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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1921 (6)

MUSSOLINI: DISCIPLINA, FATTO COMPIUTO, GOVERNO

" DISCIPLINA " (Il Popolo d'Italia,. N. 176) (24 luglio 1921)
" FATTO COMPIUTO " (Il Popolo d'Italia, N. 184) (3 agosto 1921)
" IL PARTITO FASCISTA "
( Il Popolo d'Italia, N. 271) (12 novembre 1921)
" DISCIPLINA "
(Il Popolo d'Italia, N. 273) ( 15 novembre 1921)
" GOVERNO " (Il Popolo d'Italia, N. 274) ( 16 novembre 1921 )


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Dopo i fatti di Sarzana, Mussolini teme un isolamento del "suo" fascismo.

" DISCIPLINA "
(Il Popolo d'Italia,. N. 176)
(24 luglio 1921)

"Gli ultimi, tragici avvenimenti che da Viterbo a Sarzana hanno funestato la vita del fascismo italiano, rappresentano lo sbocco logico di una crisi che da alcuni mesi travaglià la nostra organizzazione : crisi di sviluppo e conseguentemente crisi di disciplina. Con lo sviluppo enorme preso dal nostro movimento sono confluiti nei Fasci migliaia di individui che hanno interpretato il fascismo come una difesa di determinati interessi personali e come una organizzazione delle violenze per la violenza.
Parecchie volte su queste colonne fu detto che la nostra violenza doveva essere cavalleresca, aristocratica, chirurgica, e quindi, in un certo senso, umana. Ma fu detto invano. Qua e là la violenza di individui e di gruppi fascisti ha assunto in questi ultimi tempi caratteri assolutamente antagonistici con lo spirito del fascismo. Lo sviluppo del movimento provocava la crisi della disciplina nella sua compagine. Per ovviare ai pericoli mortali di questa crisi, mortali per la nazione e per il fascismo, una serie di misure si imponeva e sono quelle che su mia proposta sono state accettate all'unanimità nell'ultima seduta del Consiglio nazionale. Dall'esito di queste misure, che dovranno essere immediatamente applicate, dipenderà il mio atteggiamento futuro.

Nessuno, spero, vorrà contestarmi il diritto di vigilare sulle sorti di un movimento che fu fondato da me e sorretto da me nei tempi felici e in quelli tempestosi. Si tratta di ristabilire prontissimamente il senso della disciplina individuale e collettiva, ricordando che in un paese come l'Italia, anarcoide nelle tendenze e negli spiriti, il fascismo si annunziò come un movimento di restaurazione della disciplina.

Ora non si può pretendere di imporre una disciplina alla nazione se non si è capaci dell'autodisciplina.
Una circolare a tutti i Fasci, che sarà resa di pubblica ragione, perché siamo ancora troppo forti per masturbarci nelle ridicole clandestinità di Pulcinella, fissa le nuQve, severe norme della nostra disciplina. Chi non le accetta, se ne andrà. In Italia c'è posto per tutti. Ma è necessario stabilire che le violenze di ordine individuale, quando non siano legittimate dalla difesa, non sono aristocratiche e quindi non sono fasciste. E necessario proclamare senza equivoci che, meno casi imprevedibili, non si deve rispondere con rappresaglie di ordine collettivo ad offese di ordine individuale, poiché questa tattica ci ha enormemente danneggiato scatenando ondate di odio e di incomprensione contro di noi.

