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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1915 (12)

GRANDE GUERRA - I DISCORSI POLITICI - I GRANDI SACRIFICI

L'AZIONE DEL GOVERNO NEGLI ULTIMI MESI DEL '15 - IL CONVEGNO ITALO-FRANCESE DI VILLA D' ESTE - DISCORSI DI PICHON E DI LUZZATTI - IL DECRETO "CATENACCIO" DEL 17 SETTEMBRE - I PROVVEDIMENTI FISCALI DEL 12 OTTOBRE E DEL 21 NOVEMBRE - L'ESPOSIZIONE FINANZIARIA DELL'ON.CARCANO: LA SALDEZZA DEL TESORO; I RISULTATI DEI DUE PRESTITI I RISPARMI POSTALI; IL CARO VIVERI; LA CIRCOLAZIONE MONETARIA; LA FINANZA DI GUERRA; IL TERZO PRESTITO NAZIONALE
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Il Principe Umberto di Savoia vende cartoline Pro Croce Rossa

IL CONVEGNO ITALO-FRANCESE DI VILLA D' ESTE
I PROVVEDIMENTI FISCALI - IL CARO VIVERI
LA CIRCOLAZIONE MONETARIA, LA FINANZA DI GUERRA

Mentre la guerra con le sue immani tragedie continuava e la vita si faceva più difficile, uomini politici ed economisti d'Italia e di Francia pensavano a promuovere un intesa economica tra i due paesi latini sia per affrontare le difficoltà presenti sia per studiare e risolvere tutti quei problemi che avrebbero costituito le difficoltà in avvenire. Promosso da Luigi LUZZATTI, ebbe luogo il 15 settembre del 1915, a Villa d'Este sul Lago di Como, un convegno, cui parteciparono gli ex ministri francesi PICHON, BARTOUX, HANOTAUX e TROUILLOT, i senatori MENIER RIVET ed HENRIOT, sindaco di Lione, il signor DERVILLE, presidente della compagnia ferroviaria Paris -Lyon-Mediterranèe, e i professori LUCHAIRE, LEVY e LANDRY.
L'Italia era rappresentata dall'on. LUZZATTI, dai senatori SALMOIRAGHI, MANGILI, ESTERLE, DELLA TORRE, BODIO, MAGGIORINO FERRARIS, PIRELLI, PAPADOPOLI, TANARI, LEVI, DALLA VEDOVA, NINO RONCO, dai deputati ARTOM, AGNELLI, RAINERI. ANCONA, CODACCI-PISANELLI, GIRETTI, GUERCI, RUBINI, RATTONE e da molti altri. Avevano aderito entusiasticamente, fra gli altri, SALANDRA, CLEMENCEAU, l'on. BARZILAI, che dal 16 luglio era ministro senza portafoglio e l'on. BISSOLATI.
I punti che dovevano essere discussi al convegno erano i seguenti:
1° Credito pubblico. Negoziazione dei valori internazionali.
2° Rapporti tra le banche d'emissione e di sconto. Convenzione monetaria; mercato finanziario; corsi di cambio sull'estero.
3° Vie e mezzi di comunicazione. Ferrovie, porti, poste, vie navigabili, telegrafi, telefoni.
4° Legislazione commerciale. Brevetti, invenzioni, proprietà letteraria, industriale.
5° Trattati di commercio e navigazione.
6° Trattati di emigrazione e di lavoro.
7° Istituzione di un Comitato internazionale per lo studio e la preparazione graduale dell'intesa economica fra le nazioni alleate ed amiche.

