ANNO 1968 - (provvisorio)
( Anno 1968 - Decima Parte )

Dalle scuole parte la rivolta degli studenti contro una vecchia cultura che blocca il processo evolutivo dell�Italia

FISCHIA IL VENTO
URLA IL "68

di IGOR PRINCIPE

"...Il primo marzo, s�, me lo rammento / saremo stati in millecinquecento / e caricava la polizia / ma gli studenti la cacciavan via / No alla scuola dei padroni / Via il governo, dimissioni...". Lette queste parole, non si fatica a riportare la memoria a un anno e a un luogo preciso: 1968, Roma, Valle Giulia. I versi di Paolo Pietrangeli fotografano quello che viene considerato l'atto iniziale dei dieci anni pi� turbolenti del secondo dopo guerra italiano: gli scontri tra la polizia e gli studenti della facolt� di Architettura della capitale. Tutto ci� risale a trent'anni fa; tuttavia, molte domande concernenti quegli anni non hanno ancora trovato risposta, n� giudiziaria n� storica. Con questo articolo rispolvereremo i fatti accaduti in Italia tra il 1966 e il 1969, anni che videro la nascita e il progressivo affermarsi della protesta studentesca.

A met� degli anni '60 il mondo occidentale evidenziava benessere economico e stabilit� sociale. Scongiurato il pericolo di una terza - e definitiva - guerra mondiale con l'attenuarsi degli attriti tra Usa e Urss, la vita di tutti i giorni aveva ripreso a seguire i suoi ritmi naturali, che per milioni di individui erano scanditi dagli orari degli uffici e delle fabbriche. Il sogno di un'esistenza serena, agognata - soprattutto in Europa - durante i durissimi giorni della ricostruzione successiva al 1945, si era per molti realizzato, e negli anni '60 si poterono toccare con mano i primi risultati del cosiddetto "miracolo economico". Un numero sempre maggiore di famiglie poteva permettersi cose che, fino a pochi anni prima, erano viste come lussi irraggiungibili: l'automobile, la televisione, le ferie al mare.
Insomma, il lunghissimo periodo di instabilit� che cominci� con la Grande Guerra del 1914 sembrava definitivamente consegnato alla storia, scalzato dall'idea di un mondo finalmente in pace con se stesso. Ma sotto la coperta della stabilit� covava un germe di ribellione. Alla lunga, la societ� di quel tempo si dimostr� provinciale e un po' bigotta, e rivel� le sue prime rughe.

I padri di famiglia, appartenenti a una generazione che visse in prima persona la tragedia della seconda guerra mondiale, rivendicavano il diritto di vivere in santa pace senza scossoni; i loro figli, invece, si accorsero che col ritrovato benessere stava affermandosi una societ� immobile. I pap� erano orgogliosi di aver tagliato il traguardo delle famose "tre emme" (Macchina, Mestiere, Moglie), che - appunto - significavano tranquillit�. I figli, dal canto loro, cominciarono a sentirsi ingabbiati. Ad accentuare l'inquietudine dei giovani contribuirono la musica e la letteratura: erano, quelli, gli anni dei Beatles, dei Rolling Stones, di Bob Dylan. In Italia c'erano gli "urlatori", capeggiati da Celentano. Sul versante letterario, un urto violento si ebbe con la Beat generation: il mito di una vita "On the road", priva di schemi, faceva proseliti tra i giovani americani.

I genitori non gradivano questa incessante richiesta di libert� da parte dei loro figli, n� riuscivano a comprendere le ragioni del loro rifiuto di una vita normale. Cos� lo steccato tra due generazioni crebbe sempre di pi� e si arriv� al primo atto di protesta. Durante gli ultimi mesi del 1964, l'universit� californiana di Berkeley fu occupata dagli studenti, guidati da un ragazzo di chiare origini italiane, Mario Savio. Fu, quello, lo squillo di tromba che annunci� l'inizio della Contestazione. Il vento che soffiava dalle coste della California giunse in Europa due anni pi� tardi. L'Italia fu il primo paese del vecchio continente a recepire il messaggio della protesta che veniva di l� dall'oceano: il 9 febbraio del '66, a Milano, vengono arrestati due anziani tipografi e sei giovani studenti e lavoratori. La principale imputazione che grava sul capo di alcuni di loro � quella di aver diffuso volantini a favore dell'obiezione di coscienza, in questo modo istigando i militari alla disobbedienza. Un vero e proprio caso, per�, scoppia - sempre nel capoluogo lombardo - il 22 dello stesso mese, con l'incriminazione di tre studenti e del preside del liceo ginnasio Parini, Daniele Mattalia.