E' necessario subitissimo che i direttori dei Fasci rivedano con la massima diligenza il ruolino degli iscritti per allontanare senza remissione tutte le scorie, tutti gli incerti, tutti gli indisciplinati, tutti coloro, in una parola, che rappresentano una passività per il fascismo. E necessario che le funzioni delicatissime del comando delle squadre siano affidate ad uomini che abbiano attitudini al comando e cioè sangue freddo, coraggio ed alto senso di responsabilità. Di altri provvedimenti minori non è il caso di parlare. Tutto ciò è indipendente dal risultato delle trattative di pacificazione. Che si arrivi o no alla conclusione di queste trattative, i provvedimenti che abbiamo elencati si impongono.
I fascisti tutti comprendono la necessità di agire per ridare al nostro movimento la sua piena efficenza morale e materiale.
Nello stesso tempo l'adunata a Milano di tutta la stampa fascista, la utilizzazione dei deputati a scopo di propaganda, le adunate delle federazioni provinciali, serviranno a coordinare il nostro movimento.
Io ho piena fiducia che il fascismo italiano supererà questa che non è una crisi tendenziale, come quelle che affliggono perennemente i partiti dogmatici, ma una crisi interna di disciplina. I nemici o i tepidi amici avranno, io spero, occasione di disingannarsi nelle loro previsioni catastrofiche circa l'avvenire dei movimento fascista. I nostri indimenticabili morti, meravigliose giovinezze che non è lecito buttare leggermente allo sbaraglio, c'impongono il comandamento dell'ora: obbedire. E soprattutto ci dicono che la «fazione » non deve assassinare la «nazione» e che, al di sopra degli odi, degli amori e delle passioni, la realtà suprema ha un nome solo : Italia ! - MUSSOLINI
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All'indomani della conclusione del "Patto di pacificazione" con i socialisti.

" FATTO COMPIUTO "
(Il Popolo d'Italia, N. 184)
(3 agosto 1921)

"Il trattato di pacificazione fra i Fasci italiani di Combattimento e le rappresentanze della direzione del Partito Socialista Italiano e della Confederazione Generale del Lavoro è stato firmato. E dunque un fatto compiuto.
A tale risultato si è giunti dopo moltissime difficoltà. La navigazione verso il porto, che la coscienza nazionale nel suo intimo sospirava ardentemente, è stata continuamente osteggiata da scogli e da foschie.
Dichiaro qui, in prima persona, assumendomi tutte le responsabilità morali e materiali della mia dichiarazione, che io vi ho messo tutta la mia buona volontà e che quando ho visto accettato l'essenziale, ho buttato in mare taluni dei dettagli che appartenevano all'accessorio. Aggiungo anche che difenderò con tutte le mie forze questo trattato di pace, il quale, a mio avviso, assurge all'importanza d'un avvenimento storico, anche per la sua singolarità senza precedenti; e che metterò in pratica un vecchio, saggio proverbio, che dice: «Chi non usa le verghe odia suo figlio».

Ora, se il fascismo è mio figlio - come è stato fin qui universalmente riconosciuto in migliaia di manifestazioni, che devo, fino a prova contraria, ritenere sincere - io, con le verghe della mia fede, del mio coraggio, della mia passione, o lo correggerò o gli renderò impossibile la vita.
E necessario, prima di passare ad altro ordine di considerazioni, rilevare che in questi ultimi tempi la coscienza nazionale aveva sempre più chiaramente manifestato il suo desiderio di pace. Le dimostrazioni dei mutilati a Napoli ed a Roma, col comizio Delcroix all'Augusteo, i voti dei reduci e delle madri dei caduti sono fatti « morali » che un movimento come il nostro non poteva ignorare, se è vero, come è vero, che intendiamo ricollegarci a Vittorio Veneto ed al significato di questo nome nella storia italiana.

Il trattato di pace era stato preceduto, proprio nella giornata di domenica, da due pacificazioni locali, avvenute in due centri operai popolosi ed importanti come Terni e Sestri Ponente. Nessuno di noi,
ed io meno di tutti gli altri, voleva assumersi, data la situazione, la responsabilità di una rottura definitiva delle trattative, eccettuato il caso di clausole assolutamente inaccettabili. Ma chiunque esamina, con mente snebbiata dagli egoismi provincialisti intessuti di frasi fatte e sciupate come quelle che si leggono contro Roma, che sarebbe una specie di « vituperio delle genti » e contro il Parlamento e contro i deputati fascisti (oh, finalmente, una testa di turco!); chiunque sappia astrarsi un momento dalla contingenza immediata, non potrà a meno di riconoscere che questo trattato di pace è la consacrazione solenne, inoppugnabile, storica della nostra vittoria.

