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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1926 (04)

1926 - MESI da AGOSTO a DICEMBRE
RITORNA LA PENA DI MORTE
"Per Grazia di Dio e volontà della nazione".


La Gazzetta Ufficiale del 25 novembre 1926
(Legge "Provvedimenti per la difesa dello Stato)


AGOSTO

3 AGOSTO - Bando agli sprechi. Il Governo decreta la vendita di un unico tipo di pane. E comunica che il debito pubblico è ridotto di un miliardo e mezzo.

6 AGOSTO - I colloqui preliminari tra Stato e Chiesa, in vista della realizzazione di un accordo che componga la "questione romana", hanno inizio. Ne sono protagonisti il consigliere di Stato Domenico Barone e l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del futuro papa Pio XII.

8 AGOSTO - Mussolini invia al ministro delle finanze Giuseppe Volpi di Misurata una lettera sulla situazione dei mercato dei cambi e sulla debolezza della lira. Pone il problema di avviare una "battaglia' a sostegno della moneta italiana, affermando che "sorte del regime" e "sorte della lira" si intrecciano indissolubilmente. Sostiene, quindi, la necessità di procedere a una decisa rivalutazione della moneta nazionale e a una sua immediata stabilizzazione. Per ora non precisa il livello a cui questa stabilizzazione deve realizzarsi, ma fa riferimento al valore del cambio tra lira e sterlina del 1922, al momento della presa del potere da parte del fascismo, che era pari a 90 lire per sterlina (contro le circa 150 di questo anno 1926).

9 AGOSTO - Italia e Spagna siglano a Madrid un trattato di amicizia.

18 AGOSTO - Mussolini visita Pesaro. Nel discorso fra l'altro afferma:
"Il Fascismo non è un Partito, è un regime, non è soltanto un regime, ma una fede, non è soltanto una fede ma una religione che sta conquistando le masse lavortatrici del popolo italiano".
(Discorso di Pesaro, 18 agosto 1926. S. e D. vol. V, pag. 386)

19 AGOSTO - Nel discorso di Pesaro, Mussolini afferma di voler agire con fermezza in difesa della lira, la cui posizione sul mercato dei cambi è da tempo debole e fluttuante ed è motivo di incertezza per l'economia generale del paese. Si dichiara, quindi, pronto a impegnare la nazione in una "battaglia" in difesa della lira che deve stabilizzarsi a "quota 90" nel cambio con la sterlina.

31 AGOSTO - II ministro delle finanze Volpi di Misurata si fa promotore all'interno dei consiglio dei ministri di una manovra economica deflazionistica per fronteggiare la situazione critica creatasi con l'avvio della rivalutazione della lira. I provvedimenti presi consistono nella riduzione dei canoni d'affitto, in un alleggerimento del carico fiscale e nella riduzione delle indennità di carovita e dei salari (che, in certi casi, diminuiranno anche del 20% rispetto all'anno precedente).

31 AGOSTO - Il Consiglio dei ministri approva l'estensione dei Podestà a tutti i comuni d'Italia.

SETTEMBRE

2 SETTEMBRE - Italia e Yemen stipulano un trattato di amicizia e di commercio. Per questa via l'Italia tenta di estendere la propria influenza nell'area orientale del Mar Rosso.

3 SETTEMBRE - L'istituto del podestà viene esteso a tutti i comuni.

7 SETTEMBRE - Alla Banca d'Italia viene affidato il controllo del sistema bancario italiano, attraverso la vigilanza sulle altre banche, la facoltà di autorizzare la fondazione di nuovi istituti di credito e la fusione di istituti esistenti. Si definisce così il ruolo di banca centrale della Banca d'Italia, già delineato con il provvedimento del 6 maggio in cui veniva riconosciuta come unico istituto di emissione.

7 SETTEMBRE - Torbidi in Spagna - Proclamazione dello stato d'assedio in tutto il Paese dopo un pronunciamento ufficiale contro il governo.

8 SETTEMBRE - Sia la Germania che la Polonia entrano simultaneamente dentro nella Società delle Nazioni.

11 SETTEMBRE - In Grecia sommossa popolare ad Atene. Viene proclamato lo stadio d'assedio. Si registrano 25 morti e centinaia di feriti. Il 24 di agosto con un colpo di stato era stato rovesciato il dittatore Pangalos da generale Georgios Kondylis.

11 SETTEMBRE - Mussolini subisce un attentato a opera di un anarchico emigrato in Francia, Gino Lucetti. Questi scaglia una bomba contro la macchina che sta portando a Palazzo Chigi il capo del governo, il quale esce illeso dall'attentato, mentre rimangono ferite otto persone. L'anarchico attentatore viene subito arrestato. Pagherà il suo gesto con una pena a trent'anni di reclusione. Ne scontò quasi venti al carcere di Ponza. Quando fu liberato dagli americani, volle trasferirsi a Capri, ma pochi mesi dopo, morì affogato nel battello naufragato, perchè colpito da una bomba tedesca.

In conseguenza dell'episodio di quest'ultimo attentato, si levano forti critiche contro il ministro dell'interno Luigi Federzoni. II 13 ottobre il capo della polizia Francesco Crispo Moncada verrà sostituito da Arturo Bocchini. Il direttorio del Partito fascista chiederà l'introduzione della pena capitale per questo tipo di delitti. La richiesta sii concretizzerà con un regio decreto il 25 novembre (vedi).

16 SETTEMBRE - Italia e Romania stipulano un patto di collaborazione e amicizia.

19 SETTEMBRE - Sul problema dei fuoriusciti, in seguito al recente attentato contro Mussolini, si svolge a Roma un colloquio tra l'ambasciatore francese e il capo del governo. Nei giorni successivi, in Francia verranno presi alcuni provvedimenti contro gli emigrati politici. II 23 ottobre, a Parigi, sarà sospeso il giornale comunista "La Riscossa". II 26 ottobre il giornale antifascista «Corriere degli italiani» sarà diffidato dal continuare la violenta campagna antitaliai che sta conducendo.