LUIGI LUZZATTI, la mattina del 16, pronunziando il discorso inaugurale, inneggiò all'amicizia dei due paesi latini; PICHON ricordò le vicende dei rapporti italo-francesi, levò un inno alla collaborazione fra i due popoli trasformata in una salda fraternità d'armi e invitò a continuare i lavori iniziati a Ville d'Este, a Parigi.
"Bisogna - egli disse - che i paesi oggi alleati siano tali anche dopo la pace. In modo particolare gl'interessi dell'Italia e della Francia, in Europa come nell'Oriente, nell'Asia e nell'Africa, debbono rimanere connessi. I delegati di questa riunione non sono membri responsabili del Governo, ma agenti di trasmissione dei sentimenti e dei bisogni dei due paesi, e possono comunicare ai rispettivi Governi i voti delle popolazioni. Così questo gruppo di uomini agirà sull'opinione pubblica, esplicando un opera larga di propaganda e assocerà alla propria azione quella di altri uomini di paesi alleati e amici. Italia e Francia rappresentano un blocco latino che dovrà pensare sotto gli aspetti tutti all'avvenire dell'Europa".

Il deputato belga DESTRÉE augurò che al blocco latino fosse aggiunto anche il Belgio, quindi l'on. Luzzatti, venendo a parlate dei problemi economici ed esponendo le discussioni delle conferenze tenute a Vienna e a Berlino sulla nuova politica economica che gl'Imperi centrali si proponevano d'iniziare a guerra finita, sostenne che la QUADRUPLICE doveva prepararsi a combattere nel campo economico i futuri tentativi di egemonia della Germania e dell'Austria-Ungheria, consigliò che si migliorassero al più presto i rapporti commerciali tra l'Italia e la Francia, espose le proprie idee sul corso dei cambi all'estero e sui nuovi doveri incombenti alle banche d'emissione della Quadruplice, mostrò la necessità di apportare miglioramenti all'accordo sul lavoro del 1904 e propose, infine, la costituzione di un Comitato internazionale, che curasse lo studio e la soluzione dei problemi posti in discussione.

Il convegno, dove molto si parlò e nulla, naturalmente, si concluse, ebbe termine il 18 settembre. Quel giorno, in un banchetto tenuto a Milano, porgendo il saluto agli ospiti, l'on. Luzzatti fra l'altro diceva:
"La guerra attuale ha la missione di dare l'autonomia alle nazioni, la libertà agli oppressi; ma o colleghi di Francia, prima di lasciarci permettete a un vostro vecchio amico di dare un consiglio, il quale può avere la stessa efficacia nel nostro come nel vostro paese. Anche di recente dei giornali tedeschi espressero la crudele speranza che le nostre gare mediterranee saranno sempre un conato di rinnovati rancori; ma qui dobbiamo prendete il solenne impegno che la Francia e l'Italia, unite all'Inghilterra, devono persistere in queste iniziative mediterranee concordi, destinate a dare nuovi splendori alla civiltà, nuove energie ai traffici. Il Mediterraneo appartiene egualmente alla Francia, all'Italia ed all'Inghilterra, ognuna curando con la massima indipendenza la sua parte in quel mare fatidico. Oggi noi abbiamo dato una più salda coscienza a questa vivente verità col convegno di Villa d' Este; oltre che per l'intesa economica, il nostro Comitato internazionale vigilerà assiduo per colpire inesorabilmente coloro i quali tentassero di rinnovare i dissidi mediterranei nocivi sempre a tutti".

Ma queste parole, pur esprimendo nobili propositi, rimanevano parole. Altre parole sarebbero state pronunziate fra uno due mesi a Parigi nella prossima riunione; ma intanto la realtà incalzava e reclamava invece dei fatti. Mentre al convegno di Villa d' Este i convenuti discutevano, il Governo italiano, il 17 settembre, emanava un decreto luogotenenziale "catenaccio" col quale s'istituivano una tassa speciale sulle esportazioni, corrispondente circa all'uno per cento delle merci esportate; una tassa di vendita nella misura di L. 8 al quintale, sulla benzina, sugli olii minerali lubrificanti e in generale sugli altri olii minerali, esclusi il petrolio da illuminazione ed i residui della distillazione di olii minerali; una sopratassa di L. 5 per quintale sulla fabbricazione dello zucchero; un aumento di L. 20 per ogni ettolitro anidro nella tassa di fabbricazione degli spiriti e di L. 0,60 per grado-ettolitro in quella di fabbricazione della birra, sospendendo per la durata della guerra, alcune speciali concessioni, quali quella di abbuoni all'esportazione, e i premi per la denaturazione dell'alcool, e sostituendo alla esenzione della tassa per la distillazione degli spiriti di vino di Sardegna l'iscrizione nel bilancio di Agricoltura Industria e Commercio di un fondo da destinare dal credito ed a miglioramenti agrari nell'isola; e infine un aumento ai prezzi di alcune qualità di tabacchi lavorati.

