ANNO 1986 (Pagine in costruzione) MESE DI OTTOBRE

LA "SCALATA" DEL "CORSARO"  GARDINI
AL "MONTE EDISON"
poi "la valanga"

9 OTTOBRE - E' di quest'anno e di questo mese l'inizio della grande operazione finanziaria che avr� poi in seguito non solo uno strascico politico e giudiziario negli anni '90 con Tangentopoli, ma avr� anche un epilogo tragico quando il protagonista di questa operazione "scalata" si far� saltare le cervella, poche ore prima di essere inquisito e forse arrestato, assieme a tanti altri comprimari, finanzieri, politici, e altri oscuri personaggi. Rivelando i retroscena di questa colossale operazione.

RAUL GARDINI fino ad ora leader del maggior gruppo alimentare d'Italia - quello della famiglia Ferruzzi di Ravenna - diventa azionista di maggioranza con il 14,5 per cento della Montedison, il grande gruppo petrolchimico nazionale.

E' il primo passo verso la grande scalata che lo porter� - con un discreto rastrellamento in borsa - ad acquisire il 40 per cento dei titoli del colosso chimico. 
L'appoggio in questa iniziale operazione gli viene dato dallo stesso presidente della Montedison Schimberni, ma una volta assunto il controllo del gruppo il prossimo novembre '87, � lo stesso Gardini ad allontanarlo e assumere lui la carica. 

Il suo obiettivo � di creare un unico polo italiano della chimica. E giunto a questa sua prima scalata, a Gardini sembra giunto il momento per realizzare un altro pi� ambizioso programma; creare l'Enimont, cio� la fusione tra Eni e Montedison.
Senza falsa modestia Gardini affermer� in seguito "la chimica sono io!"

Ma si scatenano in Italia le polemiche e si manifestano le due scuole di pensiero: la chimica deve essere in mano pubblica o privata? 
Pu� lo stato permettere a un privato di avere in mano un'azienda che da molti � ritenuta strategica?

Fra tanta demagogia e ipocrisia, tutti sanno che in questa operazione stanno correndo molti soldi e tutti chi pi� chi meno vuole metterci le mani.
Inizia dunque un lungo percorso  (fino agli anni '90) ostacolando con tanti pretesti e (con la stampa) seduzione del popolo, il progetto di Gardini. Infatti dopo scontri e polemiche e la non collaborazione (si muovono occulte forze politiche, bancarie e finanziarie) Cagliari (presidente dell'Eni - nominato al vertice nel 1989, su designazione di Bettino Craxi e Claudio Martelli) da una parte e Gardini dall'altra,  constatano l'impossibilit� a proseguire nel progetto. 

Gardini vuole alla fine mollare tutto. Vuole (o � sollecitato a farlo, visto che gli mettono i bastoni fra le ruote) cedere all'ENI tutte le sue quote. Vuole dimettersi da tutte le societ� in cui riveste cariche e perfino uscire dalla Confindustria. Esprime l'intenzione di non volersi pi� occupare dell'industria italiana; e in un amareggiato e sdegnato sfogo- anche quello di emigrare all'estero "Qui non si pu� lavorare!"

Finita una polemica (il boicottaggio che sembra dunque riuscito), ne inizia per� un'altra. A quanto deve essere valutata quella quota che Gardini viene spinto a cedere?
E questo viene deciso in "alto", molto in alto. 

Proprio a fine anno 1990, la vicenda si chiude con la cessione della quota di Gardini (della Montedison) all'ENI. Gardini esce di scena portandosi a casa un bel "malloppo" che ad attenti osservatori sembra per� un po' troppo. E stato superpagato dicono in molti.

Tutta la vicenda finir� in un tribunale nel 1993, nel primo grande processo di quella che sar� chiamata "tangentopoli" o "mani pulite". Che ci fosse in quella cessione di quote uno scandalo di allettanti tangenti (sono corsi fiumi di denaro - circa 540 miliardi)  i due suicidi ne chiariranno il senso, tragicamente: quello dei due protagonisti, che entrambi si suicideranno uno in carcere il 20 luglio, soffocandosi uno con un sacchetto di plastica infilato nella testa, l'altro tre giorni pi� tardi sparandosi un colpo alla testa. 
(il suicidio di Gardini, il 20 luglio 1993)

Ma a chi sono andati questi soldi?

Sul piano giudiziario, la vicenda inizia con il processo a un solo imputato: Sergio Cusani, finanziere "d'affari" (cio�, in pratica, il mediatore). Il processo condotto dal PM Di Pietro, durer� sei mesi, con il "triste" spettacolo offerto anche alla Tv in prima serata. Sfileranno personaggi importanti, come testimoni; alcuni ammettendo di aver ricevuto soldi di quella "tangente", altri invece sfrontatamente giustificandosi che "cos� hanno fatto tutti, e quindi non fate i moralisti", e altri goffamente e ostinatamente negando per poi subito dopo essere smentiti con prove schiaccianti. "Si abbiamo preso dei soldi, ma io non ne sapevo nulla, se ne occupava il mio segretario".
Perfino il grottesco "Si li abbiamo presi ma durante la notte ci sono stati rubati"

Carlo Sama, vicepresidente della Montedison di Gardini, e marito di Alessandra Ferruzzi e quindi cognato di Gardini, al processo davanti ai magistrati chiarisce la maxitangente che ha dato il via al "grande scandalo". "Le tangenti ai partiti e agli uomini politici servivano per "rendere pi� facile" al gruppo Ferruzzi la vendita all'Eni della sua quota. Un po' di soldi- dir� Sama- sono andati anche a qualche giornalista, per "garantire una buona immagine" del gruppo.

In pratica nel trasferimento allo Stato, venne gonfiato il prezzo, onde ricavarne una buona fetta per i propri affari;  "un finanziamento al partito", diranno alcuni, "un arricchimento personale" diranno altri.
(Lo Stato avrebbe pagato su 2.805 miliardi, mille miliardi in pi� del dovuto)

A conclusione del processo - terminato con la condanna di Sergio Cusani - i giornali pubblicheranno le "fette" della "torta" andate ai vari partiti. In pratica a quasi tutti: DC, PSI, PRI, PLI, PSDI, LEGA.


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