UNA CITTA' COMUNALE - ROVIGO anno 1100-1200
L'ETA'  COMUNALE 
( Nel Medioevo nasce  la "Terza Italia"....   ante litteram)

Una ...... illusoria parentesi
messa tra il Mondo Feudale e il Mondo delle Signorie

Breve panoramica e una breve analisi sull' epoca dei Comuni
(Oggi in Italia, per una certa analogia, un problema ancora attualistico)
(Mondo politico (razza padrona) e Mondo capitalistico (trust monopoli)  dopo la illusoria parentesi del liberismo (sommerso) di massa - La Terza Italia)

La parola "comune", che compare nel corso dei secoli X e XI in tutta Europa (ma in particolare in Italia)  indica quella forma non proprio nuova, di organizzazione politica, gi� applicata a un'istituzione molto antica: la Polis, la Citt� Stato, governata in modo tendelzialmente democratico,
Una organizzazione che si afferma in una ormai agonizzante civilt� feudale europea,
conosce un periodo di splendore nel XIII e XVI secolo, si esaurisce nelle Signorie.

Questa  struttura politica autonoma, apparve e sconvolse, tutto il mondo feudale, da alcuni secoli inattivo. Il feudatorio e il suo suddito, da alcuni secoli erano  rinchiusi dentro le mura del castello, con il loro limitato e condizionato piccolo universo economico, autarchico, che non poteva offrire altro che una vista di stenti.
Si era creato questo micro-cosmo, di pura sopravvivenza, quando le popolazioni delle antiche citt�, per sfuggire alle invasioni dei barbari, o dalle grandi epidemie e carestie, i centri urbani li abbandonarono, li spopolarono, e fuggendo, trovarono scampo nelle campagne e nei luoghi pi� inaccessibili,  per trarre in pace un minimo sostentamento dalla terra.
Roma che contava all'epoca imperiale quasi un milione di abitanti, si era ridotta nell' VIII-IX secolo a poco pi� di 30 mila. In mezzo a grandi palazzi, basiliche, monumenti, circhi, terme e ville sontuose, si aggiravano solo i fantasmi, di quell'Impero che aveva fatto tremare per mille anni il mondo.

L'isolamento di queste sperdute contrade (contadi), la pace , l'adeguato nutrimento e l'aumento demografico, negli ultimi anni del millennio, lentamente modific� nuovamente il sistema economico-sociale. Producendo in proprio ogni cosa necessaria alla vita di ogni giorno, artigiani di attrezzi, di stoffe, di armi, di utensili  e i soggetti non legati alla terra dal vincolo di servit� della gleba, avevano ricostruito prima l'ambiente, poi la condizione sociale di un tempo. Rinacque in definitiva l'economia agricolo- artigianale e subito dopo quella mercantile.

Non fu  un mutamento improvviso delle strutture economiche, ma si tratt� di un mutamento quantitativo che lentamente modific� la struttura economica e anche la vita "urbanizzata" del Castello. Infatti, stretti dalle mura, gli intraprendenti uscirono fuori dal castello, costruirono a ridosso le prime case, formarono i nuovi agglomerati urbani, col tempo sempre pi� estesi. In caso di attacco di nemici, le mura del castello funzionavano come rifugio. Questo fino a quando, le guerre fra Comuni, consigliarono di cingere di mura anche questi agglomerati.

Gli abitanti, relativamenti liberi, con questa nascente attivit� artigianale, quando la produzione super� il puro fabbisogno locale, iniziarono gli scambi con altre localit� vicine, si procurarono i primi profitti, con questi fecero nuovi investimenti  migliorando le produzioni; che a loro volta fecero prosperare quella che inizia a chiamarsi ora  "imprenditoria". Una "corsa", e  in parallelo "corre" il commercio che inizia ad allargare il suo regno creando il piccolo "miracolo economico".
Il primo effetto di questo "boom", � quello che attrae sempre di pi� una parte della popolazione in questo nuovo "universo economico", e provoca una piccola rivoluzione copernicana; la campagna non � pi� il centro del sistema economico, ma � la  popolazione del contado che gira  attorno alla citt�, torna a farla rifiorire, o a farne nascere una nuova: a trasformarla nel centro dell'economia, che da agricolo-artigianale divenne mercantile.

