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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1917 (3)

PROPOSTA DI WILSON (USA) - RISPOSTE DEGLI ALLEATI: "NO"

LA NOTA DEGLI STATI UNITI PER LA PACE - LA RISPOSTA DEGLI ALLEATI
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LA NOTA DEGLI STATI UNITI

Nelle ultime discussioni alle Camere, alla fine di dicembre, dal governo in carica, non erano state prese in seria considerazioni le proproste di trattative di pace avanzate all'Intesa dai governi tedesco, austroungarico, bulgaro e turco. Era quindi stata votata la fiducia al governo BOSELLI, intenzionato a proseguire la guerra anche a costo di enormi sacrifici.
Poi senatori e deputati, il 22 dicembre, chiusero i lavori per prendersi le vacanze fino a febbraio.
Ma la politica internazionale - con una guerra che stava diventando ormai mondiale- non riposava.

Datata 18 dicembre 1916, firmata dal segretario di Stato, LANSING, il 22 dicembre, fu dall'ambasciatore americano a Roma comunicata al Governo italiano la nota seguente del Presidente degli Stati Uniti, WILSON:

"Il Presidente degli Stati Uniti mi ha dato istruzioni di suggerire al Governo Reale italiano un piano di azione riguardante la presente guerra che, egli spera, il Governo Reale italiano prenderà in considerazione come suggerito da spirito amichevole, come derivante, non solamente da un amico, ma anche dal rappresentante di una Nazione neutrale i cui interessi sono stati molto seriamente colpiti dalla guerra e la cui sollecitudine per la rapida fine di questa sorge dalla manifesta necessità di determinare come tutelare ben meglio questi interessi se la guerra deve continuare.

"Il Presidente aveva da lungo tempo in animo di dare il suggerimento che io ho l'istruzione di presentare. Egli è alquanto imbarazzato nel darlo in questo particolare momento, perché può ora sembrare che esso sia stato affrettato dalle recenti aperture delle potenze Centrali. Ma in realtà esso è in alcun modo connesso a quelle nella sua origine e il Presidente ne avrebbe ritardata l'offerta finché queste aperture avessero avuto risposta, se non fosse per il fatto che esso riguarda anche la questione della pace e può essere meglio preso in considerazione in connessione con le proposte che hanno in vista lo stesso fine.

"Il Presidente non può che chiedere che il suo suggerimento sia considerato interamente nel suo proprio merito e come se fosse stato fatto in altre circostanze. Il Presidente si prende la libertà di richiamare l'attenzione sul fatto che gli oggetti che gli uomini di Stato dei belligeranti di ambedue le parti hanno in animo in questa guerra, sono virtualmente gli stessi, e furono dichiarati in termini generali ai loro stessi popoli ed al mondo. Ciascuna parte desidera di rendere i diritti ed i privilegi dei popoli deboli e dei piccoli Stati, sicuri contro aggressioni o soprusi nell'avvenire come i diritti ed i privilegi degli Stati grandi e potenti attualmente in guerra.

"Ciascuno desidera rimanere sicuro in futuro, di fronte a tutte le altre Nazioni e popoli, contro il ripetersi di guerre come questa e contro aggressioni ed egoistici interventi di ogni specie. Ciascuno diffiderebbe della formazione di qualsiasi ulteriore alleanza rivale, per preservare un incerto equilibrio di potere tra molteplici sospetti, ma ciascuno è pronto a prendere in considerazione la formazione di una lega di Nazioni per assicurare la pace e la giustizia attraverso il mondo.
Ma prima di fare un passo definitivo, ciascheduno ritiene essere necessario stabilire i fini della presente guerra su basi che certamente tutelino l'indipendenza, la integrità territoriale e la libertà politica e commerciale delle Nazioni implicate. Il Presidente suggerisce che si ricerchi una prossima occasione per domandare a tutte le Nazioni attualmente in guerra una pubblica dichiarazione circa le loro rispettive vedute in quanto alle condizioni in base alle quali la guerra potrebbe essere chiusa, e agli accomodamenti che potrebbero essere ritenuti soddisfacenti come una garanzia contro il rinnovarsi di essa e lo scatenarsi di qualsiasi simile conflitto in avvenire, affinché si rendesse possibile di paragonarli francamente fra loro.