Il "decreto catenaccio" non produsse malcontento fra i contribuenti e in genere ebbe le approvazioni della stampa, la quale sostenne la necessità di nuovi tributi. LUIGI EINAUDI, ad esempio, scriveva:
"Ai provvedimenti medesimi è desiderato, anzi necessario un seguito. Con questo e coi precedenti inasprimenti, il Governo ha percorso tutta la gamma delle imposte vigenti: decimi sulle imposte dirette e sulle tasse sugli affari; aumenti e correzioni delle migliori imposte sui consumi meno necessari. Ciò che si è fatto è molto, ma non si è fatto tutto. Altre imposte "e non lievi" saranno necessarie in un prossimo avvenire per equilibrare il bilancio. Non è escluso che qualcosa possa essere ancora richiesto a ritocchi dei tributi vigenti".

Nuovi provvedimenti fiscali furono adottati nell'ottobre con alcuni decreti firmati dal Re il 12 e pubblicati il 20 dalla Gazzetta Ufficiale. Questi provvedimenti toccavano le tasse di bollo, la tassa d'ingresso per i cinematografi, le tariffe postali e telegrafiche, i diritti catastali, le tasse sugli affari e la tassa, di nuova istituzione sui� "riformati", la quale aveva carattere progressivo e cominciava da un minimo di sei lire annue per arrivare ad una quota di parecchie centinaia di lire secondo le condizioni sociali ed economiche del riformato.

Commentando i provvedimenti fiscali del settembre e dell'ottobre che assicuravano un gettito di circa 100 milioni, l'on. Luzzatti scriveva:

"Coi decreti del settembre si è scritta la prefazione del nuovo libro finanziario: molte pagine importanti contengono quelli usciti oggi, ma occorre al libro una conclusione: la riforma delle imposte dirette, quelle dei metodi d'accertamento per alcune categorie della ricchezza mobile, e infine la pagina d'oro invocata, attesa dai contribuenti, la quale rappresenterà il premio dei loro sacrifici antichi e nuovi. Vogliamo accennare alla riforma delle pubbliche amministrazioni, non solo per le economie che se n'attendono e possono essere notevoli, ma, quel che sono più, perché i cittadini afflitti da tante gravezze hanno il diritto di chiedere i benefici di una gestione rapida, snella; sempre più perfetta alle aziende statali".

Per provvedere ai bisogni straordinari del tesoro, su proposta dei ministri delle. Finanze e delle Poste e Telegrafi, d'accordo col ministro del Tesoro ed in .seguito a deliberazione del Consiglio dei ministri, il 21 novembre veniva dal Re firmato un decreto, che per la durata della guerra dava valore di legge alle seguenti disposizioni riguardanti
1° contributo del centesimo di guerra,
2° imposta sui profitti dipendenti dalla guerra
3° modifica alla legge sulle tassa da bollo
4° modifica alle legge per le tasse sui velocipedi
5° abrogazioni di privilegi in materia di tassa di registro
6° modifica alla legge sulla tassa di fabbricazione dei fiammiferi
7° modifica alla tariffa dei prezzi di vendita di sali
8° modifica alla tariffa postale sulle corrispondenze ordinarie.