Sì, anche i protocolli sono necessari a fissare i caratteri di situazioni nuove, a stabilire il quantum di mutato nel corso degli avvenimenti.
E superfluo procedere ad un'illustrazione analitica delle clausole. Gli intelligenti comprendono a volo l'ampiezza di quanto abbiamo ottenuto e le conseguenze politiche di questo trattato di pacificazione non tarderanno a farsi sentire.
Nell'attesa di ciò, e non sarà lunga, qui bisogna affermare che questo trattato di pacificazione serve egregiamente e nobilmente la causa dell'umanità, la causa della nazione, la causa del fascismo.
La causa dell'umanità in primo luogo, e quando parliamo di « umanità » nessuno deve credere che intendiamo ricascare nel vacuo internazionalismo umanitario dei socialisti, dei democratici o dei tolstoiani.
Tutto ciò esula dalle nostre concezioni realistiche. Ma se l'umanità vaga, che comprende tutti e nessuno, ci lascia indifferenti, c'è una umanità italiana della quale siamo ansiosi e pensosi. E l'umanità delle nostre magnifiche schiere, che di tanto generosissimo sangue hanno invermigliato le contrade d'Italia. Ora se c'è qualcuno che porta allegramente il fardello dei morti, questo qualcuno non può essere che un irresponsabile o un incosciente; ma un « capo » ha il dovere supremo di risparmiare anche una sola goccia di sangue quando non sia palese che il versarla è strettamente necessario ai fini della causa.

La causa della nazione è salvaguardata da questo trattato, perché la nazione attraversa una crisi gravissima, che poteva e potrebbe ancora diventare mortale.
Ma dunque: la nazione, anche per taluni fascisti, sarebbe quella cosa di cui tutti si riempiono la bocca, salvo poi a strainfischiarsene quando c'è da rinunziare agli interessi della fazione? La formula fascista sarebbe dunque: prima la fazione e poi la nazione? Io ho sempre ritenuto e creduto il contrario. Il fascismo vede la nazione e poi tutto il resto. Il fascismo è per la guerra civile quando è per l'interesse della nazione, e lo fu nei due anni trascorsi; il fascista è pronto alla pace quando è nell'interesse della nazione.
Con questa bussola il fascista può navigare ed orientarsi; senza di questa si perde o naufraga.
Ora la nazione ha bisogno di pace per riprendere, per rifarsi, per selezionarsi, per avviarsi, in una parola, ai suoi migliori destini.
Finalmente questo trattato di pace serve ai fini ed alla espansione ulteriore del fascismo. Ecco un partito, quello socialista, che fu per lunghi anni il dominatore quasi incontrastato della politica italiana; ecco un partito, quello socialista, che, fino a pochi mesi addietro, ci parlava di Soviet, di dittatura del proletariato e di altre tali fantasie moscovite. Questo partito pareva dovesse trionfare e sommergere tutti gli altri. La sua barca procedeva innanzi coi venti di tutte le fortune! Ecco il siluro fascista! E col siluro la crisi di autorità e di coraggio fra gli stati maggiori, di sbandamento fra le ciurme. Questo partito scende oggi a patti, li consacra in un atto solenne e quindi aggrava la sua posizione nei rapporti futuri con questi terribili e temibili concorrenti ai favori e - ahimè ! - ai voti delle masse e si dichiara estraneo agli arditi del popolo, i quali, oramai sconfessati da repubblicani, da comunisti e da socialisti, dovranno rapidamente concludere la loro breve ed ingloriosa carriera.

Non c'è bisogno di aggiungere che questo trattato sposta i piani dell'azione fascista, ma non disarma la nostra opposizione spirituale e politica al complesso delle dottrine e delle realizzazioni socialiste. Anzi, qui «si parrà la nobilitade" del fascismo, il quale, dopo avere esercitato i muscoli, dovrà esercitare i cervelli e muoversi nel campo delle idee e delle competizioni civili con quella stupenda elasticità con la quale si è mosso durante la nostra guerra all'interno, nelle strade e nelle piazze.
La battaglia è vinta. Potremo cantare vittoria. Ma io sono l'uomo perennemente inquieto del domani. Non so fermarmi. La vittoria è un fatto; ora mi travaglia il modo col quale la vittoria potrà essere utilizzata. Comincia un nuovo periodo nella storia del fascismo italiano e non sarà meno aspro e difficile del precedente: è il periodo della rielaborazione spirituale e delle applicazioni pratiche. Bisogna smentire i nostri nemici, i quali ci hanno detto a sazietà : «Voi sapete distruggere, ma non sapete costruire! Siete ottimi sul terreno della negazione, ma, portati sul terreno positivo, vi rivelate nella vostra impotenza ». Tutto ciò è falso, ma bisogna dimostrare il falso con la nostra opera di domani.

