ANNO 1920  

Mussolini: dopo la sconfitta
"NAVIGARE NECESSE"

Mussolini lo abbiamo visto, lo scorso novembre con tante speranze, dopo aver condotto una campagna molto attiva, si era presentato alle elezioni -nella ciscoscrizione di Milano- con i Fasci di combattimento, ma non ha ottenuto nemmeno un seggio. Appena 4795 voti contro i 170.000 dei socialisti e i circa 74.000 dei popolari di Don Sturzo. Dunque non viene eletto nemmeno deputato.
Sembra la fine! L'uscita di scena!

Subisce perfino un arresto (per aver creato un "covo" di ribelli) poi è rimesso il libert� per l'intervento del direttore del Corriere d.S. Albertini, che ritiene che quei miseri voti presi dal suo collega -nonch� capo dei tanto celebrati Fasci di combattimento- "politicamente sia finito". A Nitti che vorrebbe lasciarlo in galera, Albertini gli consiglia di non farlo, "Mussolini � un rudere. E' uno sconfitto, non occorre farne un martire".

Pi� che per l'arresto, Mussolini era ovviamente avvilito per il clamoroso insuccesso e la figuraccia che aveva fatto dopo tanto agitarsi, dopo tanti articoli, riunioni, discorsi. "L'Avanti !" impietoso, mette in sul giornale due righe nella cronaca nera: "Ripescato dentro il naviglio un corpo. Sembra che si tratta di Benito Mussolini". E altri suoi nemici bontemponi improvvisano un funerale con la sua effige. Se vogliamo credere alla Sarfatti, Mussolini preso da un momento di sconforto, voleva mollare tutto, il giornale, la politica, le lotte: "so fare altri mestieri, il muratore, il pilota, e so suonare anche il violino, far� il magnifico mestiere del rapsodo errante". Chi mai direbbe che quest'uomo su tutta la linea perdente, in soli due anni riuscir� a prendere il potere?

Si riprende subito dallo scoramento il giorno dopo; e su "Il Popolo d'Italia" ( n.317, del 18 novembre 1919), il primo intervento a botta calda � sommesso. Ma poi a Capodanno del 1920, si lancia in un testo con un taglio poetico-letterario, promette nuove battaglie, e nella conclusione � sferzante, e anche irriverente.

Aveva scritto a urne chiuse:

 "La nostra doveva essere ed � stata una semplice affermazione, limitata alla ciscoscrizione elettorale di Milano. Non voleva essere qualche cosa di pi�. Scriviamo questo non gi� per esibire delle eufemistiche nonch� postume giustificazioni e consolazioni a noi e agli altri, ma semplicemente perch� � la pura, la sacra, la documentabile verit�. Noi siamo scesi in campo per affermarci e ci siamo riusciti. La nostra non � n� una vittoria n� una sconfitta: � un'affermazione politica. La nostra non � stata una battaglia elettorale....[...]..non abbiamo mai vantato, oltre il giusto, l'entit� e l'efficienza delle nostre forze....[...].Il nostro movimento, che ha un suo speciale carattere politico e che non deve essere confuso con altri fasci, ha appena sei mesi di vita. Non � schedaiolo. Ha accettato la lotta elettorale, ha deciso di scendere in campo perch� ci si batte non sempre sul terreno preferito, ma anche su quello che uomini, eventi e nemici qualche volta impongono.
[...].In queste specialissime condizioni l'aver accettato la lotta potrebbe costituire un titolo sufficiente di orgoglio per noi e l'aver raccolto ci� malgrado alcune migliaia di voti (4795 Ndr), di cittadini veramente nostri, perch� noi non li abbiamo in alcun modo sollecitati, pu� essere motivo di legittima fierezza. [...]. Se noi avessimo cinquant'anni di vita e di organizzazione come hanno i socialisti ufficiali o venti secoli di storia come hanno i preti, potremmo dolerci per le cifre uscite dalle urne: ma giovanissimi come siamo -e in un certo senso come desideriamo restare - dichiariamo che i risultati della consultazione attuale non ci hanno n� sorpresi, n� modificati. Rimandiamo altre considerazioni "comparative" a quando saremo in possesso di altri risultati. La "nostra" battaglia continua. Mussolini".
(Popolo d'Italia, n.317, del 18 novembre 1919)

Poi a Capodanno...il ....
 
"POPOLO  D'ITALIA, N.1, DEL 1� GENNAIO 1920 
Mussolini esce con questo titolo dal contenuto poetico-letterario, ardito, fiducioso; � deciso a lottare, ha fede nel popolo e nel finale � anche sovversivo e irriverente.
(Testo integrale)

TRA IL VECCHIO E IL NUOVO

"NAVIGARE NECESSE"

