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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1918 (10)

ITALIANI IN ALBANIA, MACEDONIA, FRANCIA E IN MANCIURIA

L'OPERA DEL XVI CORPO D' ARMATA ITALIANO IN ALBANIA NEL 1918 - LE AVANZATE TRA IL DEVOLI E L'OSSUM E DALLA VOJUSSA AL SEMENI; LA CONQUISTA DELLA MALAKASTRA; LA PRESA DI FIERI E DI BERAT - LO SCHIERAMENTO DELLE FORZE ALLEATE E NEMICHE IN MACEDONIA - LA GRANDE OFFENSIVA DEL SETTEMBRE-OTTOBRE 1918 - L'OPERA DELLA 35° DIVISIONE ITALIANA - GLI ITALIANI INSEGUONO I BULGARI - L'ARMISTIZIO - L'AVANZATA IN ALBANIA: OCCUPAZIONE DI DURAZZO, TIRANA, SCUTARI, DULCIGNO E ANTIVARI - L'OPERA DEL II CORPO D'ARMATA ITALIANO IN FRANCIA: LA BATTAGLIA DELL'ARDRE E DI BLIGNY; DALL' AISNE ALLA MOSA - GLI ITALIANI IN MURMANIA E IN MANCIURIA
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L'OPERA DEL XVI CORPO D'ARMATA ITALIANO IN ALBANIA NEL 1918

I Soldati italiani non si coprivano di gloria soltanto sul Piave e sugli Altipiani, ma anche fuori d'Italia in Albania, in Macedonia, e in Francia. Come vedremo più avanti, andranno perfino in Macedonia.

Il Albania, fra le alte valli del Devoti e dell'Ossum, con il concorso di truppe francesi, le truppe italiane effettuarono con pieno successo, nei giorni 15, 16, 17 maggio, una serie d'operazioni destinate a ridurre il saliente molto pronunziato formato dalla linea delle posizioni occupate dal nemico e a portare il fronte sopra una linea più vantaggiosa segnata dalle località di Cerevoda e di Protopapa. Nonostante le grandi difficoltà del terreno in un paese montagnoso privo di strade e nonostante la vigorosa resistenza del nemico, che contrattaccò ripetutamente, gli italiani raggiunsero tutti gli obiettivi, avanzando al centro per una ventina di chilometri, e catturando numerosi prigionieri.

All'azione concorsero le bande albanesi al servizio degli italiani; una colonna di 2 battaglioni di truppe indigene appoggiata da un gruppo di batterie italiane da montagna e preceduta da due gruppi di bande operò per il ponte Zapani; un'altra colonna formata di sole bande occupò i monti di Bocika fino a Celevoda e stabilì in tal modo il collegamento del fronte italiano con quello francese alla testata della Tomorica e dell'Ostrovica.

L'azione di maggio fu continuata nei primi di luglio allo scopo di conquistare la giogaia della Malakastra, che in mano agli Austriaci minacciava il campo italiano trincerato di Valona. Preparata fin nei più minimi particolari, d'accordo con i francesi che dovevano operare alla destra, l'azione fu fissata per la fine della prima settimana di luglio.
Alla mezzanotte del 6 luglio, una colonna italiana, composta di due battaglioni di guardie di finanza, e di due battaglioni di milizie e bande albanesi e comandate dal colonnello TREBOLDI, passò la Cerevoda e all'alba attaccò le posizioni nemiche del Tomor; non riuscì però ad espugnarle e ad avanzare perché la resistenza austriaca fu tenace, mentre il concorso di una colonna francese, che doveva fortemente sostenere l'ala destra italiana, venne a mancare.

Al centro, i Bersaglieri della colonna comandata dal generale ROSSI, durante la notte, passarono la Vojussa per puntare su Zabochica, sulla strada di Berat; alla sinistra, mentre navi italiane da guerra e monitori inglesi incrociavano sul mare per appoggiare le operazioni terrestri, la colonna del generale NIGRA, composta da una intera divisione e della cavalleria, occupò il bosco di Ferasa.
All'alba, del 7 luglio le colonne italiane avanzarono e attaccarono le posizioni nemiche. La colonna Treboldi, sperando di esser sostenuta dai Francesi, attaccò di nuovo il Tomor; alla sinistra la colonna Vigra assalì le alture tra Levani e il Monastero di Pojani, e vincendo la fortissima resistenza nemica se ne impadronì, mentre gli squadroni del "Catania" e del "Palermo" insieme con lo squadrone sardo, con brillante manovra si lanciavano in avanti tra le alture e le paludi costiere, piombavano arditamente su Fieri, raggiungevano i ponti di Metali, sul Semeni, portavano lo scompiglio nelle retrovie avversarie e catturavano moltissimi prigionieri, fra i quali alcuni aviatori con i loro aerei. Al centro i bersaglieri, attraverso gravi difficoltà di terreno, procedettero celermente per Izvori e i fanti, comandati dal generale Rossi, assalirono risoluti il nemico e Kafa Giava.