30 SETTEMBRE - Mussolini e Austen Chamberlain, il ministro degli esteri del governo conservatore inglese, si incontrano a Livorno.

OTTOBRE

1 OTTOBRE - Esce il primo numero di «Novecento», la rivista di Massimo Bontempelli (1878-1960 - Una delle figure più in vista della letteratura fra le due guerre). La rivista è pubblicata in forma di quaderni trimestrali, redatti in francese e programmaticamente intitolati «Cahiers d'Italie et d'Europe» (Quaderni d'Italia e d'Europa). Ambizione della rivista è sprovincializzare la cultura italiana ponendola in collegamento con le maggiori avanguardie letterarie europee (nel comitato di redazione figurano James Joyce e ll'ja Grigorevic Ehrenburg). In contrapposizione a «
Novecento» si organizzerà il movimento (isolazionista, e il titolo è appunto piuttosto provinciale) Strapaese, arroccato sulla più convinta e ferma difesa delle tradizioni nazionali contro ogni influenza e ingerenza proveniente dalle culture straniere. Questa corrente avrà tra i suoi maggiori esponenti Mino Maccari (artista e scrittore, con disegni e scritti per lo più rivolti alla satira socieale e politica) e tutta la pattuglia di collaboratori dei giornale da lui diretto, «II Selvaggio» (un foglio pubblicato nella provincia toscana, a Colle Val d'Elsa, dal luglio del 1924, con il sottotitolo di «Battagliero fascista»). Un altro giornale "strapaesano" sarà «L'Italiano», fondato da Leo Longanesi a Bologna sempre in questo anno 1926 (scrittore di stile estroso e di umorismo corrosivo).
A enfatizzare i termini della polemica, il gruppo di «
Novecento» si definirà, per contrasto, come movimento di "Stracittà".

5 OTTOBRE - Mussolini visita Perugia. Nel suo discorso fra l'altro afferma:
"Ma la nostra non è una democrazia rinunciataria e vile e condiscendente agli istinti meno nobili delle masse, una democrazia che ha sempre paura e soprattutto ha paura, quando ha avuto un po' di coraggio.
Non è il liberalismo che ritiene di poter assidersi al disopra della mischia degli interessi e delle categorie della collettività nazionale. Tutto ciò è da noi ripudiato, ripudiato come disintegratore delle virtù del popolo italiano. Noi siamo nettissimi nelle nostre affermazioni, nettissimi nelle nostre negazioni. Qui è il segno della nostra forza invincibile. »

(Discorso al popolo di Perugia, 5 ottobre 1926. "S. e D.", vol. V, pag. 426.)

8 OTTOBRE - II nuovo statuto del PNF è approvato dal Gran consiglio del fascismo. Viene abolita ogni procedura elettorale interna ed è stabilito il principio della nomina dall'alto alle cariche direttive. Al vertice della struttura rigidamente gerarchica così delineata è Mussolini. Il Gran consiglio è definito I"organo supremo" del partito. Da questo vertice promanano tutte le direttive per l'azione che il partito è chiamato a svolgere "in tutti i campi della vita della nazione" e la distribuzione delle cariche interne delle organizzazioni del fascismo. Viene istituito un bollettino, il «Foglio d'ordini», attraverso il quale saranno trasmesse le disposizioni a tutti gli iscritti.

"AI VELITI DEL GRANO"
(discorso dopo la "battaglia del grano")

"Agricoltori ! Credo che gli italiani possano essere « grosso modo » divisi in parecchie categorie; non le contiamo tutte perché sarebbe troppo lungo. Ci sono quelli che hanno sempre o quasi sul volto insipido la smorfia della sufficienza, che credono di essere dei superuomini e fanno della facile ironia sopra gli avvenimenti e le cose. È una categoria spregevole.
C'è un'altra categoria: quella di coloro che si sono incapsulati nella tecnica, gli uomini di un solo libro, sul quale leggono disperatamente, confondendo alla fine le lettere dell'alfabeto ed ignorando che, al di là di tutti i libri, c'è un libro aperto per gli uomini di buona volontà, quello dell'esperienza e della vita vissuta. . Anche costoro, nella loro veste di eterni pompieri, non sono eccessivamente raccomandabili.
Non mancano coloro, per contrapposto, che eccedono nel senso contrario e che vestono di goffa poesia e imbevono di eccessiva retorica le cose umane e semplici della vita. Costoro sono per lo meno noiosi.

Finalmente ci sono quelli che lavorano, ma che sentono troppo il bisogno di raccontarlo.
Ma coloro che io preferisco infine sono quelli che lavorano duro, secco, sodo, in obbedienza e, possibilmente, in silenzio. A quest'ultima categoria appartengono i veri, gli autentici rurali della nazione italiana.
Quando l'anno scorso fu impegnata la "battaglia del grano", io sapevo perfettamente che questa battaglia veniva impegnata in condizioni sfavorevoli. Non vi è dubbio che la famosa legge del Valenti sull'alternanza dei raccolti grassi e dei raccolti magri è stata documentata dalla realtà per un certo numero di anni, Era quindi da prevedersi che dopo il raccolto abbondante del 1925, raccolto che raggiunse i sessantasei milioni di quintali di grano, il massimo dei raccolti che si siano mai avuti in Italia, avremmo avuto un'annata di raccolto mediocre. Ma appunto per questo io volli impegnare la battaglia nell'ottobre-novembre 1925, perché pensavo che se non si riusciva a dare una spinta grande, diffusa, potente a
tutte le masse rurali, noi avremmo avuto un raccolto scadente e questo avrebbe pesato per milioni di lire sull'economia della nazione.

