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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNI dal 850 al 875 

LUDOVICO II - GUERRE CON I SARACENI
TENTATIVO DI UNA UNIFICAZIONE DELL'ITALIA?
( dal 850 al 875 )

DISCORDIE CIVILI NELL' ITALIA MERIDIONALE - MOFAREG IBN-SÀLEM SULTANO DI BARI - INFRUTTUOSE SPEDIZIONI DI LUDOVICO CONTRO I MUSULMANI - LA "CONSTITUTIO PROMOTIONIS EXERCITUS" - LUDOVICO NELL' ITALIA MERIDIONALE - TRATTATIVE FRA LUDOVICO E BASILIO - ADRIANO II - LOTARIO II IN ITALIA - ROTTURA FRA LUDOVICO E I BIZANTINI - PRESA DI BARI - SOLLEVAZIONE DEI PRINCIPI MERIDIONALI E PRIGIONIA DI LUDOVICO - SPEDIZIONE MUSULMANA IN ITALIAASSEDIO DI SALERNO - SUCCESSI DI LUDOVICO CONTRO I SARACENI - TRAMONTO DEL SOGNO DI LUDOVICO DI UNIFICARE L' ITALIA - MORTE DI LUDOVICO II
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IL SULTANO DI BARI
PRIME SPEDIZIONI DI LUDOVICO CONTRO I MUSULMANI

Mentre Papa NICCOLÒ I lottava con tutte le sue energie per far conseguire alla Santa Sede il primato universale, LUDOVICO (re d'Italia dal 844, associato all'impero con il fratello Lotario nel 850) invano tentava di tradurre in realtà il sogno della sua vita, che era lo scopo principale della sua politica: liberare l'Italia dai Musulmani ed unificarla sotto il suo scettro.

Ludovico aveva creduto di riportare la pace nel ducato di Benevento dividendolo fra RADELCHI e SICONOLFO; ma si era ingannato. Né i due principi rivali, dopo il trattato dell'849, tentarono seriamente e d'accordo, secondo i patti, di cacciare i saraceni dalle loro terre, e neppure la pace nell'Italia meridionale, dove non pochi signori aspiravano a costituirsi un principato indipendente, durò a lungo.
Morto nell'849 SICONOLFO, cui successe ADEMARO, LANDONE e i suoi tre fratelli, figli del conte LANDOLFO, questi staccarono Capua da Salerno e, poiché Ademaro andò ad assediare la città ribelle e riuscì a fomentare una fallita rivolta nella stessa capitale, fu spodestato e al suo posto GUAIFERIO, impotente a sottomettere Capua, fu costretto a cedere il governo a LANDONE conservandone soltanto la sovranità nominale.

Di queste turbolenze che indebolivano enormemente l'Italia meridionale non potevano che trarre profitto i Saraceni. I più molesti erano quelli di Bari, comandati da MOFAREG IBN-SÀLEM, audace ed orgoglioso condottiero che, resosi indipendente dalla casa aghlabita, si era autonominato e preso il titolo di "sultano", e faceva scorrerie nella Puglia e nella Calabria, saccheggiando ed occupando i castelli e spingendo i suoi predatori fino a Napoli e a Salerno. Minacciato da queste incursioni era il ricco convento di Monte Cassino, il cui abate, nei primi anni della seconda metà del secolo già aveva pregato Ludovico di scendere in campo contro i Musulmani.
L'imperatore scese ed investì Bari, ma pare che trovasse una fiera resistenza, inoltre fu lasciato senza aiuto dagli stati dell'Italia meridionale, piuttosto sospettosi verso di lui. Riusciti vani gli assalti contro Bari, Ludovico se ne tornò (853) in Lombardia.