Tranne che il Tomor, la giornata del 7 luglio si chiuse con il vantaggio italiano. Nelle prime ore dell'8 cadeva in potere il Maja Sicovum e le difese nemiche del Glava cadevano sotto l'impetuoso attacco dei fanti del Rossi, che incalzarono gli Austriaci per il versante opposto della Malakastra di concerto con i bersaglieri risalenti il monte Zelenick.
Anche al Tomor la resistenza nemica cedeva e le truppe del colonnello Treboldi occupavano la linea, Terbuhova-Selletta di Costanza.

I1 9 luglio l'avanzata italiana proseguì incalzando il nemico in ritirata: la colonna Nigra giunse al ponte di Motali sul Semeni che il nemico fece saltare; la cavalleria giunse al ponte di Iagodina; il generale Rossi con truppe italiane e irregolari albanesi entrò in Berat; i bersaglieri raggiunsero la quota 1197 del Sinja; la colonna Treboldi continuò a procedere, sebbene lentamente, fra le aspre balze del Kafa Glumka.
In tre giorni di lotta, con pochissime perdite, gli italiani avevano conseguito grandi risultati; avevano occupato una vasta zona, avevano preso un bottino rilevante, avevano fatto quasi 2000 prigionieri e avevano rialzato il prestigio delle armi italiane, caduto molto in basso, dopo Caporetto, per la propaganda vasta e intensa dell'Austria fra gli Albanesi.
Le operazioni italiane sul fronte albanese, anche per desiderio del Comando dell'esercito d'Oriente, proseguirono per tutto il rimanente mese di luglio.
Fu raggiunta, con molta fatica, per la difficoltà dei rifornimenti, per l'asperità del terreno e per la resistenza nemica, la linea Gorica-Gageler; poi bisognò fermarsi, mentre numerosi rinforzi giungevano al nemico, che in poco tempo riuscì a concentrare una cinquantina di battaglioni sul Semeni. Gli italiani disponevano di appena 23 battaglioni, decimati dalla malaria e dalla "Spagnola", pure mantenendo malto il nome d'Italia.
Nonostante la superiorità numerica del nemico, il calcio eccessivo, le malattie, gli stenti e la difficoltà dei rifornimenti, per due mesi la resistenza fu eroica sulle alture conquistate, cedendo solo i paesi del piano verso il Semeni.

Intanto il Comando dell'esercito d'Oriente preparava una grande offensiva, alla quale anche lo nostre truppe d'Albania, rinforzate dalla 13a divisione, dovevano concorrere.

LE AVANZATE TRA IL DEVOLI E L'OSSUM E DALLA VOJUSSA AL SEMENI; LA CONQUISTA DELLA MALAKASTRA; LA PRESA DI FIERI E DI BERAT

Alla vigilia di questa offensiva, il cui inizio fu fissato per il 14 settembre, lo schieramento delle forze alleate era il seguente: dal mare alla frontiera bulgara, lungo la Struma, 3 divisioni greche, fronteggiate dalla II Armata bulgara; a sinistra di questo settore fin oltre il Vardar 5 divisioni inglesi ad altrettante elleniche, davanti alle quali, stava la I Armata bulgara; nel settore della Moglewitza, di fronte al gruppo montagnoso del Kozjak, l'esercito serbo, rinforzato da due divisioni francesi (la 122a a sinistra e la 17a coloniale a destra) per fronteggiare la XI Armata Germanica; a cavallo della Corna orientale la II divisione coloniale francese, quindi la 35a divisione italiana che aveva la sinistra appoggiata alla Corna occidentale; nella piana di Monastir, tra la Corna e il Baba Planina, la 16a coloniale e la 156a divisione francese, due divisioni greche e la cavalleria francese; sul Baba le divisioni francesi 76a e 30a. Fronteggiava quest'ultima parte dello schieramento degli alleati imperiali la III Armata bulgara.