Accusa: incitamento alla corruzione. Causa di tanto rumore fu un inchiesta pubblicata sul giornalino dell'istituto, La zanzara. I redattori, affrontando il tema del sesso, scrissero: "Vogliamo che ognuno sia libero di fare ci� che vuole, a patto che ci� non leda la libert� altrui. Per cui assoluta libert� sessuale e modifica totale della mentalit�". L'inchiesta continuava: "Sarebbe necessario introdurre un'educazione sessuale anche nelle scuole in modo che il problema sessuale non sia un tab�, ma venga prospettato con una certa seriet� e sicurezza". Quindi, la conclusione: "La religione in campo sessuale � apportatrice di sensi di colpa". Il tenore di queste frasi, oggi, fa pensare alla scoperta dell'acqua calda. Ma la magistratura reag� con la rabbia di chi subisce un'ustione.

Gli studenti e il preside furono rinviati a giudizio, e solo il presidente del tribunale dimostr� un minimo di equilibrio, pronunciando un giudizio di assoluzione accompagnato dalle seguenti parole: "Non montatevi la testa, tornate al vostro liceo e cercate di dimenticare questa esperienza senza atteggiarvi a persone pi� grandi di quello che siete". L'episodio del Parini, conclusosi per il meglio, pu� essere visto come l'accensione della miccia di una bomba che sarebbe esplosa un anno dopo. Partita da un liceo, la protesta si estese alle universit�, il cui mondo viveva nel subbuglio creato dal disegno di legge "ventitr�quattordici" (dal numero, 2314), presentato dal ministro della Pubblica Istruzione Luigi Gui. L'ultima riforma universitaria si ebbe durante il Ventennio e a partire dagli inizi degli anni '60 il popolo degli aspiranti alla laurea era cresciuto a dismisura (pi� del 100%). Per evitare il collasso - che poi si ebbe comunque - il ministro proponeva una serie di interventi, trai quali l'istituzione di tre titoli: diploma al biennio, laurea, dottorato di ricerca.

La "2314" incontr� l'ostilit� parlamentare del Pci - che ne chiedeva numerosi emendamenti - ma soprattutto il vero e proprio muro da parte dei diretti interessati, gli studenti. La prima protesta si lev� dall'ateneo di Trento, la cui vicenda � paradossale. Voluta da FlaminioPiccoli e da altri notabili dell'entourage democristiano, l'universit� trentina - e in particolare la sua facolt� di sociologia - avrebbe dovuto essere la fabbrica dei pensatori cattolici. Ma accadde che l� si formarono uomini quali Mauro Rostagno, Renato Curcio, Margherita Cagol, Marco Boato, cio� i cervelli della contestazione (e, pi� tardi, del partito armato), che agli inizi di novembre del 1967 diedero il via alla catena delle occupazioni che paralizz� il mondo accademico italiano. Dopo Trento fu la volta della Cattolica di Milano, quindi Torino, prima con architettura e poi con le facolt� umanistiche, dove l'occupazione dur� un mese prima di essere interrotta dall'intervento della polizia. E fu proprio a Torino che la battaglia contro l�autorit� accademica conobbe i suoi momenti pi� alti.

Gli studenti mettevano in discussione i metodi, i contenuti della didattica e il potere del professore. Questi - come scrivono Montanelli e Cervi ne "L'Italia degli anni di piombo" - "era (...) un barone che non aveva mai speso un po' del suo tempo e della sua pazienza per capire e avvicinare gli studenti". Di fronte a questo distacco, la massa degli studenti - non pi� solo ex liceali, ma anche provenienti dagli istituti tecnici - reag� proponendo un modello di insegnamento che aveva il suo vertice nell'esame "alla pari" tra il docente e l'allievo. Quel momento, lungi da qualsiasi tipo di valutazione, doveva essere visto come un confronto il cui esito non poteva che essere positivo. Accanto a rivendicazioni di questo tipo convivevano forme di protesta decisamente folcloristiche, tra le quali primeggiavano la distruzione e il rogo dei libri di testo, considerati strumenti di un insegnamento ormai destinato ad andare in pensione.

