ANNO 1966 - (provvisorio)
( Anno 1966 - Sesta Parte )

prosegue l'articolo di Igor Principe

Nel precedente articolo abbiamo analizzato il periodo compreso tra il 1964 e il 1968. Un arco di tempo che, insieme a tanta spensieratezza, covava i germi di una contestazione che sarebbe esplosa di l� a poco e la cui onda d'urto avrebbe investito tutti gli aspetti del vivere quotidiano. Fra questi, forse pi� di tutti, il mondo della canzone.

Il Sessantotto italiano, secondo la storiografia ufficiale, comincia il primo marzo. Quel giorno, a Roma, si assiste al primo violento scontro tra polizia e studenti universitari. Teatro della battaglia � Valle Giulia, sede della facolt� di Architettura. Ai manifestanti che lanciavano sassi e molotov, la polizia rispondeva con manganellate e idranti. A onor del vero, va detto che il mondo universitario era gi� in subbuglio, grazie alle occupazioni cominciate nel 1967.
Tocc� dapprima alla Cattolica di Milano, nel novembre di quell'anno. Seguirono a ruota Torino, Genova, Cagliari, Firenze, e in pochi mesi la quasi totalit� degli atenei italiani fu autogestita dagli studenti. A una prima lettura, l'epicentro del terremoto che scuote i primi mesi di quel fatidico anno va ricercato nella cosiddetta "Primavera di Praga", cio� quel programma politico che Alexander Dubcek, segretario del Partito Comunista Cecoslovacco, vara con l'intento di riformare in senso socialista l'organizzazione di governo sovietica della Cecoslovacchia.

Ma, allargando l'orizzonte, ci si accorge che tutto il mondo � scosso da un unico, gigantesco terremoto. Il 1967, con l'intervento diretto degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam e con la Rivoluzione Culturale cinese iniziata da Mao Tse Tung (anch'egli, per un verso, critico verso l'Urss) aveva fatto da preludio all'anno che verr�. Il quale, oltre alla suddetta "Primavera di Praga", annovera una serie di eventi che non possono essere tralasciati.

In Francia, all'universit� di Nanterre, lo studente Daniel Cohn-Bendit fonda il movimento "22 marzo" e accende la miccia di un'altra contestazione studentesca che si far� sentire soprattutto nel maggio successivo. Il 3 di questo mese sar� ricordato infatti come la "notte della barricate": nel Quartiere Latino, sede della Sorbona e cuore di Parigi, polizia e studenti si affrontano in una cruenta guerriglia.
Dieci giorni dopo, agli studenti si affiancano gli operai, che paralizzano il paese con uno sciopero generale. Il presidente De Gaulle scioglie L'Assemblea Nazionale e chiama in causa l'esercito per reprimere la rivolta. Le elezioni successive, con il trionfo dei gollisti, dimostrano che la maggioranza dei francesi � tutta con il suo presidente.

IL SESSANTOTTO NEGLI USA - Andiamo in America: il movimento pacifista era pi� che mai attivo nella sua lotta contro il conflitto in Vietnam, e approfittava degli insuccessi militari (la presa dei Vietcong di alcuni quartieri di Saigon, controllata dagli americani) per ribadire l'inutilit� di quella guerra. A rendere incandescente il clima contribuirono due tragedie.