Vocazione, laboriosit�, capacit� e creativit� degli operatori, le locali disponibilit� di alcune materie prime, e anche l'opportunit� per il feudatario di ricavare balzelli vari da questi scambi,  in alcune  localit� favorite dalla sorte, gli operatori  furono stimolati a incentivare produzione e commerci, tali da creare prestigio e fama  a loro e anche alle stesse localit�. Alcune di queste si trasformarono in sedi di grossi centri industriali o sedi di importanti mercati, sia terrestri che marittimi (come Milano, Firenze, Bologna ecc. o come Venezia, Genova, Amalfi, Pisa ecc)

Se tutto questo contribu� a far rifiorire a nuova vita grandi, piccole o nuove citt�, la nascente borghesia, autrice di questi avvenimenti, oltre che assumere una grande importanza economica inizia ad averla anche su quella politica. Un'amministrazione quella esistente (guidata da un conte o da un principe della chiesa) che sta gi� in molti casi (nella circostanza, ha fiutato il vento) diventando parassitaria. Quando Milano, nel 1048 (in pochi anni, gi� crocevia di tutte le attivit� imprenditoriali dell'intero continente) si vide taglieggiare (quasi strozzare) dal venale arcivescovo Guido da Velate che operava con una vera e propria organizzata e consolidata "dazione ambientale", la nuova borghesia si ribell�. ("tangentopoli" non � nuova!).

E' il momento in cui la borghesia mercantile prende coscienza della propria forza e segna il destino del feudalesimo. La politica del feudatario, unico signore della citt� (con il suo parassitismo) contrasta con i reali interessi delle comunit� cittadine. Nasce quindi l'esigenza di amministrarsi da soli, formando i primi Consigli, per permettere cos� il libero espandersi dell'economia e della vita politica della citt�.

Non sar� facile. Nascer� un quadro politico spesso ambiguo. Alcuni feudatari fanno i trasformisti, riuscendo perfino (giurando fedelt�) a farsi eleggere magistrato del Comune. Altri invece eserciteranno pressioni, combatteranno fino alla morte con le  milizie, con gli eserciti, col potere del sovrano, con quello del pontefice  o dell'imperatore, sempre per impedire la piena sovranit� dei Comuni (che voleva dire per loro perdere le entrate, le regalie, il potere).).
I Comuni all'inizio lotteranno da soli, poi coalizzandosi formeranno delle Leghe; alcune volte vincendo, e altre perdendo.
Comunque le trasformazioni avvenute all'epoca dei Comuni furono decisive per tutto il successivo sviluppo storico.
Purtroppo le passioni che agitarono la vita comunale e che favorirono il raggiungimento del potere da parte di ceti sociali nuovi, fin troppo ricchi di energie, partorirono anche in questa nuova istituzione:  il potente arrogante, il popolo grasso - la ricca borghesia.

All'inizio il governo sembr� fondato, come lo Stato moderno, sull'uguaglianza politica e sociale di tutti i cittadini; subito dopo furono divisi  in classi sociali (nobili, popolo minuto (media borghesia), plebe); poi con l'ingrandirsi delle citt�, al Parlamento si sostituirono organismi pi� ristretti (come la corporazione delle arti - maggiori e minori) controllati   dai cittadini pi� ricchi. Infine si pass� a una fase di totale supremazia dei ricchi borghesi.
Strumentalizzato dalla media borghesia (corporazioni) il popolo fece una specie di rivoluzione proletaria, ma fu tutto inutile. Anzi fin� per favorire la dittatura signorile.
Ma siamo all'inizio di un'altra fase. In quella delle Signorie. Altro capitolo!

 

Tempi, luoghi  e le idee essenziali dell'Et� Comunale

I) L’istituzione comunale sorge in Italia nell’XI sec., laddove gruppi di cittadini o di abitanti del contado si danno degli ordinamenti giuridico-politici autonomi, sottratti al controllo della feudalit� laica e/o ecclesiastica.

II) Nelle campagne vi possono essere Comuni signorili, nati dall’associazione di piccoli feudatari, e Comuni rurali, sorti dall’iniziativa solidale di agricoltori emancipatisi dai vincoli del servaggio. Tuttavia, i Comuni pi� importanti sono quelli urbani. Nelle citt� erano infatti, confluiti molti feudatari piccoli proprietari e molti servi della gleba (a quest’ultimi si prometteva la possibilit� di esercitare un mestiere liberamente scelto, di fare lasciti ereditari, ecc.): associandosi con la precedente popolazione cittadina (borghesi, artigiani, professionisti), essi crearono delle associazioni di popolo (Corporazioni o Arti) e di nobili (Consorterie), che costituirono la base economica per fare delle  rivendicazioni di carattere politico.