"Egli è indifferente circa i mezzi da impiegare per ottenere tutto questo. Il Presidente sarebbe lieto di cooperarvi egli stesso o anche di prendere l'iniziativa del suo compimento in ogni modo che potesse apparire accettabile; ma egli non ha nessun desiderio di determinare il metodo o i mezzi. Una via o l'altra sarebbe per lui accettabile purché soltanto il grande scopo cui egli mira sia ottenuto. Nelle misure da prendersi per assicurare la futura pace del mondo, il popolo ed il Governo degli Stati Uniti sono interessati così vitalmente e così direttamente come il Governo attualmente in guerra. Inoltre il loro interesse circa i mezzi da adottarsi per liberare i popoli più piccoli e più deboli del mondo dal pericolo dell'ingiustizia e della violenza è altrettanto forte quanto quello d'ogni altro popolo e Governo.

"Essi sono pronti anzi ansiosi di cooperare al compimento di questi scopi, quando la guerra sarà terminata, con tutta l'influenza e le risorse di cui dispongono. Ma la guerra deve essere prima terminata. Quanto alle condizioni come essa deve essere chiusa, non è in loro potere di suggerirle, ma il Presidente sente che è suo diritto e suo dovere di far rilevare il loro profondo interesse alla sua fine per il timore che non sia poi troppo tardi, per il timore che la situazione delle Nazioni neutrali, oggi estremamente aspra a sopportare, non sia resa completamente intollerabile, e per il timore soprattutto che non sia fatto alla civiltà stessa un torto che non possa mai essere espiato o riparato.

"Per tutti questi motivi e timori, il Presidente si ritiene autorizzato a suggerire un'immediata opportunità per un confronto tra le vedute circa le condizioni che debbono precedere questi ultimi accordi della pace del mondo che tutti desiderano e nella quale le Nazioni neutrali al pari di quelle in guerra, sono pronte ad assumere pienamente la loro parte di responsabilità.
Se il conflitto deve continuare e proseguire verso fini indeterminati con una lunga agonia, o finché l'uno o l'altro gruppo dei belligeranti sia esaurito; se milioni su milioni di vite umane debbono continuare ad essere sacrificate finché da una parte o da un'altra non ve ne siano più da sacrificare; se sono accesi risentimenti che non possono mai raffreddarsi e se perdura una disperazione da cui non si può mai guarire, le speranze di una pace o del volontario concerto di popoli liberi saranno rese vane ed oziose.

"La vita dell'intero mondo è stata profondamente turbata. Ogni parte della grande famiglia dell'umanità ha sentito il peso ed il terrore di questo conflitto d'armi senza precedenti. Nessuna Nazione del mondo civile può dirsi in verità che sia fuori della sua influenza o ne sia preservata dai suoi effetti perturbatori.

"E fino ad ora non sono stati ancora esposti precisamente gli obbiettivi concreti per i quali esso è impegnato. I capi dei vari belligeranti, come è stato detto, hanno esposto questi obbiettivi nei loro termini generali, ma esposti in termini generali sembra che siano gli stessi dalle due parti. Mai fino ad ora i portavoce autorizzati di nessuna delle due parti hanno dichiarato gli obiettivi precisi, raggiunti i quali, essi ed i loro popoli sarebbero soddisfatti che la guerra giungesse a termine.
Il mondo è stato lasciato a congetturare quali risultati definitivi, quale attuale scambio di garanzie, quali cambiamenti od accomodamenti politici e territoriali ed anche quale grado di successo militare condurrebbero la guerra alla fine.

"Può essere che la pace sia vicina e noi non lo sappiamo; e che le condizioni sopra le quali i belligeranti da una parte e dall'altra riterrebbero necessario di insistere non siano così inconciliabili come alcuni hanno temuto; che forse uno scambio di vedute aprirebbe la via ad una Conferenza e farebbe della concordia permanente delle Nazioni una speranza di immediato avvenire, ed immediatamente attuabile un concerto delle Nazioni.

"Il Presidente non propone la pace e non offre nemmeno la mediazione. Egli propone solamente che si facciano assaggi affinché si possa apprendere, Nazioni neutre e belligeranti, quando prossimo sia il porto della pace verso il quale tutta l'umanità tende con intensa e presente aspirazione.
Il Presidente crede che lo spirito con il quale egli parla e l'obbiettivo a cui egli mira saranno compresi da tutti gli interessati e spera fiduciosamente in. una risposta che porterà una nuova luce negli affari del mondo".