Infiniti sono i campi nei quali possiamo applicare le nostre energie! Certi dissidi e certi atti di indisciplina individuale non mi preoccupano eccessivamente, anche se non sfruttati dalla stampa antifascista.
Dal mio punto di vista personale, la situazione è di una semplicità lapalissiana: se il fascismo non mi segue, nessuno potrà obbligarmi a seguire il fascismo. Io comprendo, e compiango un poco, quei fascisti
delle molte Peretole italiane, i quali non sanno astrarre dai loro ambienti; vi si inchiodano e non vedono altro, e non credono alla esistenza di un più vasto e complesso e formidabile mondo. Sono i riflessi del campanilismo, riflessi che sono estranei a noi, che vogliamo sprovincializzare l'Italia e proiettarla, come «entità nazionale», come blocco fuso oltre i mari ed oltre le Alpi.

Ma l'uomo che ha fondato e diretto un movimento e gli ha dato fior fiore di energia, ha il diritto di prescindere dalle analisi di mille elementi locali per vedere il panorama politico e morale nella sua sintesi; ha il diritto di vedere dall'alto di una montagna, cioè da un più ampio orizzonte, il panorama, che non è di Bologna o di Venezia o di Cuneo, ma è italiano, ma è europeo, ma è mondiale.
Chi non è capace di questa sintesi, può avere le attitudini per comandare una squadra di venti uomini, non certo può rivendicare il privilegio di guidare le vaste masse nei momenti più turbinosi della sua storia, quando le responsabilità si addensano e schiacciano, quando è necessario sfidare le effimere impopolarità tardigrade e andare oltre, a qualunque costo, contro chiunque, nella certezza che proviene dalle sensibilità intime e dalla intima fede.
Fascisti italiani ! Questo è il fascismo ! E vorrei aggiungere : il fascismo, nella sua immanenza, nel suo spirito profondo, e non soltanto nella sua lettera superficiale. Per questo io grido ancora : Evviva il
fascismo ! - MUSSOLINI
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All'indomani della chiusura del Congresso che ha dato vita al Partito Nazionale Fascista

IL PARTITO FASCISTA
( Il Popolo d'Italia, N. 271)
(12 novembre 1921)

"Il terzo congresso nazionale fascista è pienamente riuscito. Invano i socialcomunisti di Roma, in allegra e miseranda combutta coi repubblicani, hanno tentato di sabotarlo con uno sciopero, che è stato proclamato durante il congresso, ma che era stato preparato e premeditato da parecchio tempo. Il congresso è pienamente riuscito da tutti i punti di vista.
Dal punto di vista del numero dei delegati intervenuti, che supera quello di tutti gli altri congressi, antichi e recenti, di tutti i partiti. Un congresso che raccoglie non meno di 4.000 delegati è veramente senza precedenti nella storia italiana. Riuscito è il congresso dal punto di vista dell'ordine durante le discussioni. In un'assemblea così imponente e composta nella maggior parte di giovani nuovi alle discussioni, erano inevitabili momenti di tumulto e di clamore; ma la verità è che il congresso fascista non ha visto le scene di violenze pugilistiche che si ritrovano nelle cronache di altri congressi. E bisogna aggiungere, per la verità, che i trascurabili incidenti sono dovuti non ai veri delegati del congresso, ma ad elementi squadristi che assistevano dalle tribune del teatro e che essendo in massima parte giovani, sono naturalmente esuberanti.

