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CRONOLOGIA

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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1918 (19)

GRANDE GUERRA - I CIMITERI DI GUERRA

Il cimitero-ossario di Redipuglia

(L'argomento trattato sotto, viene integralmente preso dal Consuntivo Ufficiale - Pubblicazione Nazionale dell'anno 1928; Testo a firma di Giannino Antona-Traversi-Grismondi)
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(i testi sono integrali e fedeli alla citata "Pubblicazione" che possediamo in originale)
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Da pag. 449 a pag. 461

"I morti della Grande Guerra, sono più di settecentomila: numero immenso, spaventoso, senza dubbio, che certi declamatori di fratellanza universale hanno tante volte evocato, quasi a schierarlo, torma immane di fantasmi, davanti alle turbe intontite, perché maledicessero la guerra, anche dopo la vittoria. Ma hanno essi mai imprecato contro il destino, seminatore cieco di altre stragi ? contro le forze oscure della natura, che si scatenano improvvise a distruggere intere città ? contro le terribili epidemie, come quella che, nel volgere di un anno, e proprio l'ultimo di guerra, fece un numero di vittime assai maggiore, troncando essa pure quasi tutte giovani esistenze ? La pace sarebbe, dunque, per loro l'eternità della gente sulla terra ? Ma non vedono, in pie, l'uomo che si abbatte, roso dai mali, soffre i peggiori tormenti e tutto a forza disperatamente abbandona ? Non sentono, non vogliono sentire quale più bella, più pura morte sia quella del soldato sul campo ? Morte imposta quella, morte voluta questa; vita divelta la prima, vita donata la seconda; fine che ha un fine; cadere che é un risorgere; gelo di un corpo, donde balza la fiamma di un'anima; ombra che illumina gli estinti e i vivi, perché gli uni e gli altri irradia di gloria ! Unica morte, della quale anche l'inconsolabile cuore d'una madre un poco, a tratti, riconsolare si possa, pensando che, se a lei fu cruda, ad altri almeno fu feconda; unica morte ch'ella non veda come una condanna cieca, e non le faccia chiedere perdutamente
« Perché ? ». « Per la grandezza della patria ! », le risponde la voce trasumanata del figlio, e la madre va dietro la memoria di lui, circonfusa di luce !

Settecentomila !
Ma un grande popolo non conta i suoi Morti se non per onorarli, dando loro prova tangibile della sua memore riconoscenza, del suo culto perenne.

* * *

Subito dopo l'armistizio, le varie unità militari, dislocate nel territorio dell'ex-zona di guerra, attesero, ciascuna in proprio, a un primo risanamento del campo di battaglia, raccogliendo salme sparse e assestando cimiteri.
I regi decreti 13 aprile e 19 maggio 1919 istituivano, dandole sede presso il ministero dell'interno, una Commissione nazionale per le onoranze ai Caduti; e, con decreto-legge 29 gennaio 1920, l'ordinamento di tutto il servizio di polizia mortuaria veniva affidato al ministero della guerra (Direzione generale di sanità militare), a ciò che lo reggesse un criterio unico e un'opportuna disciplina.
Come organo esecutivo si stabilì in Udine uno speciale ufficio, denominato Ufficio centrale per le cure e le onoranze alle salme dei Caduti in guerra (C. O. S. C. G.), con a capo un ufficiale superiore (attualmente ha ora la sede a Padova).

Suddiviso il vasto campo di azione, dallo Stelvio al Brennero e al monte Nevoso sino al mare, in cinque zone Brescia, Trento, Treviso, Udine e Gorizia, ciascuna di esse assegnarono a una sezione staccata.
L' Ufficio centrale provvide a ricercare il personale adatto (2), a ordinarlo e istruirlo; prontamente appa
recchiò tutti i mezzi necessari, dispose quanto occorresse per gli alloggiamenti in luoghi lontani e disagiati, impiantò laboratori di falegnami, fabbri e cementisti.
Ogni sezione staccata ebbe un numero bastevole di ufficiali subalterni e di cappellani militari, compagnie di lavoratori, squadre di disinfezione, reparti automobilistici e carreggio.
(1) L' Ufficio C. O. S. C. G. ha avuto alle sue dipendenze: 10 compagnie lavoratori, 22 sezioni disinfezione, 5 sezioni carreggio, 4 squadre automobilistiche. In complesso: 95 ufficiali, 27 cappellani, 3550 uomini di truppa, 650 quadrupedi, 105 automezzi.