Il 4 aprile, a Menphis, un colpo di fucile toglie la vita a Martin Luther King, leader nero della non-violenza. Due mesi dopo, il 5 giugno, l'arabo di Gerusalemme Sirhan Bishara Sirhan, con tre colpi di revolver, rende lo stesso servizio a Robert Kennedy, nel pieno di una campagna elettorale che - secondo i sondaggi - era destinato a vincere.
Le elezioni di novembre, invece, porteranno alla Casa Bianca il repubblicano Richard Nixon. Torniamo per un attimo in Cecoslovacchia: in luglio, in un luogo segreto ai confini con l'Urss, Dubcek incontra il segretario del Pcus Breznev. Il summit non allenta la tensione per lo "strappo" del boemo da Mosca, e il 20 e 21 agosto i carri armati del Patto di Varsavia entrano a Praga.
E ancora: a Citt� del Messico, a settembre, gli studenti, che accusavano il governo di spendere troppo per i giochi olimpici di quell'anno, si scontrano con la polizia. Un altro triste preludio: un mese dopo, l'esercito apre il fuoco contro gli stessi studenti e regala alla storia il "massacro di Piazza delle Tre Culture". Viene spontaneo chiedersi cosa tutti questi fatti abbiano da spartire con l'armonioso universo musicale.
La risposta non � difficile: nulla pi� della canzone, nella sua brevit�, � in grado di fotografare un sentimento e di fissarlo - grazie alla musica - nella memoria di chi ascolta. Inoltre, la canzone � il pane quotidiano dei giovani, cio� di coloro che, in quel momento, hanno tutte le intenzioni di cambiare il mondo. Basta quindi una chitarra, due accordi e parole pesanti come un macigno per scaldare - talvolta eccessivamente - gli animi dei ventenni.
Quella rivoluzione musicale compiuta, come abbiamo visto, dai beatnik italici diviene esplicitamente politica. Esemplare, per capire la metamorfosi, l'analisi di due testi: "Ciao amore ciao", di LUIGI TENCO e "Valle Giulia" di PAOLO PIETRANGELI. Il primo, presentato al Festival di Sanremo nel 1967, in un passo recita: "...saltare cent'anni in un giorno solo / dai carri nei campi agli aerei nei cieli / e non capirci niente / e aver voglia di tornare da te".

LA TRAGEDIA DI TENCO - Questo, invece, un frammento da "Valle Giulia" (1968): "...il primo marzo, s�, me lo rammento / saremo stati in millecinquecento / e caricava la polizia / ma gli studenti la cacciavan via / No alla scuola dei padroni / via il governo, dimissioni". Tenco, interpretando i sentimenti del bracciante meridionale che cerca lavoro al nord, trascinato dal miracolo economico, tenta invano di coniugare la protesta sociale con il Festival musicale pi� popolare del Paese.
La canzone non piace, viene esclusa dalla serata finale e Tenco, sconvolto da un misto di indignazione e depressione, si toglie la vita con un colpo di pistola.
Non � sbagliato definirlo un protomartire della "rivoluzione prossima ventura" che, invece, regaler� gloria e fama a Paolo Pietrangeli e ad altri suoi colleghi. Il suicidio di Luigi Tenco, infatti, porta nel mondo della canzone la inquietudine dei tempi: il boom economico - e i connessi sogni degli italiani - cominciano a vacillare.
Ma la classe dirigente dell'Italia di allora, inseguendo indefessa un progetto di grandi riforme politiche, economiche e sociali, ignora che stanno per verificarsi due veri e propri cataclismi: la Contestazione e la crisi economica. Se le prime avvisaglie di protesta del 1967 - l'occupazione delle universit� di cui sopra - sono attutite da una societ� che fatica a staccarsi da modelli rassicuranti (si pensi che il Festival in questione fu vinto da Iva Zanicchi in coppia con Claudio Villa), il giorno di "Valle Giulia" non pu� rimanere nell'ombra, e d� il la ai dieci anni pi� bui del dopoguerra italiano.

Gli Stati uniti, diversamente dall'Italia, sono alle prese con una guerra che sta falcidiando una generazione. La giovent� americana � divisa in due grandi blocchi: c'� chi decide di rischiare la vita in Vietnam e chi - renitente alla leva - preferisce rimanere in patria a protestare per l'ingrata sorte che � toccata al suo coetaneo militare. Il movimento pacifista, quindi, occupa il centro del proscenio politico statunitense.

NON C'E' PACE NEGLI STATES - Il gran bisogno di pace � anche dettato dalla confusione nella quale il paese � precipitato dopo gli assassinii di Bob Kennedy e Martin Luther King, guide spirituali per tutti coloro che sognavano un mondo meno crudele.
Tuttavia, nonostante Nixon proceda al graduale ritiro delle truppe americane dal Vietnam, le proteste pacifiste sono all'ordine del giorno. E' il momento in cui il rock, pi� che mai, si fa politico: la chitarra elettrica si trasforma in un mitra, e scarica gragnuole di note che mirano alla destabilizzazione dell'ordine costituito.
Non � un processo ben definito, in America. A differenza dell'Europa, e in particolare dell'Italia, non c'� da parte dei giovani - come vedremo - un ancoraggio esplicito al Partito comunista. Non solo perch� questi l� non esiste, ma perch� nelle vene dei ragazzi americani scorre un sangue diverso rispetto a quello dei loro omologhi europei. Il retroterra culturale della "rivoluzione sociale" americana sta nel rock'n'roll e nel suo profeta: Elvis Presley. La massa - al tempo - era tutta con lui. Solo pochi eletti, invece, si dilettano con la lettura di Kerouack, di Ginsberg e dei Beatnik.

