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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1929 (0)

LA STAMPA

"ALCUNI PROBLEMI VITALI DEL GIORNALISMO FASCISTA"
Discorso del Senatore MARIO CRESPI
Pronunciato il 20 maggio 1937 al Senato
(documento originale)

"Il giornalismo italiano è libero perchè serve
soltanto una causa e un Regime;
è libero perché, nell'ambito delle leggi del Regime,
può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo,
di critica, di propulsione"

(M. "Il giornalismo come missione",
10 ottobre 1928 - S. e D., vol. VI, p. 250)

"Onorevoli Senatori, il Ministero della Stampa e Propaganda é il grande organo creato dal Duce per armonizzare e potenziare in una visione unica i problemi dell'intelligenza fascista: perché ad esso fanno capo il libro, il teatro, il cinema, la radio, il giornale. In Galeazzo Ciano, che ne fu il primo Ministro, e che cedette ai vari servizi del Ministero l'impulso fervido della sua giovinezza e della sua sensibilità, e in Dino Alfieri, degno continuatore di quest'opera, le larghe correnti della vita spirituale italiana hanno trovato interpretazione fedele, e piena, sicura comprensione di quelle che sono le necessità del momento.

Il giornalismo é uno dei settori più vibranti della attività del Ministero della Stampa e Propaganda, perché in esso ogni giorno, e senza soluzione di continuità, si rispecchiano tutti i momenti della vita moderna. Oggi il giornale é veramente una imprescindibile necessità quotidiana. Io aggiungo anzi che é esso un elemento sostanziale non per la curiosità dei lettori, ma per l'esistenza spirituale degli uomini, che si rivedono ogni giorno nelle pagine del loro giornale.
Il Fascismo, il cui Fondatore e Capo é anche il più grande nostro Maestro, ha creato il giornalismo moderno, non futile, non pettegolo o indiscreto,
ma al servizio completo dei più alti ideali, politici e morali, della Nazione.

Oggi la stampa italiana occupa un posto d'avanguardia, inquantoché essa non diffonde nelle masse la cosiddetta cronaca nera e le espressioni più misere, più tristi o più penose della vita, ma esalta la vita stessa nei suoi aspetti migliori. Questo, per la parte diremo così fondamentale: etica e funzione. Ma il giornalismo italiano può essere sicuro di svilupparsi sempre più. Esistono problemi tecnici che spesso hanno la loro importanza decisiva anche in quei settori dove la tecnica non è un fine, ma un mezzo e uno strumento.
Nel suo discorso alla terza Assemblea delle Corporazioni, discorso che ha avuta eco profonda nelle nostre affinate volontà di potenza, il Duce ha toccato anche il problema della cellulosa. Egli ha affermato, di fronte all'aspettativa ansiosa degli industriali italiani, che il programma della cellulosa deve essere risolto. Il comando del Duce sarà, come sempre, eseguito: tanto più che esso si basa, come sempre, non su vane speranze, ma sulle concrete realizzazioni già compiute per ordine Suo.

L'Italia dovrà dunque avere, ed avrà, il suo fabbisogno di cellulosa. Ma noi ci permettiamo fare presente all'Onorevole Ministro per la Stampa e la Propaganda una raccomandazione che ha un valore molto specifico e riguarda precisamente gli editori: e cioè che di questa totale produzione della cellulosa sia riservata ai giornali la parte sufficiente non solo a mantenere le attuali posizioni, ma a giungere a dare presto al giornalismo italiano le più larghe possibilità di sviluppo.
La cellulosa serve anche ad altre industrie: e sono industrie utili e nobili. È da rilevarsi anzitutto che ogni Paese, anche ricco di foreste, non potendo sopperire al continuo sensibile aumento nel consumo di carta e di cellulosa con le crescite
naturali (le quali registrano un deficit mondiale di circa 300 milioni di metri cubi) ha dovuto volgersi all'utilizzazione di altre materie prime per queste due produzioni. L'Italia invece, esprimendo il primo sforzo nazionale in questo campo, ha affrontato il problema di una delle materie prime per le industrie cartarie, la pasta meccanica di legno, intensificando la coltivazione del pioppo: e questo ha potuto fare mercé quella tenace e proficua propaganda alla testa della quale si pose Arnaldo Mussolini, e che fu poi continuata dall'Ente Nazionale della Cellulosa attraverso la creazione di alcuni vivai di pioppo, opportunamente dislocati sul suolo nazionale, e attraverso l'esperimento della cultura di altre piante annuali e perenni: onde oggi il nostro Paese non importa praticamente più pasta meccanica di legno, la cui produzione ha raggiunto da noi 1.200.000 quintali.