L'infelice esito di questa spedizione aumentò l'impudenza di Mofareg che, infestato il ducato beneventano, lo costrinse a dargli ostaggi e tributi; ma nonostante questo spadroneggiando, riprese le sue scorrerie nella Terra di Lavoro e nei territori di Capua, Conza, Cuma e Pozzuoli.
La sua audacia cresceva di giorno in giorno e di anno in anno. Nell'860 si spinse fino alle porte di Napoli, riempiendo i dintorni di rovine e di stragi e a farsi odiare. Tornando proprio da quest'ultima scorreria rischiò perfino di cadere in un agguato: i gastaldi di Telese e di Boiano, che più degli altri avevano patito danni dalle incursioni dei suoi Saraceni, tratto dalla loro parte il duca di Spoleto, si erano appostati con molti armati nelle vicinanze di Bari per dare addosso a Mofareg, ma questi, informato, non si lasciò cogliere di sorpresa e inflisse perdite gravissime ai suoi nemici, poi, prendendo a pretesto l'agguato, e spinto dalle vendette, tornò ad infestare più di prima il ducato di Benevento. Telese, Alife, Sepino, Boiano, Canosa, Castel di Venafro furono occupati; il monastero di San Vincenzo nella valle del Volturno messo a sacco, il territorio di Capua; Montecassino, minacciato, allontanò da sé il pericolo pagando tremila monete d'oro; mentre il castello di Conza rimase assediato per quaranta giorni.

Queste ultime scorrerie avvennero nell'865. Da tre anni mancava LUDOVICO II dall'Italia meridionale. Vi era stato la penultima volta nell'860, spintovi dalla situazione anormale del ducato di Spoleto e di quella di Camerino. Il primo era governato da LAMBERTO, successo al padre Guido nell'858, il secondo da ILDEBERTO che con le sue prepotenze commesse sui sudditi aveva provocato l'intervento dell'imperatore.
I duchi di Spoleto e di Camerino, alleatisi, avevano tentato di ribellarsi, ma, scoperti, erano stati costretti a fuggire ed avevano trovato asilo presso ADELCHI duca di Benevento. Qui ILDEBERTO, non sentendosi sicuro, aveva cercato ricovero dentro Bari. Ludovico aveva inseguito i ribelli fino a Benevento ed aveva ottenuto la sottomissione di Lamberto e di Adelchi.

A Benevento l'imperatore era tornato nell'863, alla testa d'un numeroso esercito, per guerreggiare i Musulmani e qui - come s' è visto - erano venuti a trovarlo gli arcivescovi GUNTERO e TITGAUDO. Di questa spedizione non abbiamo sufficienti notizie; molte invece ce ne lasciarono i cronisti intorno all'altra che avvenne alcuni anni dopo.

Questa fu preparata con grande cura dall'imperatore. Nel febbraio dell'865 LUDOVICO emana la "Constitutio promotionis exercitus" con la quale dà severe e precise norme per il reclutamento del corpo di spedizione e sull'itinerario che dovrà seguire. I vescovi, i conti e i vassalli sono incaricati di esercitare una rigorosa sorveglianza affinché nessuno si sottragga al servizio militare; solo i poveri rimarranno di guardia del paese, gli altri si presenteranno alle armi portando con sé vesti e vettovaglie.

Secondo la "Constitutio", Ludovico con il grosso delle sue forze doveva percorrere la via del litorale adriatico e trovarsi a Lucera il 25 marzo dell'866; ma, partito più tardi del tempo stabilito e desiderando, prima d'iniziar le operazioni contro i Saraceni, di metter la pace fra gli stati meridionali, che dovevano aiutarlo nella guerra, lungo la via cambiò itinerario e quando fu giunto a Pescara si diresse alla volta della Campania.
A Montecassino fu cordialmente accolto dall'abate BERTARIO, ardente sostenitore della lotta ad oltranza contro gl'infedeli, e ricevette alcuni grandi dell'Italia meridionale, fra i quali LANDOLFO vescovo di Capua. Non fidandosi di lui, l'imperatore occupò Capua e l'affidò al duca LAMBERTO di Spoleto, poi si recò a Salerno dove fu ricevuto da GUAIFERIO e, evitando Napoli, attraverso Amalfi, Pozzuoli, Sessa e Caudio, giunse a Benevento.