"Un anno � finito. Un anno incomincia. Un'altra goccia � caduta a perdersi nell'oceano infinito del tempo che non passa, perch� siamo noi che passiamo. E i cronisti, in quest'ora che richiama echi sentimentali, si affrettano a ricapitolare, in tutte le manifestazioni salienti della vita individuale e collettiva, l'anno che fu. Certamente tempestoso � stato il primo anno di pace. La bellicosit� innata e immortale, checch� si dica dei rammolliti dl pacifismo arcadico e arcadigheggiante, si � semplicemente spostata nello spazio e dalle trincee � venuta a manifestarsi nelle piazze e nelle strade delle citt�. Tutta Europa, e non soltanto l'Italia, � stata percossa e scossa dai "bradisismi" sociali. Il movimento continua e il travaglio oscuro e tormentoso dei popoli all'interno e all'esterno non � cessato. Ha delle soste e delle riprese acute; modifica, attenua o esaspera le sue espressioni, ma l'equilibrio psicologico non � ancora dovunque raggiunto.
La crisi economica � aggravata da una vera e propria crisi di nervi. Noi non ci facciamo illusioni. Non entriamo nel 1920 con la speranza che le cose ritorneranno alla normalit�. Anzitutto: in quale normalit�? Nuove e fiere lotte ci attendono, poich� molti dei problemi che furono posti devono essere risolti o negati. Comunque, non ci associamo al pessimismo imbelle e nemmeno ci lusinghiamo in un ottimismo panglossiano.
L'esame della situazione generale italiana � tale da confermarci al nostro ottimismo basato sulla realt� e sulla nostra volont�. La pace che l'Italia non ha ancora - a quattordici mesi dalla sua vittoria!- e che avr� attraverso un faticoso compromesso diplomatico, qualunque sia, nei riguardi territoriali, non potr� annientare lo "slancio vitale" dal quale sembra animata la nostra nazione. Pu�, anzi, acutizzarlo, tonificarlo. Qualcuno si meraviglia della nostra incrollabile fede nell'avvenire del popolo italiano. Si tratta, in genere, di individui affetti da "masochismo" nazionale. Oppure, di persone che vedono soltanto il lato pi� rumoroso e superficiale dell'attivit� nazionale e da quello appaiono ipnotizzate. Quella che chiama "politica" non � che una parte, nella vita complessa di una collettivit� umana. Al di sotto o al di sopra di quella detta comunemente "politica" ci sono mille forme d'attivit� -silenziose e ignorate- che avviano un popolo alla grandezza.

Al di l� e al di sopra degli schiamazzatori parlamentari e comiziaioli, ci sono, in ogni nazione, alcune centinaia di migliaia di persone che "lavorano". Accanto e al di sopra degli Abbo e dei Barberis ci sono degli uomini che si affaticano su gli alambicchi, che "ricercano" nella materia inerte le fonti vive della ricchezza, che "osano", che trafficano, che navigano, che producono; e quest'ultima parola non va intesa nel gretto senso materialistico delle "cose", ma in quello pi� alto che abbraccia tutti i valori della vita: il poeta, il musicista, l'artista, il filosofo, il matematico producono e produce anche l'astronomo che dalla sua specola remota segue e scruta gli innumerevoli mondi stellari. 

I nomi di tutti questi individui non escono quasi mai dal ristretto cerchio della loro scuola, della loro categoria, del loro cenacolo; non corrono sui giornali, se non in occasioni rarissime, ma tuttavia � a questi produttori della materia e dello spirito che le fortune sostanziali e immanenti della nazione sono affidate.

Per l'anno nuovo, noi prendiamo, quale parola d'ordine, il motto che prima di essere dell'anseatica Brema, fu di Roma imperiale: navigare necesse.  Navigare non soltanto per i mari e per gli oceani. Che l'Italia di domani debba navigare va diventando verit� acquisita alla coscienza italiana: non la croce vorremmo vedere sullo stemma nazionale, ma un'ancora o una vela. E' assurdo non gettarsi sulle vie del mare, quando il mare ci circonda da tre parti. Ci sono anche in questo campo dei "frigidi pessimisti" dall'anima perdutamente e irrimediabilmente libresca, che sollevano delle obiezioni e dei dubbi: poveri di spirito che saranno sorpassati dalla realt� dei fatti. Ma per noi "navigare" significa battagliare. Contro gli altri, contro noi stessi. La nostra battaglia � pi� ingrata ma � pi� bella, perch� ci impone di contare soltanto sulle nostre forze. 

Noi abbiamo stracciato tutte le verit� rivelate, abbiamo sputato su tutti i dogmi, respinto tutti i paradisi, schernito tutti i ciarlatani -bianchi, rossi, neri- che mettono in commercio le droghe miracolose per dare la "felicit�" al genere umano. Non crediamo ai programmi, agli schemi, ai santi, agli apostoli; non crediamo soprattutto alla felicit�, alla salvazione, alla terra promessa. Non crediamo a una soluzione unica - sia essa di specie economica o politica o morale- a una soluzione lineare dei problemi della vita, perch� - o illustri cantastorie di tutte le sacrestie- la vita non � lineare e non ridurrete mai a un segmento chiuso fra bisogni primordiali. Ritorniamo all'individuo.  Appoggeremo tutto ci� che esalta, amplifica l'individuo, gli d� maggiore libert�, maggiore benessere, maggior latitudine di vita; combatteremo tutto ci� che deprime, mortifica l'individuo. 

Due religioni si contendono oggi il dominio degli spiriti e del mondo: la nera e la rossa. Da due Vaticani partono, oggi, le encicliche: da quello di Roma e da quello di Mosca. Noi siamo  gli eretici di queste due religioni. Noi, soli, immuni dal contagio. L'esito di questa battaglia �, per noi, d'ordine secondario. Per noi il combattimento ha il premio in s�, anche se non sia coronato dalla vittoria.
Il mondo d'oggi ha strane analogie con quello di Giuliano l'Apostata. Il "Galileo dalle rosse chiome" vincer� ancora una volta? O vincer� il Galileo mongolo del Kremlino? Riuscir� ad attuarsi il "capovolgimento" di tutti i valori, cos� come avvenne nel crepuscolo di Roma?

Gli interrogativi pesano sullo spirito inquieto dei contemporanei. 
Ma, intanto, navigare necesse. Anche contro corrente. Anche contro il gregge. 
Anche se il naufragio attende i portatori solitari e orgogliosi della nostra eresia.
Mussolini.

(Popolo d'Italia, n.1, del 1�  gennaio 1920)


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