Ora l'annata non è stata sfavorevole soltanto in Italia, ma in tutta l'Europa. La Francia è discesa da un raccolto di novanta milioni di quintali ad un raccolto di settantasette milioni di quintali; altrettanto dicasi della Germania e, fatta una o due eccezioni, di tutta la regione danubiana. Ciononostante noi abbiamo potuto ottenere un raccolto di sessanta milioni di quintali accertati dopo una triplice indagine severa; raccolto che io definisco pienamente soddisfacente, perché, senza la vostra opera, il raccolto poteva aggirarsi tra i quarantadue ed i quarantotto milioni di quintali, quindi con una diminuzione di dodici milioni di quintali sul quantitativo che abbiamo in realtà raccolto.
Dichiaro quindi, senza abbandonarmi ai voli della retorica, che non amo, dichiaro che la prima annata della battaglia del grano si chiude con risultati soddisfacenti e tali che ci permettono di andare verso il secondo anno con rinnovata fiducia.
Quale fu la parola d'ordine che io vi diedi l'anno scorso, o agricoltori d'Italia? Non si deve aumentare la superficie di terreno per il grano, salvo là dove le nuove bonifiche lo impongono; dobbiamo quindi mantenerci al disotto dei cinque milioni di ettari.
Dobbiamo invece portare il raccolto medio unitario di questi cinque milioni di ettari a quindici quintali per ettaro, il che fa settantacinque milioni di quintali. Quando avremo raggiunto questa cifra, avremo conseguito la piena vittoria.
Vi avevo chiesto un solo quintale di aumento in media per ettaro; dichiaro che questo aumento in media c'è stato; aggiungo quindi che voi avete magnificamente risposto al mio appello, appello che vi rinnovo quest'anno. Vi chiedo un altro quintale in più per ettaro. Vedete che io non mi abbandono ad eccessivo ottimismo; vi chiedo relativamente poco, ma vi chiedo quello che si può umanamente ottenere, senza pretendere miracoli che nessuno è in grado di fare.
Non si colorisce troppo in roseo la realtà quando si afferma che la parola d'ordine della battaglia del grano, che è poi in realtà una parola d'ordine per tutta l'agricoltura, è giunta fino agli ultimi casolari degli ultimi villaggi d'Italia. Affermo che siamo veramente dinanzi ad una specie di mobilitazione spontanea e commovente di tutte le forze rurali italiane.
Sono orgoglioso di essere alla testa di questa mobilitazione, io che mi sento profondamente rurale, e non lo dico per fare una stupida frase o per assumere una posa, che sarebbe ridicola; mi sento profondamente rurale perché ritengo che l'Italia possa nutrire se stessa anche se la popolazione aumenta. Perché, pur non esagerando il valore che ha la volontà sui fenomeni umani, è evidente che la volontà è essa stessa una forza che combatte e può dominare le altre forze.
Bisogna che coloro i quali riducono a certe formule materialistiche tutto il complesso dei fenomeni della vita ammettano, per lo meno, che tra le forze della vita e della storia c'è anche quella forza che si chiama volontà umana.
E questa volontà, che è la vostra volontà, o agricoltori d'Italia, non è una volontà inerme: è una volontà armata, cioè armata della tecnica ed armata degli aiuti che il Governo vi ha dati e vi potrà dare. La misura che a mio avviso è stata fondamentale e che io manterrò, la misura protettiva sull'industria dei campi, cioè, diciamolo pure nettamente, il dazio doganale sul grano, è stata quella che ha consigliato agli agricoltori, anche nel loro interesse, di dedicarsi alla coltura del grano, perché anche la coltura del grano è diventata sufficientemente redditizia. Tale deve restare, perché, come dissi altra volta, la bilancia commerciale è passiva del cinquanta per cento solo per la importazione del grano. Su otto miliardi di deficit, quattro miliardi sono dovuti alla importazione di cereali.
Vedete quindi che la battaglia del grano risponde ad una necessità fondamentale della vita economica della nazione. Noi continueremo a combatterla tranquillamente, metodicamente, come è nel costume della nuova Italia fascista, che non ama più le brillanti improvvisazioni, ma vuole invece la sistematica tenacia, che non si avvilisce dinanzi agli insuccessi, non si ubriaca davanti alla vittoria, ma continua tranquillamente sino a che gli scopi finali non siano raggiunti.
Continueremo questa lotta, e voi che siete riuniti in Roma (ed io ho voluto appunto convocarvi in Roma per dare a voi un'attestazione di simpatia e di fiducia) porterete questa parola di fiducia e di forza a tutti i vostri camerati. Questa parola deve giungere veramente a tutte le famiglie degli agricoltori italiani. Qui io premierò coloro che si possono chiamare i "veliti della battaglia", quelli che sono giunti molto oltre, che hanno realizzato una conquista, ma credo che dietro questi veliti a poco a poco marcerà tutto il grosso dell'esercito, seguendo, appunto, il loro esempio animatore.
Pongo tutti gli agricoltori d'Italia all'ordine del giorno della nazione.
(Discorso poi riportato su "Il Popolo d'Italia", N. 243, 12 ottobre 1926)

Questa politica rese ben presto autosufficiente l'Italia per quel che riguarda i cereali (il raccolto medio passò dai 50 milioni di quintali ai 72 milioni), e i fascisti compirono un grande sforzo per diffondere la conoscenza delle nuove tecniche agricole, compresi i parroci nelle campagne che dovettero fare la loro parte. Ma ci fu il rovescio della medaglia. Al grano fu dedicata molto più terra, specialmente al Sud, quindi meno terra per il pascolo, per gli olivi, per gli agrumi e per le vigne. Frutteti e oliveti centenari furono distrutti per coltivare grano. E le esportazioni di ortaggi e frutta, olio e vino, agrumi e casearia che Mussolini diceva essere delle note consolanti, crollarono. Ad avvantaggiarsi la Spagna che in pochi anni riuscì a conquistare tutto il mercato europeo degli agrumi, e qualche anno dopo l'Italia dovette perfino importare dalla Spagna l'olio d'oliva. Ma anche il Nord Italia ne risentì; nel 1930 c'erano meno mucche di quelle che c'erano state nel 1908, e il declino dell'arte casearia ci fu pure nella regione regina: nella Lombardia.

