mese. Riavrà la libertà il 26 luglio, dopo la caduta del fascismo e la dichiarazione d'armistizio dell'Italia con l'esercito alleato, mentre, da un lato, il regime mussoliano coltiva una sua disperata e sanguinaria velleità di vittoria con la "Repubblica di Salò" e, dall'altro, la Resistenza si estende e si afferma in tutta Europa. 

Bassani è attivo nel Partito d'Azione, sotto la guida di Carlo Ludovico Ragghianti e nella superstite amicizia di Antonio Rinaldi. Ai primi d'agosto del 1943 si sposa con Valeria Sinigallia, sistemandosi precariamente a Firenze dove è costretto a vivere sotto falso nome. Quando nel 1945 pubblica le poesie di "Storie dei poveri amanti e altri versi", Bassani si accinge a vivere in pace la sua esistenza di intellettuale e scrittore, dopo anni di rischio e di disperazione, durante i quali migliaia e migliaia di ebrei, compresi suo padre, familiari e parenti, conoscenti e amici, erano andati alla morte in guerra, in prigionia, nei lager: tutta gente la cui memoria non cessò mai di dargli quella fondamentale e confortante certezza di essere dalla parte della giustizia e della verità.

Impiegato, bibliotecario, insegnante e persino attore: Bassani vive nella Roma difficile del dopoguerra assieme alla moglie e ai due figli Paolo ed Enrico. Tuttavia scrive, ed è del 1947 una seconda raccolta di versi: "Te lucis ante". Sono le brevi composizioni d'ispirazione religiosa di un giovane poeta non credente ma che, in ogni caso, subisce il fascino terribile, e anche atterrito, di un Dio che comanda la storia e lascia che, senza sosta né scampo, gli uomini vadano al loro destino di morte. 

Nel 1948, su iniziativa della signora romana Marguerite Caetani, che fonda e cura la pubblicazione della rivista letteraria "Bottegha Oscure", Bassani è invitato a redigerla. E' un periodico esclusivamente antologico, ma egli ne diventa la coscienza critica, scegliendo e autorizzando il meglio della creatività letteraria internazionale. Le vicende della vita del nostro autore sono sempre più legate alla pubblicazione dei suoi libri e la sua esistenza viene quasi scadenzata lungo il fitto calendario di date d'apparizione di opere nuove, di testi riscritti, ora in versi ora in prosa. Dal 1949, almeno, Bassani ha ricominciato a stendere racconti, ma nel 1951 pubblica ancora composizioni poetiche sotto il titolo "Un'altra libertà", versi autobiocrafici e relativi a un mondo concreto, dopo le fondamentali esperienze degli anni della guerra e della terribile realtà dell'odio. Il ritorno della letteratura al dominio del reale si sente un poco dappertutto nell'aria ma in ogni caso, Bassani trasfigura i suoi temi con la fantasia non vietandosi neppure qualche accensione surreale. Intanto, svolge intensa attività di sceneggiatore cinematografico testi per film e facendosi, come si dice, la mano per soluzioni di tecnica descrittiva e compositiva dei campi visivi, delle rese prospettiche, delle strutture espressive e dinamiche così utili al racconto e al romanzo.

La sua fondamentale formazione ermetica (cioè di letteraria preziosità e ricchezza di significati) si misura con la necessità di fornire lampi e barlumi e segni fulminei al discorso filmico. Ne scaturiscono indicazioni per la letteratura, campo in cui esistono solo la parola e l'interpuzione per mettere nero su bianco davanti al lettore gli esiti del proprio bollente magma interiore. 

Il 1953 segna infatti il ritorno di Bassani alla pagina di prosa con la pubblicazione di: "La passeggiata prima di cena" che, unitamente a "Gli ultimi anni di Clelia Trotti", uscito nel 1955, e ad altri racconti ("Storia d'amore"; "Una lapide in via Mazzini"; "Una notte del '43"), formano le famose "Cinque storie ferraresi " del 1956 (premio Strega di quell'anno). Intanto Bassani diventa redattore anche della rivista "Paragone", periodico mensile di arte e letteratura fondato a Firenze nel 1950 da Roberto Longhi. Due anni dopo le "Cinque storie ferraresi" Bassani pubblica "Gli occhiali d'oro", dove il fascino della tecnica cinematografica è messo in secondo piano da una insorgente e più soggettiva visione della struttura letteraria.