Lo stesso giorno 22 dicembre il Consiglio Federale Svizzero inviava ai Governi delle Potenze belligeranti la seguente nota:

"Il presidente degli Stati Uniti d'America, ha diretto ai Governi dell'Intesa e delle Potenze Centrali una nota a favore della pace. Egli ha voluto comunicarla al Consiglio Federale Svizzero, il quale, mosso dall'ardente desiderio di veder presto cessare le ostilità, si era messo in rapporto con lui cinque settimane or sono. In questa nota il Presidente WILSON ricorda quanto sia desiderabile giungere a concludere accordi internazionali tali da evitare una sicura catastrofe come quella per la quale i popoli devono oggi soffrire. Il Presidente Wilson insiste anzitutto sulla necessità di porre fine alla guerra attuale.
"Egli non formula proposte di pace e non offre neppure la sua mediazione, ma si limita a rivolgersi ai belligeranti per sapere se l'umanità può oggi sperare di essersi avvicinata ad una pace benefica. La generosa iniziativa personale del Presidente Wilson non mancherà di destare in Svizzera un'eco profonda. Fedele ai doveri che le sono imposti dall'osservanza della più stretta neutralità, legata dalla stessa amicizia con i due gruppi di potenze attualmente in guerra, isolata nel centro dallo spaventoso conflitto di popoli, gravemente minacciata e colpita nei suoi interessi spirituali e materiali, la nostra Patria aspira alla pace. La Svizzera è pronta ad aiutare con le sue deboli forze a porre un termine alle sofferenze della guerra che essa vede passare tutti i giorni con gli internati, i feriti gravi e i profughi. Essa è pure disposta a gettare le basi di una feconda collaborazione fra i popoli.
Perciò il Consiglio Federale Svizzero coglie con gioia l'occasione di appoggiare gli sforzi del Presidente degli Stati Uniti d'America. Esso si riterrebbe felice di poter, anche nella più modesta misura, lavorare al riavvicinamento delle Nazioni in guerra e alla instaurazione di una pace durevole".

L'ALLOCUZIONE DEL PAPA

Anche il Pontefice lanciava la sua parola di pace nella terribile bufera della guerra.
Il 24 dicembre, ricevendo gli auguri di Natale, rivolgeva al Sacro Collegio dei Cardinali questa allocuzione:
"Ancora una volta, è già purtroppo la terza nel travagliato avanzare del nostro supremo Ministero, il dolce rito della solennità natalizia ci offre di poter constatare quanto rettamente il Sacro Collegio sia unito alla nostra persona. Ravvisiamo una prova di vera unione nel confortante compiacimento che i cardinali di questa Romana Chiesa, sempre Madre dei derelitti e sempre soccorritrice dei miseri, hanno voluto esprimere per l'umile opera nostra, intesa a lenire, finché non sia restituita la pace, i mali della guerra.
"Ne sia lode al Signor Nostro Gesù Cristo che, coprendo della sua persona le membra dei sofferenti, aspira, cerca di avvalorare ogni opera della carità. Argomento anche più chiaro di siffatta adesione ci viene dall'identità di pensiero e di aspirazione che il Sacro Collegio per bocca del venerando decano, alle cui parole conferiscono speciale valore la larga esperienza ed il vigile senno, ha dichiarato di avere comune col Capo della Chiesa. Eco armoniosa dell'unanime coro degli angeli, le cui limpide note non cessano di risuonare possenti e pure nel fragore delle armi e nelle esplosioni di odio, la voce di lei, signor Cardinale, ha ripetuto l'augurio proprio di Gesù e della festività del Natale, augurio della pacificazione degli uomini. E non ha dimenticato quasi a chiarimento della fin qui inesaudita preghiera, di far caldi voti affinché la ricerca della pace, costante nostro respiro non manchi, per parte di alcuno, a quella condizione che all'annuncio di essa fu compagna anche nella grotta di Betlemme: "pace agli uomini di buona volontà".