15 OTTOBRE - Mussolini assume il comando della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN).

16 OTTOBRE - Le linee della politica finanziaria dei governo
in un discorso alla Camera di commercio di Genova sono presentate dal ministro delle finanze Volpi di Misurata . La reazione degli industriali presenti nei confronti della "battaglia per la quota 90", è improntata a una sostanziale freddezza.

24 OTTOBRE - In Germania il governo tedesco dichiara di non volere il rimpatrio dell'ex Kaiser Guglielmo.

28 OTTOBRE - Per la prima volta questa data viene dichiarata festa civile per ricordare il successo della Marcia su Roma. Si fa insistente il desiderio dei fascisti (o dello stesso Mussolini) di numerare gli anni in numeri romani dell'Era Fascista. (vedi fine anno)
Nel suo messaggio alla nazione Mussolini nella ricorrenza scrive:
" Molto tempo, molti sforzi, molti sacrifici occorrono ancora, per cambiare totalmente, dal punto di vista fisico e morale, il volto della Patria. Tutte le nostre forze devono essere perfezionate. La parola d'ordine per il Partito, per la Milizia, per i Sindacati è la stessa: disciplina, concordia, intransigenza politica e morale. Dopo avere cambiato le leggi, bisogna riformare il costume. I sedimenti della vecchia piccola Italia demo-liberale devono essere spietatamente scrostati dalle anime e distrutti per sempre. Essi affiorano sotto la specie del personalismo, del profittismo, dell'arrivismo, della chiacchiera insulsa; spesso nella calunnia vile. Le qualità, anzi le virtù immutabili del vero fascista devono essere invece la franchezza, la lealtà, il disinteresse, la probità il coraggio, la tenacia. Tutti coloro che si appalesano, per poco o per molto, infetti del vecchio male, devono essere banditi dal nostro esercito. Essi costituiscono le impedimenta ritardatrici della nostra marcia: sono il loglio che dev'essere sceverato dal grano; è la ganga che deve cadere, onde lasciare libera la nuova aristocrazia per i maggiori compiti del domani."
( Messaggio per il XXVIII Ollobre, 1926. "S. e D. vol. V, pagg. 440-441)

Nello stesso giorno in un discorso al popolo di Roma:
"La mia parola d'ordine è un verbo: Durare! Durare giorno per giorno, mese per mese, anno per anno; di modo che tutte le riserve, le critiche, le opposizioni si infrangano come fanghiglia vile dinanzi a questo monolitico blocco della volontà e della tenacia fascista. Noi del Regime fascista - e quando dico Regime, comprendo tutti voi, perché il Regime non è soltanto nei capi ma anche nei gregari, non è soltanto nelle gerarchie ma anche nelle masse che danno l'alimento vivo e la forza potente al Regime - non abbiamo dormito sugli allori. Abbiamo lavorato, duramente lavorato.
... Non ci siamo noi uomini del Regime fascista chiusi in una torre d'avorio lontani da ogni contatto con le moltitudini laboriose. Noi stiamo a contatto continuo e diretto col popolo che lavora. Nello Stato, il popolo circola. Oggi i diritti del popolo sono riconosciuti, tutelati, armonizzati."

(Discorso al popolo di Roma per il XXVIII Ottobre, 1926. "S. e D.", vol. V, pag. 448).


31 OTTOBRE - Nell'arco nemmeno di un anno Mussolini è preso di mira un'altra volta. Mussolini sfugge al terzo attentato (il quarto ordito, ma fallito, fu quello di Zaniboni) mentre è a Bologna per la celebrazione della marcia su Roma. Contro la macchina che lo sta portando verso la stazione, viene esploso un colpo di pistola: a sparare sarebbe stato un giovane anarchico, il quindicenne Anteo Zamboni, immediatamente linciato e ucciso dai fascisti presenti. Nei giorni seguenti, prendendo spunto dall'episodio, si scateneranno nuovamente le violenze dei fascisti. A Genova verrà incendiata la sede del giornale socialista «II Lavoro». A Napoli verrà dato l'assalto alla casa di Benedetto Croce. Nel Veneto saranno devastate le sedi di numerose organizzazioni cattoliche. In Lunigiana, la villa dell'ex ministro degli esteri e senatore, Carlo Sforza, verrà devastata e incendiata; l'esponente liberale, che era già stato fatto segno nei mesi precedenti di una aggressione a Milano, emigrerà in Belgio nel marzo del 1927. Restano comunque molti dubbi su chi veramente ha ordito l'attentato. E chi ha armato il "ragazzino".

Ricapitoliamo gli interventi di Mussolini dopo i vari attentati subiti:

" Mussolini, ha il suo stile inconfondibile ed ama la sua quota parte di rischio. Per quanto io comprenda talune nobili preoccupazioni, dichiaro che non intendo segregarmi, rinchiudermi e togliermi ogni contatto con la massa fascista e con quella del popolo italiano.
Altra preoccupazione di altra natura? Anche a questo proposito dichiaro che tutte le vite umane sono labili e sottomesse all'irrevocabile sorte. Aggiungo che in nessun caso, per nessuna ipotesi, il Fascismo mollerà il suo compito. Intendo dire che in qualunque ipotesi tutto è già predisposto (si sappia qui e fuori di qui) perché il Fascismo continui a reggere con la sua mano di ferro i destini del popolo italiano."

(Discorso dopo l'attentato del 7 aprile, 29 aprile 1926. "S. e D, vol. V, pagg. 330-331.)