Le ostilità cominciarono nel marzo dell'867 e continuarono per alcuni mesi con la peggio per le armi imperiali, che nel dicembre di quell'anno, decimate prima da un'epidemia e poi dalla implacabile guerriglia dei Saraceni, furono costretti a tornare a Benevento. Le operazioni ripresero nella primavera seguente e questa volta con un buon successo per le truppe di Ludovico, che riuscì ad occupare Venosa, Matera ed Oria.
Ma questi non erano successi decisivi: il nemico teneva un lungo tratto di litorale pugliese ed era padrone di Bari e Taranto, contro le cui fortificazioni invano tentava assalti l'esercito imperiale. Aggiungasi che le forze di cui disponeva Ludovico non erano inferiori al bisogno e che, anche se fossero state in numero maggiore, non avrebbero potuto far capitolare Taranto e Bari finché le guarnigioni musulmane di queste città avevano libera la via del mare.

A Ludovico, per costringere alla resa le due piazzeforti musulmane, occorreva il concorso di una potenza marinara. Se le città campane fossero state unite come una volta in una lega avrebbero potuto senza dubbio tener testa ai navigli musulmani di Sicilia, e bloccare con successo Taranto e Bari. Ma unite invece non erano.
Inoltre Amalfi ostentava amicizia con Ludovico, ma si teneva anche in buoni rapporti con i Saraceni; peggio faceva Napoli, che non aveva voluto fare entrare dentro le sue mura l'imperatore.
MICHELE AMARI afferma che Napoli a quel tempo sembrava Palermo. I corsari di Palermo che infestavano tutta la costiera, e specialmente gli stati del Papa, trovavano a Napoli piloti pratici che li guidavano; vi comperavano armi e vettovaglie per rivenderle a Bari e a Taranto; inseguiti si rifugiavano nel porto di Napoli poi uscivano di nuovo a predare".
Gaeta a Lodovico aveva dato aiuti e navi; ma era stata ben poca cosa, ciononostante questi aiuti le aveva attirata addosso l'ira dei Saraceni siciliani che nell'868 furono mandati ad assalirla con una flotta e, con vari saccheggi avevano devastato il suo territorio.

Non c'erano che i Bizantini per poter dare una mano a Ludovico; i Bizantini avevano anche loro interesse a liberare dai Saraceni la Calabria e a fiaccare la potenza musulmana in Sicilia.
Con BASILIO I entrò pertanto in trattative LUDOVICO II nell'868 e riuscì ad ottenere che una flotta bizantina incrociasse nell'Adriatico. Noi non conosciamo i termini precisi dell'accordo, sappiamo però che il compito affidato alle navi di Basilio era solo quello di bloccare Bari e Taranto e intercettare a queste due città i rifornimenti di viveri, armi ed armati; sappiamo pure che fra la corte di Pavia e quella di Costantinopoli si stabilì di unire in matrimonio ERMENMGARDA, figlia di Ludovico, con il figlio dell'Imperatore d'Oriente.

Si era nell'anno 869, quando a LUDOVICO II, durante l'assedio di Bari giunse la notizia che suo fratello LOTARIO II scendeva in Italia con il proposito di incontrarsi con lui. Il motivo che spingeva nella penisola il sovrano della Lotaringia era che voleva di risolvere secondo i suoi desideri la questione del suo matrimonio dopo aver ripudiato la moglie, perché invaghitosi di un'altra donna (VALDRADA).
Il contegno del nuovo Papa, ADRIANO II, consacrato il 14 dicembre dell'864, aveva dato molte speranze a Lotario. Adriano, infatti, vecchio di settantacinque anni e non dotato di grandi energie come Niccolò, aveva iniziato il suo pontificato con atti di clemenza, assolvendo dalla SCOMUNICA ANASTASIO, GUNTERO, TITGAUDO e VALDRADA; inoltre, poiché TEUTBERGA esprimeva con insistenza il desiderio di chiudersi in un monastero e dar campo libero alla rivale il papa aveva deciso che la causa matrimoniale di Lotario fosse giudicata in un prossimo concilio.