L'estrema ala sinistra, ad ovest del lago di Ocrida e fino al Devoli, la 57a divisione francese. Dal Devoli al mare, fronteggiato dal XIX Corpo d'Armata Austro-Ungarico, stava schierato il XVI Corpo italiano.
Lo sforzo principale doveva essere fatto dal settore della Moglewitza, dove erano schierati. 36.000 fucili alleati, sostenuti da 580 cannoni e da 800 mitragliatrici, contro 12.000 fucili bulgaro-tedeschi con 146 cannoni e 245 mitragliatrici. Il 14 settembre doveva avvenire su tutto il fronte un'azione dimostrativa con lo scopo di disorientare il nemico: il 15 si sarebbe poi effettuata l'azione di sfondamento.
Il compito affidato alla 35a divisione italiana non era facile: in un primo tempo essa doveva coprire il fianco sinistro delle truppe di rottura; effettuato lo sfondamento, doveva attaccare a fondo in direzione di Prilep per impadronirsi di quell'importante nodo stradale e centro di rifornimento; ma i mezzi offensivi erano scarsi e guai se al nemico fosse riuscito a rompere la linea tenuta dagli Italiani e di avvolgere dalla sinistra il settore della Moglewitza. Inoltre il terreno dove doveva svolgersi l'avanzata degli italiani era uno dei più aspri.
Tutto il 14 settembre e la notte successiva, le artiglierie degli Alleati bombardarono con grande violenza tutta il fronte nemico; all'alba del 15 i franco-serbi del settore della Moglevitza attaccarono le posizioni bulgare antistanti; ma furono energicamente contrattaccati e respinti e soltanto verso sera, ricevuti rinforzi, gli attaccanti riuscirono a prendere in saldo possesso lo Sokol, caposaldo della linea nemica.

Quel giorno anche nel settore occupato dagli italiani si accese e durò piuttosto accanita la lotta. Dopo una preparazione d'artiglieria violentissima, i Bulgari attaccarono le posizioni italiane, già sconvolte dal bombardamento; ma lo truppe della 35a divisione reagirono pronte e con estrema energia, contennero il nemico attaccante, lo respinsero sulle linee di partenza causandogli sanguinose perdite e catturandogli numerosi prigionieri. I Bulgari tornarono più volte all'attacco, ma furono sempre respinti.

La mattina del 16 settembre, dilavanti alla Moglewitza, lo sfondamento era avvenuto: i franco-serbi avevano conquistato il baluardo del Kozljak. Riperso nel pomeriggio, lo ripresero la sera. Perduto il Kozljalc, i Bulgari, che mancavano di riserve, iniziarono la ritirata in direzione della stretta di Demirkapu sul Vardar e di Prilep, inseguiti dai Serbi così rapidamente, che il giorno 20 questi erano a Kavadar.
L'inseguimento però poteva mutarsi in disastro perché i Serbi con la loro rapida avanzata, avevano formato un saliente strettissimo destinato ad esser travolto se contrattaccato ai fianchi dal nemico. Conscio del pericolo, il Comando serbo chiese al generale in capo FRANCHET D' ESPERY di far avanzare a sostegno del fianco sinistro del saliente le truppe alleate del settore della Cerna, e il 21 fu ordinato alla 25a divisione di passare all'offensiva.

Gli italiani, che da sei giorni resistevano al continuo martellamento delle artiglierie avversarie, ricevuto l'ordine, attaccarono con tale impeto che il nemico piuttosto che affrontarne l'urto sgombrò in fretta le trincee. Queste furono occupate nel tardo pomeriggio, e sebbene stesse per calare la sera, oltrepassata la linea, si diedero all'inseguimento del nemico e, catturando prigionieri, cannoni e materiali da guerra, avanzarono per oltre 10 chilometri fino all'alba del 22.