"Io amo vivere realmente in pericolo. Ma la Nazione, la Nazione italiana che strenuamente lavora, perché questo è il suo dovere, il suo privilegio, la sua speranza e la sua gloria, non può essere, non deve essere periodicamente turbata da un gruppo di criminali.
« ... Voi sapete che quando parlo direttamente al popolo non pronuncio delle vane parole, ma non faccio che peannunziare delle azioni che svilupperò con quel metodo, con quella tenacia e con quel sistema che stanno alla base del carattere del nuovo italiano fascista."

(Discorso dopo Il terzo attentato, 11 settembre 1926. "S. e D.", vol. V, pagg. 390 e 391.)

"Gli attentati mi lasciano perfettamente indifferente; se coloro i quali mi fanno oggetto delle loro tenaci attenzioni balistiche credono di esercitare su me una qualsiasi pur vaga e lontana intimidazione si illudono. La cosa è assolutamente da escludersi ed è totalmente ridicola. Qualunque cosa accada, resto al mio posto, perché questa è la mia precisa consegna."
(Discorso "Per la difesa dello Stato", 20 novembre 1926. "S. e D.", vol. V, pag. 467.)


NOVEMBRE

1 NOVEMBRE - Dopo l'attentato
si invoca il ripristino della pena di morte. Il Consiglio dei ministri delibera lo scioglimento dei partiti di opposizione e il confino di polizia per i "nemici dello Stato". I giornali di opposizione "Il Mondo", "Il Risorgimento", "La Voce repubblicana" si vedono revocare la gerenza per ordine del governo. Sono inoltre sospesi I'"Avanti!", "L'Unità", "Battaglie sindacali", "Critica sociale". La stessa sorte tocca anche alla "Stampa" di Torino, al "Corriere della sera" di Milano, al "Gazzettino" di Venezia, al "Cittadino" di Brescia, al "Corriere dei mattino" di Verona.
L'abitazione di Emilio Lussu, deputato di opposizione, è assaltata dai fascisti a Cagliari. Lussu uccide uno degli assalitori con un colpo di rivoltella. Viene immediatamente arrestato.

3 NOVEMBRE - Alla Federazione industriale di Milano emergono in una riunione forti perplessità sugli effetti causati dai provvedimenti presi per il raggiungimento della "quota 90".

5 NOVEMBRE - Una energica epurazione del partito, al fine di liberarlo dagli elementi che non abbiano dato prova di assoluta fedeltà alle direttive imposte dalla gerarchia e non garantiscano
"doti personali d'onestà, lealtà e laboriosità", è autorizzata dal Gran Consiglio del fascismo, che incarica il segretario Augusto Turati di agire nella maniera più decisa in questa direzione. Una, serie di provvedimenti per la sicurezza del regime fascista e per la "difesa dello Stato" è approvata dal consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'interno, Luigi Federzoni, e di quello della giustizia, Alfredo Rocco. Vengono decisi: lo scioglimento di tutti i partiti, le organizzazioni e le associazioni di opposizione al fascismo; la revisione di tutti i passaporti per l'estero e l'annullamento di quelli rilasciati di recente; la revoca della gerenza di molti periodici (in pratica, è soppressa la stampa contraria al regime); l'istituzione dei confino di polizia e di uno speciale servizio di investigazione politica presso ciascun comando di legione della Milizia; l'introduzione della pena di morte per chiunque attenti alla vita e all'integrità personale del re, della regina, del principe ereditario e del capo del governo, nonché per una serie di altri reati contro lo Stato. E inoltre, prevista la reclusione da tre a dieci anni per chi ricostituisca partiti od organizzazioni disciolte. Viene istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, composto da un presidente, scelto tra i generali delle tre armi o della Milizia, da cinque giudici, scelti tra i consoli della Milizia, e da un relatore, scelto tra il personale della giustizia militare. Il Tribunale speciale, a cui viene dato mandato di giudicare sui reati di spionaggio, incitamento alla guerra civile; ricostituzione e propaganda di partiti disciolti, applica le norme del codice penale militare di guerra e alle sue sentenze non è possibile presentare appello. I fuoriusciti sono colpiti con la confisca dei beni e la perdita della nazionalità.
Litigi Federzoni si dimette da ministro dell'interno. II ministero viene assunto da Mussolini.
Federzoni è spostato al ministero delle colonie al posto di Pietro Lanza di Scalea. Sottosegretario agli interni diventa Giacomo Suardo, che lascia il sottosegretariato del ministero delle corporazioni, assunto da Giuseppe Bottai.

6 NOVEMBRE - A sostegno della lira e per porre dei limiti alla circolazione monetaria, il governo, fra le altre iniziative prese, stabilisce che i possessori di buoni dei tesoro annuali, quinquennali o settennali, sono obbligati a convertirli in cartelle di un prestito consolidato, detto "del Littorio".

8 NOVEMBRE - Antonio Granisci è arrestato, nonostante goda ancora dell'immunità parlamentare di deputato, e rinchiuso a Regina Coeli in isolamento. Insieme a lui è praticamente arrestato l'intero gruppo parlamentare comunista.

9 NOVEMBRE - I 120 deputati antifascisti (Aventiniani) sono dichiarati "decaduti" dalla carica, con una decisione della maggioranza fascista della Camera. II provvedimento vale sia per gli aventiniani, sia per quelli che, come i comunisti, avevano ripreso il loro posto in aula.

18 NOVEMBRE - Antonio Gramsci viene assegnato al confino di polizia. II giorno 25, insieme con altri comunisti, lascerà il carcere di Regina Coeli per essere tradotto a Ustica (PA), dove giungerà il 7 dicembre.

18 NOVEMBRE - Si aprono le sottoscrizioni al nuovo prestito nazionale.

20 NOVEMBRE - Claudio Treves e Giuseppe Saragat espatriano in Svizzera, da dove il primo raggiungerà Parigi, mentre Saragat andrà a Vienna. Il 22 Pietro Nenni fugge a Parigi.