"Quindi ci giunge accetto questo voto e, come ci sembra opportuno il monito che lo accompagna, noi non ci stancheremo di ripeterlo. La necessaria condizione del buon volere menzionammo. Noi in più documenti del nostro Pontificato ed in ricordo di essa, nella stesso modo del nostro primo predecessore, riputiamo nostro dovere di rispecchiare mediante i nostri moniti indirizzati a tutti indistintamente i figli nostri "iustum arbitror suscitare vos in commonitione".
E come, infatti, potrebbero i figli nostri aspirare con noi alla pace, a quella pace giusta e durevole che deve mettere fine agli orrori della presente guerra, se nessun bene condizionato poté mai conseguirsi senza l'osservanza della condizione? E il "pax hominibus bonae voluntatis" suona oggi promessa condizionata, né più né meno che quando echeggiò la prima volta dal nato Redentore. Più e più volte, nel tremendo corso della terribile bufera che avvolge si gran parte del mondo, leggendo le suppliche delle madri, delle spose, dei padri e dei figliuoli, misurando con lo sguardo e con il cuore le rovine sociali e le devastazioni dell'immenso cataclisma ricordammo le lacrime versate da Gesù al cospetto di Gerusalemme peccatrice, incredula, proterva. Ma, più che le lacrime, di per sé tanto eloquenti, ci intenerirono le meste parole del Redentore: "Quia si cognovisses et tu quae ad pacem tibi nunc autem abscondita sunt oculis tuis .... eo quod non cognoveris tempus visitationis tuae". Oh ! Conosca ora tra gli angelici concenti ed il soave atteggiamento del pacifico Bambino, conosca ora la Terra "quae ad pacem tibi": secondino i potenti per arrestare il corso alla distruzione dei popoli, la voce di questo eccelso Senato; riflettano le Nazioni che la Chiesa - al lume della fede e mercé l'assistenza di Colui che è via, verità e vita - vede, anzi intuisce più lontano che non le pupille dell'umana fralezza: cedano alfine i contendenti alle replicate ammonizioni e alle preci del Padre della cristiana famiglia e preparino, per le vie della giustizia, l'avvento e l'abbraccio della pace affinché nuova spiegazione possa avere ai dì nostri la parola dell'antico salmista: "iustitia et pax osculatae sunt. A sperare non più lontano l'appagamento di questo nostro voto ci confortino le espiatrici sofferenze dei buoni e le sante invocazioni dei nostri diletti figli, primi fra tutti i membri del Sacro Collegio. E noi, sicuri della sorte della Chiesa, alla quale tra le aspre e liete vicende non sarà mai per mancare l'onnipotente mano di Dio, guardiamo con fiducia anche all'avvenire degli Stati che, nella Sua misericordia, il Signore non fece insanabili. Guardiamo fiduciosi anche a voi, signori cardinali, e a quanti ci fanno degna corona partecipi tutti in varia misura dell'esercizio di quella carità, che è stata sempre il fortunato retaggio, che, ora, specialmente, è il più nobile compito della Chiesa di Roma. Se a voi, nel vostro affetto di figli, piacque di confortarci con la preghiera della Chiesa: "Dominus conservet cum, vivificet eum", piace a noi, a nostra volta, pregare il Padre Celeste perché: "Quos dedit mihi non perdat ex eis quemquam"; piace altresì scongiurando, perchè attinta alla culla
di Gesù: "Pax Dei, quae exuperat omnem sensum custodiat corda vestra ed intelligentiat vestras"; piace infine confortarvi con quel pegno di paterno amore che noi vi porgiamo, impartendovi con l'effusione dell'animo l'apostolica benedizione".

Il 26 dicembre, il Governo austriaco consegnava all'ambasciatore americano a Vienna il seguente pro memoria in risposta alla nota del presidente Wilson:

"Il Governo austroungarico tiene anzitutto a rilevare che si è lasciato anch'esso dirigere, nel giudicare la nobile iniziativa del Presidente Wilson, dal medesimo spirito di amicizia e di condiscendenza che esso esprime. Il Presidente mira allo scopo di creare basi per istituire una pace duratura, ma desidera pure non pregiudicare la scelta dei modi e dei mezzi. Il Governo austro-ungarico ritiene atto a questo scopo un diretto scambio di idee fra i belligeranti. Riferendosi alla dichiarazione del 12 dicembre, con la quale si diceva pronto ad entrare in negoziati di pace, si onora pertanto di proporre un sollecito convegno dei rappresentanti delle Potenze belligeranti in località estera neutrale. Il Governo austroungarico aderisce pure al criterio del Presidente che solo dopo finita la guerra odierna sarà possibile procedere alla grande desiderabile opera per impedire guerre future. Al momento opportuno il Governo sarà pronto a prestare la sua cooperazione con il Governo degli Stati Uniti per attuare questo insigne compito".

Il 27 dicembre, una nota simile veniva a Vienna consegnata all'ambasciatore svizzero e quello stesso giorno così la Germania rispondeva alla nota del Wilson:

"La generosa proposta fatta dal Presidente degli Stati Uniti d'America allo scopo di creare una base per il ristabilimento di una durevole pace, è ricevuta e considerata dal Governo imperiale con l'amichevole spirito che aveva trovato un'espressione nella comunicazione del Presidente.
Il Presidente sottolinea ciò che gli sta a cuore lasciando libera la scelta dei mezzi. Uno scambio immediato di vedute sembra al Governo Imperiale essere il mezzo adatto per raggiungere il risultato desiderato. Esso offre dunque ai sensi della dichiarazione fatta il 12 corrente, la quale tendeva la mano per negoziati di pace, di proporre una riunione immediata dei delegati degli Stati belligeranti in una località neutrale. Il Governo Imperiale è pure dell'avviso che la grande opera d'impedire guerre future può soltanto essere intrapresa dopo la fine della presente guerra delle Nazioni, e sarà pronto, quando sarà venuto il momento, a collaborare con piacere e senza riserva con gli Stati Uniti a questo nobile compito".