Dinanzi a tanto rumore, la maggioranza dei "baroni" accanton� il "titolo nobiliare" e si dimostr� estremamente indulgente, permettendo agli studenti ogni cosa; una minoranza invece, resistette, o tent� di farlo . Vediamo ora come, grazie a un curioso effetto boomerang, la contestazione ritorn� nelle aule di liceo. Abbiamo visto che le prime scosse del terremoto studentesco ebbero come epicentro il "Parini", a Milano. In seguito, il ruolo di guida della contestazione fu assunto da uno dei licei pi� in auge nell'ambiente borghese della capitale: il "Mamiani".

Situato al quartiere Prati - una delle zone pi� eleganti di Roma -, l'istituto era frequentato soprattutto dai cosiddetti figli di pap�. I quali figli, tuttavia, dovevano obbedire ad un regolamento interno oltremodo rigido: ingressi e banchi separati per maschi e femmine, grembiule nero o blu per le fanciulle, divieto di rossetto e cosmetici, intervallo separato per rispetto delle "elementari norme igieniche". Esposti a un vento di protesta potente quanto un tifone, gli alunni del "Mamiani" - dopo anni di clausura - non poterono che cogliere al volo la possibilit� di sovvertire l'ordine costituito in nome del suo esatto contrario: cominci� quindi un'interminabile sequenza di occupazioni, sistematicamente accompagnate da provvedimenti disciplinari. E il Sessantotto fece il suo ingresso anche nella scuola pi� "reazionaria" di Roma. La protesta degli studenti, quindi, si allargava a macchia d'olio in tutta Italia, coinvolgendo la quasi totalit� delle scuole medie superiori e delle universit�.

Spesse volte, le occupazioni venivano sciolte grazie all'intervento delle forze armate; tuttavia, sino a quel momento, non si pot� parlare di veri e propri scontri tra studenti e polizia. La situazione mut� dal 1� Marzo. Quel giorno, come abbiamo accennato, � da tutti considerato l'inizio del Sessantotto, cio� della lotta contro il Sistema e i suoi difensori. Casus belli fu l'ordine di serrata della facolt� di Architettura, proveniente dal rettore Pietro d'Avack.
I locali - situati in via di Valle Giulia, presso Villa Borghese - erano presidiati dalle forze di Polizia. Gli studenti che componevano il "comitato di agitazione" decisero allora di sbloccare la serrata. Racconta Oreste Scalzone, leader tra i pi� carismatici della protesta: "Arrivammo sotto quella scarpata erbosa e cominciammo a tirare uova contro i poliziotti infagottati, impreparati, abituati a spazzar via le manifestazioni senza incontrare resistenza. Quando caricarono, non scappammo. Ci ritiravamo, su e gi� per i vialetti e i prati della zona, armati di oggetti occasionali, sassi, stecche delle panchine e roba simile. Qualche "gippone" fin�" incendiato...". Bilancio della giornata: 148 poliziotti e 47 dimostranti feriti, 4 arresti, duecento denunce. Ma quel che pi� conta, � che a "valle Giulia" l'iniziativa dell'attacco venne dagli studenti. Fu una svolta fondamentale nella storia del movimento studentesco: infatti, in quell'occasione, comparve per la prima volta un elemento che, in seguito, fu protagonista di innumerevoli manifestazioni. Si tratta del "servizio d'ordine", che avrebbe presidiato ogni corteo dalle repressioni ordinate dalle pubbliche autorit�. Le quali, invece, dimostrarono una certa indulgenza nei confronti e dei dimostranti del 1� Marzo (i cui fermati furono rilasciati poco dopo su pressioni del Governo che, inoltre, ordin� a D'Avack di riaprire l'universit�) e degli occupanti del "Mamiani" (per i quali furono sospesi i provvedimenti disciplinari). La lotta, per�, era cominciata, e sarebbe durata a lungo.

Il Sessantotto, s'� detto, non fu un fenomeno solo italiano, ma di dimensioni mondiali. All'episodio di Roma seguirono le manifestazioni in Francia, in Germania, in Giappone, addirittura a Citt� del Messico. Quest'ultima si concluse tragicamente: il 3 ottobre in piazza delle Tre Culture, la polizia apr� il fuoco sugli studenti, trecento dei quali persero la vita. La contestazione non risparmi� la Spagna, dove fu dichiarato lo stato d'emergenza. Ovunque, la protesta fu dettata dagli stessi motivi che animarono gli studenti italiani: istituzioni inadeguate, atenei che non favorivano la partecipazione dei giovani alla vita universitaria, professori "baronali". Ma veniamo alla Francia, dove - a differenza di quanto accadde in Italia - la ribellione assunse connotati smaccatamente politici, favoriti dall'appoggio del il movimento operaio.