Avendo saputo che il fratello era sceso in Italia, LUDOVICO si affrettò a spedirgli messi con la preghiera di rimandare il viaggio a tempi migliori, essendo lui occupato nelle operazioni d'assedio. LOTARIO fu raggiunto dai messi quando era già a Ravenna, inoltre non ascoltò i consigli del fratello e proseguì il viaggio verso Benevento, dove l'imperatrice ANGELBERGA gli promise il suo appoggio presso il Pontefice e del marito.
LOTARIO incontrò LUDOVICO a Benevento, poi si recò a Montecassino dove lo aspettava il Papa e, ricevuta dalle mani di Adriano la comunione, lo accompagnò a Roma.
Lotario che si riprometteva molto da quel viaggio, ottenne però soltanto la promessa che la questione del divorzio sarebbe stata trattata in Francia da un concilio e dopo di questo, definita l'anno dopo a Roma dallo stesso Pontefice.
Lotario si rimise in viaggio per fare ritorno in Lotaringia, ma ammalatosi nei pressi di Lucca, cessò di vivere a Piacenza l'8 agosto dell'869. Fu sepolto nella chiesa di S. Antonio, alla quale Teutberga donava alcuni beni in suffragio dell'anima del marito. Ma anche lei poco dopo moriva a Metz in un monastero, e VALDRADA si chiudeva in un chiostro a Rémiremont.

Alla morte di Lotario II, poiché i figli avuti da Valdrada non erano legittimi, la Lotaringia toccava al fratello Ludovico. Ma essendo questi allora impegnato nella guerra contro i Musulmani dell'Italia meridionale, i suoi zii CARLO il CALVO e LUDOVICO il GERMANICO, nonostante le proteste del nipote e l'energico intervento del Pontefice, se lo divisero loro due, stipulando a Mersen l'8 agosto dell'870, un trattato, che assegnava al primo i territori ad occidente della Mosa, e al secondo quelli a oriente.

ULTIME GUERRE DI LUDOVICO CONTRO I SARACENI

Quando LUDOVICO II era partito da Venosa per incontrarsi con il fratello Lotario, una flotta bizantina, forte di quattrocento navi e comandata dal patrizio NICETA, si presentò nelle acque di Bari. Niceta veniva a prendere Ermengarda per condurla a Costantinopoli; ma allorché la richiese al padre questi si rifiutò di consegnarla.
Non ci sono note le cause di un tale rifiuto, che sembra davvero strano dopo la promessa fatta da Ludovico e in un tempo in cui egli aveva bisogno del concorso bizantino per la guerra contro i Musulmani. Varie congetture sono state fatte dagli storici per spiegarlo; fra queste merita attenzione quella del Harnack, il quale pensa che Ludovico, prima di dare la figlia, volesse aspettare le deliberazioni del concilio di Costantinopoli che doveva pronunziarsi sui rapporti tra Basilio e il Papato.

Conseguenza del rifiuto fu la partenza dell'armata bizantina, che si ritirò a Corinto. Pare anche che i Bizantini e i Franchi si scambiarono vivaci apprezzamenti sull'andamento della guerra, avendo i primi affermato che i soldati di Ludovico, in pochi e dediti ai sollazzi, non avrebbero mai potuto espugnare Bari, e i secondi a loro volta accusarono gli alleati di far finta di combattere.

Dopo l'allontanamento della flotta, Ludovico, disperando d'avere ragione della resistenza musulmana, levò l'assedio, e Mofareg ibn-Sálem, fattosi più audace, uscì da Bari, assalì la retroguardia delle truppe imperiali che si ritiravano a Benevento, prese loro gran numero di cavalli e andò poi a saccheggiare il santuario di S. Michele al monte Gargano.