III) Origine del Comune. Il Comune � un organismo statale (citt�-stato) in cui si attuano forme di autogoverno politico: esso ha un ordinamento repubblicano, in quanto la fonte del potere risiede nell’assemblea popolare. L’esercizio dell’autogoverno � collegiale e soggetto a pubblici controlli. All’origine della formazione del Comune sta un atto associativo di natura privata, giurata e volontaria, costituito per tutelare, inizialmente, solo gli interessi e diritti di ciascuno dei singoli associati. Col tempo l’associazione, mirando a estendersi, forzatamente, a tutti gli abitanti della citt� o borgo, cominci� ad esercitare funzioni pubbliche. Il patto comune e giurato, di solito veniva fissato in Carte o Statuti che avevano carattere obbligante per tutti i contraenti e costituivano il fondamento giuridico-politico (costituzionale) del Comune, che stabilivano cio� i limiti entro cui i poteri della sovranit� potevano essere esercitati. Questo soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, dove l’autorit� dell’Impero germanico era pi� formale che reale. Nell’Italia meridionale (normanna, angioina, aragonese) e nei paesi europei, ove le monarchie erano gi� abbastanza forti, la rinascita della vita cittadina non port� a forme di autogoverno politico, ma solo a forme di emancipazione economica, di sviluppo amministrativo e di affermazione di taluni diritti civili.

IV) L’autogoverno comunale. Nella societ� feudale, il governo signorile trovava la sua fonte nell’atto d’investitura da parte del sovrano: l’autorit� si giustificava solo se veniva riconosciuta dall’alto. Viceversa, nella societ� comunale l’autorit� procede per investitura popolare, in quanto il popolo � chiamato a raccolta in assemblee periodiche.
(Sembr� una grande conquista. E in effetti, anche se in seguito fall�, il fenomeno comunale, pi� ancora che il Rinascimento, contribu� a spianare all'Europa la strada che l'avrebbe condotta, molto pi� tardi, alla moderna organizzazione statale democratica. Una "parentesi" che s' insinuer� nuovamente   nell'Ottocento fra la Restaurazione e le Rivoluzioni degli Stati europei)

Fino all’XI sec. tali assemblee erano convocate per compiti puramente amministrativi e consultivi dal vescovo-conte o dal signore del contado. Nel Comune invece l’assemblea esercita poteri legislativi, deliberativi, elettivi (elegge i supremi magistrati del potere esecutivo) e controlla l’esercizio dei poteri e l’amministrazione civile. Vi � quindi una sorta di democrazia politica, anche se col termine "popolo" va inteso solo il ceto dei notabili, cio� quei cittadini pi� in vista nella vita civile e politica, per censo o ruolo sociale: i nobili (magnati), cio� i piccoli feudatari che avevano contribuito a fondare il Comune; il popolo grasso (grande borghesia, industriale o commerciale, organizzata nelle Arti Maggiori), che a poco a poco si sostituir� ai nobili nel governo della citt�. Il popolo minuto (media e piccola borghesia, artigiani, organizzati nelle Arti Medie e Minori), insieme alla plebe-operai salariati, aspirava a partecipare al governo della citt�.

V) L’assemblea popolare e l’evoluzione del potere esecutivo. -  Si tende a suddividere la formazione e sviluppo dell’assemblea popolare in due grandi periodi:

a) Periodo Consolare (sec. XI-XII) in cui il governo � esercitato dai Consoli (da 2 a 20) che durano in carica un anno e hanno il potere esecutivo, cio� il comando delle forze di terra e di mare, per assicurare l’ordine pubblico e la sicurezza della citt� da minacce esterne: in questo periodo il gruppo dominante � di origine aristocratica; dal Consiglio Minore (detto Senato o Consiglio di Credenza), composto dai capi delle famiglie pi� importanti, preposto agli affari ordinari della vita pubblica: esso assiste i Consoli e ne controlla l’operato; dal Parlamento (Arengo), cio� l’Assemblea di tutti i notabili e borghesi, che elegge i magistrati e tratta gli affari di maggiore importanza. Poich� � troppo numeroso, il Parlamento si riunisce poche volte e in sua assenza funziona il Consiglio Maggiore, composto dai soli cittadini aventi i pieni diritti politici. Questo Consiglio esercita sia il potere costituente, in quanto emana lo Statuto cittadino, sia il potere legislativo, in quanto emana tutta la legislazione ordinaria. Delibera anche sui problemi pi� impegnativi e urgenti, decide della pace e della guerra, cura le relazioni con gli altri Stati, controlla l’amministrazione generale mediante apposite magistrature. Elegge i Consoli, i Podest�, i Dogi, i Capitani del popolo, tutti i supremi magistrati.

