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CRONOLOGIA

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ANNO 171 d.C.

QUI  riassunto del  PERIODO  ANTONINO -  M. AURELIO ( dal 138 al 180 d.C. )


*** A ROMA LA GRANDE EPIDEMIA
*** UNA CITTA' GIA' IN DECLINO

In tutto l'impero come abbiamo visto lo scorso anno, la grave situazione delle rivolte stava impegnando seriamente Marco Aurelio. Lui che era restio alle guerre, alla violenza, ed era arrivato a cinquant'anni senza averne combattuta una, che viveva in ascetica serenita', che non credeva nelle utopie, ne' i suoi pensieri erano rivoluzionari, con temperamento evangelico, sempre al di sopra degli impulsi bestiali, che in controluce amabilmente scambiava epistole con il suo maestro Frontone (che muore quest'anno), si ritrovo' ad essere un trascinatore di uomini; e come scrisse nelle sue Meditazioni "mi dovetti trasformare in ladrone. In un Paese a proclamare la pace, in un altro a distruggere il suo intero popolo, e in un altro ancora a deportarlo. Ma cos� � stabilito, eventi preparati da Dio, tutto � ordinato dalla natura per mutare e perire, in modo che qualcos'altro prenda il suo posto". Scrivendo cos� trov� ogni giustificazione a quel comportamento che non era pi� quello anteriore alle nuove aggressive esperienze belliche.

Molti vedendolo partire da Roma, sorrisero, certo non era dall'aspetto l'uomo che poteva trasformarsi in un condottiero. Infatti era gracile, piccolo, aveva frequenti mal di stomaco dovuti certamente a un'ulcera, e per di pi� era affetto da una persistente insonnia. Eppure questo fragile omino, per dieci anni, al comando di uomini, che mai avevano combattuto con tanto coraggio e dedizione, sconfisse i Quadi, i Longobardi, i Marcomanni, i Sarmati e stava coronando un grande successo in Boemia....... quando........

Ma fermiamoci un momento nella Roma di quest'anno, quando Marco  Aurelio dopo i funerali a Lucio Vero � ripartito per raggiungere nuovamente il suo esercito per le grande imprese che gli valsero poi otto acclamazioni trionfali nella capitale. Sono dunque gli anni di Roma con lui assente, perch�  in prima linea ad affrontare uno dietro l'altro i nemici che volevano indebolire le frontiere dell'impero.

Roma con la terribile epidemia, con i costi dei preparativi per la guerra, ma soprattutto per quelle ragioni di costume che abbiamo abbondantemente accennato negli anni 159 e seguenti (vedi), cioe' la bancarotta dovuta al lusso, alle spese pazze e all'ozio; tutte messe insieme fecero subito registrare una grave crisi economica di portata enorme. Catastrofica. Un anno tragico. L'erario non aveva pi� i soldi per acquistare grano per la popolazione. E neppure per pagare gli stipendi dei funzionari.

Insomma il travaglio era partito da quegli anni di ozio, di troppo benessere, e nella piacevole apatia   non si erano affrontati i grossi problemi di fondo, ci si era affidati sempre alla buona sorte, quella che aveva sempre accompagnato Antonino il Pio; una fortuna che per� non aveva  risolto i problemi, trovato alternative. Poi ci si era messa anche la spaventosa epidemia, il 30 per cento della popolazione infatti morira' a Roma nell'arco di tre anni. Vennero  a mancare circa 300.000 persone, e quelle sane si guardarono bene di accudire mestieri, lavori e attivita' varie. Si evitavano gli incontri, le feste, i raduni, le bettole, dagli amici si stava alla larga; era morta la vita anche chi era sano, temendo di non esserlo pi� il giorno dopo.
Mentre chi aveva soldi scappo' via, a isolarsi nelle campagne, sulle colline, convinto di salvarsi. Ma l'incubazione che era di una quarantina di giorni vanificava anche le fughe. 

Tutto questo paralizzo' la citt�, i servizi, ma soprattutto le campagne, dove alcuni villaggi rimasero disabitati per anni con i terreni incolti. Gli uomini validi che non si era portato via Marco Aurelio in guerra, ci aveva pensato a portarli via l'epidemia, vennero cio� a mancare in questo momento a Roma e in altre citt� le braccia. Sconsolati si guardavano nei campi le messi  che marcivano perch� non raccolti. E di arature e semine nemmeno parlarne.

Marco Aurelio prima di partire aveva deciso di vendere tutte le sue suppellettili, tutti i preziosi della corona per finanziare l'acquisto di qualche nave di frumento dagli Egiziani e distribuire almeno il pane ai romani. Le casse dello Stato erano vuote, il debito pubblico di 600 milioni di sesterzi, mentre in tutto il Paese non bastavano pi� le disposizione di fare autarchia e autoconsumo, perch� in entrambi i casi questo non era a sufficienza, nemmeno per l'indispensabile. Nelle campagne si mangiava qualche tubero, qualche fico, tante olive, molti semi e certi cereali nati spontanei, come il miglio, la segala. In un erbario subito approntato in questa circostanza drammatica, si elencano commestibili 40 tipi di erbe, 30 tipi di radici e 60 frutti di bacche di colture spontanee. (non sfugge in questo erbario come fare il pane dalle ghiande e dal farro)

A Roma invece erbe, tuberi, bacche e ghiande non nascono nei quartieri, sui monumenti sfarzosi, sulle basiliche di marmo, nelle grandi piazze ora vuote. Quindi nei rione la fame avanzava, e come se non bastasse la falce dell'epidemia, troviamo la morte con in mano la falce della fame: organismi debilitati che muoiono di inedia, per deficienza organica, per carenza di vitamine, o per aver mangiato chiss� cosa; morivano per intossicazioni alimentari o per varie complicazioni gastriche.

Questa era la Roma che aveva lasciato Marco Aurelio alla sua partenza, e questa era la capitale dell'impero dove la gente si stava raccomandando a tutti gli dei possibili invocando la loro protezione.

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