La guerra l'anno seguente tra l'imperatore e i Musulmani riprese più furiosa di prima. Con energiche azioni Ludovico costrinse Mofareg a chiudersi a Bari dove tornò ad assediarlo e, richiesto alcuni aiuti ai Cristiani della Calabria, inviò sul posto alcune schiere, che con il concorso della gente locale riuscirono il 25 dicembre, giorno di Natale, a sconfiggere tre emiri, tra cui quello di Amantea.
Mentre dava il suo aiuto a queste operazioni di guerra, l'imperatore franco non aveva trascurato di assicurarsi nuovamente l'alleanza di BASILIO: infatti, già dall'inizio di febbraio aveva inviato a Costantinopoli il bibliotecario ANASTASIO perché riprendesse a trattare circa il matrimonio di ERMENGARDA. Durante il soggiorno di Anastasio nella capitale dell'impero d'Oriente avvenne qui l'ottavo concilio ecumenico, che si chiuse il 21 febbraio dell'870, fu deposto e condannato il patriarca FOZIO, bruciandone gli scritti e riconoscendo il primato della Santa Sede sulla Chiesa universale.

Un anno dopo, il 2 febbraio dell'871, Bari cadeva definitivamente nelle mani degli imperiali. I Franchi entrati nella città, vi fecero una strage d'infedeli, dalla quale riuscì a scampare il sultano chiudendosi in una torre. Mofareg però non avrebbe potuto resistere a lungo e poiché fra i vincitori vi era il duca di Benevento la cui figlia era stata presa in ostaggio in casa del sultano che -disse al padre- l'aveva però trattata con ogni riguardo, si arrese a lui, ebbe salva la vita, ma finì ugualmente in prigione.

La presa di Bari fu un gravissimo colpo per i Musulmani della Puglia ed innalzò enormemente il prestigio di Ludovico. Ma la potenza dei Saraceni se qui era diminuita non era però del tutto finita nel territorio. Restava a loro Taranto, che nelle loro mani come strategica testa di ponte rappresentava un serio pericolo ed una continua minaccia per le regioni vicine. Taranto unita com'era dalle comunicazioni marittime alla Sicilia non era facilmente espugnabile, come sapeva benissimo Ludovico che aveva già fatto un tentativo di attaccarla.

Più che per Bari, per assediare Taranto era necessario il concorso della flotta bizantina. Ma Basilio non era disposto a concederla; anzi, consapevole delle mire che Ludovico aveva sulla Calabria e sulla Sicilia, di lui diffidava, e a man mano che le armi di Ludovico si andavano affermando nell'Italia meridionale sentiva crescere la gelosia per il rivale, cui non voleva riconoscere il titolo di basileus (Ecco perché i franchi accusavano i bizantini di fare la guerra per finta).

Tra Ludovico e Basilio ci fu verosimilmente uno scambio di lettere molto vivaci intorno a questo titolo. Lo argomentiamo da una lettera dell'imperatore franco al bizantino riferita da un anonimo cronista salernitano anche se è ritenuta apocrifa da alcuni storici.
In questa lettera LUDOVICO affermava la legittimità della dignità imperiale dei Franchi e lo dimostrava ricordando che tale dignità era stata data dai Romani e dal Pontefice. Tuttavia la lettera si chiudeva con la domanda di aiuti navali.

Gli aiuti però all'imperatore franco non arrivarono. Anzi BASILIO si diede da fare presso i principi dell'Italia meridionale allo scopo di spingerli contro Ludovico. Non ce n'era in verità bisogno: l'arroganza dei Franchi, il contegno sprezzante di ANGELBERGA che alle nobili donne beneventane aveva detto che i loro mariti non sapevano neppure tenere in mano lo scudo, le vessazioni dei soldati venuti scesi con il re, la voce che questi aveva intenzione di deporre Adelchi, i propositi malcelati dell'imperatore di volere affermare il suo governo sull'Italia meridionale avevano fatto nascere e sviluppare rapidamente nei principi e nelle popolazioni il malcontento che ovviamente il prigioniero "sultano" Mofareg aveva tutto l'interesse di alimentare.
Il passo dal malcontento alla congiura fu molto breve, e poi da questa, all'aperta fomentata rivolta. I duchi di Salerno e di Benevento si accordarono con quelli di Napoli e di Spoleto, e approfittando del suddivisione delle forze franche che erano sparse per i vari castelli, nell'agosto dell'871 insorsero.
ADELCHI assalì a Benevento il palazzo dove con la moglie e un manipolo di cortigiani si trovava LUDOVICO; questi, asserragliatosi in una torre, si difese strenuamente per tre giorni, ma alla fine (13 agosto) fu costretto ad arrendersi. Adelchi aveva osato fino a questo punto!