Commentando le nuove misure fiscali l'on. LUZZATTI così scriveva:
"Attendevamo i nuovi provvedimenti indispensabili a procurare gl'interessi dei debiti ingenti che si vanno accumulando, e il Governo fece il suo dovere a parer duro verso i contribuenti per la pietà della finanza, che è una delle forme e condizioni per la salvezza dello Stato. Vi sono dei Governi, che fra le emissioni di carta moneta e dei debiti fruttiferi non osano ancora porre le imposte, e senza attendere che la guerra sia finita, spiano il momento opportuno per chiedere sacrifici gravi alla nazione. Ma a noi pare più schietto più patriottico, e infin dei conti più utile ai contribuenti stessi che chiedere subito anche alle imposte i mezzi occorrenti a salvare la pubblica cosa. Sicuramente ve ne sono, nell'ultima collezione, di agri e moleste: l'inasprimento del sale, per esempio, l'aumento delle tasse sulle lettere ....ma i contribuenti devono accettare i nuovi oneri con quella stessa rassegnazione patriottica, con cui il Governo li ha dovuti immaginare e imporre. Il punto principale di queste contribuzioni è l'imposta sugli atti eccezionali: lo Stato tassa i poveri col sale, colpisce anche i ricchi e tutti eguaglia nella comunità dei dolori sopportabili".

L'8 dicembre, l'on. CARCANO, ministro del Tesoro fece alla Camera l'esposizione finanziaria, la quale, egli disse, era non soltanto doverosa, ma opportuna in quanto serviva anche ad illustrare il disegno di legge presentato che proponeva la proroga all'esercizio provvisorio dei bilanci e la convalidazione dei provvedimenti per economie nella spesa e per maggiori proventi tributari. Passando ad esporre i risultati dell'esercizio 1914-15 e le previsioni dell'esercizio in corso e di quello prossimo, l'on. Coreano disse:

"Nell'anno finanziario che si é chiuso si riflettono, per undici mesi, le conseguenze della conflagrazione europea scoppiata al principio dell'agosto 1914, e nel conto relativo sono infatti segnati, i dispendi incontrati, prima, per la necessaria nostra preparazione militare, e poi, dal 21 maggio 1915, per la nostra guerra nazionale. Nei riguardi delle spese civili meritano menzione speciale quelle iscritte in più delle previste a carico del Tesoro per 115 milioni dei quali circa 43 per i fondi di riserva e per i cambi, 51 per interessi e accessori su debiti nuovi, e 21 per coprire il disavanzo effettivo della gestione delle ferrovie dello Stato. Un cospicuo aumento si nota anche nel bilancio dei lavori pubblici, la cui dotazione per spese straordinarie è salita a 191 milioni e messo in confronto dei 97 milioni stabiliti dalla legge 4 aprile 1912. L'aumento di oltre 94 milioni va attribuito per circa un terzo a spese in conseguenza del terremoto del 13 gennaio 1915 e di quelli anteriori, e per il rimanente a un programma di acceleramento di opere varie (strade, ponti, bonifiche, opere idrauliche e marittime e altre) a sollievo della disoccupazione, della quale si aveva grande motivo di temere nel passato inverno a causa del rimpatrio dei nostri emigrati. Immenso è il divario fra le previsioni e i fatti nei riguardi delle spese militari. Al bilancio della guerra si sono aggiunti milioni 2047 e a quello della marina 335. E ancora fra le spese conseguenti dagli avvenimenti internazionali e dalla guerra sarebbero pure da comprendere alcune altre; ad esempio quelle di 15 milioni per la difesa della Colonia Eritrea e della Somalia e di 10 milioni e mezzo per assistenza e rimpatrio di connazionali all'estero. A spiegare poi l'enorme divario fra le spese militari di quest'anno e quelle di un bilancio ordinario, basta pensare agli enormi dispendi, ognora crescenti, per le armi e i nuovi strumenti bellici, per la quantità e il costo delle artiglierie e delle munizioni, per i mezzi logistici e approvvigionamenti d'ogni sorta; basta considerare lo sterminato aumento delle nostre forze di terra e di mare, e il numero corrispondente degli ufficiali chiamati a dirigerle.