GLI ITALIANI INSEGUONO I BULGARI - L'ARMISTIZIO

Il 22 settembre la 35a divisione sloggiò i Bulgari del contrafforte di Kalabach e il giorno dopo, scesa nella conca di Prilep, occupò la città.
L'obiettivo assegnatole era stato raggiunto, ma la 35a divisione non doveva riposare sugli allori. Infatti, ebbe ordine di convergere a sinistra, puntare su Krusevo, traversare il massiccio del Baba Planina e affrettarsi verso Sop per tagliare la ritirata all'estrema destra della III Armata bulgara che ripiegava dirigendosi per Pribilei e Kicevo verso la stretta di Kalkandelen e quindi verso Uskub.
Nel pomeriggio dello stesso 23 settembre, facendo perno a Zapolzani, fu eseguita la Conversione. Il 24, la brigata "Cagliari", appoggiata da due squadroni di cavalleria, da nove batterie da campagna, da due da montagna e da una pesante campale, raggiunse il fronte Vodiani impegnandosi contro i Tedesco-bulgari che occupavano i contrafforti del Baba dalla stretta della Cerea ad Aldanée. La brigata "Sicilia" con sei batterie da montagna procedette a destra della "Cagliari" e, giunta a Novoselani, attaccò il nemico che resisteva su quelle alture.
Il 25 le alture di Novoselani furono occupate dalla "Sicilia", e caddero in potere della "Cagliari" la stretta della Corna e Krusevo. Il 26 tutta la 35a divisione, al comando del generale MOMBELLI era sul Baba o si disponeva a tagliare ai Bulgari la strada Monastir-Sop.
Il 27 settembre, fra accaniti combattimenti, le colonne della 35a divisione si attestavano sulla fronte Corna-Kar Kruska-Dole e si apprestarono a manovrare per attanagliare il nemico.

Il 29 settembre, la colonna italiana centrale attaccò la fortissima posizione di Sop difesa
da un'intera brigata bulgara con l'appoggio di numerosa artiglieria; la colonna di sinistra, superate le grandi difficoltà del terreno ed occupata la quota 932, attaccò vigorosamente le posizioni nemiche, richiamando sopra di se numerose forze avversarie, con le quali impegnò un duro combattimento che costò molte perdite alla brigata "Ivrea". _
Intanto dal Monte Cesma la brigata "Sicilia", sempre combattendo, giungeva sullo Stramol e l'occupava, quindi dava man forte alla 11a divisione coloniale francese, impotente ad aprirsi il passo in valle Velika, e respingeva su Plasnikà alcuni reparti d'una divisione bulgara.
All'alba del 30 settembre, entrata in azione la brigata "Cagliari", il nemico, pur forte di due brigate, era completamento accerchiato. L'attacco decisivo doveva avere inizio alle 6; ma alle 5.30 giunse l'ordine di sospendere le ostilità, essendo stato firmato l'armistizio chiesto dai Bulgari al generale FRANCHET D' ESPERY.

Tre generali, 240 ufficiali, 7.627 nomini di truppa con 8 cannoni, 70 mitragliatrici ed abbondante materiale si consegnarono alla 3a divisione. Nel frattempo un'altra divisione bulgara si arrendeva alla brigata "Sicilia", ma per ragioni di comodità consegnava le armi nelle mani dell'11a divisione coloniale francese.
Avvenuta la rottura della fronte bulgara e iniziatasi l'avanzata della 35a divisione, anche il XVI Corpo d'Albania cominciò l'avanzata, ostacolata dalle difficoltà del terreno privo di strade, qua e là allagato, dai ponti distrutti, e dalla resistenza nemica, in verità non forte. Il 30 settembre, pattuglie di cavalleria giungevano allo Skumbi, il 4 ottobre vi giungevano colonne leggere miste di fanteria e cavalleria ed una di loro appartenente alla brigata "Palermo" entrava in Elbasan, precedendovi di due ore l'avanguardia della 57a divisione francese.

L'AVANZATA IN ALBANIA:
OCCUPAZIONE DI DURAZZO, TIRANA, SCUTARI, DULCIGNO E ANTIVARI

Giunse pure allo Skuzribi la brigata "Tanaro", che passò il fiume a viva forza, superando la resistenza che il nemico opponeva dall'altra sponda, e quindi proseguì su Kavaja e Durazzo, mentre la "Palermo" attraverso il passo di Krabe puntava su Tirana. Durazzo e il passo di Krabe furono occupati il 14 ottobre dalla fanteria italiana dopo accaniti combattimenti con le retroguardie austriache; il 15 fu occupata Tirana e il 31 le truppe giunsero davanti a Scutari, ne bombardarono le difese del Tarabosc e il 1° novembre entrarono in città. Tre giorni dopo, squadroni di cavalleria, seguiti da colonne leggere occupavano Vir Bazar, Dulcigno ed Antivari.
I rapporti dell'Italia con l'Albania si guastarono nel 1919 con la conferenza di pace a Parigi e nel 1920 con una rivolta nazionale albanese. Il 5-6 giugno gli Albanesi attaccano Valona senza alcun risultato. L'11 riprenderanno l'attacco; l'esercito italiano domerà la rivolta; ma a Roma fu deciso di inviare nuove truppe. Il 26 giugno, alla partenza, un contingente di bersaglieri si ammutinerà ad Ancona. Scoppieranno rivolte un po' in tutta Italia in segno di solidarietà con gli ammutinati, e in segno di protesta contro l'occupazione dell'Albania. Il 3 agosto 1920 a Tirana, l'Italia sarà costretta a firmare il trattato italo-albanese, che tra l'altro c'è il rimpatrio delle truppe italiane da Valona.

