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CRONOLOGIA

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ANNO 179 d.C.

QUI  riassunto del  PERIODO  ANTONINO -  M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )


*** IL FILOSOFO MARCO AURELIO 

M. AURELIO - vedi anche qui >>

Lo abbiamo conosciuto nei vari anni, in tante contraddizioni, da quando non voleva per i suoi scrupoli fare la guerra e poi lo ritroviamo a uccidere e deportare interi popoli. Si adoper� quando sal� al potere -perch� provava orrore del sangue- di far spuntare le lance ai gladiatori nei loro combattimenti e poi lo troviamo a inseguire e sterminare un popolo di contadini che non desideravano altro che raggiungere una terra da coltivare, per di pi� non romana.

Vogliamo ricapitolare il suo pensiero e la sua opera. Nella vita pubblica Marco si comportava come un filosofo, ma non auspicava utopie, era come abbiamo detto uno stoico, e non mosse un dito nell'ordine delle cose esistenti, anche se nel promulgare alcune leggi fu giusto, umano, equo, e non volle in certi casi ascoltare le delazioni per applicarle. Dalle sue memorie (I ricordi) apprendiamo qualcosa di piu', che era impregnato di cultura stoica  o almeno lo diceva lui, ma non si puo' conciliare questo stoicismo quando insegue un popolo inerme e lo massacra solo per il gusto della vendetta, e di che cosa non sappiamo. Lo muoveva solo l'orgoglio.

"La causa universale � come un torrente in piena; spazza ogni cosa davanti a se. Ma quanto immeritevoli sono quelle persone che si devono occupare di affari politici e, come essi pensano, giocano ai filosofi. Tutti imbecilli! E cosa allora? Fa quello che vuole la natura; (i poveri Quadi fecero proprio cosi') non ti aspettare la repubblica di Platone; ma accontentati che il poco che fai sia fatto bene e basta".
"E non si possono mutare le opinioni degli uomini, perche' se qualcuno vi riesce costoro fingono di ubbidire, ma dentro di loro si lamentano e ti ritrovi ad aver educato solo un popolo di schiavi" (queste sono forse le sue parole pi� ipocrite).
"Devo forse io guardare ad Alessandro, a Filippo? costoro agirono come attori tragici, perche' non videro la semplice natura dell'uomo, vollero educarla loro. Nulla mi spinge ad imitarli. Semplice e modesta � l'opera della filosofia, il non portarmi verso l'insolenza e l'orgoglio" .

Insomma quel suo ideale universalista, di miglioratore del mondo, era tutto intellettuale, non conteneva un'anima. Leggere le sue meditazioni (e queste hanno senza dubbio certamente contribuito a indicarcelo come un grande saggio, un grande imperatore) e poi scoprire il suo operato � quanto mai sconvolgente. Solo negli ultimi anni c'e' stata una attenta rivisitazione in base ad altri documenti, altre testimonianze storiche, e quindi una cronologia dei fatti visti tutti sotto un'altra luce. Che scopriamo essere molto opaca, in certi casi assente del tutto, in altri, se ci fu un raggio che illuminarono solo alcune idee che vennero molto dopo realizzate, ma che poteva benissimo realizzare anche lui. Era, il suo, quasi un momento magico per l'impero romano, ma l'attimo fuggente lo colse solo lui, per se stesso e se andiamo a vedere bene, forse neppure quello, nel suo progetto abbiamo detto non aveva messo anima e infatti alla sua scomparsa si era persa sia l'anima dell'impero, che la sua, sempre che quest'ultima ci sia mai stata, ma abbiamo dubbi che dentro di se' l'abbia sempre invano cercata, senza mai trovarla.
Una vita permeata di dramma, di profonda malinconia, di inquietudini, di saggezza, di nobilt�, di apparentemente serene riflessioni sulla morte, l'ossessiva ricorrenza delle quali fa pensare al tentativo di esorcizzare un lancinante terrore, una profonda insicurezza esistenziale. 

Sembra che scegliendo la filosofia di Zenone da Cizio, di Crisippo da Soli, di Diogene da Seleucia, di Seneca, egli cerchi un "ubi consistam", una certezza, una precisa dimensione delle quali la sua personalit� � originariamente vuota. Forse per questo lo stoicismo di Marco Aurelio � segnato dalla contraddizione. Nel suo unico libro, "I ricordi", che nasce dagli appunti con i quali ferma le riflessioni fatte sui campi di battaglia o nei momenti di felice solitudine, egli d� la misura della propria incoerenza, evidentemente derivata da una analisi critica o insufficiente o timorosa di andare oltre i confini della cultura ufficiale del tempo

L'impero era ordine e di questo ordine Marco Aurelio era il padrone assoluto. Gli altri, soprattutto i senatori erano degli obbedienti seguaci, e assolutista  lo sar� ancora di pi� suo figlio Commodo, che aggiunse al suo potere proprio l'insolenza, l'orgoglio, l'arroganza; che per� gli fu fatale.

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