"Né le entrate effettive potevano non risentire le conseguenze della guerra, e alcune scemarono notevolmente, fra le quali i proventi dei diritti di confine, il gettito del dazio sul grano, che, sospeso prima in parte e poi per intero, ha reso poco più di 17 milioni, mentre d'ordinario sorpassa gli 80 milioni, il prodotto dell'azienda ferroviaria di Stato, che, previsto in 33 milioni, andò interamente perduto, essendosi anzi avverato in disavanzo, a carico del Tesoro di 21 milioni. A siffatti ammanchi e al declinare di altre entrate si sono contrapposti vari provvedimenti di finanza e di tesoro. Anzitutto fin dall'inizio del 1914, alcuni ritocchi alla tassa sull'alcool e alla tariffa dei tabacchi (Facta-Tedesco). In seguito i provvedimenti attuali in via provvisoria giusta la facoltà consentita della legge del 19 luglio 1911, con decreti del 27 settembre, 15 e 22 ottobre (Rava-Rubini) e del 12, 15, 19 e 22 novembre 1914 (Daneo Cercano). Con le due leggi del 16 e 22 dicembre, poi, fu prorogata l'efficienza delle accennate disposizioni provvisorie e fu apportato l'aumento di un decimo alle imposte dirette e alle tasse sugli affari, non colpite dai precedenti ritocchi, con effetto dal 1° gennaio 1915.

" Rinvigorite così le entrate effettive, fu dato al Tesoro di collocare con buon esito, nel gennaio 1915, un prestito nazionale di un miliardo, all'interesse del quattro e mezzo e al prezzo di emissione del 97 per 100. Riassumendo, il consuntivo del 1914-15 si è chiuso con una deficienza di milioni 2835, nella categoria delle entrate e spese effettive, a cui va contrapposta una differenza attiva di 928 milioni nella categoria movimento di capitali, in virtù specialmente del prestito di un miliardo: donde risulta una definitiva deficienza di milioni 1907, alla quale si era fatto fronte con debiti fluttuanti o con altri mezzi di tesoreria o con ampliamenti graduali in misura discreta, della circolazione di banca e di Stato. Frattanto, valendosi della facoltà conferitagli fin dal maggio, il Governo con decreto del giugno bandiva un secondo prestito nazionale (al quattro e mezzo e al prezzo di 95 per 100), al quale sottoscrissero ben 250.000 cittadini, anche fra i connazionali all'estero, per la somme totale di un miliardo e 146 milioni.

"La situazione, come risultava dai primi stati di previsione per l'anno finanziario corrente, è oggi radicalmente mutata, essenzialmente per le nuove dotazioni assegnate ai due Ministeri militari. Alla guerra, nei cinque mesi di luglio a novembre, furono assegnati milioni 2200, compreso un centinaio di milioni per sussidi alle famiglie di richiamati alle armi; alla marina 158 milioni, compresi 4 milioni per spese di assicurazione di piroscafi postali e per soccorsi ai pescatori in seguito al divieto di pesca sull'Adriatico. Sono spese pure conseguenti dalla guerra quelle molto notevoli a carico del tesoro, derivanti dagli interessi per le operazioni intese al fine di procurare i necessari mezzi di cassa, e che oggi si stimano in 130 milioni e le assegnazioni di circa 6 milioni al Ministero degli affari esteri, in massima parte per sussidi ai connazionali emigrati, e di 11 milioni al Ministero dell'interno, specie per mutui a favore a comuni della costa adriatica.