Il primo focolaio fu acceso il 22 marzo alla Sorbonne da gruppi di studenti di sinistra, capeggiati dall'anarchico tedesco Daniel Cohn-Bendit: l'iniziativa, per�, fu disprezzata anche dal capo del Partito comunista francese, George Marchais, che considerava quei ragazzi "...figli di grandi borghesi che metteranno presto a riposo la loro fiamma rivoluzionaria per andare a dirigere l'impresa di pap� e sfruttare i lavoratori" (in termini analoghi Pier Paolo Pasolini aveva giudicato i ribelli di "Valle Giulia").
Ma la base elettorale del Pcf non la pensava come il suo leader e il 13 maggio si un� agli studenti - gi� protagonisti di due precedenti manifestazioni, il 5 e il 7 dello stesso mese - in un corteo che port� nelle strade di Parigi centinaia di migliaia di persone. Le due categorie sfilarono insieme, ma alla fine della giornata vennero alle mani poich� gli studenti si rifiutarono di sciogliere gli assembramenti per occupare la Sorbonne. Ma si tratt� di una scaramuccia di poco conto. All'occupazione dell'universit� segu�, da parte degli operai, una serie di scioperi che paralizz� il paese, piombato d'improvviso nell'anarchia.

Il presidente De Gaulle, quindi, pronunci� dagli schermi della televisione un discorso con il quale sottoponeva il suo mandato al giudizio dei francesi, che tramite referendum avrebbero dovuto negargli o confermargli la fiducia. Nella seconda ipotesi, egli si sarebbe impegnato "...con i pubblici poteri... a cambiare ovunque sia necessario le vecchie, scadute e inadatte strutture e ad aprire una via pi� ampia per il sangue giovane di Francia".
Il popolo non recep�, e la protesta and� avanti sino a portare alle dimissioni del Ministro dell'Educazione. Giocando d'azzardo, De Gaulle sciolse l'Assemblea nazionale e indisse le elezioni politiche per la fine di Giugno. Si apr� uno scontro violento tra i gollisti - che paventavano l'instaurazione di un "comunismo totalitario" - e la gauche, che per bocca di Fran�oise Mitterrand sentiva nella voce del presidente "quella della dittatura". Tra i due "totalitarismi" vinse il primo, conquistando 358 seggi su 485. Fu la prima espressione di una forza sotterranea che poi prese il nome di "maggioranza silenziosa". La protesta di studenti e operai si esaur� subito dopo. L'esempio francese fece scuola e anche nel nostro Paese si ebbero le prime forme di collaborazione tra chi studiava e chi lavorava. Ma per vedere il primo corteo unificato bisogner� attendere il 3 luglio del '69 a Torino, quando accanto agli operai che chiedevano affitti meno onerosi sfilarono studenti che gridavano "Vogliamo tutto". Non fu quella, per�, la prima apparizione in piazza delle tute blu. Gi� l'anno precedente, nelle province di Treviso e di Siracusa, si era assistito a scontri tra operai e forze dell'ordine. Il primo episodio si verific� a Valdagno: quattromila dipendenti dell'industria tessile Marzotto - protestando contro il rischio di licenziamenti - attraversarono il paese e abbatterono la statua del fondatore dell'industria per la quale lavoravano. Alla fine, l'intervento della polizia port� a quarantadue arresti.
Nel profondo sud, ad Avola, accadde il secondo episodio. Il 3 dicembre, diecimila braccianti protestarono chiedendo il rispetto, da parte degli imprenditori agricoli, dei contratti collettivi. In quell'occasione, le forze dell'ordine usarono le maniere forti, e spararono sulla folla causando la morte di due persone. Con gli operai, quindi, i metodi furono pi� duri che con i giovani, e questo pu� far pensare al perpetuarsi della tradizionale risposta che veniva data - soprattutto negli anni Cinquanta - alle rivendicazioni dei lavoratori. Ma non � nostro compito indagare sulle ragioni sociologiche. Certo, i fatti di Valdagno e di Avola contribuirono a riscaldare un clima gi� reso incandescente da altre iniziative prese dagli studenti, tra le quali primeggia l'assalto al "Corriere della Sera" (7 Giugno '68, 11 arresti e 250 fermi). Il '68 si chiuse con una punta di goliardia. In occasione della "prima" al Teatro alla Scala, il movimento studentesco guidato da Mario Capanna si present� davanti al tempio della lirica armato di uova e ortaggi, che furono scagliati contro i "borghesi" che si apprestavano a partecipare alla pi� mondana delle serate milanesi. Venti giorni pi� tardi, a Viareggio, un tentativo simile fin� invece in tragedia.