* * *
Primo e più arduo compito dell' Ufficio: far riconoscere a palmo a palmo l'intero campo di battaglia, ove rintracciare ogni umile tomba isolata ed esumarne la salma, rinvenire oni cadavere disperso, ogni scheletro,
raccogliere anche sparse ossa.
Determinata ogni zona, i soldati dell' Ufficio, divisi a squadre, sotto la guida esperta e vigile di cappellani
di ufficiali, il maggio 1920 incominciarono l'immane lavoro.
Infaticati per sole e per pioggia ascesero le Alpi sino alle cime più alte, affondando nella neve, arrampicando sui ghiacciai, calandosi nei crepacci.
Si inerpicarono per dirupi e alte vette, rasentarono precipizi, si inabissarono in gole paurose, in burroni, scrutando baratri, fiutando ogni impronta umana seguendo ogni traccia di sconvolgimento d'artiglieria.
Le petraie del Carso desolato, Calvario glorioso alla III Armata, li videro curvi fra i grovigli dei reticolati contorti, entro i camminamenti, frugando ogni dolina, penetrando in ogni caverna.
Per campi e paesi che, profanati dal nemico, avevano saputo il più cupo dolore, ma sentita poi la più intensa gioia della liberazione, andarono essi, i ricercatori pietosi, aguzzando la vista tra i filari delle viti, giù nei fossati, nei cortili colonici, entro gli orti, i giardini delle ville, dovunque, già che in ogni luogo, ogni cantuccio era stato asilo di morte per i nostri.

Andarono di là dal Piave divino, dove il sangue dei diciottenni celebrò la prima olimpiade della nuova gioventù d' Italia.
Andarono dal monte al piano, per luoghi ancora pieni d'insidie, seminati di bombe inesplose, onde vittime nuove si aggiunsero alle antiche; ma non si scoraggiarono i superstiti: avanti sempre avanti - o fraterna carità ! - sin dove membra umane erano rimaste a segnare la fede e l'amore della patria !
Mirabile virtù del soldato italiano, il quale perpetua in pace le qualità intime, proprie della razza, illuminate dalla guerra: il dispregio del pericolo, l'ardimento, la tenace resistenza alla fatica, la facile sopportazione dei disagi (oh, misera vita tra rupi e selve, in baite e baracche !), la forza di sacrificio e di abnegazione, la grande bontà !

Quante soste nell'aspro cammino !
Il tempo aveva molto avanzata, se non già compiuta, la sua distruzione.
Non più cadaveri intatti, fuor che nei geli dell'alta montagna; e casse interamente sfasciate sotto la terra in buche o in pozze profonde.
Lungo, estenuante, macabro lavoro: e da compiersi ogni volta con devozione di rito
Raccogliere le ossa a una a una, disinfettarle, ripulirle dal fango che le avvolgeva, e, a una a una, ricollocarle in bare nuove: anche queste fatte da mani di soldati, le sole degne di rendere onore, l'ultimo onore, ai loro compagni.
Sui monti, là dove non si potevano portare le casse, le spoglie gloriose erano collocate in teli da tenda o in sacchi impermeabili; e il prezioso fardello calavano i soldati con corde giù dai picchi, e lo portavano tra balze e rocce, a spalla, a braccia sin dove si aprissero sentieri accessibili e attendessero coi loro basti i buoni muli, e più giù le comode carrette.