Contemporaneamente veniva consegnata al ministro svizzero a Berlino la risposta del Governo Germanico alla nota svizzera, simile a quella diretta al Presidente degli Stati Uniti. Due giorni dopo la Svezia e la Danimarca con una nota verbale all'Austria richiamandosi alla nota di Wilson, esprimevano la loro simpatia per tutti gli sforzi tendenti a porre termine alla guerra, e il 30 dicembre i ministri di Svezia e Norvegia e l'incaricato d'affari di Danimarca a Roma rimettevano separatamente al ministro SONNINO la nota seguente:

"È col più vivo interesse che il Governo ha appreso le proposte che il Presidente degli Stati Uniti ha fatto in vista di facilitare delle misure tendenti a ristabilire una pace durevole. Pur restando desiderosi di evitare ogni inframmettenza che possa urtare sentimenti legittimi, il Governo reale pensa che mancherebbe ai suoi doveri verso il proprio popolo e verso l'umanità intera se non esprimesse la sua più profonda simpatia per tutti i tentativi che potessero contribuire a mettere un termine al progressivo aumento delle sofferenze e delle perdite morali e materiali. Il Governo reale nutre fiducia che l'iniziativa del Presidente Wilson riuscirà ad un risultato degno dello spirito a cui egli si è ispirato".

LA RISPOSTA DEGLI ALLEATI

La nota degli Stati Uniti fu discussa a Roma in una conferenza interalleata (5-7 gennaio 1917) alla quale intervennero, oltre i ministri italiani e il CADORNA, il presidente dei ministri francesi BRIAND coi generali LYAUTEY e THOMAS, il primo ministro inglese lord GEORGE con lord MILNER e il generale ROBERTSON, il generale russo GALITZIN e gli ambasciatori in Roma e delle potenze alleate. Le deliberazioni non furono rese pubbliche, ma il 7 gennaio fu emanato un comunicato che escludeva ogni eventualità di trattative per la pace dicendosi in esso che gli Alleati avevano costatato una volta di più il loro accordo sulle diverse questioni all'ordine del giorno ed avevano preso la risoluzione di effettuare sempre maggiormente la coordinazione dei loro sforzi.

Il 10 gennaio, BRIAND, a nome degli alleati, consegnò a Parigi all'ambasciatore nordamericano SHARP la nota in risposta a quella del Presidente degli Stati Uniti. Essa era così concepita:

"I Governi alleati hanno ricevuto la nota che è stata rimessa in nome del Governo degli Stati Uniti. Essi l'hanno esaminata con la cura che loro imponevano ad un tempo e l'esatta nozione che essi hanno della gravità dell'ora e la sincera amicizia che li unisce al popolo americano. In principio essi tengono a dichiarare che rendono omaggio agli elevati sentimenti ai quali si ispira la nota americana e che si associano con tutti i loro voti al progetto di una creazione di una lega delle Nazioni per assicurare la pace e la giustizia nel mondo. Essi riconoscono tutti i vantaggi che per la causa dell'umanità e della civiltà presenterà il fissare dei regolamenti internazionali destinati ad evitare conflitti violenti fra le Nazioni, regolamenti che dovrebbero comportare le sanzioni necessarie per assicurarne l'esecuzione e per evitare in tal modo che una sicurezza apparente serva soltanto a facilitare delle nuove aggressioni.

"Ma una discussione sulle future disposizioni destinate ad assicurare una pace durevole suppone dapprima un regolamento soddisfacente dell'attuale conflitto. Gli Alleati hanno, non meno del Governo degli Stati Uniti, un profondo desiderio di veder terminare il più presto possibile la guerra, di cui gli Imperi centrali sono i responsabili e che infligge all'umanità tante crudeli sofferenze. Ma essi stimano che è impossibile di realizzare fin da ora una pace che assicuri loro le riparazioni, le restituzioni e le garanzie alle quali dà loro diritto l'aggressione la cui responsabilità ricade sulle Potenze centrali e di cui il principio stesso tendeva a distruggere la sicurezza dell'Europa, una pace che permetterà inoltre di stabilire su basi solide l'avvenire delle Nazioni europee.