Sempre per contestare la mondanit� dei borghesi, la notte del 31 dicembre un gruppo di contestatori si rec� alla "Bussola" - locale che contribu� a creare il mito di Mina -, dove si festeggiava il nuovo anno con una cena non proprio a buon mercato. La "goliardata" fu presto interrotta dai soliti scontri con i carabinieri, cui segu� il solito bilancio: barricate, auto danneggiate, 55 fermi. Ma quel che fa la differenza dagli altri episodi di protesta studentesca � la presenza - per la prima volta - delle pallottole. Una di esse si conficc� nella schiena di Soriano Ceccanti, studente pisano, che rimase paralizzato. Dopo qualche anno, al termine, di indagini estremamente complesse, il giudice che si occup� del caso concluse che quel colpo non poteva essere partito dalle postazioni dei carabinieri. Ad ogni modo, il 31 dicembre '68 si spar� per la prima volta anche tra gli studenti, inaugurando una pratica che caratterizz� tutto il '69.
Durante il 1969 la protesta si incattiv�. All'interno delle universit� gli studenti passarono alle maniere forti anche nei confronti dei professori, sino a quel momento duramente contestati ma sempre entro i limiti del rispetto personale.

Questa regola fu infranta nel marzo di quell'anno, quando alla Statale di Milano il professor Pietro Trimarchi, ordinario di Diritto Civile, fu sequestrato dagli studenti all'interno dell'aula 208. Reo di aver trattenuto il libretto ad uno studente che non aveva superato l'esame - e che avrebbe quindi "saltato" l�appello successivo -, il professore fu "processato per direttissima" dai colleghi del respinto, tra i quali Mario Capanna (leader del movimento studentesco) in veste di Pubblico Ministero. Fu seguita una procedura ben lontana dalle teorie sul processo care ai pensatori liberali: Trimarchi fu sistematicamente insultato e raggiunto dagli sputi degli studenti, e dovette intervenire la polizia per porre fine all�episodio. A questo aumento di turbolenza nelle aule si aggiungeva una sempre maggior tensione tra il mondo dei lavoratori. Si approssimava l'autunno, e con esso il rinnovo di 32 contratti collettivi, tra i quali il "pilota" per eccellenza, quello dei metalmeccanici. La protesta operaia, come abbiamo accennato, si un� a quella studentesca a Torino, il 3 luglio.
In un'altra occasione - dettata dal caso fortuito -ci fu un'ennesima vittima, il ventunenne poliziotto Antonio Annarumma. Era il 19 novembre. Quel giorno, a Milano, si tennero due manifestazioni: una operaia (un comizio di un leader sindacale al teatro Lirico) e una politica (un corteo della sinistra extraparlamentare al quale partecip� anche qualche membro del movimento studentesco).

Sfortunatamente, la folla che usc� dal Lirico and� a ingrossare le fila del corteo, disorientando la Polizia che lo fiancheggiava. Quest'ultima - in un eccesso di dovere - attacc�, e i membri del corteo risposero con lancio di tubolari d'acciaio recuperati da un vicino cantiere edile. Un di essi, scagliato a mo' di giavellotto, raggiunse Annarumma alla guida della sua jeep, colpendolo alla tempia. La morte del poliziotto scaten� nei giorni successivi una bagarre: tra i poliziotti si rischi� l'ammutinamento, mentre gli studenti - sostenendo la propria estraneit� all'assassinio di Annarumma - occuparono di nuovo la Statale al grido di "solo i padroni sono gli assassini". Capanna, che quel giorno era tra i giovani, si present� al funerale di Annarumma: solo la Polizia riusc� a salvarlo dal linciaggio. In questo clima si arriv� al 12 dicembre, il giorno di Piazza Fontana. Da quel pomeriggio le cose cambiarono, e non certo in meglio. Prese il via una lunga stagione di trame oscure e di violenza che si concluse dieci anni dopo.

di IGOR PRINCIPE

Ringrazio per l'articolo
  FRANCO GIANOLA, 
direttore di

LO STATO ASSENTE, COME REAGI' > > 

CON ALCUNE INTERVISTE


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