LO SCIIIERAMENTO DELLE FORZE ALLEATE E NEMICHE IN MACEDONIA

In quei giorni dell'occupazione dell'Albania, la brigata "Spezia" era acquartierata a Prilep, le brigate "Cagliari", "Ivrea" e "Sicilia", giungevano in Bulgaria e con tre squadroni di "Cavalleggeri di Lodi" prendevano sede tra Kustendil e Sofia, mandando in distaccamento a Negotin sul Danubio un reggimento di fanteria, due squadroni di cavalleggeri di Lucca e un gruppo di batterie da montagna.

Più tardi, dopo essere stato sul Danubio, tra Mosna e Lom Palanka, a Filippopoli, a Vidino, a Adrianopoli e a Burgas, le truppe d'Oriente erano concentrate a Salonicco e di loro il III battaglione del 62° fanteria con una compagnia di carabinieri fu mandato a Costantinopoli in servizio di polizia internazionale.
Nel fatidico ottobre del 1918 anche i reparti italiani inviati in Palestina partecipavano alle brillanti operazioni, sotto il comando del generale inglese ALLENBY, e il 10 ottobre entravano in Damasco, L'8 a Beirut e il 26 ad Aleppo.

L'OPERA DEL II CORPO D'ARMATA ITALIANO IN FRANCIA:
LA BATTAGLIA DALL'AISNE ALLA MOSA

Le truppe inviate in Francia nella primavera del 1918 furono quelle del II Corpo d'Armata. Lo componevano L'8a divisione (Brigate "Brescia" ed "Alpi" e il 10° Artiglieria), la 3a divisione (brigate "Salerno" e "Napoli" e il 4° Artiglieria), due squadroni dei cavalleggeri di Lodi, e il II Reparto d'Assalto del MAGGIORE GUASCO. Il Corpo d'Armata era comandato dal tenente generale ALBRICCI, l'Artiglieria del brigadiere CONSO, il genio dal colonnello RICCI, le due divisioni dai generali BERUTO e PITTALUGA.

Prima ad entrare in linea, in un delicato settore delle Argonne fu la 3a divisione, che poi fu sostituita dall'8a nel settore di Vanquois e d'Avoncourt. Entrambe le divisioni fornirono prova di disciplina, di coraggio, di tenacia e di valore, respingendo attacchi nemici ed eseguendo numerosi e brillanti colpi di mano nelle linee avversarie. Nella seconda metà di giugno il Corpo d'Armata fu assegnato alla V Armata e posto a cavallo dell'Ardre tra il 1° Corpo Coloniale e il 5° Corpo Francese.
Le difese del settore assegnato alle truppe italiane erano costituite da una linea d'osservazione che correva dal Bois de Nayreau per Sainte-Euphrasie alla montagna di Bligny fino a Champlat; da una linea di resistenza, che da Vrigny, passando per Bois du Petit Champ e Bois des Eclisses, andava a la Neuville aux Lavris; e da una seconda posizione, che passava per le pendici occidentali del Patis d' Ecueil, attraversava l'Ardre all'altezza di Pourcy e quindi il Bois de Coutron fino alla Poterne; ma tali linee erano così imperfette che richiesero molti lavori, i quali furono eseguiti sotto il tiro incessante delle artiglierie avversarie e nel trambusto di frequenti combattimenti sostenuti dalle truppe.