La notizia dell'avvenimento causò enorme impressione non solo in Italia, ma anche in Francia e in Germania, dove si era sparsa la voce che l'imperatore Ludovico era stato ucciso.

Per vendicarne la morte e forse anche per raccoglierne la definitiva e contesa eredità, e il titolo imperiale, CARLO il CALVO e LUDOVICO il GERMANICO si preparavano a scendere in Italia, quando giunse loro l'annuncio che Ludovico era vivo e libero. E non era una notizia falsa; perché il 17 settembre Adelchi aveva liberato dalla prigionia Ludovico facendogli prima giurare che non sarebbe mai più tornato a Benevento né che avrebbe mai tentato di vendicarsi dei ribelli.

Per spiegare l'atto di Adelchi è necessario ricordare che, sollecitato dai Musulmani della Calabria, il principe aghlabita MOHAMMED IBN-AHMED, aveva inviato in Italia un esercito di venti o trentamila uomini al comando di ABDALLAH, il quale, sbarcato probabilmente prima a Taranto, aveva poi invaso saccheggiandolo il territorio salernitano; aveva posto l'assedio a Salerno stessa, e poi da qui inviato alcune brigate contro Napoli, Benevento e Capua.

Riaffacciatosi il pericolo musulmano, ADELCHI aveva rimesso in libertà - come si è detto- l'imperatore. Questi però non aveva l'intenzione di tenere fede al giuramento che il suo traditore vassallo gli aveva estorto nella sua cattura. Partito da Benevento, si recò a Roma e si fece sciogliere dal giuramento da papa Adriano, poi mosse contro i complici di Adelchi, LAMBERTO di Spoleto e LAMBERTO il Calvo. Ma questi fuggirono a Benevento e l'imperatore, non avendoli potuti raggiungere, se ne tornò nell'Italia superiore, ma poi nel maggio dell'872 scendeva ancora a Roma per farsi nuovamente incoronare dal Pontefice re di Lotaringia.

Discordi sono i pareri degli storici su questa nuova incoronazione. Secondo alcuni, Ludovico si fece appunto incoronare re della Lotaringia sperando con quell'atto di muovere a ribellione quegli abitanti contro Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, quindi per salvaguardare i suoi diritti in quel regno; secondo altri intendeva rialzare il suo prestigio nell'Italia meridionale dove alcune città strette dai Saraceni lo chiamavano e dove lo spingeva sempre il desiderio di cacciare i Musulmani; ma secondo altri ancora quella non fu una vera e propria incoronazione ma una semplice cerimonia che si usava in certe festività, ma fatta con grande pompa per la presenza di Ludovico a Roma.

"Durava in questo frattempo l'assedio dei Musulmani a Salerno, dove - come scrive l'Amari -
Guaiferio si difendeva valorosamente: respingeva gli assalti; opponeva macchine da guerra altre macchine; faceva sortite; e molti suoi decisi guerrieri assalivano alle porte sfidando i Musulmani a duello: gagliarde prove, forse anche vere, anche se l'Anonimo (salernitano) ce le mostra come gesti di un'epopea salernitana. Tra le altre- e pare un episodio da romanzo- ci ricorda un Landemaro calatosi da un muro con una mazza, e tutto solo, si mise a distruggere una grande macchina da guerra. La città, nell'assedio iniziava a patir la fame, quando la rifornì di vettovaglie -si dice con gran ardire- MARINO duca di Amalfi, che aveva rotto la lega fatta prima con i Musulmani. Nelle campagne ci fu un macello dei contadini, lo sperpero delle sostanze, lo scempio delle chiese; lo stesso Abdallah -se vogliamo credere all'Anonimo- aveva preso a soggiornare in quella di San Fortunato, e a profanarla di scandali e di sconcezze".

