ANNO 1935

NASCE IL CINEMA ITALIANO

CINECITTA'

Fino al 1935 l'interesse del governo per il cinema di fiction � pressoch� nullo. Gli italiani quando non seguono i bollettini di guerra si distraggono con i film del genere detto dei "telefoni bianchi". Ma dal 1935 l'attenzione governativa, pur continuando a privilegiare la propaganda diretta, si rivolge anche all'altro cinema.

Con il R.D.L. del 21 gennaio 1935 l'Istituto LUCE d� vita all'Ente Nazionale Industrie Cinematografiche (ENIC). L'Ente, dotato di un capitale azionario di 2 milioni � controllato al 90% dal LUCE stesso. L'ENIC � sostanzialmente la messa in atto del progetto Pittaluga.
E' Luigi Freddi, passato alla storia come eminenza grigia del Cinema di regime, ad organizzare le fila di una pi� ambiziosa proposta di cinema di Stato.

Nasce l'idea di Cinecitt� che Mussolini inaugurer� nel "Natale di Roma" del 1937.
All'epoca Cinecitt� rappresentava quanto di meglio esistesse in Europa in questo campo.

Intanto nel 1936, grazie all'art. 4 del R.D.L. del 24 settembre l'Istituto Luce aveva cessato di essere alle dipendenze del Capo del Governo per passare a quelle del Ministero per la Stampa e Propaganda. Non molto tempo dopo si comincer� a costruire la sede del Quadraro. E pi� o meno nello stesso periodo nasce il Centro Sperimentale di Cinematografia.

Il circuito sognato da Pittaluga era stato messo in pratica dal regime. Se lo Stato fascista non riuscir� mai a creare una vera e propria cinematografia fascista, creer� per� stabili strutture tecniche in grado di funzionare a pieno ritmo. Con la creazione dei pi� grandi teatri di posa europei l'Italia � in grado di riprendere le proprie gloriose eredit� di primato nelle super produzioni.      

  Il LUCE aveva gi� consolidato una propria esperienza con gli inviati speciali nei primi anni Trenta. Le imprese di Craveri in Cina (dove l'operatore aveva sfiorato la morte) i reportage di Guelfo Civinini dall'Abissinia, come la si chiamava allora, erano stati alcuni fra i fiori all'occhiello dell'Istituto. Ma con le guerre il lavoro degli operatori si nazionalizza e si stabilizza. Il LUCE manda in Africa Sinistri, Martino, Abbati e lo stesso Craveri. In Spagna a filmare la guerra restano fissi Francesco Attenni e Marco Scarpelli. Gli operatori inviano materiale con regolarit� a Roma dove Ricotti, che dirige il reparto montaggio, confeziona i documentari che vengono rapidamente messi in distribuzione.

Anche per la Seconda Guerra Mondiale il LUCE si organizza con i propri operatori di guerra. A differenza di quanto avviene in altri Paesi coinvolti nel conflitto, l'Italia spedisce i propri operatori sui campi di battaglia. I ministeri della guerra anglo-americani, invece seguono un'organizzazione diversa dotando ogni reparto di una macchina da presa, apparecchiatura fotografiche e pellicola. in quel caso (e ci piace ricordare l'omaggio che rendono i Taviani in Good Morning Babilonia) gli operatori sono soldati, vestono la divisa e impugnano alternativamente ora il fucile ora la macchina da presa.

Rino Filippini, operatore LUCE, realizza i suoi filmati dal fronte utilizzando tutta una serie di accorgimenti che gli faranno guadagnare onori, medaglie e attenzione generale. "Per ordine del Duce, fondatore dell'Impero, ogni ufficiale era tenuto a darmi tutta l'assistenza necessaria, per cui - ricorda Filippini - avevo grandi possibilit� di movimento". La pellicola � razionata. Questo costringe gli operatori di guerra a girare con il minimo del metraggio il massimo di inquadrature e il maggior numero possibile di scene che consentano a Roma di montare il materiale con una fluidit� narrativa pi� efficace possibile.

Fino ad un certo periodo Filippini fa la sua guerra in prima linea, armato di una macchina da presa costruita da Vittorio Benedetti. E in Albania poi, a fianco di un certo maggiore Cavallo, si trova di fronte ai greci, a 50-70 metri dalla linea nemica. "Era Natale e io giro scene con soldati con la barba lunga, le divise strappate, a piedi nudi. Alcuni avevano scucito le maniche della giacca per avvolgercisi i piedi alla meno peggio. Non giravo con il teleobiettivo ero dentro la guerra, girando tutto e credendo di far bene". Ma il Minculpop gli manda a dire che i soldati italiani non devono avere n� le scarpe rotte n� la barba incolta. La polemica ha uno strascico. Filippini chiede ed ottiene di essere ricevuto dal Ministro Pavolini che chiude l'argomento "battendo un pugno sul tavolo e dicendomi che in questo Paese la verit� non si dice".  

A partire da quel momento Filippini si disamora. Decide di non rischiare pi� la vita, conservando il suo ruolo di operatore, ma cominciando a filmare quella che lui stesso definisce la sua guerra finta. Gira cannoni che sparano a cinque chilometri dal fronte, fruga fra i primi piani pi� intensi dei nostri soldati, esplora i campi di battaglia dopo il cessate il fuoco, riprendendo con grande efficacia morti e feriti, scuote la macchina da presa come se lui stesso stesse attraversando la linea del fuoco. A Roma arriva comunque un materiale straordinario negli effetti e che montato con abilit� da Ricotti e dai suoi assistenti, fa rabbrividire e urlare di paura il pubblico. La paura, il raccapriccio e il brivido da dare in pasto al pubblico sono comunque sempre riservati agli avvenimenti del fronte nemico. Un po' come � sempre successo nella storia dei notiziari del regime dove la cronaca nera � abbondantemente contemplata ma riguarda sempre e solo avvenimenti esteri. I fatti della guerra sono trattati, dal punto di vista dei soldati italiani, in maniera del tutto diversa anche perch�, come � stato rilevato, Mussolini � del tutto cosciente che l'Italia ha affrontato il conflitto con mezzi bellici del tutto inadeguati ai sofisticati armamenti degli altri Paesi.

Questo � il motivo per cui Pavolini, nell'aneddoto riferito da Filippini, non fa che eseguire precise indicazioni del duce che ha stabilito che i cinegiornali LUCE debbano offrire al pubblico immagini di una guerra facile, non traumatica e facilmente sopportabile per le nostre truppe.


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