Molto spesso soste più lunghe, per un compito più delicato e insieme più penoso.
Quante salme abbandonate sul campo, o affioranti fuor dal terreno, o adunate, frammischiate in fosse comuni, senza un minimo segno esteriore che le distinguesse ! E quante rozze croci di legno già imputridite, dalle quali é svanito il nome del defunto !
Perché non sempre poté lo zelo dei nostri cappellani chiudere nella bara, e porre accanto al cadavere, sepolto in fretta, la provvidenziale bottiglia con dentro un foglietto su cui si leggessero le generalità del defunto per un futuro riconoscimento. Eran morti nella gloria, e Dio, e non gli uomini, li avrebbe riconosciuti !
Trepida speranza di identificare ogni salma !
Si indossano camici, si calzano guanti di gomma, si ricerca fra le carni disfatte, fra le ossa scomposte e il terriccio: si ricerca il piastrino rivelatore.
Ahimè ! ben pochi se ne trovano. Come immemori di poter morire, i nostri soldati non ne ebbero cura.... se pur non lo gettarono via, temendone sfortuna.

Frugano allora, fra gli indumenti, già sfilacciati e corrosi, a rintracciarvi una lettera, un foglio, un oggetto particolare, che servano di indizio. Nulla, il più delle volte ! Allora si tolgono dalla giubba le mostrine, le fiamme, i distintivi del reparto e del grado; e tutto viene messo da parte, e poi spedito all' Ufficio centrale per ulteriori ricerche.
Per ogni esumazione e trasporto di salma si compila un verbale, firmato dal cappellano o dall'ufficiale e da due soldati, con indicazioni precise sullo stato della salma, non che uno schizzo segnante il luogo dove sia stata ritrovata. (vedi nota in fondo)


Tutte le salme raccolto sono avviate a posti di concentramento, chiese o cappelle, e da questi ai recinti che 1' Ufficio ha designati per la loro tumulazione.
Sopra ogni bara, il nome dell'estinto, o la inquietante parola: Sconosciuto.
(1) Vedi nota in fondo.

Là, presso alle pietre e alle zolle, ancor rosse in profondo, dove s'era compiuta la sua gesta, là dove era stato il suo destino: abbattersi folgorando, là sul campo supremo di sua gloria avrebbe dovuto rimanere per sempre l'eroe !
Pace, pace inviolata e inviolabile, alle povere ossa martoriate, là dove la pietà dei fratelli le aveva adagiate !
Ma come togliere al tempo la sua potenza ingiuriosa ? Come sottrargli tante sacre spoglie, e serbarle, tangibile meta, alla nostra sete affettuosa di ricordi ?
E come non rendere agevoli le vie verso le tombe ai superstiti in gramaglia e ai devoti della Patria ?

Quando fu costituito l'Ufficio di Udine, i recinti contenenti salme di militari, ammontavano a 2876, ed erano sparsi lungo una estensione di circa 400 km.
La maggior parte, data la grande prevalenza del nostro fronte montano, erano su alte cime, in regioni impervio, lontani dai centri, e per ciò, non solo soggetti alla inclemenza delle stagioni e di malagevole custodia, ma di difficile se non impossibile accesso la maggior parte dell'anno. I più prossimi alla linea del fuoco erano stati costruiti come meglio avevano consentito le dure necessità del momento. Taluni, che si reputavano sicuri, avevano poi subita la furia delle granate nemiche, che li avevano interamente sconvolti. Altri erano troppo angusti, perché vi si potessero inumare le salme intorno ricuperate. E ve ne era anche di quelli che non rispondevano alle volute norme igieniche.
Di qui la necessità di sopprimere moltissimi cimiteri sperduti, ampliarne altri, erigerne di nuovi, ove possano i prodi riposare eternamente nella pace di Dio, dopo il giusto combattimento contro gli uomini.

Oggi i cimiteri puramente militari sono 349; e i cimiteri civili ampliati, 203. In altri 1396 camposanti, pure civili, nell'ex zona di guerra, giacciono salme di nostri soldati.
In compendio, si sono raccolte circa 70.000 salme sparse; e, nel lavoro di riordinamento, le esumate e riseppellite ammontano a 175.000.

