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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1936

Invece di dare interpretazioni (le posteriori sono facili a farsi), ci atteniamo ai testi ufficiali dell'anno XV - 1936 - Integrali.
Sono di parte, ma di parte diventano solo dopo; al momento questa era l'informazione, tutta consenziente.

"Salvo qualche mezzacoscienza, nessuno di noi si augura che la guerra finisca.
Noi soldati non abbiamo che un desiderio: continuare"

(Indro Montanelli dal fronte - Art. su "Civiltà Fascista, n 1, gennaio 1936)

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LE SANZIONI - ALLE DONNE D'ITALIA
DISCORSO ALLA CAMERA del 7 dicembre 1935

Come abbiamo già letto, il 18 novembre 1935, ebbero inizio le sanzioni, deliberate dalla Società delle Nazioni contro l'Italia, accusata di aver violato il Patto aprendo le ostilità contro l'Etiopia.

Siamo ora nel 1936, alla vittoria e alla già avvenuta dichiarazione dell'Impero.
Leggiamo retrospettivamente cosa si scriveva: i proclami, cosa fu fatto, e le dichiarazioni alla Camera dei Deputati fatte nella tornata del 7 dicembre 1935.

Così tutta la stampa:

"Quelle della sanzioni era un
ignobili ricatto, in cui la Società delle Nazioni poneva in gioco il proprio prestigio morale: le ragioni dell'Italia non erano state ascoltate; il memoriale documentario dell'Italia - su le violazioni abissine, su le atrocità etiopiche, su lo schiavismo e le razzie - non era stato tenuto in alcun conto. L'ingiustizia era palese alla data del 18 novembre è murata nelle lapidi, in ogni parti d'Italia, perché i figli e i più lontani nipoti rammentino il tentativo di ricatto e d'aggressione economica, assai più grave come attacco morale che per la sua efficacia materiale.
Tutto il Popolo Italiano, raccolto intorno al Duce, è insorto come un sol uomo. Di fianco alla lotta delle armi si è svolta, intensissima, la lotta della produzione. Questa forza di Popolo, unita alla ferrea volontà del Governo e del Partito, ha vinto la guerra delle sanzioni come i combattenti vincevano la guerra delle armi.
Le sanzioni sono state una miserevole arma spuntata, che ha recato più danno agli altri che a noi".

"Il 2 dicembre 1935-XIV, Mussolini affidava alle Madri e Vedove dei Caduti e a tutte le Donne d'Italia la fiera consegna di suscitare gli animi con l'esempio, con l'opera assistenziale, con l'attività incitatrice. E le Donne d'Italia al suo appello hanno saputo corrispondere degnamente all'altissimo compito.

Balcone di Palazzo Venezia
Discorso di Mussolini alle Donne d'Italia, alle Madri e Vedove dei Caduti
2 dicembre 1935


"Desidero prima di tutto ringraziarvi per avere accolto con la più grande spontaneità e sollecitudine l'appello che il massimo organo del Regime vi ha rivolto nella sua recente sessione.
Voi avete tutti i titoli e tutti i meriti per costituire l'avanguardia di quell'esercito femminile italiano al quale il Regime ha affidato il compito di reagire con metodo, con energia, con inflessibilità contro l'obbrobrioso assedio economico che cinge l'Italia.
Il Partito e il Regime contano quindi su di voi, sulla vostra sensibilità, sulla vostra pazienza, sulla vostra tenacia e contano sopra tutto su quello spirito di ardente patriottismo che freme nel cuore di tutte le donne italiane.
Se qualcuno, negli anni gloriosi e tragici della guerra mondiale, quando la dolorosa notizia entrò nelle vostre case, fosse venuto da voi a dirvi che un giorno sarebbe giunto in cui i Paesi ai quali avevate offerto la giovinezza dei vostri figli, avrebbero rifornito di armi esplosive i nemici che lottano contro le truppe italiane, voi avreste respinto questa ipotesi come si cerca di allontanare un sogno malvagio.