La prima grande battaglia che il II Corpo d'armata combatté in Francia fu quella di luglio. Dopo una violenta preparazione di fuoco durata molte ore, i Tedeschi sferrarono all'alba del 15 l'attacco, che fu pronunciato in modo particolare da ovest verso est sul lato occidentale del saliente di Bligny ed ebbe carattere di maggiore violenza, sul fronte dell'8a divisione (sinistra del Corpo d'Armata).
Mentre sul tutto il fronte le truppe resistevano efficacemente, il nemico, approfittando dello sfondamento che aveva potuto compiere sulla sinistra italiana, lanciava una forte colonna nella, zona di Champlat e riusciva, nonostante l'accanita resistenza, a passare tra il Bois des Eclisses e il Bois de Coutron, aggirando il primo ch'era difeso da un battaglione italiano e da uno francese. In conseguenza di questo sfondamento, l'8a divisione dovette indietreggiare su Marfaux e il bois de Coutron lasciando però nelle posizioni del Bois des Eclisses alcuni reparti, fra i quali, nelle trincee di Chaumuzy, un battaglione del 20° fanteria (brigata "Brescia") che a mezzogiorno resisteva ancora. Contemporaneamente la 3a divisione occupava l'orlo del Bois du Petit Champ saldando la sua sinistra alla seconda linea, occupata dalla 120a divisione francese che faceva da riserva generale.
Eroico, in questa prima fase della battaglia il contegno del 10° artiglieria da campagna italiano che sacrificò gran parte delle sue batterie per proteggere il ripiegamento delle fanterie; quello del II Reparto d'Assalto che si prodigò in brillanti contrattacchi attraverso il Bois de Coutron in direzione di La Menville; e quello di un battaglione del 20° fanteria, il quale, all'inizio del pomeriggio, assalito da forze di molto superiori, fu costretto a ripiegare su Marfaux, donde, dopo una durissima difesa, ridotto a pochi drappelli si aprì il passo verso Courtagnon.

Alle 14.30, dopo una violenta preparazione di fuoco, il nemico lanciò un'intera divisione d'assalto prussiana contro il Bois de Petit Champ difeso da due battaglioni della "Napoli" ed attaccò vigorosamente il Bois de Vrigny presidiato da alcuni battaglioni della "Salerno". Questi resistettero meravigliosamente, ma i primi, sopraffatti da forze cinque volte superiori, dopo un'accanita difesa dovettero abbandonare l'orlo del bosco. L'estrema sinistra della 3a divisione fu portata sulla linea di colline ad est del vallone di Cournias. Durante la notte l'8a divisione, che aveva subito fortissime perdite, fu portata dietro la 12° francese, ma lasciò in linea tre battaglioni di fanteria e il Reparto d'assalto.
Il giorno 16, attaccando le truppe francesi schierate sull'ala sinistra, il nemico riuscì a farsi strada attraverso il bosco di Coutron e a sboccare a nord-ovest di Nanteuil, facendo di nuovo ripiegare fortemente la sinistra italiana. Un contrattacco di tre battaglioni della brigata "Alpi!" e dell'infaticabile II Reparto d'Assalto e di due reggimenti della 14a divisione francese e la concentrazione del fuoco di tutte le artiglierie disponibili, arrestava prima e respingeva poi il nemico, al quale l'ala destra italiana, nel frattempo, contrattaccando, riprendeva Clairizet.

Il 17 su tutto il fronte dell'Ardre la 3a divisione italiana (destra), la 120a francese (centro) e la 14a francese (sinistra) iniziarono il contrattacco, ma l'azione s' incrociò con un nuovo poderoso attacco tedesco che fu particolarmente violento sul fronte della 120a divisione. Per alleggerire la pressione nemica sul centro la 3a divisione italiana sviluppò un attacco dimostrativo su Courmas e su Bois du Petit Champ. Su quest'ultima posizione si scagliò con grande slancio il 75° fanteria, ma il suo attacco s' incontrò con quello di una nuova divisione tedesca la quale attaccava in direzione del Bois di Ecueil la Maisonette. Il 75° dovette arrestarsi, ma, sostenuto da due battaglioni del 76°, arrestò a sua volta, il nemico.
Nella sera del 18 giugno e nella giornata del 19, le truppe italiane, partecipando all'azione generale di contrattacco iniziata dagli Alleati ad ovest di Reims, guadagnarono terreno sulle colline di riva destra dell'Ardre nel triangolo Sainte Euphrasie-Bonilly-Courmas. L'89° fanteria della "Salerno", con magnifico slancio che gli valse le lodi del generale Berthelot, comandante la V Armata, conquistò una dorsale boscosa ad ovest di Onrezy, particolarmente importante per la difesa degli accessi alla breve pianura di Reims. A sud di Bonilly gli "arditi" italiani, cooperando con le truppe francesi, progredirono nel Bois du Petit Champ, catturando prigionieri. Nella vallata a sud-est di Marfaux elementi italiani rioccuparono il Molino dell'Ardre. Tutta l'artiglieria e tre battaglioni nostri parteciparono alla prima fase dell'azione controffensiva nella regione sull'Ardre. L'eccellente contegno delle truppe italiane in queste sei giornate di aspri combattimenti consentì al contingente di assolvere, in continua unione con le truppe francesi, un importantissimo compito. Nelle posizioni affidate agli Italiani il nemico riuscì ad ottenere soltanto piccoli vantaggi iniziali, in gran parte persi nei successivi contrattacchi. Nella giornata del 23 all'attacco della 2a divisione coloniale su Sainte-Euphraise e il Bois de Vrigny parteciparono alcuni battaglioni del 76° e dell'83° e il II Reparto d'Assalto che con un solo balzo e con magnifico slancio raggiunsero tutti gli obiettivi loro assegnati sullo sperone che dal Bois de Naveau va su Mary-Premecy, catturando una batteria di cannoni, parecchie mitragliatrici e molti prigionieri.