Non � sbagliato affermare che - nonostante l'eco mondiale di Dylan - il germe del rock'n'roll aveva attecchito, nelle orecchie e nei costumi dei ragazzi americani, pi� della musica folk e di quel tipo di jazz, il be-bop, che costituivano la musica quotidiana della "minoranza eletta". PHIL OCHS, che negli anni '70 perpetuer� la tradizione della canzone folk di protesta continuando un'opera cominciata trent'anni prima da Woody Guthrie, arriva ad affermare - con ragione - che "se esiste in America una speranza di rivoluzione, consiste nel riuscire a trasformare Elvis Presley in Che Guevara".

Con una frase, Ochs � riuscito a inquadrare l'animus contestatore dei giovani americani. Un animus, comunque, estremamente eclettico, in grado di recepire tutti gli scampoli di novit� che venivano proposti da chi faceva musica allora. Tra questi, due soggetti riscossero un enorme successo: JIM MORRISON e JIMI HENDRIX. Figlio di un militare di carriera che nel fatidico '68 guadagn� i galloni di ammiraglio, appartenente a quella middle classe tanto vituperata dai giovani, Morrison offre di s� una doppia lettura: c'� chi lo vede come la "coscienza critica" di quella classe sociale, una sorta di "redentore dall'interno" dei peccati da essa commessi, e chi lo considera il classico figlio di pap� che - mai a secco di dollari in tasca - pu� permettersi di "giocare alla contestazione".

L'ESPLOSIVO "RE LUCERTOLA" In realt�, il "Re lucertola" (soprannome nato dall'abitudine di indossare, pressoch� sempre - pantaloni di pelle nera) era consapevole del suo essere artista, dell'essere un poeta i cui versi erano sorretti dalla musica dei suoi tre amici, con i quali aveva fondato il gruppo dei Doors. Il nome � un esplicito omaggio allo scrittore Aldous Huxley e alle sue "porte della percezione".

E la percezione di un mondo nuovo fu il traguardo che si ponevano le canzoni di Jim nelle quali, per�, l'imperativo non era la ricerca di una pace universale, bens� il superamento dei vecchi tab�. L'esordio dei Doors su un palcoscenico � a dir poco tempestoso: nel bel mezzo di "The End", canzone simbolo tra quelle del gruppo, il nostro si produce in un recitativo, scandito dal ripetitivo incedere dell'organo elettronico, che poi esplode in due versi inquietanti anche ai nostri giorni: "Padre, voglio ucciderti / madre, voglio fotterti tutta notte". Si capisce, sin dalle prime battute, che la carriera di Morrison non ripercorrer� le orme battute da altri suoi colleghi i quali, pur cavalcando la tigre, sapranno - a un certo punto - mettere la testa a partito e godersi le tonnellate di dollari che riposano nei forzieri delle loro banche di fiducia.
La vita del "Re lucertola", invece, sar� costellata di eccessi: alcool, droga, esperienze di satanismo, denunce per atti osceni in luogo pubblico. Un eroe maledetto in piena regola, ma con una cultura alle spalle comunque ben definita. Legge Nietzsche, e ne incarna perfettamente l'ideale di "uomo che non � pi� artista ma diviene opera d'arte". Pi� di tutti gli altri, infatti, Morrison vive la vita che scrive nelle sue canzoni. Il suo motto �: "meglio bruciare in una volta sola che spegnersi lentamente". La sua candela si spegne nel 1971, a Parigi, a ventisette anni. Le sue spoglie, tumulate al P�re Lachaise, sono ancora oggi le pi� venerate di quel cimitero.