25 NOVEMBRE - Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, entra in vigore la legge 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato) che stabilisce la pena di morte per alcuni delitti di particolare gravità (attentati contro le massime autorità, insurrezione contro i poteri dello Stato, ecc. (vedi nell'immagine d'apertura la "Gazzetta")

LA PENA DI MORTE

In Italia con l'entrata in vigore il 1° gennaio 1890 ( approvato il 22 novembre 188 e promulgato il 30 giugno 1889) del Codice Zanardelli la pena capitale era stata abbandonata - abolizione totale tranne per i reati militari - dopo lunghe polemiche in Parlamento e tra l'opinione pubblica. Ma già nel 1865 c'era stato conflitto aperto tra la Camera dei Deputati, favorevole alla soppressione, e il Senato contrario ad ogni novità. Dal dissidio era scaturita in pratica una limitazione della pena a rarissimi casi di reati politici, agli omicidi premeditati e a qualche altro crimine gravissimo. Lo assassinio di Umberto I a Monza il 29 luglio 1900, aveva risollevato il problema ma dopo un certo tuonare sulla stampa non vi fu altro seguito. Con l'avvento dell'autoritarismo fascista la questione venne ripresa e ingigantita.
La campagna fu scatenata in seguito ad alcuni attentati, o ritenuti tali, contro membri della famiglia reale e personalità del regime. I tentativi di Tito Zaniboni (4 novembre '25), Violet Gibson (7 aprile '26), Gino Lucetti (11 settembre '26), e Anteo Zamboni (31 ottobre '26) furono determinanti. Il giorno stesso del caso Lucetti, diciotto deputati fascisti - tra cui Bottai, Igliori, Caradonna presentavano alla Camera una mozione per invocare « provvedimenti legislativi atti a prevenire con la sanzione capitale delitti contro il Capo dello Stato e il Capo del Governo ».
Ma il problema era già stato agitato prima ancora che Mussolini salisse al potere. Silvio Longhi sulle colonne del
Popolo d'Italia aveva ricordato, in seguito all'attentato dinamitardo del teatro Diana a Milano nel marzo 1921, che il carcere «non basta, non basta; per certi malfattori occorre la pena di morte». Subito dopo il fallito attentato di Zaniboni, il guardasigilli Alfredo Rocco aveva proclamato alla Camera il 17 dicembre 1925 che «è certo che la pena di morte sia la più perfetta delle pene». Si ritornava quindi a parlare del ripristino della massima pena.
« Un popolo che voglia veramente attendere a costruire le proprie fortune non può non possedere il sentimento della propria sicurezza e questo si ha nell'ordinamento politico e giuridico con la fiducia riposta nell'efficacia delle leggi » affermava il
Popolo d'Italia del 15 settembre '26 propugnando la pena di morte mentre lo stesso organo del Partito nazionale fascista pochi giorni dopo ribadiva che «non può essere negato che la pena di morte più di ogni altra pena sia atta ad intimidazione perché ciò è nell'ordine naturale delle cose e la sua funzione di coazione psicologica è dunque evidente » (29 settembre '26).
A dare sostegno a queste affermazioni interveniva poi il giurista Arturo Rocco che su
L'Impero del 7 ottobre 1926 ricordava e sosteneva: «Il movimento favorevole al ristabilimento della pena capitale in Italia, almeno nei casi di regicidio, è tutt'altro che recente. Esso rimonta a ventisei anni fa all'epoca del nefando eccidio di Monza..... l'ondata di emozione e di indignazione da cui oggi è pervasa l'opinione pubblica italiana di fronte agli esecrandi attentati alla persona del Capo del Governo la spinge a reclamare a gran voce il ripristino della pena capitale».
Arturo Rocco confessava che « per mio conto sono antico e deciso fautore della pena di morte, convinto come sono, che essa abbia per sé l'autorità della storia e l'autorità della ragione ». Per concludere che tra morte ed ergastolo (posto come dilemma far morire senza far soffrire oppure far soffrire senza far morire) in fondo « la pena di morte è la più umana delle pene eliminatrici » dalla società.
Dopo il dramma Zamboni, il giovane di quindici anni linciato sul posto a Bologna, il 31 ottobre 1926, perché indicato quale autore di un tentato omícidio nei confronti del duce, fece precipitare la situazione. Mussolini non perse tempo nel fare approvare dal Consiglio dei ministri i « provvedimenti per la difesa dello Stato » che prima la Camera, senza i deputati aventiniani, e poco dopo il Senato (parlarono contro soltanto i senatori Bergamini, Ruffini, Stoppato e Wollemborg) si affrettarono ad approvare.
Approvata il 25 novembre 1926, sulla Gazzetta Ufficiale appariva il 6 dicembre (riportata a inizio pagina) la legge contraddistinta dal numero 2008 e composta di soli otto articoli: nel 1° si comminava la pena di morte per gli attentatori ai membri della famiglia Reale e al Capo del Governo; per il 2° era prevista la condanna a morte per i delitti di « tradimento della Patria », « insurrezione » e « guerra civile »; nel 7° si devolveva a un Tribunale speciale la competenza per l'applicazione delle varie norme; nell'8° si fissava la data dell'entrata in vigore della legge, immediatamente, e la data della sua cessazione, dopo cinque anni. In effetti il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, malgrado le assicurazioni date a suo tempo da Mussolini e dal Guardasigilli Rocco alla Camera, venne poi prorogato di cinque in cinque anni fino alla caduta del regime.