Il 1958 è anche l'anno in cui Bassani, consulente e direttore editoriale della Feltrinelli, scopre e lancia un nascosto talento della nostra creatività letteraria: Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de "Il Gattopardo", romanzo storico dal successo internazionale e caso letterario a lungo oggetto di vivo e fecondo dibattito culturale e ideologico. Cinque storie e Occhiali d'oro confluiscono in una nuova edizione accresciuta nel 1960 sotto il titolo "Le storie ferraresi", un libro che raccoglie il meglio della produzione narrativa di Bassani. E' qui testimoniata per la prima volta nella sua consistenza l'intenzione dell'autore di riprendere più e più volte la sua opera e farla oggetto di accanita riscrittura, fra l'alternato parere della critica. Il centro geografico e sociale delle Storie non è però la città di Ferrara in quanto tale, bensì la particolare comunità israelitica borghese e benestante che la anima e i legami che essa intrattiene con il mondo che la attornia: il tutto reso con scrittura magra e liricamente soggettiva.

Bassani collabora ormai alle più prestigiose riviste e ad alcune testate giornalistiche di alto rilievo: da un lato l' "Approdo", "La Fiera letteraria", "Letteratura", "Nuovi Argomenti"; dall'altro lato "Il Mondo", quello fiorentino, diretto da Alessandro Bonsanti ed Eugenio Montale. Dopo lunghissime gestazione (alcune delle pagine destinate a entrare nella struttura del romanzo finito risalgono agli inizi degli anni Quaranta), Bassani pubblica nel 1962 "Il giardino dei Finzi-Contini", il suo primo vero romanzo, premio Viareggio di quell'anno. Il libro è la completa espressione del mondo dello scrittore, a cominciare dal piano formale per finire a quello ideologico, vale a dire, tra desiderio della bella pagina, del racconto fiorito e della scrittura di buon gusto, da un lato, ed esperienza morale, intellettuale e politica, e testimoniale dall'altro. Tutto questo raccontato sul filo della memoria, nella Ferrara della sua giovinezza, durante gli anni in cui il fascismo veniva facendosi dittatura intollerabile, a cominciare proprio dalla promulgazione delle leggi razziali. 

Il Giardino è un romanzo lungamente elaborato attorno alla concezione crociana della storia e della letteratura: per quanto riguarda la vicenda umana e la visione della realtà, secondo l'idea che ogni fatto o concetto è vita dello spirito, dell'io che pensa e crea soggettivamente ogni cosa; per quanto riguarda, invece, l'opera d'arte o la scrittura letteraria, secondo il principio che la creazione è conoscenza, ma conoscenza che non segue gli schemi della logica, che è pura intuizione lirica anteriore alla comprensione razionale del mondo. Dopo essere stato consulente e direttore editoriale, Bassani sarà pure, tra il 1957 e il 1967, vicepresidente della Radiotelevisione italiana, presidente di "Italia Nostra" (associazione per la tutela del paesaggio e la cura del patrimonio artistico), docente di Storia del Teatro all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica a Roma. 

La cronologia delle sue opere vede invece, dopo il volume antologico di tutte le sue poesie, dal 1942 al 1950, pubblicato col titolo L'alba ai vetri, la stampa di due libri di prosa: Dietro la porta (1964) e L'airone (1968) con l'intermezzo della raccolta di saggi Le parole preparate (1967). 
Nel 1972 Bassani pubblica la raccolta di racconti L'odore del fieno, cui tengono dietro le poesie di Epitaffio (1974) e di In gran segreto (1978). Ma ormai lo scrittore è da anni intento alla riproposta della sua intera opera, secondo criteri di riscrittura e di revisione rigorosamente perfezionistici. Tra l'altro, Bassani ha provveduto a raccogliere sotto il titolo Il romanzo di Ferrara i suoi tre romanzi principali: Il giardino dei Finzi-Contini, terza parte del Il romanzo di Ferrara, ha visto la luce nel 1980. Riscrivendo ogni pagina della sua fatica di narratore e di poeta, Bassani propone pure, nel 1982, un volume in rima e senza, riepilogo generale della sua creatività poetica e, nel 1984, tutti i suoi saggi e le sue riflessioni critiche nel libro "Di là dal cuore".

IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI

L'opera è divisa in quattro parti, con un prologo e un epilogo. Nel prologo vi si narra l'episodio che fa maturare l'idea del racconto: raccontare la storia dei Finzi Contini e del loro piccolo mondo. Ed è una gita di fine settimana in una domenica di aprile, con la visita  alla necropoli di Cerveteri, nella zona di Tarquinia, a nord di Roma. Le antiche tombe degli etruschi gli ricordano la cappella funebre nel cimitero di Ferrara dei Finzi-Contini, un'agiata famiglia ebrea conosciuta e frequentata durante la giovinezza. 
L'ambientazione del romanzo è particolare, la narrazione, con il protagonista, anch'egli ebreo di famiglia borghese, che parla in prima persona sull'onda della memoria, si sposta, non solo geograficamente, ma anche temporalmente. Dopo avere con molti dettagli ricordato le vicende architettoniche della cappella e gli eventi del casato Finzi-Contini (tra cui la morte del piccolo Guido, primo figlio di Ermanno e Olga Finzi-Contini, e il comportamento della loro famiglia nell’ambito della comunità israelitica ferrarese), il narratore situa inizialmente la storia che sta per raccontare negli ultimi anni Venti, quelli del suo ginnasio, quando ha le prime occasioni d’incontro con Alberto e Micòl, gli altri due figli degli anziani Finzi-Contini, nella loro ricca villa (la magna domus) con annesso uno splendido parco dove vivevano in un aristocratico isolamento.