IL SUONO DI HENDRIX: UNICO - Veniamo a Jimi Hendrix. Quello che ha fatto Morrison con le parole, Jimi fa con la musica. In particolare con la sua chitarra elettrica, quella Fender Stratocaster che, nell'immaginario di ogni chitarrista rock, � un'icona da venerare ogni giorno.
In effetti, Hendrix inventa un nuovo modo di suonare: autodidatta, unisce un innato talento tecnico alla capacit� di saper andare oltre i limiti sino ad allora consentiti dalla tecnologia. Hendrix lavora come un jazzista: ricerca un suono che sia il suo, tale da permettere all'ascoltatore di riconoscerlo sin dalle prime battute. E vi riesce, al punto da creare suoni che, molti anni pi� tardi, sono stati immagazzinati e riprodotti in quelle scatolette a pedale che i musicisti di oggi adoperano per imprimere un effetto particolare alla propria chitarra.
A tale genialit�, come per Morrison, corrisponde tanta sregolatezza. Anche Hendrix, infatti, non lesiner� alla sua vita eccessi e sregolatezze, e anche lui morir� anzitempo, in una camera d'albergo londinese, nel 1970, soffocato dal suo vomito in seguito ad un overdose.
L'anno prima, Hendrix era stato il grande protagonista del festival di Woodstock, mega raduno al quale parteciparono 500.000 ragazzi. Teatro di quel concerto di tre giorni - 15, 16, 17 agosto - � la fattoria di Max Yasgur. Durante quelle settantadue ore di musica e amore, si alternano sul palco i pi� grandi nomi del rock di allora: The Band (il gruppo che accompagnava Dylan), gli WHO, CROSBY, STILLS & NASH, SANTANA, JOE COCKER. Ma il simbolo del concerto pi� famoso della storia del rock � Jimi Hendrix: all'alba dell'ultimo giorno, chiudendo la rassegna, Jimi estrae dalla sua chitarra la versione pi� malinconica - e al contempo dissacratoria - di "Star Spangled Banner", l'inno degli Stati Uniti. La sua tirando le corde e dando fondo a tutta la drammaticit� del suono, che si trasforma quasi in un lungo lamento. Ad ascoltarlo c'�, forse, un decimo degli spettatori complessivi che hanno affollato Woodstock in quei giorni. Tutto intorno � una landa desolata, resa fangosa dal temporale che si � abbattuto nella zona qualche ora prima. Una fotografia che � diventata un simbolo, quella della fine dei sogni e dell'inizio della realt�: la realt� di un'America difficile e controversa.

DA PIAZZA FONTANA IN POI Il '69, in Italia, non � l'anno di Woodstock, bens� di Piazza Fontana, nella quale - il 12 dicembre - non risuonano le note delle chitarre, ma il fragore di un ordigno che toglier� la vita a dodici persone, esplodendo al centro della Banca Nazionale dell'Agricoltura.

E' l'inizio di quella che viene chiamata "strategia della tensione", consistente nel far accadere qualcosa di grosso ogni qualvolta si avverta nell'aria un tentativo di cambiare. Non � questa la sede per un'analisi politica di quei tempi, che tuttora faticano ad abbandonare le discussioni degli italiani. Quel che conta, ai fini della nostra storia , � di vedere come e quanto quei tempi abbiano influenzato i contenuti della canzone popolare. La risposta - per certi versi ovvia - �: totalmente. In particolare, dal '69 al '76, l'attenzione dei cantautori � catalizzata dallo scenario politico, in particolar modo dall'avanzata della sinistra e in particolare del Pci, che arriva a sfiorare, proprio nel '76, una storica vittoria elettorale.
Lo slogan dei giovani di quegli anni � "uniti contro la Dc", vista come il partito di dinosauri, di burocrati e di burattinai. Nonostante l'entusiasmo del Paese nella difesa della libert� contro il terrorismo nero (caratterizzato dall'uso delle bombe) e le minacce di golpe, la vittoria del referendum sul divorzio nel 1974, il Partito Comunista non riuscir� mai a sorpassare la Democrazia Cristiana, sorretta - nel 1976 - da una maggioranza silenziosa analoga a quella che, otto anni prima, permise a Charles De Gaulle di rimanere all'Eliseo contro tutte le previsioni.