Questa è la realtà di oggi. Non è senza emozione che ieri leggevo la lettera della madre di Filippo Corridoni, che ricordava il messaggio lanciato dal figlio, nell'atto di partire per il fronte, all'Unione sindacale milanese: « Andiamo a combattere per il Belgio martire, per la Francia invasa, per l'Inghilterra minacciata... »

Ora quelli che noi abbiamo aiutati, congiurano contro l'Italia. Ma quale è il delitto che l'Italia avrebbe compiuto? Nessuno, a meno che non sia un delitto portare la civiltà in terre arretrate, costruire strade e scuole, diffondere l'igiene e il progresso del nostro tempo.
Non è il lato economico delle sanzioni quello che ci sdegna. Le sanzioni economiche, in un certo senso, saranno utili al Popolo Italiano. Oggi finalmente ci accorgiamo di avere molte più materie prime di quello che
non pensassimo.
Ma quello che ci rivolta nelle sanzioni è il loro carattere morale. E' questo aver messo sullo stesso piano l'Etiopia e l'Italia, è questo aver considerato il Popolo Italiano, il Popolo che ha dato tanti contributi alla civiltà del mondo, come un oggetto da laboratorio, sul quale gli esperti ginevrini possano compiere impunemente le loro crudeli esperienze.

Anche quando tutto sarà finito, il solco che queste misure hanno tracciato nel nostro animo rimarrà profondo.
Non desidero aggiungere altro perché tutto ciò che io vi ho detto e potrei dirvi è già presente nelle vostre anime. Sono sicuro che, tornando nelle vostre città, voi porterete nei vostri cuori queste parole e le diffonderete ovunque in modo che esse siano la « consegna » di tutte le donne d'Italia e di tutto il Popolo Italiano. Mussolini

"Poco giorni dopo, il 18 dicembre 1935-XIV - un mese dopo l'inizio delle sanzioni - ci fu una ondata spirituale che ha pervaso l'intera Nazione
: la «Giornata delle Fedi» che raccoglieva il tributo di tutte le Donne d'Italia, che hanno dato i loro anelli nuziali e le loro gioie alla Patria; e i doni di oro e d'altri metalli si sono continuati ininterrottamente, con la potenza d'un vero plebiscito nazionale. L'esempio venne dato, nel Campidoglio, dalla Regina d'Italia.
Lo slancio entusiastico ha raccolto in unità le Donne di tutti i ceti sociali, rinnovando i fasti leggendari dell'antica Roma".

Ma dopo il 2 dicembre (dopo il "discorso alle donne"), Mussolini nella tornata del 7 dicembre alla Camera dei Deputati, dopo le forti dichiarazioni del Presidente Costanzo Ciano, aveva preso la parola per contrapporre nettamente la decisa volontà del Popolo Italiano contro la tortuosa politica sanzionista, che minacciava per il 12 dicembre un nuovo ricatto, l'embargo sul petrolio, che non solo metteva in ginocchio l'Italia, ma avrebbe potuto scatenare una guerra europea e forse mondiale.
Mussolini, dalla Camera, parlò sì alla nazione, ma il messaggio era indirizzato ai sanzionisti.

"Signori Deputati, le fiere commosse parole pronunciate dal camerata Ciano, Presidente di questa Assemblea, interpretano indubbiamente e nobilmente il vostro pensiero.
Nulla vi e da aggiungere a quanto egli ha detto circa la superba mobilitazione morale e materiale nonché militare del Popolo Italiano, mobilitazione in atto dal 1° gennaio e culminata nell'adunata del 2 ottobre, quando 27 milioni di Italiani - uomini, donne e fanciulli - risposero con esultante spontaneità all'appello del Regime.
Basterà dichiarare e ripetere una volta per sempre, che quando saremo giunti al 365° giorno d'assedio noi avremo la stessa volontà, lo stesso coraggio, la stessa determinazione del primo giorno.
Non v'è assedio che possa piegarci, né coalizione, per quanto numerosa, che possa illudersi di distoglierci dalle nostre mete.
La nostra riunione, che avviene dopo le sanzioni, mi offre l'opportunità di fare alcune succinte dichiarazioni di natura politica.
In queste ultime ore si è delineato un leggero miglioramento dell'atmosfera e forse una mitigazione di talune disposizioni preconcette, ma ho il dovere di mettervi in guardia contro ottimismi prematuri ed eccessivi.