"Le Nazioni alleate hanno la coscienza di non combattere per degli interessi egoistici, ma sopra tutto per la salvaguardia dell'indipendenza dei popoli, del diritto e dell'umanità. Gli Alleati si rendono pienamente conto delle perdite e delle sofferenze che la guerra fa sopportare così ai neutri come ai belligeranti, e le deplorano, ma non se ne considerano responsabili non avendo essi in alcun modo né voluto né provocato questa guerra e si sforzano di ridurre questi danni nella misura compatibile con le esigenze inesorabili della loro difesa contro le violenze e le insidie del nemico. Fin da ora gli Alleati prendono atto con soddisfazione della dichiarazione fatta che la comunicazione americana non è in alcun modo connessa nella sua origine con quella delle Potenze centrali trasmessa il 18 dicembre per il tramite del Governo dell'Unione. Essi non dubitavano per altro della risoluzione di quel Governo di evitare perfino l'apparenza di un appoggio morale agli autori responsabili della guerra.

"I Governi alleati credono dover protestare nella maniera la più amichevole, ma altrettanto decisa, contro l'assimilazione stabilita nella nota americana tra i due gruppi di belligeranti. Questa assimilazione, basata su pubbliche dichiarazioni delle Potenze centrali, sta in contrasto diretto con l'evidenza tanto per ciò che riguarda le responsabilità del passato quanto per ciò che riguarda le garanzie dell'avvenire. Il Presidente Wilson, menzionandola, non ha inteso di certo di associarsi.
Se vi è nell'ora attuale un fatto storico sicuro, di certo è la volontà di aggressione della Germania e dell'Austria per assicurarsi l'egemonia in Europa e il dominio economico del mondo. La Germania con la dichiarazione di guerra, con la violazione immediata del Belgio e del Lussemburgo e con la sua condotta di guerra ha dato prova del suo sistematico disprezzo di ogni principio umanitario e di ogni rispetto dei piccoli Stati. Via via che il conflitto si è sviluppato, l'attitudine delle Potenze centrali e dei loro alleati è stata una continua sfida all'umanità e alla civiltà.

"Occorre forse ricordare gli orrori che hanno accompagnato l'invasione del Belgio e della Serbia? il regime atroce imposto ai paesi invasi? il massacro di centinaia di migliaia di armeni inoffensivi? le barbarie commesse contro le popolazioni della Siria? le incursioni di Zeppelin su città aperte? la distruzione, per mezzo di sottomarini, di piroscafi e navi mercantili pur battenti bandiera neutrale? il crudele trattamento inflitto ai prigionieri di guerra? gli assassini giuridici di Miss Cavell e del capitano Fryatt? la deportazione e la schiavitù imposta a popolazioni civili? ecc. ecc.
L'esecuzione di una tale serie di delitti, perpetrati senza preoccupazione della riprovazione universale, spiega ampiamente al presidente Wilson la protesta degli Alleati. Essi stimano che la nota da loro rimessa agli Stati Uniti in risposta alla nota tedesca risponda anche alla domanda fatta dal Governo americano e costituisca, secondo le precise espressioni di quest'ultimo, una dichiarazione pubblica sulle condizioni alle quali si potrebbe porre fine alla guerra.

"II Presidente Wilson chiede di più. Egli desidera che le Potenze belligeranti affermino chiaramente gli scopi che esse si propongono continuando la guerra. Gli Alleati non hanno difficoltà alcuna a rispondere a questa domanda. I loro scopi di guerra sono ben noti; essi sono stati formulati a più riprese dai capi dei loro Governi. Questi scopi di guerra saranno esposti nei loro particolari, con tutti i compensi e le giuste indennità per i danni subiti, soltanto all'ora dei negoziati.
Ma il mondo civile sa che essi implicano necessariamente e in primo luogo la restaurazione del Belgio, della Serbia e del Montenegro e i risarcimenti loro dovuti; l'evacuazione dei territori invasi in Francia, in Russia, in Romania con giuste riparazioni; la riorganizzazione dell'Europa garantita da un regime equo e fondata nel contempo sul rispetto delle nazionalità e sul diritto alla piena sicurezza e alla libertà dello sviluppo economico che tutti i popoli, grandi e piccoli, possiedono, nonché su convenzioni territoriali e regolamenti internazionali atti a garantire le frontiere terrestri e marittime contro attacchi ingiustificati; la liberazione degli Italiani, degli Slavi, dei Romeni e dei Ceco-slovacchi dalla dominazione straniera; la liberazione delle popolazioni sottomesse alla sanguinosa tirannia dei turchi: il ricacciare fuori d'Europa l'Impero Ottomano, decisamente straniero alla civiltà occidentale.