Come funzionava questo apparato? Alcuni decreti successivi ne delinearono l'aspetto e le procedure. Giudici e rappresentanti dell'accusa erano nominati e revocati dallo stesso duce al quale giuravano di «obbedire senza discutere» poiché erano in genere ufficiali della milizia. I giudici (che potevano non essere laureati in giurisprudenza) non avevano obbligo di informare l'accusato delle prove raccolte nel corso dell'istruttoria e soltanto alla fine di essa l'imputato poteva scegliersi un difensore (il quale disponeva appena di una settimana per esaminare tutti gli atti) sempre che il tribunale non decidesse di accorciare o abolire del tutto i termini.
Il tribunale poteva anche procedere con citazione diretta, senza alcuna istruttoria, persino nei processi che comportavano la pena di morte; sicché in questi casi, imputato e difensore andavano davanti ai giudici all'oscuro di tutto. I dibattimenti erano brevissimi, uno o due giorni al massimo, un paio d'ore nella normalità dei casi, anche se si concludevano con una condanna a morte. Contro le sentenze non vi era appello né possibilità di ricorso. La condanna a morte, per fucilazione, era eseguita entro le 24 ore. Ai sudditi delle colonie era riservata invece l'impiccagione.
Rotto il muro del sentimento contrario alla pena di morte, il regime fascista apriva la strada
all'applicazione integrale della pena capitale. Il Guardasigilli Alfredo Rocco andava preparando i nuovi Codici ammettendo in pieno la pena di morte per i reati più gravi. E per convincere meglio l'opinione pubblica più che mai perplessa strumentalizzava proprio una frase di quel Cesare Beccaria che quasi due secoli prima aveva detto «basta» alla pena capitale aprendole solo un piccolissimo spiraglio («La morte del cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della Nazione... il secondo quando la sua morte fosse il vero e unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti»).
A ulteriore sostegno della massima pena si citava l'incremento della criminalità che esigeva un rispetto assoluto in tempi in cui tutto doveva filare, almeno formalmente, in perfetto ordine.
Quando poi apparve il 28 ottobre 1930 sulla Gazzetta Ufficiale il testo definitivo del nuovo Codice penale, in esso la pena di morte era ripristinata per i delitti comuni con l'uccisione di più persone (art. 422 e 439); oppure per omicidi con circostanze aggravanti, come il parricidio, l' omicidio con violenza carnale (art. 576); l'art. 241 puniva con la pena di morte i delitti contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato, gli art. 276 e 280 gli attentati al Re, alla Regina, al principe ereditario e al Capo del Governo (con estensione al Pontefice in base all'art. 2 dei Patti Lateranensi).
Dal 1933 al 1940 nessuna condanna a morte fu pronunciata per reati politici. Ma dopo questa data e poi con un decreto legge del 30 novembre 1942, n. 1365, la pena di morte venne estesa per taluni reati emersi in tempo di guerra. Ci fu una serie ininterrotta di sentenze capitali, soprattutto contro partigiani croati e italiani passati sotto bandiere diverse.
Il 10 agosto 1944, con decreto legge 224, ma applicabile soltanto nelle zone liberate dagli Alleati, la pena di morte fu abolita; ma dieci mesi dopo, con decreto luogotenenziale 234 del 10 maggio 1945 fu ripristinata per frenare il ripetersi di vari reati di rapina con il concorso di più persone. L'ultima condanna a morte fu eseguita il 4 marzo 1947, alle ore 7,32, al poligono di tiro delle Basse di Stura, presso Torino, per punire i tre autori di un efferato omicidio (avevano massacrato il 20 novembre 1945, dieci persone in una cascina a scopo di rapina).

Subito dopo la Costituente decise di affrontare il problema se mantenere o abolire la pena di morte nel futuro testo della legge fondamentale dello Stato. La discussione fu accanita
perché una parte dei commissari della Sottocommissione incaricata (presieduta da Marchesi) esigeva un « no » integrale per motivi giuridici, sociali e umani e non ultimi per timore di abusi in campo militare. In una prima bozza la Sottocommissione si espresse che "La pena di morte non è ammessa se non nei codici penali militari in tempo di guerra".
Fautore per la totale abolizione era una corrente (tra questi La Pira), mentre l'altra (tra questi Togliatti) voleva il mantenimento della pena per il codice militare di guerra. Si arrivò a una formulazione che ripeteva il testo primitivo "La pena di morte non è ammessa; possono farvi eccezione i codici penali militari"; era scomparsa la dizione "in tempo di guerra".
Il 15 aprile 1947 venne finalmente approvato l'articolo 27 della Costituzione. Esecutiva dal 1° gennaio 1948. L'articolo suona con queste parole "Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra".
(Fra questi reati: diserzione, aiuto al nemico, spionaggio, disfattismo, disobbedienza all'ordine di attaccare, omissione nell'esecuzione di un ordine, violazione consegne, passaggio al nemico, violazione ai doveri e altri ancora)
(Sempre sperando che non ci sia un altro 8 settembre 1943, quando all'improvviso quel giorno ognuno, scelse di scrivere sulla lavagna della propria coscienza ciò che doveva fare o non fare. Mentre alte autorità militari, capi di governo, ministri e sovrani, si davano alla fuga (che può essere ancora comprensibile in un sovrano (per andare - come disse V. E. III- a costituire un altro governo) ma è tradimento quando questo avviene nelle alte gerarchie militari, e dopo che ci è arresi senza condizioni al nemico - che abbiamo chiamato "Alleato", e la resa senza condizioni, "Armistizio". Parola che non compare mai negli atti degli Alleati).

25 NOVEMBRE - In Russia, al VII Congresso del Kpmintern, Trotzki esonerato da ogni attività politica. Fin dall'agosto la situazione in Russia è torbiba. Sommosse sono causate dal malcontento dei contadini (soprattutto dei piccoli proprietari che hanno le terre ricevute all'epoca zarista).