I contatti di due esperti
(Laval e Hoare che hanno proposto una soluzione diplomatica del conflitto, offrendo il porto di Assab in Eritrea, che però Mussolini respingerà il giorno 18, confermando la determinazione dell'Italia a non piegarsi a miserissime soluzioni diplomatiche - Ndr.)
non significano un negoziato e nemmeno la possibilità di un negoziato, e, quando anche un negoziato si iniziasse, non è detto che giungerebbe a felice e rapida conclusione.
Siamo stati anche pubblicamente sollecitati di far conoscere le nostre esigenze inderogabili. Queste sollecitazioni sono intempestive, perché sino dal 16 ottobre le nostre proposizioni in materia furono fatte conoscere al Governo francese.
Ma invece di concrete conversazioni, sono venute le sanzioni contro un « aggressore » che le popolazioni indigene aspettavano da lungo tempo e alle quali ha portato i primi elementi della civiltà.
Qualcuno ha creduto di mettere in pace la sua coscienza, affermando che avevamo accettato le sanzioni economiche. Ciò è insussistente. Nel mio discorso del 2 ottobre ho elevato una protesta anche contro il solo parlare a di sanzioni di qualsiasi specie. E quanto io dissi circa eventuali sanzioni economiche e l'appello che io rivolsi non invano alle inesauribili virtù del Popolo Italiano, avrebbero dovuto servire, caso mai, agli amici quale giustificazione per respingere ogni sanzione non quale alibi per infliggerci ben quattro simultanei ordini di sanzioni.
Le nostre controsanzioni sono quindi non soltanto inevitabili, perché non possiamo importare dal momento che ci è vietato di esportare, ma sono anche logiche e assolutamente morali come legittima difesa.

Sarebbe tuttavia ingeneroso da parte nostra, non riconoscere che larghi strati del popolo francese e la quasi totalità dei combattenti si sono schierati contro il sanzionismo e le sue eccessive applicazioni. Né possiamo ignorare le manifestazioni di protesta contro le sanzioni avvenute nel Belgio e in circoli più o meno ufficiali di altri Paesi. Ai Governi e ai Paesi che si sono schierati coraggiosamente contro l'applicazione dell'art. 16 va la nostra presente e futura simpatia.
Ieri alla Camera dei Comuni è stato pronunciato un discorso che non può non avere una eco in questa Assemblea. Il ministro Hoare è stato esplicito per quanto riguarda l'atteggiamento del suo Governo nei confronti dell'Italia fascista. Prendiamo atto che il "Foreign Office" desidera un'Italia forte con un Governo forte, quale è quello fascista; una Italia capace di tenere degnamente il posto che le compete nella vita dell'Europa e del mondo.

Da quattordici anni noi lavoriamo per questo. Date le premesse di Hoare (vedi poi nota in fondo -Ndr.) , siamo in legittima attesa delle successive conseguenze. Un'Italia non può essere forte in Europa, come Hoare desidera e come noi vogliamo, se non è risolto il problema della sicurezza integrale delle sue Colonie dell'Africa Orientale, non può essere forte se non può dispiegare su territori arretrati quelle sue capacità di espansione, di popolamento e di incivilimento che lo stesso Hoare in un precedente discorso ha chiaramente riconosciute.
Il ministro Hoare, che ha conosciuto l'Italia in guerra, ha avuto la possibilità di apprezzare le qualità e le necessità vitali del Popolo Italiano. Da allora sono passati molti anni, durante i quali - grazie alla Vittoria e alla Rivoluzione - il moto della coscienza politica del Popolo Italiano si è straordinariamente accelerato. Il Popolo Italiano ascolta le parole ma giudica dai fatti.
Ora il fatto che si annuncia per il giorno 12, cioè l'embargo sul petrolio, è tale da pregiudicare gravemente gli sviluppi della situazione.
Come ho già detto alle Madri e Vedove dei Caduti, è il lato morale delle sanzioni quello che suscita lo sdegno consapevole del Popolo Italiano specialmente quando in altro discorso governativo nella stessa Camera dei Comuni ci si fa sapere che « rimane problematica l'
applicazione delle sanzioni in un eventuale caso futuro ».

