BOMBARDATE TOKYO !!!!

(300 bombardieri B 29 sulla città nipponica)

"delenda Tokyo"

ANNO DI RIFERIMENTO 1945 - 9-10 MARZO

di Rao Alessandro

Il 18 Aprile 1942, giorno della prima incursione aerea sul Giappone (Tokyo), guidata dal Gen. Doolittle, rappresenta, per gli Stati Uniti, una delle date più importanti della Guerra nel Pacifico, per due motivi principali:
Primo - è la risposta al proditorio attacco subito nella base di Pearl Harbor (Isole Hawaii), da parte dei giapponesi, il 7 Dicembre 1941;
Secondo - nasce la convinzione, in seno alle alte sfere militari americane, della necessità, per gli anni a venire, di continuare nei bombardamenti sulle città giapponesi, con strategie simili a quelle sperimentate in Europa, allo scopo di ottenere, con una certa rapidità, la fine della guerra, evitando così molte perdite di giovani americani.

Il Giappone, rispetto agli altri Stati dell'Asse, anch'essi colpititi dalle distruttive incursioni angloamericane, è sicuramente quello ad aver riportato il maggiore numero di vittime civili. Si calcola che abbia avuto circa un milione di morti, mentre, la Germania settecentomila, Italia ed Inghilterra sessantamila per parte. I civili inermi indistintamente di tutte le Nazioni coinvolte nel conflitto, hanno pagato molto, anzi troppo. Certe volte si giustifica il bombardamento strategico, come operazione volta a colpire esclusivamente obiettivi militari, ma non sempre i fatti, realmente, sono tali. La testimonianza storica di moltissimi bombardamenti, effettuati sulle città inglesi, tedesche, italiane e giapponesi, dimostra l'intento di non colpire solo bersagli militari, ma incidere direttamente sul morale della popolazione inerme, cancellandone la propria cultura. Questo tipo d'azioni si sono verificate da entrambe le parti contrapposte ed ogni giustificazione è meramente machiavellica.

Il Giappone, all'epoca, è una grande potenza mondiale, ma la sua economia è assicurata esclusivamente dall'importazione, dai mercati di tutto il mondo, di prodotti d'ogni genere. Di conseguenza la flotta della marina mercantile imperiale, costituisce il principale elemento per la sopravvivenza del Paese. Questo tipo d'economia spinge il Giappone, verso la supremazia nel mare con il controllo dell'area del Pacifico, occupandone strategicamente le numerose isole. Nel 1939 gli Stati Uniti, per limitare la palese espansione, pongono un blocco alle esportazioni verso il Giappone creando, di fatto, un peggioramento dei rapporti fra i due Stati che assieme ad altre concause, portano inevitabilmente allo scontro.

Dopo l'inizio delle ostilità, gli Stati Uniti, non proprio del tutto preparati alla guerra, iniziano con molte difficoltà a fronteggiare la situazione creatasi. In primo luogo sul mare, con l'impiego dei sommergibili contro i convogli giapponesi adibiti ai rifornimenti di materie prime, successivamente, in terra, con la dura conquista, metro per metro, delle isole occupate e definitamente dal cielo, con la distruzione di tutte le principali città industriali del Giappone. Solo una di loro è risparmiata: Kyoto, per motivi paradossalmente religiosi.

Strategicamente, ripetere azioni come quella del 18 Aprile 1942, non è possibile per i tanti motivi di carattere tecnico-militare e soprattutto per il risultato bellico molto scarso. Il comando aereo supremo degli Stati Uniti, nella persona del Gen. Henry Arnold, assieme ad altre autorità militari e politiche responsabili delle operazioni nel Pacifico, concordano un piano di sviluppo per l'industria aeronautica, con lo scopo di accelerare la costruzione di un velivolo pesante avente un'autonomia sufficiente a colpire direttamente il cuore del Sol Levante. Si ricordano le parole premonitrici pronunciate dal Gen. Doolittle, dopo il primo raid su Tokyo: "Torneremo ancora nei cieli del Giappone, con più aerei, con più bombe".

Infatti, il problema della distanza delle basi americane dal suolo giapponese, costituisce per due anni (1942-1943) un freno ad operazioni aeree contro le città del Tenno.