* * *

Alle mani dei fanti si deve anche il miracolo di questi cimiteri di guerra: alle loro mani, tenaci e pazienti, che, deposte le armi micidiali, ripresero a usare gli arnesi di un tempo: la zappa, il badile, il piccone, la cazzuola e lo scalpello.
Come fu disposto dalla Commissione nazionale, l'Ufficio C. 0. S. C. G. ha dato ai cimiteri di guerra e alle tombe dei Caduti, ovunque esse sono, assetto provvisorio; e perciò semplice ed economico.
Dalla stessa Commissione saranno presto emanati gli ordini per il loro assetto definitivo, con carattere di perpetuità e di maggiore decoro.
Il più dei cimiteri si ebbero un muro di cinta; gli altri, siepi di ferro spinato. Sopra le tombe, croci di legno, lapidi o cippi di cemento, con una targhetta smaltata, portante il nome e il cognome del defunto, il reparto cui egli appartenne, e la data della sua morte.
L'oscurità delle salme, che non si sono potute identificare, si illumina con queste parole:
Caduto per la patria.

- La pietà generosa del comitato della Croce bianca femminile di Milano, presieduto da donna Annunciata Meda, ha adornato ogni cimitero con una bellissima lampada votiva di bronzo.
Alcuni cimiteri sono intitolati al nome dell'eroe più fulgido, in essi sepolto; altri sono contraddistinti con un motto, che celebra il valore collettivo dei nostri soldati, o ricorda le posizioni state più fieramente contrastate al nemico: «Invitti della III Armata » (Redipuglia); « Cimitero degli Eroi » (Gorizia); « Eroi del Cadore » (Fiammes); « Eroi del Mantello » (Giavera); « Aquile delle Tofane » (Pocol); « Gloria d' armi » (Tonezza); « Brigata Liguria» (Pasubio).
Ogni cimitero ha un'epigrafe.

* * *

Cimiteri di guerra !
Grandi cimiteri, prossimi alle città, e ai quali vengono di frequente i congiunti e i non immemori.
Cimiteri reconditi, remoti, sulle vie aspre della guerra, che veggono soltanto a quando a quando, prona sopra una fossa, qualche pellegrina di dolore e di amore.
Cimiteri, in cui vive l'arte, fiore e fulgore di nostra razza gentile, adorni di lapidi e di monumenti, tributo affettuoso di parenti, di superiori e di compagni! ((1) Nel cimitero di Aquileia, dietro la basilica augusta, il Cristo del Furlan e l'Angelo della pietà, di E. Ximenes, dono di S. A. R. il Duca d'Aosta. Nel cimitero di San Giacomo di Bolzano un monumento, opera del tenente Pinzuti).

Sterminato asilo di morte a Redipuglia !
Adunata solenne di tutti gli eroi del Carso !
Li commemorò, il 24 maggio 1923, S. A. R. il Duca di Aosta, reduce sui campi delle sue battaglie e della sua gloria; e alla parola alata, commossa del loro Duce invitto, magnanimo Principe e amorosissimo Padre, parve che tutti dalle loro celle terrestri levati apparissero, e, a uno a uno, rispondessero: « Presente ! ».
30.000 salme.

Nei primi due gironi in alto, gli ufficiali: 463; negli altri i militari di truppa. Solo 5860 tombe hanno un nome.
Venti medaglie d'oro danno al sacro recinto più grande luce di gloria.
Quel cimitero non somiglia a tutti gli altri, ma ha carattere militare. Là non alberi, non fiori, non viali coperti di ghiaia; non, sulle fosse, i consueti simboli cristiani in legno o in cemento, ma l'aspetto sassoso e
brullo del Carso, con sterpi e ciuffi d'erba scolorata, qualche raro arbusto; i tumuli allineati tutto intorno in vari gironi, i grandi gironi della morte, sino alla sommità (Per quattro anni un distaccamento all'Ufficio C. O. S. C. G. scavò nella viva roccia, mediante 21.000 mine, le tombe in gironi concentrici, lunghi 22 km., e divisi in sette settori.).