L'importazione della cellulosa, o pasta chimica di legno, che si é invece imposta sinora all'Italia, come ovunque, per fronteggiare il crescente consumo di carta e di cellulosa per carta e per le industrie, ha subito le oscillazioni della produzione cartaria e di quella del rayon e delle fibre corte vegetali. Essa é salita da 1.700.000 quintali del 1931 a 3.283.000 nel 1935 (pari a 180 milioni di lire), per ridursi nel 1936 a 2.230.000 quintali (pari a 165 milioni di lire). Ma mentre la produzione cartaria discese da 5 milioni di quintali nel 1935 a 4.274.000 quintali nel 1936, quella del rayon e fibre corte vegetali passò da 500.000 quintali nel 1934 a 920.000 quintali nel 1936. Di tutta la cellulosa consumata in Italia, quella destinata alla carta per giornali rappresenta il 17 per cento. Aggiungerò che tutte le materie prime e tutti gli ingredienti per la fabbricazione di carta da giornali, sono prodotti nazionali. L'attività e la genialità dei nostri tecnici sono state mobilitate per contribuire a ridurre al mi
nimo la nostra deficienza in cellulosa: oggi totale mobilitazione sarà ancora più intensa, dopo il comandamento del Capo.

Data l'impossibilità di aumentare sensibilmente la produzione di cellulosa da piante arboree, le nostre fabbriche di cellulosa da legno di Tolmezzo e di Mantova, non solo intensificano la loro produzione, ma anche migliorano le qualità prodotte, onde ottenere cellulose nobili, di maggior valore commerciale. Dirò di più: nel 1935 esistevano solo tre fabbriche di cellulosa, con una effettiva produzione di soli 115.000 quintali: è ora in funzione la fabbrica di Foggia, passata sin dall'inizio del suo funzionamento sotto il controllo dello Stato: essa produce 100.000 quintali di cellulosa all'anno dalla paglia di grano, e sta provvedendo a raddoppiare la propria produzione. A Romagnano Sesia si produce cellulosa da paglia di riso, e, come ha detto Mussolini, altri impianti sono preventivati. Inoltre, già dall'anno scorso si é cominciato a sentire il beneficio della produzione italiana di cellulosa, passata da 118.000 quintali nel 1935 a 236.000 quintali nel 1936; e ancor più si sentirà questo anno, con un notevolissimo crescendo, onde in breve volgere di tempo si giungerà a coprire con la paglia di grano e di riso, con lo sparto e l'alfa libici, la metà del fabbisogno attuale di cellulosa. Dalle nuove terre del nostro Impero, dove l'Ente procede, su direttive di apposito Comitato, alla ricerca di piante per cellulosa, i primi rapporti di esperti dicono della possibilità di produzione di cellulosa in varie regioni.

Noi non intendiamo in ogni modo diminuire il fabbisogno delle altre industrie, che sono altamente meritevoli, come quella del rayon, che compensa con una larga esportazione l'aggravio della importazione della materia prima: ma chiediamo all'Onorevole Ministro della Stampa e Propaganda che voglia portare il suo massimo interessamento
al fabbisogno dei giornali.

Il problema della carta dei giornali non é un problema tecnico: esso é più propriamente un problema politico e spirituale. Il giornale fascista non può considerarsi semplice organo informativo, come diventa fatalmente quando è ridotto in troppo modeste proporzioni: deve essere un giornale formativo, poiché è volto all'anima, all'ingegno, alla coscienza. Una maggior quantità di carta per i giornali consentirebbe la pubblicazione di un più grande numero di articoli e di studi, con un conseguente impulso ad iniziative ed a problemi, e col più fervido potenziamento di tutte le attività nazionali: inoltre scrittori e studiosi, inquadrati in più larghe possibilità, troverebbero una più ampia attività continuativa e retribuita.