"Le intenzioni di S. M. l'Imperatore di Russia riguardo la Polonia sono state chiaramente indicate nel proclama che egli ha in questi giorni indirizzato ai suoi eserciti. E' certo che se gli Alleati vogliono sottrarre l'Europa alle brutali cupidigie del militarismo prussiano, essi non si sono mai proposti, come si è preteso, lo sterminio dei popoli tedeschi e il loro annientamento politico. Quello che essi vogliono sopratutto è di assicurare la pace sui principi di libertà e di giustizia, sulla fedeltà inviolabile alle obbligazioni internazionali alle quali si è sempre ispirato il Governo americano.
Uniti nel perseguimento di questo scopo supremo, gli Alleati sono determinati, ciascuno e solidariamente, ad agire con tutte le loro forze e a sopportare tutti i sacrifici per condurre ad una vittoriosa fine un conflitto dal quale, essi sono convinti, dipenderà non solo la propria esistenza e prosperità, ma anche l'avvenire della civiltà stessa".

La nota, alla quale più su si è fatto cenno, in risposta agli Imperi Centrali era stata, il 28 dicembre, a Parigi, consegnata da BRIAND all'ambasciatore degli Stati Uniti e affermava:

"I Governi alleati della Francia, della Gran Bretagna, dell'Italia, del Giappone, del Montenegro, del Portogallo, della Russia e della Serbia, uniti per la difesa della libertà dei popoli e fedeli all'impegno preso di non deporre isolatamente le armi, hanno deciso di rispondere collettivamente alle pretese proposte di pace che sono state loro dirette da parte dei Governi nemici, per il tramite degli Stati Uniti, della Svizzera e dei Paesi Bassi. Prima di qualsiasi risposta, le Potenze alleate tengono a protestare contro le due asserzioni essenziali della nota delle Potenze nemiche che pretende rigettare sugli Alleati la responsabilità della guerra e che proclama la vittoria delle Potenze centrali.
Gli Alleati non possono ammettere un'affermazione doppiamente inesatta e che basta a colpire di sterilità ogni tentativo di negoziato. Le Nazioni alleate subiscono da trenta mesi una guerra che hanno fatto di tutto per evitare. E hanno dimostrato con atti il loro attaccamento alla pace.

"Tale attaccamento è altrettanto fermo oggi quanto nel 1914. Dopo la violazione dei suoi impegni, non è sulla parola della Germania che la pace, fatto a pezzi da essa, può esser fondata. Un suggerimento senza condizioni per l'apertura di negoziati non è un'offerta di pace. La pretesa proposta, priva di sostanza e di precisione, messa in circolazione dal Governo Imperiale, appare meno come un'offerta di pace che come una manovra di guerra. Essa è basata sul disconoscimento sistematico del carattere della lotta nel passato, nel presente e nell'avvenire. Per il passato la nota tedesca ignora i fatti, le date, le cifre, che stabiliscono che la guerra è stata voluta, provocata e dichiarata dalla Germania e dall'Austria-Ungheria.

" All'Aja è stato il delegato tedesco che rifiutò ogni proposta di disarmo e nel luglio 1914 fu l'Austria-Ungheria che, dopo aver diretto alla Serbia un ultimatum senza precedenti, le dichiarò la guerra malgrado le soddisfazioni immediate ottenute. Gli Imperi del centro respinsero allora tutti i tentativi fatti dall'Intesa per assicurare ad un conflitto locale una soluzione pacifica. L'offerta di una Conferenza dell'Inghilterra; la proposta di una Commissione internazionale; la domanda di un arbitrato dell'Imperatore di Russia all'Imperatore di Germania; l'accordo fra, la Russia e l'Austria-Ungheria alla vigilia del conflitto; tutti questi sforzi sono stati lasciati dalla Germania senza risposta e senza un seguito.

" Il Belgio è stato invaso da un Impero che aveva garantito la sua neutralità e che non ha temuto di proclamare esso stesso che i trattati erano pezzi di carta e che necessità non ha legge. Per il presente, le pretese offerte della Germania si basano su una "carta della guerra" unicamente europea che non esprime che l'apparenza esteriore e passeggera della situazione, non la forza reale degli avversari.
Una pace conclusa partendo da questi dati sarebbe in vantaggio esclusivo degli aggressori che, avendo creduto di raggiungere il loro scopo in due mesi, si accorgono, dopo due anni, che non lo raggiungeranno mai. Per l'avvenire le rovine cagionate dalla dichiarazione di guerra tedesca, gli innumerevoli attentati commessi dalla Germania e dai suoi alleati contro i belligeranti e contro i neutrali, esigono sanzioni, riparazioni e garanzie.