b) Periodo Podestarile (sec. XIII). - Intorno alla met� del sec. XII il governo collegiale dei Cosnoli � sostituito dal potere unico esercitato dal Podest�, che � in genere forestiero, incaricato per un anno. La sua istituzione riflette l’esigenza della borghesia di allargare i propri poteri nei confronti del ceto aristocratico. Sar� infatti, dalle continue discordie tra i partiti (aristocratico e borghese) che emerger� la necessit� di un governo imparziale. Quindi, anche se l’organo di governo non � pi� collegiale come quello dei Consoli, la base democratica della vita cittadina si � estesa.

VI) Verso la met� del XIII sec. il potere esecutivo evolve verso l’istituzione del Capitano del popolo. L’alta e media borghesia, insieme al popolo minuto, organizza proprie compagnie di armati, in citt� e nel contado, e ne affida la direzione al Capitano del popolo, che esercita anche funzioni giudiziarie e di polizia in difesa degli interessi popolari. Il Consiglio delle Arti (Priori, Anziani), cio� gli esponenti delle corporazioni artigiane, e il Consiglio del popolo (composto sempre di elementi piccolo-borghesi) assiste il Capitano del popolo. In un primo momento coesistevano due Comuni, uno (popolare), nell’altro (aristocratico), ma col prevalere del popolo grasso i due Comuni si fonderanno nel nuovo Comune democratico-borghese. Non tutti i Comuni seguiranno questo schema (a Venezia p.es. l’unico ceto dirigente fu quello mercantile-marinaro, che non ebbe mai bisogno di lottare contro l’aristocrazia terriera. La lotta politica perci� si svolse qui tra potenti gruppi di famiglie all’interno di una classe omogenea. La struttura oligarchica della Repubblica Veneta si manterr� inalterata sino al 1797, quando verr� sommersa dalla "marea" napoleonica. 900 erano gli aristocratici che governavano (possedevano) Venezia nel 1300 quando le cariche dogali e di governo divennero ereditarie; e 960 erano i nobili che avevano in mano il governo, l'intera economia e le ricchezze della citt� quando vi entr� Napoleone. Tre quarti delle spese che avevano i nobili a Venezia li pagavano i poveri contadini della Terraferma, pur possedendo i nobili il 90 per cento della ricchezza dell'intera Repubblica Veneta.

VII) Le Corporazioni (o Arti). - Erano associazioni di mestiere di carattere padronale, sorte verso la met� del XII sec., che univano in un solo corpo gli artigiani di un medesimo ramo industriale, con esclusione dei salariati (solo in casi di grande attivit� venivano assunti operai salariati). Le pi� importanti Arti erano quelle Tessili, ma anche quelle dei mercanti, banchieri, professionisti (medici, avvocati...).. Esse tutelavano gli interessi di tutta l’Arte, regolando la produzione e il commercio in modo da adeguarli al consumo, fissando i prezzi, i salari, le ore di lavoro, la qualit� dei prodotti, impedendo la concorrenza e cercando anche d’influire sulla vita politica. Chiunque voleva esercitare un’arte-mestiere doveva iscriversi alla relativa a Corporazione, prima come apprendista-garzone, che lavorava gratis o con un minimo compenso, per imparare l’arte; poi diventava socio-compagno, e assisteva il padrone dell’azienda, partecipando agli utili; infine poteva anche diventare maestro, cio� padrone di un’azienda.

L'esperienza comunale dei secoli XI-XIII fall� in Italia non perch� fu inaugurata dalla borghesia, ma perch�, dopo esserlo stato, fu dalla stessa borghesia (quella molto forte, di tipo monopolistica) ostacolata nel suo naturale sviluppo democratico.

La grande borghesia cre� le citt�, ma poi le ampli� e le fortific� pensando soprattutto a salvaguardare i propri interessi. Fu giusta la lotta contro il potere nobiliare ed ecclesiastico, viziato dal privilegio e dall'abuso costante del potere, ma fu ingiusta la repressione dei ceti medio-piccoli. In pratica la grande borghesia, divenuta potente, si sostitu� a quel potere, e ne abus� finanche, come avevano fatto i predecessori.

