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CRONOLOGIA

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ANNO 176 d.C.

QUI  riassunto del  PERIODO  ANTONINO -  M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )


*** MARCO AURELIO IN ORIENTE
*** IL GIOVANE COMMODO
*** ATENAGORA- SUPPLICA PER I CRISTIANI 

Finita tragicamente come abbiamo letto nello scorso anno l'avventura di AVIDIO CASSIO, che aveva evitato nelle province egiziane e orientali una guerra civile, Marco Aurelio intenzionato a ristabilire l'ordine, prima di partire da Roma lui stesso, aveva subito mandato avanti il generale MARZIO VERO, e costui con un buon contingente domin� i ribelli e stronc� quelle alleanze che Cassio aveva formato per preparare il suo fallito colpo di stato. Dopo due mesi dalla partenza del generale che ora aveva ripreso in mano  l'intera situazione, l'imperatore lo raggiunse.

MARCO AURELIO era deciso a mettere questa volta di persona fine alle ribellioni; a far ritornare all'obbedienza di Roma quelle popolazioni che avevano osato alzare le armi contro i loro protettori. Percorse  tutta la Siria, poi si spinse fino in Egitto, ristabil� ad Alessandria il regolare commercio del grano per Roma, e nel ritorno fece tappa in Grecia, ad Atene, nella citt� della sua  filosofia stoica, ormai vecchia di sette secoli; infine verso la fine dell'anno, a novembre fece ritorno a Roma.

Non era stato questo viaggio in Oriente infruttuoso, il suo grande esercito e quello di Marzio Vero, avevano paralizzato non solo le velleit� di gruppi e di alcuni piccoli re ribelli, ma avevano stroncato anche ogni tentativo di reazione difensiva fra quelli che opportunisticamente si erano gi� ritagliati alcuni territori da governare autonomamente e quindi il vassallaggio veniva accettato come il male minore, pur di rimanere stabili sul loro trono pi� formale che sostanziale. 
Insomma alla fine, dopo le facili rese, le condizioni che Marco Aurelio aveva fatto loro accettare (molto meno severe di quelle imposte alle varie trib� germaniche), la pace su tutto l'oriente era ritornata. Le lotte dinastiche locali che avevano sempre provocato rivalse e guerre civili fra i contendenti (di cui uno se era ubbidiente, era gradito e appoggiato dai romani) sfociavano sempre in ribellioni che coinvolgevano poi gli stessi romani che sul trono li avevano messi proprio loro come re fantocci, inetti, quindi sempre vulnerabili al primo attacco di qualche ambizioso parente.

Marco arriv� a una soluzione nuova, non certo democratica, umana e con contenuti filosofici. Stabil� una legge dove proibiva a un rappresentante locale, un qualsiasi nativo, di salire sul trono. Non voleva un altro Cassio. Lo estese poi anche ai senatori proibendo loro di amministrare le province dove erano nati. 
Comunque con questo gesto e con diversi atti di clemenza, divenne subito "l'uomo della pace" ed entr� talmente dentro in questo metaforico abito cucito da lui stesso su misura, che rientrando a Roma, ai suoi soldati fece effettivamente cucire e indossare, un "abito bianco" della pace, prima che trionfalmente entrassero a Roma a prendersi il tripudio.
Lui e i suoi soldati -secondo lui- dovevano essere considerati il simbolo di quell'armonia e di quella pace che l'avevano resa possibile;  e questo dicevano e confermavano i numerosi panegirici, a Roma e nei territori orientali.
Roma al ritorno gli fece un'accoglienza trionfale, celebr� contemporaneamente gli otto fasti che gli erano stati assegnati negli altri anni precedenti mentre lui era assente; e dopo pochi giorni con un'altra cerimonia incoron� suo figlio Commodo imperatore; poi gli diede il consolato, e dopo tre mesi anche la tribunicias potest�, e infine fu nominato augusto.

COMMODO suo figlio non aveva ancora sedici anni, nessun romano aveva mai ricevuto a una simile et� lo scettro di imperatore e un consolato, ne' mai era stato nominato augusto un fanciullo anche se era grande e grosso. Per un figlio di un padre che diceva che "tutto era effimero, fumo, ceneri e leggenda"; che aveva grande considerazione di s� come filosofo e che aveva perfino dichiarato che lui "non giocava a fare l'imperatore", non era poco.

COMMODO venne anche nominato, forte e aitante com'era, PRINCIPE DELLA GIOVENTU' . In seguito tale titolo gli monter� un po' la testa, perch� si identificher� come l' Ercole romano, una divinit�. Purtroppo tali poteri non gli permisero di salvarsi quando nella sua sbruffoneria fu ucciso dal un semplice gladiatore, da Narcisso, un'atleta fortissimo, enorme e possente, che Commodo soleva misurarsi in pubblico per dare spettacolo della sua forza ma che segretamente accordandosi impediva all'altro di esercitarla. Da una congiura ben orchestrata fu dato a Narcisso l'ordine inverso, e lui schiavo che non vedeva l'ora di prendersi la legittima rivincita su uno sbruffone cos� arrogante, con l'approvazione dei congiurati,  il collo di Commodo nel suo ultimo combattimento di lotta lo strinse un po' di pi�, quel tanto per strozzarlo come un pollo, e il divino Ercole stramazz� a terra.
Non fu un semplice assassinio di un qualsiasi personaggio quello di Commodo, ma rappresent� qualcosa di pi� universale. Quando era salito sul trono non erano solo cadute le utopie marcoaureliane, ma con lui era caduto veramente il "sole nascente", pur con tutte le contraddizioni (all'opposto di suo padre) e le sbruffonerie, come vedremo nei prossimi anni...

Abbiamo infatti anticipato troppo, seguiamo invece padre e figlio nel corso di questi anni che stanno sopraggiungendo........

ATENAGORA DI ATENE - Mentre lo scorso anno Marco Aurelio era nel suo giro di ispezioni in Grecia, ad Atene ricevette dal filosofo apologista ATENAGORA la famosa "Supplica per i Cristiani", dove confutava le accuse di tradimento nei confronti dello Stato da parte dei Cristiani. Qui Atenagora imposta per la prima volta una prova razionale circa l'unicit� di Dio. Sappiamo quanto Marco Aurelio era stoico con se stesso, uno stoicismo che non rispondeva pi� alle esigenze dei tempi, ma sappiamo anche quanto era tragico nelle sue contraddizioni che egli accoglieva ma non sentiva come tragiche, il cinismo che lui metteva in certe sciagurate azioni le considerava stoiche, "devono avvenire perch� devono avvenire". Mentre  per i cristiani affermava che non aveva nessuna comprensione quando questi si facevano uccidere invece di abiurare. Le loro morti? "Sono le leggi dell'imperatore che comandano non io, anche se sono io l'imperatore. Perch� io imperatore? non sono io che l'ho voluto, � il Fato che l'ha voluto, gli dei".

Insensibile quindi alle suppliche, vengono rinnovati i provvedimenti persecutori contro i cristiani che vanno predicando le leggi contrarie a quelle dello Stato. Lui, Marco Aurelio non perdona, manda al patibolo, giustificandosi  "uno Stato dove l'imperatore dev'essere infallibile e non Cristo".

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