Il congresso fascista è l'unico che abbia esaurita realmente la discussione su tutti i commi posti all'ordine del giorno. Il congresso aveva tre obiettivi fondamentali : liquidare il passato; definire il programma del fascismo; costituire il fascismo in partito.
Tutto ciò è stato fatto. Si sono discusse ed approvate la relazione della Commissione esecutiva e la relazione del Gruppo parlamentare fascista.
Si è definito il programma nelle sue linee essenziali e il Consiglio nazionale non dovrà che dare la lettera a quello cheè già lo spirito e che è stato accettato nella totalità del congresso. Ad enorme maggioranza poi il congresso si è dichiarato favorevole alla costituzione del fascismo in partito.
Il Partito Nazionale Fascista è dunque un fatto compiuto. Restano da fissare regolamenti e statuti e questo sarà fatto entro brevissimo termine.
Ma il partito è già, non virtualmente, ma solidamente e materialmente costituito. Giova, a questo proposito, ricordare che gli oppositori al partito si mettevano da un punto di vista che possiamo chiamare di «contingenza »; facevano, cioè, una questione di tempo e di modo. Non erano contrari al partito in sé, ma lo ritenevano immaturo.
Queste obiezioni sono state vigorosamente controbattute da Massimo Rocca e il congresso, alla quasi unanimità, si è ritenuto, invece, maturo per costituire il fascismo in partito. Un partito che molto probabilmente. non rassomiglierà a nessuno degli altri esistenti: un partito che è anche una milizia, nel senso più letterale della parola.

Chi ha veduto sfilare per le strade della capitale il formidabile corteo nel quale tutti i fascisti erano in uniforme militare in grigio-verde, talvolta con l'elmetto, avrà certamente riportata l'impressione che il Partito Fascista non è soltanto una organizzazione politica, ma è anche una organizzazione, in un certo senso, militare.
E se in sede di politica si discute, quando i fascisti sono inquadrati non discutono più, ma debbono obbedire e obbediscono con un ammirevole senso di disciplina.
Conseguenze immediate della costituzione del movimento in partito non sono da attendersi.
Il fascismo continuerà ad essere una forza negativa, nel senso che è sempre pronto a sostenere la lotta violenta contro le violente forme di lotta dei partiti antinazionali ed inizierà, nel contempo, il lavoro di preparazione veramente politico che deve abilitare il fascismo a reggere, in parte o in tutto, il governo della nazione.
Il fatto stesso che si sia potuto ammettere, come ipotesi, la formazione, non tanto lontana, di uno Stato fascista, è la riprova confortante che il fascismo è già tendenzialmente capace di reggere i destini della nazione, salvata dal terribile abisso entro cui stava per precipitare.

Spetta ora ai fascisti di tutta Italia perfezionare la loro organizzazione; stringere vincoli sempre più solidi fra di loro; proporzionare e dosare l'uso della violenza, che non dev'essere mai cieca ed incosciente; diffondere le idee ed i programmi che sono stati illustrati all'Augusteo; ed anche non attendere la realizzazione di tutti i postulati del fascismo esclusivamente dall'opera necessariamente limitata e frammentaria del Gruppo parlamentare fascista.
Io credo per fermo, e la sfilata di Roma ne è la riprova, che pure costituito in partito, il fascismo non perderà nessuna delle sue caratteristiche. Perderà, invece, ed è bene che così sia, molte scorie; lascerà e dovrà lasciare lungo la strada i violenti della violenza non come mezzo, ma come fine, gli elementi ambigui che amavano di non scegliere fra l'uno e l'altro partito e soprattutto gli elementi che qua e là si sono
accodati al fascismo credendo di trovare in esso la difesa dei loro privati interessi.

Contro questi profittatori politici ed economici del fascismo, note chiare di deplorazione e di rivolta sono squillate durante i lavori del congresso. Quanto agli elementi sovversivi, invano essi sperano, con movimenti disordinati o con agguati criminali, di spezzare la granitica muraglia del fascismo in Italia.
Se il fascismo italiano sarà nell'avvenire forte e saggio, stanno aperte dinanzi a lui le strade di tutte le possibilità e di tutte le grandezze.
Viva il Partito Nazionale Fascista ! - MUSSOLINI
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Pochi giorni dopo...ritorna ancora sulla ....