La canzone, per tutto questo periodo, respira quest'aria, se ne nutre. I giovani, in quegli anni, abbandonano l'ambito istituzionale della musica leggera e si riversano negli spazi aperti ai giovani dalla Sinistra. In questo ambiente nasce la nuova canzone, definita "impegnata" poich� tratta problemi del quotidiano, di condizione operaia, di libert� dell'individuo. Voci di allora sono GUCCINI, DE GREGORI, VENDITTI, BENNATO, ma anche - su toni pi� leggeri e meno politici - DALLA, CONTE, DE ANDR�.

Nel '72, la Contestazione fa il suo ingresso in Hit Parade, con la canzone "Piazza del popolo" di CLAUDIO BAGLIONI, storia d'amore vissuta in una manifestazione studentesca dispersa dalla polizia. Una delle poche canzoni a sfondo politico di Baglioni, reo di cantare l'amore e quindi di estraniarsi dal contesto di allora, molto pi� degno d'attenzione, secondo i pi�. Salvo poi, nell'intimit� della propria cameretta, tuffarsi nell'ascolto del Claudio nazionale e di quel LUCIO BATTISTI che davvero pu� considerarsi l'interprete della colonna sonora degli anni '70.

BATTISTI, AMORE E DISIMPEGNO Affiancato dal paroliere pi� efficace della storia della canzone italiana - quel GIULIO RAPETTI pi� conosciuto sotto il nome di MOGOL - Battisti canter� meglio di chiunque altro le emozioni d'amore di quella generazione, che almeno da questo punto di vista non si differenzia dalle precedenti.
Ma il rifiuto di toccare temi politici lo porter� ad essere etichettato a vita come "il cantante della destra". In quest'opera, contributo fondamentale � dato anche da quei ragazzi che, non volendo partecipare all'euforia collettiva del tempo, ascoltano Battisti al posto di Guccini.
Ci�, tuttavia, non coster� in termini economici al nostro, che in quegli anni vende pi� di tutti, al punto da decidere, nel 1982, un definitivo ritiro dalle scene per dedicarsi alla propria vita privata, sfornando un disco ogni tanto. Amor di precisione obbliga a dire che, terminato burrascosamente - alla fine degli anni '70 - il sodalizio con Mogol, Battisti si produrr� in dischi estremamente impegnati, ai limiti dell'ermetismo, che non gli porteranno quei consensi che si era giustamente guadagnato sul campo in precedenza. Sar� sar� stato l'effetto del mancato sorpasso elettorale, sar� stato l'eccessivo clima di tensione vissuto durante i primi anni del decennio, fatto sta che la Sinistra si sfalda.

La Contestazione, per� non accenna a diminuire, anzi, per certi versi si acuisce. Il 1977 vede nascere, infatti, una generazione di contestatori che non digerisce la sconfitta di quelli del sessantotto. Eppure, questi loro predecessori hanno ottenuto notevoli vittorie. Tra le tante, segnaliamo quella che pi� riguarda il campo musicale: la nascita delle radio libere. La radiofonia, e quindi la trasmissione musicale, fino al '76 sta nelle mani della Rai. Ma il 10 marzo del 1975, nell'etere accade qualcosa di nuovo: cominciano le trasmissioni di Radio Milano Internazionale, fondata da tre ventenni.

LA RABBIA DEL 1977 - E' un vero segnale di libert�: da quelle frequenze, infatti, sgorga tutta quella musica che non riusciva a trovare spazio sulle frequenze Rai. In particolare, Radio Milano e le altre che, a ruota libera, seguiranno la sua strada, rappresenteranno il vero megafono di quella musica che si svilupper� intorno alla protesta del '77.
Una protesta violenta, estrema. I giovani sfilano in corteo con le tre dita alzate a mimare il simbolo della P38, inseparabile compagna di quegli anni: chiedono "tutto e subito", come faceva CIM. Morirono alla fine degli anni Sessanta. Ma se Jim, poi, vi rinunci� per una vita da artista dannato, i nostri non hanno alcuna intenzione di mollare.
Il 17 febbraio arrivano a contestare anche un capo storico della sinistra proletaria di quegli anni: Luciano Lama, segretario della Cgil. Questi, durante un comizio a Roma, viene bombardato da bulloni e altri oggetti, lanciati da esponenti delle frange estreme del movimento di allora.