Il passaggio dal Comune alla Signoria (o Principato) fu causato proprio dall'incapacit� della grande  borghesia di essere democratica. Non che non fosse necessario allargare i confini (nonch� l'esperienza politica) del Comune, coinvolgendo i Comuni minori; � che tale ampliamento doveva avvenire nel rispetto dell'autonomia locale e non -come poi avvenne- fagocitando - guardando solo ai propri interessi - le realt� sociali ed economiche minori.
Lo stesso rispetto dell'identit� locale sarebbe dovuto avvenire durante il passaggio dagli Stati divisi tra loro all'Unit� Nazionale, alla fine dell'Ottocento. Questo perch� ogniqualvolta si afferma l'esigenza di un governo superiore, pi� vasto e complesso, occorre salvaguardare, in modo particolare, le necessit� della sfera locale, gli interessi dei ceti pi� deboli, altrimenti l'accentramento si trasformer� in una dittatura dei ceti pi� forti. Nel 1919 Mussolini in Italia, colse proprio questa esigenza e rispolver� le corporazioni.

Il Comune � stata una risposta borghese, e quindi sbagliata, alle contraddizioni antagonistiche del feudalesimo. Cos� come la Signoria � stata un’altra risposta borghese - questa volta dei ceti medio-alti - alle contraddizioni antagonistiche del Comune.

Poi � venuto il Principato e infine lo Stato. Con lo Stato si � avuto il massimo dell’illusione borghese: l’equidistanza, la neutralit�, l’interclassismo...

La differenza tra il Comune e lo Stato sta unicamente nella diversa "forza" della borghesia, la quale forza, a sua volta, � dipesa dalla diversa struttura dei mezzi produttivi. (nel Sud, con una economia tenacemente agraria, le piccole citt� dominate dagli Angioni e Aragonesi, tenute decentrate, non ebbero la forza per elevarsi a Comuni;   l'intero meridione non fu interessato al fenomeno. (La stessa cosa accadde poi, con lo Stato dell'Italia Unita).

Ben diverse le condizioni al Nord e al centro. L'affluire dei traffici avevano favorito e accellerato il progresso della ricca borghesia mercantile. Le vecchie e le antiche citt� recisero i legami con i nobili. (nell'attuale, negli anni Ottanta, con lo Stato). Iniziano le grandi lotte. Quelle che  lasciano di pi� il segno, sono quelle che iniziano nell'anno  1152.  La grande lotta dell'Impero contro i Comuni con il pi� acerrimo nemico delle autonomie: FEDERICO BARBAROSSA; e il papato;  che per� fece l' ondivago osteggiando le indipendenze ma anche il potere che si procurava sempre di pi� l'imperatore.  Barbarossa infatti, voleva ristabilire le prerogative nei confronti di Roma (richiamandosi alla tradizione imperiale romana). In sostanza, rivendicava sui Comuni, la sua autorit� di imperatore sul potere laico e religioso. Nel primo, intende arrestare le aspirazioni autonomistiche delle citt� Comuni; nel secondo, eliminare i privilegi a tutti gli ecclesiastici, compreso il papa.

I Comuni otterranno non solo con Barbarossa, molti successi. Alcuni leggendari.  Molti rivaleggiarono tra loro nell'innalzare cattedrali, edifici splendidi, citt� superbe. Fondarono scuole e universit�. Mutarono il volto  di moltissime citt� e regioni. Poi Consolidato i governi, abbastanza potenti per opporsi ai nobili, la nuova ricca borghesia pass� alla fase di supremazia.
Nel XV secolo in Italia i Comuni si erano ormai trasformati tutti in Signorie e Principati e il governo supremo della citt� pass� dai magistrati eletti dai cittadini nelle mani di uno solo.

E' l'inizio di un'altra fase. Quella delle Signorie. Altro capitolo!

(Per i fatti sopra vedi anche i singoli anni in CRONOLOGIA - ANNI 1 d.C. - 2000).

 

Considerazioni attuali. I nostri tempi.