Ma soprattutto con la creazione dell'Impero, i giornali hanno un compito specifico, che è quello non solo di informare della vita quotidiana della grande creatura mussoliniana, ma di permeare le vecchie e le nuove generazioni di quelli che sono i bisogni presenti e futuri dell'Impero, di far vivere tutto il popolo italiano su di un piano interamente imperiale, non solo coi servizi informativi e di cronaca, ma in modo particolare con studi sulle possibilità economiche, industriali e commerciali dell'Impero. E questo non può essere fatto con pubblicazioni saltuarie, ma con una serie di servizi giornalistici costanti: servizi che debbono occupare uno spazio cospicuo in ogni giornale italiano.

Con questo problema é anche collegata l'espansione del giornale italiano all'estero, perché se vogliamo che il giornale si imponga anche fuori della Patria, deve essere un giornale completo, e tale da sostenere la concorrenza con qualsiasi altro periodico straniero.
Desidero proprio a questo riguardo far presente all'Onorevole Ministro della Stampa e Propaganda che la diffusione della stampa italiana all'estero trova un ostacolo nell'alto costo del trasporto.
I giornali italiani spediti all'estero pagano per una copia di sei pagine centesimi 25, e per una copia di otto pagine centesimi 50. Tenuto particolarmente conto della inevitabile percentuale della resa, le Amministrazioni dei giornali esportano in piena perdita in tutto il mondo, eccezione fatta per l'Ungheria e la Jugoslavia, per cui si applicano tariffe ridotte speciali, e per l'Albania, che gode della tariffa del Regno.
Gli editori di giornali sarebbero fortemente incoraggiati a diffondere sempre meglio le loro pubblicazioni all'estero, se l'Amministrazione postale italiana applicasse la facoltà concessa dal titolo 30, capitolo 1°, articolo 34 della Convenzione Postale Universale, conclusa al Cairo il 20 marzo 1934. Tale articolo infatti sanziona:
«Nelle relazioni con le Amministrazioni che hanno dato il loro assenso, ogni Amministrazione ha la facoltà di concedere ai giornali e scritti periodici pubblicati nel suo Paese e spediti direttamente dagli editori o dai loro mandatari, una riduzione del 50 per cento sulla tariffa generale delle stampe. Sono esclusi da questa riduzione, qualunque sia la regolarità della loro pubblicazione, le stampe commerciali come cataloghi, prospetti, conti correnti, ecc. ».

È superfluo rilevare come questa facilitazione che noi chiediamo, e che negli altri Paesi è data ai giornali, non debba essere considerata soltanto sotto il punto di vista della diffusione dei fatti italiani e della lingua italiana all'estero: ma come il tramite spirituale fra i milioni di italiani sparsi per il mondo e la Madre Patria. Ricorre spesso l'affermazione che i giornali italiani non sono molto diffusi all'estero: ma non bisogna dimenticare che anche in questo delicato settore della attività giornalistica italiana non é estraneo l'elemento pratico: rappresentato nel nostro caso dalle tariffe postali, le quali hanno la loro precipua im
portanza, poiché concorrono a mantenere il prezzo del giornale italiano all'estero a un livello quasi proibitivo.

L'Italia fascista adempie oggi nel mondo una missione che non si limita al perfezionamento di sé stessa (e sarebbe già questo un nobilissimo contributo alla vita dell'umanità) ma tende a levarsi come esempio di nobiltà politica, civile e umana, in un momento in cui il mondo, travagliato da una crisi che è una vera e propria tempesta morale, ha bisogno di riprendere coscienza di un suo destino di perfezione, attraverso la visione di un popolo che le coscienze illumina e le civiltà costruisce.

La stampa italiana rispecchia fedelmente la prodigiosa passione di un popolo che, sotto il comando di un Capo, ha saputo disciplinare la propria fede entro i comandamenti dell'Idea, guardando in faccia, con orgogliosa decisione, il pericolo di vivere e il privilegio di morire. Ma il compito della stampa italiana e fascista é anche universale, perché essendo incitamento e monito, interessa le « genti umane affaticate », nella medesima luce e nella medesima grandezza di un Verbo".


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