Dai tavoli da disegno della Boeing di Seattle nasce uno dei velivoli fondamentali per la supremazia aerea nei cieli, sia europei, sia asiatici: il Boeing B 29, denominato "Superfortress", in aggiunta al B 17 "Flyng Fortress", ma con caratteristiche nettamente superiori. La B 29, si rivela subito una macchina tremendamente efficiente che risolve tutti i problemi, dall'autonomia di volo al trasporto del carico esplosivo fino ad un armamento difensivo da scoraggiare eventuali attacchi della caccia nemica. Nei cieli di Tokyo gli unici caccia giapponesi, con ottime caratteristiche di volo, che riescono a contrastare le "Super Fortezze", conseguendo diversi successi, senza però cambiare di molto la situazione generale, sono lo "Shiden rai" (lampo violetto) costruito dalla ditta Kawanishi, codificato dall'USAAF con il nome di "George" ed il "Raiden" (tuono) costruito dalla ditta Mitsubishi, codificato con il nome di "Jack". (nell'immagine)

Gli Americani, prontamente, neutralizzano le potenzialità dei caccia giapponesi facendo
scortare, successivamente, le B 29 dalle ultime versioni modificate dei caccia P 51 "Mustang" e P 38 "Lightning", i migliori della Seconda Guerra Mondiale.

Dopo numerosi avvenimenti, anche spiacevoli, lo scenario nello scacchiere del Pacifico sta cambiando a favore degli americani. Alla fine dell'estate del 1944, dopo la conquista da parte dei Marines delle Isole Marianne, ottenuta con sanguinosi combattimenti, gli americani vi costruiscono cinque basi strategiche: due a Guam e Tinian una a Saipam. Da qui partono i raids sulle città giapponesi distanti, andata e ritorno, 5000 Km, tanti quanti l'autonomia della B 29.

Il 15 Giugno 1944, B 29 del 20° Air Force sorvolano e bombardano per la prima volta, dal raid su Tokyo del 18 Aprile, il suolo giapponese nella città di Yawata. La tecnica del bombardamento è la stessa adottata dalla 8^ Air Force nello scacchiere europeo: attacco diurno ad alta quota (12.000 mt.) senza scorta.

Questo tipo d'incursione, però, non risponde alle attese dell'U.S.A.A.F., in quanto i danni prodotti alle città, sono tali da non fermare l'attività dell'industria giapponese e nello stesso tempo non raffreddano il morale della popolazione. Si riscontra, inoltre, una certa attività della caccia giapponese non gradita alla 20^ Air Force del Pacifico per diverse perdite subite.

Il 25 Novembre 1944 dalla base di Saipam, situata nelle Isole Marianne, decollano 94 aerei B 29 e dopo un volo di circa 5000 Km andata e ritorno, effettuano un lancio di bombe su Tokyo senza ottenere, anche in quest'occasione, l'esito desiderato, pertanto l'incursione è considerata semifallita.

A seguito dei risultati negativi conseguiti, in seno all'Alto Comando dell'U.S.A.A.F, la situazione evolve repentinamente. Il pragmatico Gen. Curtiss Le May...

... assume il comando delle "Super Fortezze" B 29 e stravolge, con decisione immediata, le procedure operative delle B 29 nell'area del Pacifico. Le incursioni diurne ad alta quota, sono sospese e sostituite con quelle notturne a bassa quota (1500 m.). Ciò, in modo da eludere la caccia giapponese, impreparata al volo notturno per mancanza di radar e far ritornare indenni le B 29 alle rispettive basi di partenza. E' altresì ordinato un aumento del carico esplosivo, trasportato dall'aereo, fino a 6000 kg., compensando l'aumento di peso con l'eliminazione d'alcune armi di bordo, non ritenute necessarie. Inoltre, lo stesso Generale LeMay, fa cambiare il tipo d'esplosivo, da dirompente ad incendiario, adottando bombe del tipo M 69 al napalm, strategia che provocherà l'onda di calore nelle città giapponesi, simile alla tempesta di fuoco verificatesi nei bombardamenti angloamericani sulle città tedesche ( Dresda 13-14 febbraio stesso anno )
Adesso, una piccola licenza storica; parafrasando il vecchio Catone: "delenda Carthago" gli americani, in quei giorni, devono aver pensato "delenda Tokyo", ritenuta il centro nevralgico, culturale, politico, militare dell'Impero del Sol Levante.