Or dunque: il codice penale della Lega non ha un passato perché durante sedici anni non fu mai applicato in casi infinitamente più gravi e circostanziati del nostro: non ha nemmeno un avvenire.
Questo codice penale della Lega delle Nazioni, redatto quando era ancora cocente il ricordo della guerra, ha dunque soltanto un presente, agisce solo « oggi » solo contro l'Italia, esclusivamente contro l'Italia, colpevole di spezzare i ceppi agli schiavi in terre barbare, sulle quali trattati, diritti morali, sacrifici di sangue conferiscono all'Italia una indiscutibile e già riconosciuta priorità cinquantennale.

La pena di morte, per asfissia economica, decretata dagli umanitari di Ginevra, non fu mai irrogata prima del 1935, non sarà probabilmente mai più tentata e viene soltanto oggi inferta all'Italia, perché « povera di materie prime », il che mette a riparo dalle pene del codice ginevrino i popoli ricchi armati delle loro ricchezze e delle maggiori armi che la ricchezza consente.
Coloro che hanno messo in moto il più esplosivo congegno di guerra che la storia ricordi hanno sbagliato nei loro calcoli. Quando si è esaminato oltre Alpe a tavolino - la maggiore o minore vulnerabilità dell'economia italiana, si è dimenticato, al di là delle cifre e degli schemi, di tener conto delle riserve materiali di ogni genere che una grande Nazione accumula lentamente e quasi inavvertitamente nel corso dei secoli, e soprattutto non si è tenuto conto dei valori dello spirito dell'Italia fascista, spirito che piegherà a qualunque costo la materia per trarne gli elementi necessari alla resistenza e alla riscossa.

Ho l'impressione che si cominci a riconoscere l'errore compiuto quando - in base a principi astratti, formalisticamente interpretati, caso classico del summum jus summa iniuria - si è dilatato fino a fargli assumere il carattere di una crisi mondiale, uno di quei conflitti coloniali che altri Paesi, anche dopo la guerra, anche dopo la Società delle Nazioni, hanno risolto con l'impiego della forza.
Intendo di riaffermare nella maniera più netta che l'epilogo di questa crisi non può consistere che nel pieno riconoscimento dei nostri diritti e nella salvaguardia dei nostri interessi africani.
Nell'attesa, l'azione continua in Italia e in Africa, dove Fanti e Camicie Nere, uniti nella volontà, nella fede della Rivoluzione, daranno alla Patria la meritata e decisiva vittoria. (Mussolini)

Due giorni dopo - nella tornata del 9 dicembre 1935 - un ordine del giorno veniva presentato al Senato dal Sen. Ammiraglio Thaon de Revel, a cui si erano associati numerosi senatori.
L'ordine del giorno era il seguente:
« Il Senato del Regno, pienamente concorde con l'intera Nazione nell'incrollabile decisione della resistenza all'iniquo ed assurdo tentativo di piegare la volontà dell'Italia; «riaffermando l'assoluta legittimità dell'azione di difesa e di civiltà intrapresa nell'Africa Orientale, per le supreme esigenze di vita, di sicurezza e di avvenire rivendicate dalla stessa augusta parola del Sovrano; « dichiara la propria totale solidarietà con l'opera del Duce, nella certezza che essa saprà salvaguardare l'onore e i diritti d'Italia. »

Dopo un discorso del Sen. Amm. Paolo Thaon di Revel, Duca del Mare, l'ordine del giorno fu approvato all'unanimità e per acclamazione. Quindi, accolto da un'ardente ovazione, Mussolini fece le seguenti dichiarazioni:
"Ringrazio il Senato per l'unanimità del voto e per le eloquenti e significative manifestazioni che lo hanno accompagnato. Ancora una volta questa Assemblea ha dimostrato di essere all'altezza del compito che la vita e la storia assegnano alla progrediente Nazione.
Il Senato può essere certo che gli interessi africani ed europei dell'Italia saranno strenuamente difesi".


Le brevi dichiarazioni di Mussolini furono accolte da ovazioni imponenti, alle quali si associarono i Principi Sabaudi presenti all'imponente seduta, e precisamente le LL. AA. RR. il Principe di Piemonte, il Duca d'Aosta, il Duca di Spoleto, il Conte di Torino, il Duca di Genova e il Duca di Ancona. Dopo la solenne manifestazione il Presidente tolse la seduta.