Proseguendo questa "cronaca-leggenda", alla fine dell'871 o al principio dell'872 Abdallah venne a morte, colpito, da una trave mentre tentava di violare sull'altar della chiesa su ricordata una vergine cristiana. Gli succedeva nel comando ABD EL-MELIK. Da oltre sedici mesi Salerno era stretta dai saraceni, stremata di forze, sperava nella sua salvezza dal soccorso di Ludovico sollecitato da Guaiferio e dal vescovo di Capua. L'imperatore, ma dopo molte esitazioni, si decise a mandare i desiderati aiuti.

Guidava le truppe franche un giovanissimo parente di Ludovico, di nome GUNTAR. Questi, giunto a Capua, rinforzò con gli abitanti di questa città il suo esercito, poi assali i diecimila Saraceni in una località detta San Martino. Guntar trovò una morte gloriosa nell'aspra battaglia; ma i Musulmani furono sconfitti dal suo esercito: parte dei musulmani rimasero uccisi sul campo, parte annegarono nel Volturno; un gruppo, fuggito verso Benevento, fu inseguito e quasi per intero massacrato; i pochi sopravvissuti, ripararono a Salerno, portando il panico e lo scompiglio nel campo dei loro colleghi assedianti, i quali temendo il peggio costrinsero Abd el-Melik a togliere il lungo assedio alla città e a riprendere il mare, dove però una tempesta li decimò e solo alcuni superstiti riuscirono a raggiungere e a riparare in Calabria.

Così LUDOVICO riuscì a rendersi padrone di Salerno e di Capua, ma non gli riuscì a staccare Napoli dai Musulmani, cui erano alleati, né a prendere Benevento e vendicarsi dell'ingiuria patita da ADELCHI. Questi non solo resistette alla forza delle armi, ma non si piegò neppure alle preghiere del vecchio papa GIOVANNI VIII, successo a ADRIANO II verso la fine dell'872 (il 14 dicembre); anzi chiese l'aiuto di Basilio, mettendosi sotto la sua protezione ed offrendogli il tributo che Benevento pagava ai Franchi.

Quest'atto arrogante di ADELCHI arrecava un colpo gravissimo alla politica di LUDOVICO il colpo di grazia. L'imperatore era già vecchio e sfiduciato e non si sentiva, ormai, più la forza di ricominciare a lottare per raggiungere il suo scopo.
Il sogno dell'unità d'Italia, così intensamente accarezzato in quasi trent'anni di regno (dall' 844) tramontava per sempre di fronte alla turbolenza dei principi meridionali e al principio di autonomia che avevano prima causato la decadenza del ducato beneventano; agevolato poi le invasioni musulmane ed ora, spianando la via al ritorno bizantino, trionfavano sulla idea santa dell'unità d'Italia.

Nell'873 LUDOVICO II, lasciò per sempre l'Italia meridionale, conducendo con sé, come ostaggi, i nipoti del vescovo Landolfo di Capua e i figli di Guaiferio di Salerno, ultimi pegni delle due città, le quali rappresentavano i rottami del naufragio del suo sogno.

Due anni dopo, il 12 agosto dell'875, moriva nelle vicinanze di Brescia e il suo corpo, trasportato a Milano, fu sepolto nella basilica di S. Ambrogio.

Moriva senza eredi, e con lui si spegneva il ramo primogenito dei Carolingi.
La disputa per la dignità imperiale iniziava:
ed è il nostro prossimo capitolo
il periodo dall'875 all'882 > > >

Fonti, citazioni, e testi
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - Nerbini
RINALDO PANETTA - I Saraceni in Italia, Ed. Mursia
L.A. MURATORI - Annali d'Italia,
VITORIO GLEIJESIS - La storia di Napoli, Soc. Edit Napoletana
STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti 
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi
ARIES/DUBY -Dall'Impero Romano all'anno 1000 Laterza 1988 
CHATEAUBRIAND -Discorsi sopra la caduta dell'Impero Romano Pirotta MI - 1836

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