" Sono poi da aggiungere altre spese dipendenti da leggi o da decreti legislativi per una somma, nel conplesso, di circa 45 milioni, ripartiti fra i bilanci di alcuni Ministeri: della quel somma fanno parte 24 milioni circa a sollievo di danni recati da terremoti. Alle spese di guerra bisogna necessariamente far fronte con operazioni di credito. Ma prima di ricorrere al credito è dovere in chi governa di mantenere salda e forte la finanza di rinvigorire le fonti delle entrate erariali e di istituirne di nuove, alfine di trarne almeno quanto occorra pel pagamento degli interessi delle somme da prendere a prestito. A tale sano concetto erano inspirati gli accennati provvedimenti del 1914, come lo sono quelli venuti poi in questo esercizio e attuati con i reali decreti del 15 settembre, del 12 ottobre e del 21 novembre 1915.

" Secondo accurate stime, ragguagliate ad anno, da tutti gli indicati provvedimenti si ha ragione di attendere somme ragguardevoli: dai provvedimenti del settembre, ottobre e novembre 1914 una quarantina di milioni, dalle aggiunte legislative del dicembre 1914 un'altra cinquantina; dai provvedimenti di settembre e dell'ottobre 1915, milioni 125 e poco meno di 150 dagli ultimi provvedimenti del 21 novembre 1915. Nell'insieme si arriva ad una cifra assai cospicua, intorno a 375 milioni, vale a dire ad una somma bastevole a servire gli interessi di prestiti per parecchi miliardi. Lo sforzo richiesto a tutta la massa dei contribuenti, senza distinzione di classi, senza escludere nemmeno, i poveri, è grande, ma non meno grande è il movente e lo scopo: si tratta di raccogliere tutto quanto occorre per proseguire la lotta fino alla vittoria.

"I bilanci del 1915-16, pur rettificati e aggiornati con le variazioni accennate sopra, non comprendono che le dotazioni dipendenti da leggi o da decreti, quindi riferiscono le assegnazioni per le spese della guerra occorse e decretate fino a tutto novembre, ma non quelle ingenti di certo, che occorreranno nei mesi successivi. Tenuto ciò presente rileviamo che il bilancio del corrente esercizio prevede oggi un disavanzo di 2763 milioni nella categoria delle entrate e spese effettive e un'eccedenza attiva di 3980 milioni nella categoria del movimento di capitali, ossia per accensioni di debiti, fra i quali eccellono il prestito di 1146 milioni emesso nel luglio e le operazioni di apertura di credito all'estero, per gli ingenti acquisti e pagamenti da farsi segretamente sui mercati dell'Impero britannico e delle Americhe. In questo, di una sola cosa si è preoccupato il Governo: che nulla manchi ai nostri valorosi combattenti di terra e di mare.

"Rimane dunque oggi una reale eccedenza attiva di 1217 milioni, la quale è di certo inferiore di molto alle spese che occorreranno dal dicembre in poi, per la guerra. Donde la necessità evidente di rivolgere presto un nuovo appello agli italiani per un altro grande prestito nazionale. Per il futuro esercizio, trattandosi di presentare un bilancio di previsione in base a presunzioni più o meno probabili, e a distanza di otto mesi, è naturale si supponga che con l'esercizio medesimo si inizi un periodo di anni tranquilli, di lavoro e di progresso umano, di pace feconda. A tale auspicata ipotesi sono informati gli stati di previsioni dell'entrata e della spesa già presentati per il 1916-17, come per un anno di raccoglimento.
Affermo ad ogni modo ancora una volta che l'Italia proseguirà senza titubanze la lotta intrapresa insieme con le potenze alleate per il conseguimento delle sue legittime aspirazioni e per la difesa della civiltà. Nelle entrate sono compresi gli effetti dei recenti provvedimenti tributari; nella spesa, con la volonterosa e paziente collaborazione di tutti i ministri, si sono introdotte notevoli economie. Le diminuzioni di spese ordinarie e straordinarie ascendono, in complesso, a 158 milioni; ma solo in parte sono da attribuire a vere e proprie economie, e nel resto a differimenti o dilazioni di spese straordinarie in più esercizi. E d'altra parte vi è un maggiore onere di 232 milioni per interessi passivi.