INSOMMA MUSSOLINI NON ERA SOLO !!!

* NOTA: Facciamo notare che in Inghilterra, pochi giorni dopo, il 18 dicembre, Hoare sarà costretto a dimettersi e verrà sostituito da Antonhy Eden, molto mal disposto nei confronti del fascismo. Poi il 22 gennaio in Francia anche il gabinetto Laval sarà costretto alle dimissioni. Il piano Laval-Hoare (accennato sopra) sarà quindi lasciato cadere. I rapporti franco-inglesi con l'Italia diventano ancora più difficili, con le due Potenze sorde a qualsiasi altro accomodamento, e quel che è peggio è che le due Potenze hanno influenzato tutti gli altri Stati della S.d.N.: 51 su 54.

Salvo poi abrogare il 4 luglio 1936 le sanzioni;l'8 luglio la Gran Bretagna ritirare l'Home flet dal Mediterraneo, dove era stata inviata a scopo intimidatorio allo scoppio della guerra d'Etiopia.
Mussolini può così annunciare "Oggi 15 luglio 1936, sugli spalti del sanzionismo mondiale è stata innalzata bandiera bianca". (discorso che leggeremo più avanti)
Ma c'è di più. Il 2 Gennaio 1937, la Gran Bretagna stipula con l'Italia un gentlemen's agreement. I due contraenti si impegnano al mantenimento dello status quo nel Mediterraneo e riconoscono i reciproci interessi e diritti nella regione.

Ma è troppo tardi ! Da qualche mese l'atteggiamento mantenuto dalla S.d.N (ma soprattutto dalla Francia e dalla Gran Bretagna) hanno allontanato e buttato Mussolini (che aveva fatto proprio con le due Potenze un patto antitedesco) fra le braccia di Hitler. Sta insomma nascendo l'asse Roma-Berlino, spartendosi i due dittatori, le rispettive zone d'influenza. La Germania considera il Mediterraneo come area d'interesse italiana, e l'Italia rinuncia a esercitare un ruolo nell'area danubiana consegnandola alle mire espansionisteiche del pangermanismo hitleriano.
Due giorni dopo l'innanzamento della "bandiera bianca", il 17 luglio, in Spagna scoppiava la guerra civile. Anche se non vi fu un intervento diretto nel conflitto, Mussolini e Hitler decisero di concerto l'invio in Spagna di forniture di armi, di uomini, di materiali, di specialisti e una forza aerea a sostegno degli insorti contro il governo repubblicano.
Intervento che fu elogiato da una larga parte dell'intelligencija nazionale e da molti esponenti del clero

Che le cose stavano andando per il peggio. Quasi profetico un articolo che era apparso il 1° febbraio 1936, sul Popolo d'Italia. Che ebbe un certo eco di consensi perfino nei Paesi sanzionisti nei quali la parte più giovanile, moderna e illuminata delle popolazioni disapprovava apertamente i rispettivi uomini politici, responsabili di essere acquiescenti alla cieca politica anglo-ginevrina.

Questo l'articolo, piuttosto duro, e indubbiamente di Mussolini:

"L Europa sta scivolando sul piano sempre più inclinato delle sanzioni, in fondo al quale è fatalmente la guerra.
È tempo di inchiodare al muro della loro responsabilità i politicanti assetati di sangue. Essi preparano la più spaventosa delle conflagrazioni. Se le sanzioni saranno estese, se si darà partita vinta alla satanica pressione degli imperialisti e delle sétte sanguinarie, l'Europa marcerà fatalmente verso la più terribile e la più ingiustificata delle guerre che l'umanità abbia mai visto.
Ma non saranno precisamente i politicanti a battersi.
La mobilitazione chiamerà la gioventù e innanzi tutto la giovinezza universitaria. Saranno gli studenti di Parigi, di Bruxelles e delle altre grandi città europee che, insieme alla gente dei campi, dovranno, sin dalla prima giornata, sin dal primo segnale di guerra, marciare verso la fornace. I vari Blum preferiranno predicare la crociata settaria dai soliti seggi della solita estrema sinistra, dai soliti parlamenti, protetti ancor una volta dalle mitragliatrici.