Per ogni tomba un cimelio di guerra.
E vedono ancora, intorno al segno del martirio e al suo color vermiglio ti sangue, vedono un candido d'ali in ghirlanda: le mille ali angeliche della pietà, che tra il nembo seminò l'amore; e volgono il loro reverente pensiero a un'Augusta Signora, S. A. R. la Duchessa ti Aosta, la quale terse tanto sangue splendente, bendò tanto raggiante dolore, e confortò tanti eroici morenti.

I SOLDATI IGNOTI (epigrafi)

- Che t'importa il mio nome? Grida al vento:
« Fante d' Italia ! », e dormirò contento !
- Vuoi sapere chi sono ? Percorri il mio cammino,
sosta ove caddi, e cerca nel fango il mio piastrino.
- Se non mi vide alcuno quando caddi riverso,
io voglio mi si chiami; « Ignoto », e non « disperso ! ».
- Sono uno dei settecentomila !


Sacri recinti, verso i quali tante povere anime sono continuamente protese; altari ai cui piedi si prostrano quanti sappiano nutrire una santa eredità di affetti.
Pellegrini di ogni giorno, donne e uomini di ogni classe e di ogni età: veneranda canizie, resa più sacra dal dolore, e giovani teste, su cui la sciagura si abbatté come una scure.
Vengono i più da lontani paesi; e hanno con sé i fiori dell'offerta; i lunghi ceri da accendere sulle fosse, e - santo orgoglio materno ! - il piccolo ritratto da apporre sulla croce.
Sui tumuli cari flettono le ginocchia e inchinano i cuori straziati.
Scoppi di pianto, singhiozzi sommessi, o lacrime mute più laceranti ancora; e talvolta anche silenzio senza lacrime, nel volto impietrito. Stupori, estasi di fede. Lunghe soste nella preghiera, tumultuando i ricordi: la vita lieta di un tempo, la chiamata improvvisa alle armi, il distacco crudele, l'ultima benedizione dei vecchi, l'ultimo bacio sulle labbra convulse della sposa, l'ultima carezza tremante su piccole teste ignare.
Le ore passano, non contate. Il tempo non é più ! La realtà si confonde col sogno; il presente col passato. Non sanno staccarsi di là quegli afflitti, come non sazi di assaporare la loro pena !

Ogni cimitero fu solennemente consacrato, presenti le autorità, la popolazione del luogo e una rappresentanza dell' Ufficio C.O.S.C.G. - Fiori, fiori ricoprirono le tombe, e parole commosse salutarono le anime dei prodi, onde l'acre s'irradiò benedetto.
I comuni ebbero poi i recinti in consegna ufficiale. Ciascuno ha un custode rimunerato.
Di quello di Case di Viso si ascrisse la vigilanza ad onore un vecchio garibaldino, chiedendo per sé un solo compenso: essere, a suo tempo, sepolto anch'egli là dentro, fra la giovinezza per cui si é compiuto il sogno sognato dalle Camice rosse.
Le ossa che non si sono potute ricomporre in forma umana sono state raccolte in ossari, come a Castagnevizza del Carso, a Monfalcone e a Gorizia.
-

Sul frontone di essi sono scritte le seguenti parole:
« Oscure ossa scongiunte sotto la terra
Anime luminose ricongiunte nel Cielo ! ».


Per volere del Comando della le Armata, un ossario monumentale é sorto sul Colle di Bellavista, dinanzi al Pasubio:

« .... Monte Pasubio,
montagna santa d'Italia,
azzurre e bianche torri,
guardie della Patria ! ».