"La Germania elude le uno e le altre. In realtà l'apertura fatta dalle Potenze centrali non è che un tentativo calcolato allo scopo di agire sull'evoluzione della guerra e di imporre finalmente una pace tedesca. Essa ha per oggetto di turbare l'opinione pubblica nei Paesi alleati. Questa opinione, malgrado tutti i sacrifici consentiti, ha già risposto con una fermezza ammirabile ed ha denunciato il vuoto della dichiarazione nemica.
"Essa vuole rafforzare l'opinione pubblica della Germania e dei suoi alleati già gravemente provati per le loro perdite, logorati dall'accerchiamento economico e schiacciati dallo sforzo supremo che si esige dai loro popoli. Essa cerca d'ingannare l'opinione pubblica dei Paesi neutrali convinta da lungo tempo circa le responsabilità iniziali, illuminata sulle responsabilità presenti e troppo chiaroveggente per favorire i disegni della Germania, abbandonando la difesa delle libertà umane. Essa tende infine a giustificare anticipatamente agli occhi del mondo nuovi delitti: guerra sottomarina, deportazioni, lavori e arruolamenti forzati di nazionali contro il loro proprio Paese, violazioni della neutralità.

" È con piena coscienza della gravità, ma anche della necessità dell'ora presente che i Governi Alleati, strettamente uniti fra loro ed in perfetta comunione con i loro popoli, si rifiutano di prendere atto di una proposta senza sincerità e senza portata. Essi affermano ancora una volta, che non vi è pace possibile finché non saranno assicurate le riparazioni dei diritti e delle libertà violate; il riconoscimento del principio delle nazionalità e della libera esistenza dei piccoli Stati; finché non sia certa una sistemazione di natura tale da sopprimere definitivamente le cause che da tanto tempo hanno minacciato le Nazioni e da dare le sole garanzie efficaci per la sicurezza del mondo. Le potenze alleate tengono, terminando ad esporre le seguenti considerazioni le quali mettono in rilievo la situazione particolare in cui si trova il Belgio dopo due anni e mezzo di guerra, in virtù dei trattati internazionali firmati da cinque grandi Potenze d'Europa, tra le quali figurava la Germania.

Il Belgio godeva prima della guerra di uno statuto speciale che rendeva il suo territorio inviolabile e metteva il Belgio stesso, sotto la garanzia delle Potenze, al sicuro dei conflitti europei. Il Belgio ha tuttavia, nel disprezzo di questi trattati, subito per primo l'aggressione della Germania. È perciò che il Governo belga stima necessario di precisare lo scopo che il Belgio non ha mai cessato di perseguire combattendo, a fianco delle Potenze dell'Intesa, per la causa del diritto e della giustizia. Il Belgio ha sempre osservato scrupolosamente i doveri che gli imponeva la sua neutralità. Il Paese ha preso le armi per difendere la sua indipendenza e la sua neutralità violate dalla Germania e per restare fedele ai suoi obblighi internazionali.

" Il 4 agosto, al Reichstag il Cancelliere ha riconosciuto che quest'aggressione costituiva un ingiustizia contraria al diritto delle genti e si è impegnato in nome della Germania a ripararla. Da due anni e mezzo quest'ingiustizia è stata crudelmente aggravata dalle pratiche di guerra e d'occupazione che hanno esaurito le risorse del Paese, rovinato le sue industrie, devastato le sue città ed i suoi villaggi, moltiplicato i massacri, le esecuzioni e gli imprigionamenti. E, nel momento in cui la Germania parla al mondo di pace e d'umanità, essa deporta e riduce in servitù cittadini belgi a migliaia. Il Belgio, prima della guerra, non aspirava che a vivere in buon accordo con tutti i suoi vicini. Il suo re ed il suo Governo non hanno che uno scopo: il ristabilimento della pace e del diritto. Ma vogliono una pace che assicuri al loro Paese riparazioni legittime, garanzie e sicurezza per l'avvenire".

Mentre al presidente Wilson giungeva la risposta degli Alleati, la Germania e l'Austria-Ungheria indirizzavano separatamente una nota ai Governi delle Potenze neutrali; poi rispondeva a Wilson.
E Wilson inizia ad esporre il suo punto di vista al Congresso Americano.


Le proposte di Wilson: le risposte dell'Impero Centrale > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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