" DISCIPLINA "
(Il Popolo d'Italia, N. 273)
( 15 novembre 1921)

"Le giornate romane del fascismo italiano offrono a noi, e quindi a tutti i fascisti, un materiale vastissimo di meditazione e di esperienza.
Cominciamo dalla disciplina. Molti giornali accusano il fascismo di mancare di una disciplina e tentano di documentare l'accusa con quanto è accaduto negli scorsi giorni a Roma. Ora io ci tengo a dichiarare che, posto a confronto con gli altri partiti o eserciti, il fascismo italiano è l'esercito o il Partito più disciplinato del mondo. Con questo non intendo dire che la disciplina morale é formale del fascismo non trova assolutamente riscontro nella storia antica o recente di nessun altro partito.
I casi di Roma, gli incidenti durante il corteo, sono deplorevolissimi, e chi scrive non aspetta oggi per dirlo; ma quando si consideri l'ambiente, il momento e la massa, si vedrà che quella dei giornali antifascisti è una montatura in piena malafede. Intanto le provocazioni sono partite dall'altra parte. Si può sapere per quale recondito motivo all'arrivo di un treno di fascisti tutte le locomotive del deposito di Portonaccio si mettono a fischiare a centinaia? Quando il Comitato di difesa proletaria - ignobile minestrone, possibile soltanto a Roma, dove Lenin va a braccetto con Giuseppe Mazzini - annunciava i "vespri" antifascisti, la cronaca non registrava che il famoso incidente del fazzolettino rosso. Nient'altro !

La situazione si aggravò, naturalmente, con la pubblicazione di quel comunicato provocatorio, ospitato da tutti i giornali antifascisti, coll'immondo Paese del cardiopalmico Ciccotti in prima linea. Nessuno può seriamente ritenere che il suddetto sedicente Comitato non avrebbe trovato altri pretesti pur di inscenare lo sciopero che covava da lunghissimo tempo. Obiettivo evidente: sabotare il congresso fascista e soprattutto impedire la parata fascista per le strade di Roma.
C'erano, o signori, a Roma, fra mercoledì e giovedì, dai trenta ai quarantamila fascisti, tutti giovani dai quindici ai trent'anni, e tutti figli autentici dell'autentico popolo italiano. Bastava guardarli in faccia per capire che non da «magnanimi lombi» discende il loro sangue, ma da gente che ha lavorato e lavora. Quale forza umana o divina avrebbe potuto controllare o contenere le azioni singole di quarantamila individui, costretti a circolare in un ambiente freddo o nemico? L'Augusteo non poteva ospitare che diecimila fascisti; gli altri, forzatamente, erano accantonati nei punti più dispersi e lontani della città, fatti oggetto al ghigno e alle imboscate dei bolscevichi.

Che cosa potevano fare, se non difendersi e offendere? Ci si dice che i fascisti concentrati a Roma non hanno eseguito l'ordine di partenza emanato dai capi. Non è vero. Sta di fatto che la sera stessa di giovedì, appena finito il corteo, treni «speciali» di fascisti partirono nelle diverse direzioni. Ma come poteva avvenire rapidamente l'esodo di una così vasta massa di individui, quando mancavano i treni? D'altra parte la partenza immediata dei fascisti era subordinata - l'on. Bevione lo sa!- alla ripresa non meno immediata del servizio da parte dei ferrovieri. E dal momento che i ferrovieri - soltanto per paura, a loro confessione stessa! - non riprendevano servizio, come e qualmente potevano i fascisti, calati a Roma dalle più lontane parti d'Italia, lasciare la città?
In verità, eccettuati isolati episodi, il fascismo è stato disciplinato. Sono partiti coloro che dovevano partire; sono rimasti coloro che hanno ricevuto l'ordine di rimanere.

C'è un punto, a proposito di questo scottante argomento della disciplina, sul quale i nostri censori sono vivamente pregati di riflettere ed è questo: i capi del fascismo hanno dimostrato di possedere quello che manca ai miserabili demagoghi di tutti gli altri partiti : il coraggio di dire la verità anche e soprattutto ai propri gregari. Il richiamo alla disciplina che io ho fatto alle folle fasciste dell'Augusteo, era sempre in termini aspri e durissimi. Se tutti i fascisti, dal primo all'ultimo, non lo hanno seguito alla lettera, dipende dal fatto da me ammesso nel principio di questa nota: e che cioè la disciplina non è ancora perfettissima.