Altri ossari stanno per sorgere, con l'aiuto dei privati, sul Grappa, sul Montello e al Passo del Tonale.
E non per i nostri soldati soli.
Uguale tributo ai figli di altre patrie, a noi concordi in patti di alleanza, ai fratelli d'oltre ogni confine, caduti sul nostro fronte. Insieme coi nostri combatterono strenuamente, militi di una medesima ribellione all'orgoglio della forza, difensori di giustizia, assertori di civiltà, e coi nostri é giusto che riposino in compagnia di gloria: ammonimento ai superstiti che proseguano insieme le opere di pace tenacemente, come sino alla vittoria condussero le opere di guerra.

* * *
Ma anche verso i Caduti nemici l'Italia fu, come sempre, maestra di generosità.
Ai valorosi di qualsiasi campo é patria il cielo, che avvolge immenso la piccola terra. I monti si appianano
con la morte, i confini si cancellano, e gli odii placati si confondono in un unico amore, che é luce universa.
Questo I' Italia sente; e per ciò ha iscritto sul cimitero di Bove:
"Oltre il rogo non vive ira nemica ! ».

* * *
Così dallo Stelvio al mare, per quella immensa lista di terra consacrata dalle nostre armi alla storia, la patria ha incominciato ad assolvere il suo debito verso il più bel fior purpureo della sua stirpe. E lo compirà intero. Il proposito ne é ben fermo. I suoi figli, caduti per la sua grandezza, non vagheranno, ombre dolenti, a chiedere elemosina di ricordi, ma staranno luminosi a riceverne l'omaggio: staranno là, vigili e veggenti, e le loro tombe saranno un termine e un principio di cammino.

* * *
Pace, dunque, a Tutti sotto il segno della croce la più degna pace, conquistata da Voi, martiri, in sacrificio: la più profonda e immacolata pace. GIANNINO ANTONA-TRAVERSI-GRISMONDI.

NOTA
Grazie a tale preveggenza furono identificate varie salme, delle quali si conosceva il posto preciso dove erano state inumate. Altre furono rintracciate sul campo di battaglia dagli ex-cappellani reggimentali e da antichi compagni dei Caduti, fatti venire al fronte per le opportune ricognizioni. Altre furono riconosciute dai congiunti, chiamati ad assistere alle esumazioni, per certi tratti scheletrici particolari, postumi di ferite, denti mancanti o denti d'oro.
Una salma fu rintracciata in un bosco, mediante una fotografia dell'albero, davanti a cui un camerata l'aveva sepolta.
L'Ufficio C. O. S. C. G. ha una sezione speciale detta sezione identificazioni, dove si vaglia ogni cosa, e, secondo gli indizi, si impostano le ricerche, le quali sono così minute, accurate e pazienti, che più di una volta si giunse alla luce attraverso spiragli tenuissimi.
Una salma fu identificata grazie a un semplice foglietto, su cui era segnato un numero della rete telefonica di Milano; un'altra, mediante una fotografia, sotto alla quale era scritto soltanto un nome di donna e un nome di paese; un'altra con un tallone di vaglia postale, molte altre per mezzo degli oggetti personali, che l'ufficio ebbe cura di far fotografare e riprodurre in varie riviste illustrate, e che i congiunti riconobbero come appartenenti ai loro cari.