27 NOVEMBRE - Italia e Albania stipulano un trattato a Tirana, nel quale si impegnano a mantenere rapporti di amicizia e a garantire la conservazione dello status quo nella regione. Con questo accordo, che giunge a sigillare una lunga attività diplomatica italiana verso l'Albania, iniziata fin dai primi mesi del 1925, l'Italia viene a esercitare una sorta di protettorato sul paese balcanico. Tale accordo si sarebbe completato dal trattato di alleanza del 22 novembre 1927.

29 NOVEMBRE - II progetto di un Teatro drammatico di Stato, elaborato da Luigi Pirandello e da Paolo Giordani, è sottoposto all'esame di Mussolini, che lo approva e si impegna a presentarlo al consiglio dei ministri.

DICEMBRE

10 DICEMBRE - Il ministro Volpi, al Senato dà un resoconto della situazione finanziaria del bilancio 1925/26, che chiude con un avanzo di 2 miliardi e 268 milioni di lire.

11 DICEMBRE - In Jugoslavia muore Nikola Pasic, massimo esponente politico prima della vecchia Serbia e poi del nuovo Stato Jugoslavo creato a Versailles. Uzonovic il 25 costituisce il nuovo governo jugoslavo.

12 DICEMBRE - Filippo Turati si allontana clandestinamente dall'Italia. Nella fuga, realizzata via mare raggiungendo la Corsica, è aiutato da Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini, Italo Oxilia e altri antifascisti. Al loro rientro in Italia, Parri e Rosselli saranno arrestati e processati a Savona, ma con grande disappunto di Mussolini riporteranno pene molto lievi.

20 DICEMBRE - Mussolini presenzia all'insediamento dei membri dell'Istituto centrale di Statistica e fa loro questo brevissimo discorso

« IL DESTINO DEI POPOLI »
Onorevoli signori!
Fra le molte creazioni istituzionali dei regime fascista, quella dell'Istituto centrale di statistica è fra le più importanti. Ecco perché ho voluto presenziare il vostro insediamento come membri del Consiglio superiore di statistica. Colgo l'occasione per dirvi:
a) che sono soddisfatto del lavoro fin qui compiuto;
b) che sono anche soddisfatto dei propositi per l'attività futura.
Sento che l'organismo affidato a mani sapienti è vivente, si sviluppa e sarà fecondo di risultati. L'Istituto centrale di statistica sarà, insomma, quale deve essere attraverso l'arida, ma suggestiva eloquenza delle cifre uno strumento per l'azione di Governo, nel presente e nell'avvenire. Si deve quindi considerare concluso il pericolo di crisi della statistica italiana.
Esaurito il lavoro arretrato, aggiornati i mezzi, scelti gli uomini, si può e si deve camminare innanzi. La statistica italiana deve ritrovare la gloria dei suoi primi tempi. Tutte le nazioni sono all'opera. Non esagero dicendo che la statistica è in questo momento all'ordine dei giorno in tutto il mondo, il che si spiega con la enorme complessità delle società moderne e con la sete di indagini e di controllo che tormenta gli uomini.
La statistica ha esteso la sua giurisdizione su tutti i fenomeni della vita: dai demografici agli economici, ai culturali.
A proposito dei dati demografici, non mi stancherò mai di ripetere che il loro salire o declinare permette di antivedere il destino dei popoli. Sono sicuro che i lavori dell'Istituto centrale di statistica risponderanno alla giusta aspettativa della nazione ed in questa certezza vi prego di accogliere il mio cordiale saluto.
(Discorso riportato da "il Popolo d'Italia", N. 303, del 21 dicembre 1926)

25 DICEMBRE - In Giappone muore l'imperatore Yoshihito: gli succede il figlio HIROHITO; nato nel 1901, a vent'anni, già reggente già del padre malato, salito sul trono, pur depositario dei poteri sovrani in base alla Costituzione dell'era Meiji, Hitohito non li esercito mai direttamente, limitandosi a dare il suo avallo a decisioni prese in suo nome da consiglieri e ministri. Fra questi "avalli", quello dell'entrata in guerra decisa dai suoi militari ( o meglio -si disse in seguito- che non aveva dato sufficienti appoggi agli sforzi per evitarla).
Intervenne solo due volte: in un tentativo di Colpo di Stato nel 1936, e quando nel 1945 egli stesso decise (dopo l'Atomica americana sul Giappone) di accettare le condizioni poste dalla conferenza di Potsdam, ponendo così fine alla Seconda Guerra mondiale.
Nel dopoguerra sconfessò lui stesso pubblicamente la sua natura divina e si attenne al ruolo assegnatogli: cioè simbolo della nazione e dell'unità del popolo giapponese. Morì nel 1989.


29-30 DICEMBRE - Trattato Italo-Tedesco - A Palazzo Chigi, Mussolini e Von Neurath firmano un accordo di conciliazione e di arbitrato.

30 DICEMBRE - II fascio littorio è dichiarato emblema dello Stato.

31 DICEMBRE - La data dei calendario fascista, che assume come giorno di inizio il 28 ottobre 1922,
per disposizione del capo del governo, deve essere aggiunta a quella del calendario civile su tutti gli atti ufficiali delle amministrazioni dello Stato.

Si chiude l'anno. Esce di Margherita Sarfatti una interessante e la più completa
biografia di Mussolini: " DUX".
Dal libro prendiamo la "PREFAZIONE" fatta dallo stesso Mussolini, e l'ultimo capitolo:
"LA PERSONALITA' DI MUSSOLINI"

è il contenuto della prossima puntata > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
RENZO DE FELICE "Mussolini il fascista"- Einaudi, 1966
CONTEMPORANEA - Cento anni di giornali italiani
MUSSOLINI, Scritti Politici. Feltrinelli
MUSSOLINI, Scritti e Discorsi, La Fenice, 1983
A. PETACCO, Storia del Fascismo (6 vol.) Curcio
MARTIN CLARK, Storia dell'Italia contemporanea 1871-1999), Bompiani

STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE, Utet
+ AUTORI VARI DALLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE  


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