Ma lo diverrà. I nostri avversari sono pregati di prendere atto che capi e gregari faranno tutto il possibile; tenderanno tutte le loro energie per sempre più e meglio disciplinare le masse del Partito Nazionale Fascista. Moltissimo si è fatto in questa direzione, ma non si fallirà alla mèta. Dopo di che vedremo a chi spetta l'onere e l'onore di governare l'Italia. - MUSSOLINI
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Ancora sulle drammatiche giornate romane....cercandone le cause

" GOVERNO "
(Il Popolo d'Italia, N. 274)
( 16 novembre 1921)

"Tutte le volte che la nazione arriva ad un episodio culminante della sua lunga e inevitabilè crisi di assestamento economico e spirituale, i cittadini sono costretti a domandarsi: c'è un Governo in Italia?
Lo stesso inquietante interrogativo è venuto alle labbra durante le giornate romane. La tesi di quelli che chiameremo i governativi è la seguente: data la situazione determinatasi a Roma, il Governo non poteva porsi, in un certo senso, al di sopra della mischia. Infierire contro i social-bolscevichi per stroncare il loro sciopero generale, non si poteva se non previo divieto della parata fascista; e poiché tale parata era stata permessa, dal momento che l'impedirla con la forza avrebbe potuto provocare un vasto spargimento di sangue, non si poteva impiegare il pugno di ferro contro il Comitato di difesa proletaria.

Questo atteggiamento di quasi neutralità del Governo, posto dalle circostanze a dover fronteggiare due forze in aperto contrasto, può essere giustificato nei confronti dello sciopero cittadino e sino a giovedì sera; non dopo e soprattutto non in confronto dello sciopero « misterioso » dei ferrovieri.
Sta di fatto:
1. che giovedì sera si effettuarono le prime partenze di fascisti, ma i ferrovieri non ripresero il lavoro;
2. che le partenze dei fascisti continuarono e si accentuarono nella giornata di venerdì, ma i ferrovieri non ripresero il lavoro. Altrettanto dicasi per le giornate di sabato e di domenica.
In conclusione: il Governo di Bonomi ha tenuto sulle sue deboli braccia per ben quattro giorni uno sciopero di ferrovieri che doveva cessare non più tardi di giovedì sera.
Alle ore diciassette di giovedì, mentre le masse fasciste erano riunite in piazza dell'Esedra, l'on. Bevione, che in quel momento rappresentava lo Stato italiano, dicesi lo Stato, assicurava che i ferrovieri avrebbero ripreso servizio alla mezzanotte. Ma a mezzanotte la stazione di Roma era deserta. Una prima «diffida» governativa ai ferrovieri ebbe un risultato irrisorio. L'Agenzia Stefani, ufficiosa, si affrettava a comunicare che i ferrovieri tornati al lavoro erano dodici, diconsi dodici, e tutti appartenenti agli uffici interni della stazione.
Lo smacco dell'autorità statale non poteva essere più clamoroso. .
I capi della sezione romana del Sindacato ferrovieri vendevano fumo al Governo, il quale continuava a trastullarsi su questa altalena: diceva ai fascisti, partite che i ferrovieri riprendono il lavoro; e ai ferrovieri riprendete il lavoro che i fascisti partono. Per uscire da questo equivoco, sono occorsi al Governo ben quattro giorni e solo domenica mattina, quando lo sciopero, per mille segni, s'avviava al suo naturale e inevitabile esaurimento, il Governo ha tolto dall'immenso arsenale dei suoi regolamenti l'articolo 56; lo ha spolverato e cacciato innanzi agli occhi dei ferrovieri riottosi. Ma non è sicuro che si debba all'atto di tardiva energia compiuto dal Governo il ritorno al lavoro dei ferrovieri.

Insomma, il Governo era, in un certo senso, disarmato dinanzi allo sciopero dei cittadini; ma non lo era affatto davanti allo sciopero dei ferrovieri, dipendenti dallo Stato e quindi sottoposto alla giurisdizione del Governo. Il ministro Bonomi doveva ricordarsene giovedì sera che esiste un articolo 56, non domenica mattina. Non v'è alcun dubbio che rispetto in particolar modo allo sciopero dei ferrovieri, l'azione del ministro Bonomi è stata insufficente, debole, e ha rivelato che la crisi di autorità dello Stato è ben lungi dall'essere esaurita.
Così non è possibile andare avanti.
Finché lo Stato. sarà assente, i cittadini dovranno sostituirsi a lui.
A nostro avviso lo sciopero dei ferrovieri romani e napoletani ha deciso le sorti del ministero Bonomi. - MUSSOLINI

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Altri interventi del 1921 - La Pacificazione .... ecc.

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