Due specie di piastrini furono usati in guerra:
Il primo era un rettangolo di zinco, sul quale, con apposito inchiostro, erano scritti il nome e il cognome del soldato, il reparto cui appartenevano, la sua classe e la sua categoria. Veniva cucito sotto il risvolto della giubba, tra il secondo e il terzo bottone.
Ma poiché, durante la guerra, fu necessario annotare anche le varie iniezioni che il soldato doveva subire, venne adottata un'altra forma di piastrino, ch'egli portava al collo come una medaglia una piccola custodia di latta, entro cui era una striscia di carta, piegata in tre.
Sui pochi piastrini rintracciati, la carta era tutta macerata, e le scritte quasi illeggibili: onde un lungo lavoro per giungere a decifrarne i dati segnalativi.
Basti un esempio. Nei vari pezzi di carta di un piastrino, ripuliti con acidi si intravidero solo, mercé l'aiuto delle lenti, le due prime lettere del nome del Caduto: Nelle prime e le ultime lettere del paese d'origine: Ca.... ello, la classe, il mese di nascita e la paternità. Si ricercarono allora nell'elenco dei comuni tutte le città i paesi e le frazioni, i, cui nomi incominciassero e terminassero in quel modo: Ca.... ello. Si scrisse ai vari sindaci, perché comunicassero i nomi di tutti i loro morti, con l'indicazione dei reggimenti rispettivi. Poi ai diversi depositi, perché partecipassero dove ognuno di essi era caduto. E così, dato il luogo in cui fu rintracciata la salma (quota 144 sul Carso), risultò che il defunto era il soldato Nizzola Nicolò, nativo di Campobello. Né rimase dubbio alcuno sull'identità di lui, perché corrispondevano pienamente la classe, il mese di nascita e la paternità
In tutto furono identificate oltre 4000 salme italiane, e 1000 di ex-nemici.

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CURIOSITA': IL PIU' GRANDE CIMITERO DEL MONDO

II più grande del mondo - se queste cose tristi e amare possono essere classificate così - è quello di Verdun, dove per tutto il 1916, in quattro lunghe fasi, si svolse una terribile battaglia tra 43 divisioni tedesche guidate dal Kronprinz e 73 francesi guidate dai generali Pétain e Nevelle. Le perdite furono spaventose: e oltre ai morti e dispersi di cui parliamo più avanti, ci furono 470.000 feriti.
Nella zona sono disseminati 28 cimiteri tedeschi e una trentina di francesi, oltre ad americani, inglesi, indiani e marocchini. I tedeschi sepolti sono 160.000 e 180.000 i francesi. Forse nessun centro del mondo può offrire una legione infinita di croci come questa. Sulla collina di Douaumont c'era un forte tenuto prima dai francesi e poi conquistato dai tedeschi. L'8 maggio 1916 la casamatta che conteneva le munizioni saltò in aria (e non si sa ancora perché): nell'esplosione, in un colpo solo, morirono 7.000 soldati del Reggimento di Brandeburgo. Il forte passò poi nuovamente ai francesi, e su quell'altura insanguinata, alla fine della guerra, venne costruito un ossario nero e pauroso, che rassomiglia a una porzione di forte della Linea Maginot. In quell'ossario sono raccolti i resti di centomila soldati, ma tutt'intorno, e collegate fisicamente a esso, fioriscono in file immense le croci di gente di cui non si conosce il nome.
I soldati ebrei hanno sulla tomba la stella di Davide quelli francesi la croce di Lorena, quelli tedeschi la tipica croce germanica. In ogni cimitero tedesco si trova un libro con la lista completa dei nomi e un registro su cui i visitatori possono scrivere un loro pensiero. I tedeschi hanno un'associazione (il Volksbunc Deutsche Kriegsràberfùrsor ge e. V.) con fondi propri e del governo che cura tutti i cimiteri dei Caduti in tutto il mondo; i francesi hanno a tale scopo una sezione ministeriale che si occupa, oltreché degli scomparsi, anche dei veterani.
Allo Chemins-des-Dames, tra Soisson e Laon, si trovano ancora cannoni e mortai abbandonati nei campi. Davanti alla Grotte du Dragon, a quota 304, le trincee segnano lunghi solchi che il tempo non ha ancora riempito. Qui si svolsero selvagge, atroci cariche alla baionetta e qui dalla terra le baionette affiorano ancora, dopo più di cinquant'anni. Quella terra è un doloroso reliquiario di adolescenti, che la pietà dei visitatori rende ancora vivo,
ma anche un monito,
che purtroppo... non sembra dire niente a nessuno. - r. l.

- dalla PUBBLICAZIONE NAZIONALE UFFICIALE (da pag.439 a pag. 445.
(con l'assenso del capo del governo), 1928
- Il cimitero più grande del mondo, da "Storia illustrata" n. 299, ottobre 1982.

 

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