Nel 1945, Tokyo, con i suoi 42 Km quadrati, si presenta come una tranquilla distesa di case costruite soprattutto con legno, carta e bambù, essendo zona altamente sismica (nel 1923 un terremoto distrusse circa 80.000 case). L'area della città, all'inizio del conflitto è ricoperta da una miriade di piccole industrie, gestite a conduzione familiare e tutte impegnate in un'economia di guerra. Per gli americani, Tokyo, con suoi abitanti (eddochi) rappresenta la testa di quel drago malefico che vuole la distruzione degli Stati Uniti, con mire espansionistiche su tutta l'Asia, mosso da un fanatismo religioso (Shinto) che, nella sua dottrina, antepone l'assolvimento del dovere sopra la vita stessa, assoluta fedeltà all'Imperatore e alla Patria, concetti, ben radicati nel popolo, che costeranno migliaia di morti.

Per questi motivi Tokyo subisce continue rappresaglie, con diversi bombardamenti dal cielo. La strategia operativa adottata, come già illustrata, è tale da non procurare ancora danni bellici molto distruttivi. Le cose cambiano di molto con l'attuazione delle nuove modalità suggerite dal Gen. LeMay. Con la nuova tecnica si realizza uno dei più duri bombardamenti di tutta la Seconda Guerra Mondiale, su ogni fronte, tale da eguagliare per vittime, quelli atomici del 6 e 9 Agosto 1945 (Hiroshima e Nagasaki) e del 13 e 14 Febbraio (Dresda) dello stesso anno.

Ricordiamone i tragici particolari.
Sono le ore 00,15 della notte tra il 9 e 10 Marzo 1945, Tokyo è sorvolata da due B 29 "Superfortress" (Pathfinder = segnalatori), le quali lanciano diversi spezzoni incendiari ed illuminanti nei punti strategici della capitale, allo scopo di indicare i bersagli che dovranno essere colpiti dalle B 29 in avvicinamento.
Alle ore 02,40 iniziano, ad intervalli diversi, i passaggi di circa trecento B 29 che sganciano bombe esclusivamente incendiarie.

La superficie di circa quaranta chilometri quadrati attorno a Tokyo è oggetto, come si usa dire in gergo avio-tecnico militare, di un bombardamento a tappeto, d'immane distruzione, il cui effetto è ingrandito casualmente dalle condizioni meteo sulla capitale, i cui forti venti alimentano un fronte d'aria rovente con temperatura di circa 700 gradi, per un raggio di diversi chilometri.

Quasi tutte le vittime muoiono dopo essersi trasformati in torce. Moltissime altre persone, nella speranza di trovare una via di fuga dal forte calore incombente, si riparano nelle piscine e fontane, finiscono così letteralmente bollite. Moltissi trovano la morte schiacciati dalla stessa folla che, impazzita cerca disperatamente allontanarsi dal fuoco, ma senza scampo.

Particolari agghiaccianti sono trapelati dopo la guerra dalle testimonianze dei piloti partecipanti all'incursione; nuvole di gas combusto e vapori di carne bruciata provenienti da terra, raggiungono gli aerei impegnati negli ultimi passaggi sulla città completamente invasa dal fuoco e gli equipaggi vomitano respirando quest'infausta miscela. Tutta la capitale del Grande Impero Giapponese, in poche ore è ridotta ad un ammasso di cenere, ricoperta da una coltre di nebbia rossastra dall'aspetto infernale.

Le vittime sono:
circa 83.000, secondo resoconti stilati da parte americana e giapponese;
circa 136.000, secondo Martin Caidin (studioso americano) che considera anche i decessi conseguenti;
circa 200.000, secondo il Guinnes Book of Records (anno 1970).

Tali numeri sono, in ogni modo, rimasti sempre approssimativi, per mancanza di riscontri delle salme, in quanto incenerite e di controlli agli uffici anagrafici della città, andati distrutti inesorabilmente dal fuoco.
Dopo gli avvenimenti descritti, ancora tonnellate d'inutili bombe, sono state lanciate su Tokyo e Yokohama il 23/25 e 29 Maggio 1945.

Estensore: RAO ALESSANDRO
[email protected]

Bibliografia:
"Storia controversa della Seconda Guerra Mondiale" di Eddy Bauer (Ed. DeAgostini 1971)
"La notte che distrussero Tokyo" di Martin Caidin (Ed. Mondadori 1969)
"Famous Bomber of the Second Wold War" di William Green (Ed. London MacDonald)

"Samurai" di Saburo Sakai (Ed. Longanesi 1960-Ristampa Ed. Teadue 2001)

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