Lo sbandamento, tra i giovani, � forte. FRANCESCO GUCCINI, che pochi anni prima cantava del trionfo della giustizia proletaria ("La locomotiva"), sembra lontano anni luce. Si diffonde un sentimento di delusione mista a rabbia. I cantautori rifiutano la violenza espressa dai giovani di allora: CLAUDIO LOLLI, forse il miglior interprete del 1977, canta "disoccupate le strade dai sogni", svergognando chi sognava "l'immaginazione al potere" (slogan tra i pi� in voga durante il '68).

La musica cerca altre vie: c'� la sperimentazione degli Area e della PFM, la provocazione gay di IVAN CATTANEO e RENATO ZERO, la voglia di fare solo musica con Ivan Graziani. L'impegno che caratterizzava, nei primi anni '70, DE GREGORI, VENDITTI, BENNATO, sembra scomparso. Se prima era un must, per il cantautore, essere considerato colto - tanto che fioccavano tra di loro gli iscritti all'universit� e i laureati (Guccini in Magistero, Bennato in Architettura, Roberto Vecchioni in Lettere) - adesso si ritorna al cantautore come semplice poeta, o al massimo come sperimentatore. Il tempo dei sogni, insomma, sembra davvero finito.

L'ORA DELL'ULTIMO VALZER - La deflagrazione finale si ebbe nel 1978, con il sequestro Moro. I cinquantacinque giorni di prigionia dell'allora Presidente del Consiglio segnarono il periodo pi� difficile, per l'Italia, di tutto il dopoguerra. Le Brigate Rosse, con il loro "attacco al cuore dello Stato", cercavano di impedire la normalizzazione del Pci, che doveva avvenire con l'ingresso del partito al governo. Il Paese, dinanzi al pi� grande pericolo di sovversione mai corso prima, si compatta , politicamente e socialmente.
La protesta, insomma, � andata oltre ogni limite, e coloro che negli anni precedenti l'hanno incarnata al meglio - i cantautori - non possono ora condividere la follia di chi ha compiuto quel gesto. La musica, quindi, ritorna lentamente nel suo alveo, faticando per� a riconquistare quella qualit� che l'aveva contraddistinta durante la prima Contestazione.

I primi anni Ottanta saranno caratterizzati da un vuoto musicale italiano che spianer� la strada all'invasione del pop inglese e americano. Forse l'unico che partor� in quegli anni un capolavoro assoluto � De Gregori, con la bellissima "Donna cannone". Ma le note inglesi e a stelle e strisce ci invaderanno. E a proposito di America, l�, nel '78, c'� ancora qualcosa per cui vale la pena di combattere: quell'anno, infatti, si verifica l'incidente nucleare di Three Miles Island, che porta alla ribalta il problema legato a quella nuova forma di energia.
In segno di protesta, un gruppo di cantanti americani organizza un concerto a New York, conosciuto con il nome di "No Nukes". Vero mattatore della serata � BRUCE SPRINGSTEEN, nuovo idolo rock americano, considerato - non a torto - l'erede dello scettro di Elvis e di Dylan.
Springsteen canta la vita di provincia gi� nel '75, quando da noi imperversa la protesta studentesca e operaia. Egli sa che in America, invece, l'unica voglia � di raggiungere quel sogno americano che coincide con la realizzazione di una vita migliore sul piano personale.
E il pubblico lo incensa, catturato anche dalle sue performance live di quattro ore. La protesta per il nucleare, per�, � l'ultimo focolaio di vita della generazione dei "capelloni" americani. E quando alla fine del '78 Martin Scorsese gira il film "The Last Waltz", cronaca dell'ultimo concerto di The Band, il gruppo di Dylan, si capisce che quel tempo � definitivamente tramontato. Sul palco, in quella occasione, sfilano Neil Diamond, Eric Clapton, un Ringo Starr brizzolato che suscita una valanga di ricordi legati a quei favolosi quattro i quali, a colpi di chitarra, cominciarono a cambiare il mondo. E legati a tutti coloro che -nel bene e nel male - li seguirono.

(FINE) Autore: Igor Principe

Ringrazio per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore di

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FINE ANNO 1966 -

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