Sono dunque i politicanti che vanno sin da ora denunciati, per la carneficina che essi pretendono di imporre all'Europa.
Non è l'Italia che vuole la guerra. Ciò è nettamente stabilito. Mussolini sin dalla memorabile dichiarazione di Bolzano precisò che l'Italia non intendeva avere alcuna ragione di conflitto europeo. La vertenza etiopica era questione coloniale, lontana e circoscritta. Tale doveva rimanere. Roma si impegnava a rispettare gli interessi imperiali britannici e si dichiarava disposta a concludere accordi con Londra, in una atmosfera di lealtà e di armonia.

Nella storica adunata del 2 ottobre, il Capo del Governo italiano assunse l'« impegno sacro di evitare ogni atto per cui il conflitto coloniale potesse assumere i caratteri e l'estensione di un conflitto europeo.
Nessuna persona d'onore può dunque in buona fede accusare l'Italia di responsabilità nella guerra che si minaccia.
L'Italia vuole sicurezza in Africa, pace in Europa.
Se le sanzioni saranno estese, se si marcerà verso la guerra, la gioventù d'Europa deve sapere sin da ora da qual parte è la terribile responsabilità.
Perciò intendiamo lanciare un allarme e un appello alla gioventù universitaria di Europa. Sono gli studenti che dovrebbero marciare all'avanguardia dei battaglioni nelle primissime ore del conflitto, e ciò per la difesa
di un capo di schiavisti africani. Sono gli studenti che dovrebbero per primi, e non i politicanti sanguinari, sfidare la mitraglia e i gas, per la sublime, nobilissima, umanitaria nonché ginevrina idealità di impedire che i ceppi dell'ultima schiavitù africana siano spezzati e che due milioni di schiavi angariati dai negrieri amhara siano emancipati.
È menzogna che le sanzioni contro una nobile e generosa Nazione europea siano destinate ad abbreviare il conflitto coloniale. Esse lo rendono più aspro. Le vili forniture di proiettili dum-dum ai selvaggi amhara lo rendono più crudele.
Che le sanzioni significhino la pace in Europa è mistificazione di criminali. È mefistofelico inganno di settari che si ripromettono di bolscevizzare il continente.
L'embargo terminerà a un certo momento nel blocco e il blocco sarà la guerra. Non più una limitata operazione di sicurezza coloniale, ma la guerra di sterminio in Europa. La guerra sulle Alpi, e sui vari fiumi europei, la guerra che sarà di vendetta per le sètte e di ultima rovina per il vecchio continente.

Taluni pensano che una guerra di molti contro l'Italia possa esser facile. Si ingannano. L'Italia si difenderà con le unghie e coi denti e già da tempo si è preparata a fronteggiare ogni eventualità.
Si dice che non si può premiare l'aggressore. Ma chi è l'aggressore?

Sta di fatto che i sanzionisti premiano con i proiettili dum-dum i selvaggi razziatori abissini, responsabili di decine e decine di aggressioni contro le Colonie italiane, francesi e britanniche dell'A.O., responsabili del massacro del funzionario francese Bernard e della sua scorta, nell'anno di grazia 1935, anno ginevrino, societario e filoetiopico!

La sentenza di Ginevra è una frode. I giudici furono sottoposti a pressioni e minacce. L'Assemblea e il Consiglio, organi costituzionali, non furono richiesti di un giudizio, perché si temeva la non unanimità. I vari Comitati cui si ricorse sono organismi non contemplati nel Covenant e perciò incostituzionali.
Lo Stato aggressore, costituzionalmente dedito alle aggressioni, è l'Abissinia, soltanto l'Abissinia, e nessun altro all'infuori dell'Abissinia.
Essa aggredì nel 1886 le popolazioni del Limmu, del Guma e del Ghera, nel 1887 il Guraghiè e l'Emirato di Harrar, nel 1889 il Combatta, nel 1890 il Giangere e il Paese dei Leca-Galla, nel 1893 il Regno di Uolamo, i Galla Tulama e il Sidamo, nel 1894 l'Imi e l'Ogaden. nel 1897 il Regno del Caffa, il Conso, il Burgi, il Jambo e il Ghimirà, nel 1899 i Galla Borana, i Beni Sciangul, il Paese dei Gunza e dei Gubba, nel 1900 le popolazioni nilotiche del sud-ovest verso i laghi equatoriali, nel 1909 il Sultanato del Teru, il Sultanato del Biru e il Sultanato degli Aussa, e infine, precisamente nell'anno ginevrino 1935, il Sultanato del Gimma.
Queste popolazioni sono tuttora depredate, angariate, e, a gloria di Ginevra, ancor oggi forniscono carne umana per i mercati di schiavi nell'interno dell'Etiopia e al di là del Mar Rosso.