Il narratore prende le mosse dalla sua disavventura scolastica agli esami di licenza ginnasiale: un cinque in matematica che lo sconcerta al punto di pensare di fuggire, di non tornare più a casa. Capitato in prossimità del muro di cinta che delimita il giardino dei Finzi-Contini, viene chiamato da Micòl che non solo lo distoglie dai suoi pensieri di sparizione, ma gli propone di entrare scavalcando la recinzione. Il narratore è indeciso e la ragazza gli va incontro, accompagnandolo fino all’entrata di una vicina grotta per nascondervi la bicicletta ed essere quindi più libero di accettare il suo invito.

 Una volta entrato nel buio della piccola caverna, fantastica questo incontro con Micòl. Vola con l'immaginazione di giurargli un amore eterno, fare un patto d'amore segreto fra lui e la ragazza. Ma all'improvviso tutto si dissolve quando c'è il richiamo di un domestico di casa Finzi-Contini. S’interrompe il sogno e il narratore con la memoria si sofferma a narrarci chi è veramente Micòl, una ragazzina vivace e impertinente, espansiva ma al tempo stesso irraggiungibile. 

A questo punto termina il prologo, inizia la narrazione, salta di quasi dieci anni e la vicenda inizia propriamente alla promulgazione delle leggi razziali. emanate dal regime fascista. Siamo nel 1938, il momento cupo del regime, quando le leggi  discriminano gli ebrei dalle scuole pubbliche e dalle associazioni culturali e sportive. In conseguenza delle disposizioni di legge emanate a danno degli ebrei, i Finzi-Contini aprono i cancelli del loro giardino, e del loro campo di tennis, a un gruppo di ragazzi, ebrei e non ebrei, più o meno coetanei di Alberto e Micòl, compreso il narratore. 

Il racconto si arresta davanti alle porte della cosiddetta magna domus, la maestosa e riservata residenza dei Finzi-Contini. Infatti, il narratore, riferendo a suo padre la circostanza dell’invito ricevuto, il genitore, abbastanza maldisposto verso la condotta dei Finzi-Contini, fa commenti su di loro, ricordando la loro eccentricità di comportamento e infervorandosi a tal punto nel discorso da finire a inquietarsi col proprio figlio, che offuscato da quell' illusorio giovanile patto d'amore per Micòl, ha una immagine diversa.

Finalmente si entra dai Finzi-Contini: i ragazzi si conoscono tutti, chi più chi meno, fra loro: Solo, Giampiero Malnate non è di Ferrara e non è nemmeno tanto un ragazzo: proviene da Milano e lavora in qualità di chimico in una fabbrica della zona industriale della città. Sono settimane di perfetta vacanza occupate dal gioco, da gesti d’amicizia, dai generosi rinfreschi e dalle non meno prodighe merende offerte dai padroni di casa. I Finzi-Contini dimostrano tutta la loro signorile ospitalità, dai fratelli Alberto e Micòl agli anziani di famiglia, fra cui il professor Ermanno, che simpatizza paternamente e culturalmente con il narratore, in procinto di laurearsi in letteratura. 

Il racconto restringe ora il suo interesse alle persone del narratore e di Micòl, fra le quali sembra sempre debba scoccare la scintilla dell’amore dopo quella dell’amicizia e della reciproca simpatia. Micòl accompagna il suo giovane innamorato alla conoscenza del giardino, attraverso una serie di lunghe passeggiate molto movimentate e dialettiche, dal punto di vista dei dialoghi, delle battute ironiche, della provocazione culturale cui Micòl unisce una punta di femminile malizia intesa a pungere e a commentare l’inesperienza e la distrazione del suo ingenuo giovane amico, già troppo intellettuale ma ancora poco maturo. Micòl proprio per questo ha un atteggiamento incostante, ora disponibile ora ostile. L’episodio della carrozza, ossia di una mancata aperta dichiarazione da parte del narratore dei suoi sentimenti verso Micòl, chiude la parte seconda.