Riposatosi e ricostituitosi, il II Corpo d'Armata verso la metà di Agosto fu prima assegnato alla II Armata nella zona di Verdun, poi ancora alla V, ed il 22 settembre fu messo in prima linea sull'Aisne, tra la X Armata del generale MANGIN e il Corpo coloniale. La sera del 28 l'ala sinistra del Il Corpo passò il fiume in un punto già superato e perciò coperto dalla X Armata avanzante, quindi risalì la riva settentrionale e il mattino del 28 attaccò di fianco la difesa tedesca a nord dell'Aisne. Di slancio le truppe italiane s' impadronirono delle alture e del villaggio di Chavonne e proseguirono quindi nell'avanzata. Nella giornata del 29 giugno fu occupato Soupir e il parco a sud-ovest del paese: nei giorni seguenti, nonostante la resistenza accanita del nemico e l'azione terribile dell'artiglieria germanica, furono fatti altri progressi e il 3 ottobre fu occupata Croix Sant Této.

Un ostacolo formidabile si parò allora dinnanzi alle magnifiche truppe della 3a divisione: il canale Aise-Aisno, fortemente sistemato a difesa; ma all'alba del 10 luglio le truppe italiane riuscirono a superare, dopo sanguinose lotte, l'ostacolo e a riprendere l'avanzata, affermandosi la "Salerno" sull'altipiano di Braye en Laonnois e impadronendosi la "Napoli" di Moussy, di Beaulne, di Chivy e di Verneuil. Nel frattempo la brigata "Brescia", passata a nord dell'Aisne, oltrepassava Pont Arcis e la brigata "Alpi", guadato il fiume sotto il fuoco nemico, espugnava, con, attacco impetuoso, la collina, di Madagascar.
Sotto la spinta vigorosa degli italiani e dei Francesi, il nemico iniziò la ritirata, e il Comando del II Corpo d'armata lanciò la 3a e l'8a divisione all'inseguimento. La sera del 10 luglio la 3a divisione metteva piede sullo Chemin des Dames, seguita il giorno dopo dalle rimanenti truppe del Corpo, che spingeva pattuglie di cavalleria e fanteria oltre il corso dell'Ailette.
Il 12 luglio il grosso degli italiani forzava il passaggio di questo fiume e le fanterie avanzarono per le strade malagevoli della zona paludosa di Sisonne. All'alba del 14 furono occupate Festieux, Montaign e Veslud e a mezzogiorno circa la cavalleria giungeva a Sisonne, seguita più tardi dalle fanterie; che solo a tarda ora della sera riuscivano a scacciare il nemico dalla città.

Le operazioni del II Corpo subirono una sosta di una ventina di giorni. Il 5 novembre fu ripresa l'avanzata e, vinta l'accanita resistenza dei Tedeschi intorno al nodo stradale di Sisonne e a Chivres, superò di slancio la forte linea nemica progredendo in un sol giorno per ben 17 chilometri. Il 6 incontrarono resistenza nella zona dell'Hurtaut, i cui ponti erano stati distrutti, ma, riuscirono a superare l'ostacolo e le avanguardie, squadroni di cavalleria e reparto d'assalto entrarono in Rozoy sur Serre. Altra resistenza tentò il nemico sulla Serre, ma questa fu respinta il mattino del 9. Superata la Serre e poi l'Aube, gl'Italiani entrarono in Marby, Etalle e Chilly.
Procedendo ancora nell'avanzata, durante la quale caddero nelle mani italiane numerosi prigionieri e molto materiale bellico, il mattino dell'11 le avanguardie entrarono in Rocroy lanciando di là punte che raggiungevano la linea della Mosa tra Fumay e Revin. Fu questo l'estremo punto raggiunto dalle truppe italiane in Francia perché lo stesso giorno (11 nov.) cessò la lotta essendo intervenuto l'armistizio.