Oggi, anni 2000 (lo si sente proporre da alcuni politici) � assurdo voler tornare al primato del Comune - quale ente locale-, in contrapposizione agli interessi dello Stato. La  grande (ed oggi pi� potente che mai - ristretta e monopolistica ) borghesia, che per commerciare ha bisogno di un territorio non solo nazionale ma internazionale, non permetter� mai a queste illusioni della media e piccola-borghesia di concretizzarsi. La grande borghesia -  non sembra   - � con lo Stato e i suoi politici sono a suo servizio. Da loro,  ha potuto ottenere leggi speciali, svalutazioni monetarie, incentivi su megaprogetti,  concessioni quasi monopolistiche, finanziamenti o defiscalizzazioni, garanzie bancarie, i tanti dumping settoriali;  o si � fatta appoggiare quel  tipo di sviluppo che ne penalizz� altri.

Il "Comune" potr� avere un primato in sede amministrativa, ma non l’avr� mai in sede politica, a meno che con una guerra di vaste proporzioni non venga distrutta la compagine statale al servizio della grande borghesia. (improbabile, perch� � la stessa grande borghesia che gestisce i poteri forti, e ha i mezzi per farlo. Controlla i media, i servizi, la distribuzione, le banche, le fonti energetiche ecc., e nel grande scontro difenderebbe opportunisticamente l'organizzazione politica a suo servizio e non il piccolo "cortile" di una autonomia locale, con un mercato ristretto. Che anche se forte localmente, il mancato congruo prelievo fiscale non permetterebbe pi� quel travaso di denaro, che fino a ieri era servito per fornire aiuti ad altri territori; ma che sono poi serviti o per creare improduttive "cattedrali nel deserto" o ad aumentare la spesa pubblica per sovvenzionare il clientelismo elettorale di alcuni nani politici.

Oggi l’alternativa allo Stato capitalistico, che ha ingrandito a dismisura le contraddizioni antagonistiche che caratterizzavano, in piccolo, l’esperienza comunale, non pu� essere n� un ritorno al "Comune" (inteso oggi come Provincia o Regione autonoma) n� la realizzazione di un ente pi� grande dello stesso Stato (p.es. il comando imperiale di un dittatore, come si � verificato nel periodo nazi-fascista).

Un ritorno al Comune  farebbe della nazione una facile preda degli Stati limitrofi o degli Stati che, in questo momento, dominano la scena mondiale, a livello economico, politico e militare. Proviamo a ipotizzare: una regione povera del Sud, lasciata alla deriva, che chiede aiuto a una grande potenza economica (europea o extraeuropea)  messa in crisi da un Nord iperproduttivo, perturbatore di certi equilibri del mercato.

Viceversa, la creazione di un ente superiore, di una struttura sovranazionale non farebbe che acutizzare le contraddizioni del capitalismo, anche se in un primo momento si avrebbe l’illusione di un loro superamento. Il problema, in realt�, � quello di uscire da questa spirale perversa.

L’alternativa al capitalismo � il socialismo democratico. Come questo socialismo vada realizzato, soprattutto dopo il fallimento del socialismo amministrato, � cosa tutta da verificare. "Ricette" non ce ne sono. Forse verranno fuori solo a disastro avvenuto. Il grande capitalismo, sempre pi� monopolistico-dittatoriale,  con ambizioni  anche internazionali,   il giorno che per pi� lucrosi guadagni all'esterno abbandoner� il Paese mettendolo in ginocchio,  innester� la rivolta sociale; della piccola-media borghesia (nell'attuale mai stata cos� diffusa), dei ceti medi e dei lavoratori.

Alcuni princ�pi si potrebbero per� si potrebbero considerare irrinunciabili:

1. primato del valore d’uso sul valore di scambio;
2. primato dell’autoconsumo sul mercato;
3. primato dell’autogestione sulla separazione del produttore dai mezzi produttivi;
4. primato del lavoro agricolo su quello industriale e commerciale;
5. tutela assoluta dell’integrit� della natura;
6. primato della democrazia diretta su quella delegata;
7. primato delle autonomie locali sugli organi centrali;
8. difesa militare e poliziesca affidata al popolo e non a reparti specializzati;
9. unit� di lavoro intellettuale e manuale;
10. uguaglianza dei sessi nel rispetto delle diversit�;
11. unit� delle scienze nel rispetto delle specificit�;
12. libert� di coscienza, di pensiero, di religione, di espressione artistica..., nel rispetto della libert� altrui.

Purtroppo la storia si arresta qualche minuto con alcuni "ominuncoli" inetti (o certi "omiciattoli" che tronfi  giudicano  gli altri tali) ma poi per fortuna la storia riprende a camminare e le sue ore le batte tutte.

FINE

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Naturalmente pubblicheremo anche altre vostre considerazioni sull'argomento.


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