Segue un periodo di rimpianto durante i quali il narratore torna più volte, in veglia e in sogno, sulla affascinante ed estrosa immagine della ragazza, tanto vicina e pure così irrimediabilmente lontana dalla sua portata. Le lunghe telefonate hanno solo illuso il giovane. Per di più, essa si trasferisce improvvisamente a Venezia per una laurea da conseguire.  Mentre la ragazza è via da Ferrara , il narratore continua a recarsi ogni giorno in casa Finzi-Contini da Alberto, che già riceve quasi giornalmente nella sua stanza Giampiero Malnate. Il rapporto con la magna domus si intensifica anche per l’invito da parte del professor Ermanno ad approfittare della biblioteca per le sue ricerche letterarie in vista della tesi. 

Il narratore e Micòl si scrivono, mentre nell’appartamento di Alberto iniziano gli incontri a tre fra il giovane padrone di casa, il narratore stesso e il Malnate. Costui è un intimo amico di Alberto fin dai tempi in cui frequentavano assieme l’università a Milano; in particolare, è un giovane solido, di idee comuniste, che crede nel futuro e che tende e con entusiasmo ad ammaestrare amici e conoscenti con la sua convinzione ideologica. Intanto, il narratore fra una discussione e l’altra, approfitta della sterminata biblioteca del professor Ermanno ma è sempre in emozionante attesa del ritorno di Micòl.
Che ritorna a sorpresa la sera di Pasqua, che il narratore trascorre metà presso i suoi e metà in casa Finzi-Contini. E’ questo il capitolo forse più ricco di sentimenti e più vario di situazioni che conclude   la terza parte del libro. 

Il narratore, continua a frequentare casa Finzi-Contini, e i due amici Alberto e Malante. Un giorno viene perfino ammesso nella stanza di Micòl, leggermente  indisposta. Qui tenta goffamente uno  sgraziato tentativo di conquistare la ragazza, ma  Micòl lo delude definitivamente respingendo esplicitamente il suo amore. L'avventatezza e la mancanza di stile, gli fa perdere per sempre il suo affetto, rischiando pure l' amicizia e la stima di Micòl. Il giovane si rinchiude in se stesso.

Compie un breve viaggio a Grenoble, dal fratello, per allontanarsi un po’ dal fuoco dei sentimenti e dal bruciore della sconfitta. Al ritorno fa saltuarie visite ai Finzi-Contini ma sono numerosi i piccoli battibecchi con Micòl.  I rapporti sono ormai offuscati da quel rifiuto e sono minacciati da una rottura totale.

 Per non rinunciare del tutto a parlare di lei e a farla vivere almeno nella fantasia, il narratore si incontra spesso con Malnate, a casa sua, o per la città, con cui ha lunghe discussioni di politica. Girando per Ferrara, Malnate lo condurrà persino in un postribolo, esperienza che colmerà la misura dell’insoddisfazione di sé che lo porterà a cambiare definitivamente la sua vita.
Anche perché confidando all'amico il suo infelice rapporto con Micòl gli arriva un'altra delusione, ha il fondato sospetto che lo stesso Malnate sia stato più fortunato di lui con la giovane.
Anche se con sofferenza questo dubbio prelude al distacco netto anche da Malnate, e il rifiuto di ogni ulteriore contatto con la famiglia Finzi-Contini, riportando il narratore a ritornare agli affetti familiari, trascurati, e ne approfitta il padre per richiamarlo ai suoi doveri..

 La quarta parte si conclude così con la definitiva rinuncia del narratore a Micòl, ai Finzi-Contini, a Malnate stesso. Il narratore  ripassa, una sera per la via delle Mura e si rifà sotto la cinta del giardino dei ricordi più belli. Entra e, durante una visita segreta ai luoghi del suo possibile amore, comprende che, dopo i suoi falliti tentativi di conquista, Micòl è stata molto probabilmente di Malnate. 

Il romanzo è finito. Nelle brevi pagine dell’Epilogo il narratore ci riassume i drammatici avvenimenti posteriori. Che sono cosparsi di croci. Alberto muore per un linfogranuloma. Malnate partito per la guerra  con il corpo di spedizione in Russia non è più tornato. Micòl sempre fiera e spavalda, con genitori e nonna viene deportata in un campo di concentramento donde non farà più ritorno.
 
Morte e rimpianti sono gli appigli del narratore per continuare a rivedere tutti i personaggi in una malinconica evocazione memoriale, ma anche di meditazione che lo portano a percorrere un processo di maturazione. Chiude i ricordi con l’immagine ideale di alcune croci, una fatalistica messa sopra sulla personalità volitiva di Malnate; le altre come predestinazione messe sopra sulle due vittime.

Giorgio Bassani si è spento a Roma il 13 aprile 2000.

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