Vi è un « premio all'aggressore » e questo è dato da Ginevra ai selvaggi abissini. Essa fornisce loro armi. La ditta londinese Eley Brothers per essi fabbrica proiettili dum-dum, violando le più sacre leggi internazionali. Per essi la Croce Rossa svedese trasporta casse di munizioni, sotto l'inganno dei segni ospitalieri.
È l'Italia che intende liberare gli schiavi nelle zone asservite al barbarico giogo scioano ed è Ginevra che difende i negrieri.
L'opinione pubblica europea può legittimamente domandare se è Stato « aggressore » l'Italia che libera 16.000 schiavi nel Tigrai, che è attesa e invocata dalle popolazioni martoriate e a fianco della quale i liberati prendono le armi.
Può domandare per quali imposizioni imperialiste l'Etiopia negriera è difesa a Ginevra e l'Egitto, Paese di antichissima civiltà, escluso dalla Lega (dalla Grand bretagna - Ndr.).
Può domandare perché si riforniscono di armi gli abissini tagliatori di teste e si usi la mitraglia contro gli studenti egiziani, nella Capitale stessa del loro Stato libero, sovrano e indipendente.

Si dice che occorre salvare l'indipendenza di uno Stato. Menzogna! Ginevra ha già riconosciuto la necessità di sottoporre la barbara Etiopia ad un controllo civile. La terra del negus e dei ras, dei ceppi, delle catene e dei mercati di schiavi è già virtualmente sotto mandato. L'unica controversia è di stabilire se questo debba essere affidato all'Italia, che ha diritti di priorità e di sangue, e a favore della quale Inghilterra e Francia sottoscrissero « impegno d'onore », o se l'accaparramento totalitario, esoso e illegittimo di tutti i Mandati, già praticato a Versailles, debba avere un codicillo finale sulle terre del negus, con la complicità di Ginevra e con la violazione di tutti gli impegni di sangue e d'onore!

Tale è la controversia, tali i nobilissimi ideali di giustizia, per cui l'Europa dovrebbe essere messa a fuoco e fiamme.
È per evitare questa mostruosità che gli studenti di Europa devono stringersi in unità spirituale, al di sopra dei politicanti.
Per la solidarietà europea, contro gli incendiari, contro i petrolieri, contro gli imperialisti insaziabili, contro i bolscevichi sovvertitori, che per la prima volta entrati a Ginevra, vi preparano la catastrofe.
La giovinezza d'Europa deve coprire d'ignominia i propagandisti sanguinari che vorrebbero condannare altri milioni di giovani, di studenti, di contadini, di operai, di artigiani a non rivedere più il sole.
Le diplomazie preannunciano ii supersanzionismo.

I politicanti agitano le torce incendiarie. Al di sopra dei diabolici intrighi, la gioventù d'Europa può gettare il ponte della comprensione e della salvezza. I giovani diranno la parola definitiva di condanna contro l'ignominia delle sanzioni, che minacciano di scatenare in Europa la più stupida, fratricida e catastrofica delle conflagrazioni.
(dal Popolo d'Italia, 1° febbraio 1936)

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In marzo, a causa delle sanzioni, e la necessità di fare un piano regolatore della nuova economia, nel discorso all'Assemblea Nazionale delle Corporazioni, del 23 marzo in Campidoglio, Mussolini tracciò le linee della politica autarchica. Una direttiva di marcia verso il traguardo del raggiungimento dell'autonomia economica.


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