GLI ITALIANI IN MURMANIA E IN MANCIURIA

Chiuderemo questo notizie sulle imprese degli Italiani fuori d'Italia col dare un breve cenno della parte che ebbero i soldati italiani nelle operazioni degli Alleati in Murmania e in Manciuria. In Murmania fu mandato il colonnello SIFOLA con un contingente di truppe composto dal 4° battaglione del 67° fanteria, di una compagnia di complementi, della 389a compagnia mitragliatrici, della 165a Sezione RR. CC., da un reparto del genio, di mezza sezione di sussistenza e di un ospedaletto da campo. Il piccolo corpo di spedizione dall'Italia si recò a New Castle, donde il 2 settembre del 1918 fu trasportato con nave, inglese a Porto Murmansk, che costituì base d'operazioni. L'inverno fu impiegato nell'organizzazione della base, e, nella primavera del 1919, si iniziarono le operazioni verso il sud alle quali partecipò la "colonna Savoia", della forza di una compagnia, che, partita da Kola il 5 aprile, giunse ad Ozosovero il 4 maggio e il 21 ebbe la parte principale nell'attacco di Medveja, di Gora e di Povienetz, distinguendosi per il suo valore.

Magnifico contegno fu quella colonna italiana nell'avanzata degli ultimi giorni di giugno e in un combattimento contro le truppe bolsceviche. Con la fine di giugno le operazioni furono sospese. Il 9 agosto del 1919 il contingente, richiamato in Patria dal Governo Nitti, si concentrò a Murmansk dove s'imbarcò e il 27 rientrò a Torino dove un anno prima era stato costituito.
Il contingente italiano destinato in Manciuria era costituito da una sezione di CC.RR., da una sezione di artiglieria da montagna, da un battaglione di fanteria e dai servizi
il comandante era il colonnello FOSSINI CAMOSSI. Il piccolo corpo giunse a WIadiwostok il 17 ottobre; il 25 era a Karbin, il 17 novembre a Irkusk e il 21 a Krasnojarazsk. L'inverno passò tranquillo. Le operazioni non cominciarono che a primavera. Il 17 maggio una divisione cecoslovacca, della quale facevano parte due compagnie italiane, attaccò un forte corpo bolscevico di sei reggimenti di fanteria con numerose mitragliatrici, da un reggimento di cavalleria e da bande irregolari. I nostri fanti, sostenuti dalla sezione oli artiglieria da montagna, dopo un'ora di lotta, conquistarono le posizioni nemiche e ne inseguirono i difensori; la sera occuparono Rubenskey; il giorno dopo si scontrarono col nemico a Imbesci e lo sbaragliarono. Il 23 la divisione partì per Narva. A poca distanza da questa città il nemico cercò di sbarrarle il passo, ma battuto prima dall'artiglieria italiana e attaccato poi dai Cecoslovacchi, fu respinto. Un'altra compagnia italiana, la 2a, incorporata in un'altra colonna cecoslovacca, partecipò il 17 maggio, al vittorioso attacco di Sèmenowskoe. Infine, una colonna italiana, composta delle compagnie, di fanteria 3a e 4a, della compagnia mitragliatrici e dalla, sezione di artiglieria da montagna, partecipò con onore il l° giugno, insieme con un battaglione cecoslovacco e uno squadrone di ussari, al combattimento di Alexejevska e il 10 e il 12 alla difesa della testa di ponte sul Leiba. L'8 agosto del 1919 il contingente italiano lasciava la Manciuria e il 2 aprile del 1920 rientrava in Itali sbarcando a Napoli.

Ora lasciamo queste operazioni all'estero dell'esercito italiano; ma prima di riprendere la cronaca sul fronte italiano -dopo la combattuta "battaglia del Piave", ci occuperemo dei drammatici eventi che negli stessi giorni si erano verificati in Russia.

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Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
A.TAMARO - Il trattato do londra e le rivendicazioni italiane, Treves, 1918
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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