"Il progetto di bilancio si chiude nella parte effettiva ordinaria con un'eccedenza attiva di 417 milioni e nella parte effettiva straordinaria con una deficienza di milioni 277; onde, nell'insieme, la categoria delle entrate e spese effettive presenta un avanzo di 140 milioni. Potrà taluno ritenere troppo rosee siffatte previsioni. E invero, quanto alle spese, sono da attendersi non lievi aggiunte; e quanto alle economie, certo è che esse potranno dileguarsi o consolidarsi e crescere, secondo che vengano o non adottate riforme o semplificazioni amministrative Alcune però si sono già iniziate, e chiunque sia al Governo a tali riforme dovrà arrivare, perché ormai è nella coscienza di tutti la necessità di render più semplici e più sollecite nel loro funzionamento le varie amministrazioni dello Stato.

"E tornando al bilancio, non può escludersi che anche l'esercizio prossimo possa essere spinoso. Basta riflettere all'immancabile crescendo dei debiti onerosi e del debito vitalizio. Tuttavia, chi voglia tener conto oltre che dei timori fondati anche delle ragionevoli speranze, deve trovar conforto nel fatto di un assai notevole incremento delle entrate principali. Esse nel primo quadrimestre, in confronto del corrispondente periodo del precedente esercizio, hanno dato 112 milioni e mezzo in più, che si riducono a 100 per la sospensione intera del dazio sul grano. E nel quinto mese, nel novembre, il moto progressivo è continuato, così da risultare un aumento ulteriore, nei vari gruppi di riscossione, di milioni 43. Così cospicuo accrescimento deriva in parte, è vero, da una maggiore pressione tributaria, ma in parte anche più larga va attribuito a consumi più estesi, a redditi più copiosi, ad un promettente risveglio negli affari e nello sviluppo dei pubblici servizi.

"La Cassa depositi e prestiti, per opportuni provvedimenti di governo, ha proseguito nella sua benefica via, intensificando l'opera di larga sovventrice di Comuni, Province e Consorzi. Soltanto nei primi dieci mesi di quest'anno, furono più di 1300 i mutui concessi per quasi 98 milioni, senza l'aggiunta del fondo speciale dei 100 milioni assegnato a mutui per opere pubbliche a sollievo della disoccupazione. Nel primo anno della guerra europea parve inaridirsi la fonte del risparmio postale: ma da quattro mesi si nota un considerevole risveglio. Al principio di agosto 1914 - quando scoppiò la guerra - i depositi alle casse postali di risparmio ammontavano a milioni 2156; dal giorno successivo cominciò la depressione e al 31 luglio 1915 i depositi stessi erano scesi a milioni 1875 con una diminuzione di milioni 281 nello spazio di dodici mesi. Dal 10 agosto 1915 cominciò la promettente ripresa, e al 30 novembre di quest'anno, l'ammontare dei depositi presentava un maggior introito di quasi 44 milioni. Gli Istituti di previdenza, annessi alla Cassa depositi e prestiti, segnano uno sviluppo continuo e progressivo. Senza comprendere il fondo speciale per gli orfani degli insegnanti elementari, gli altri sei istituti - fra i quali primeggia il "Monte degli insegnanti elementari" - hanno un patrimonio di L. 330 261 661 e gli inscritti ammontano a 90.081. Sono stati già concessi 18.620 assegni vitalizi ammontanti a lire 9.765.990 e indennità per lire 3.315.943. Nell'estate e nell'autunno dello scorso anno, lo scoppio della guerra europea produsse anche in noi turbamento nella vita economica, con rarefazione del denaro, deprezzamento della nostra moneta in confronto delle valute estere, restrizione del credito, rincaro delle merci, e quindi un generale disagio. Ma subito tornò la calma operosa. Il Governo vigile si affrettò a prendere quei provvedimenti che via via apparivano opportuni per sopperire ai bisogni dello Stato e del Paese. Ma più degli atti governativi valsero le virtù e le energie del popolo lavoratore. Dalla concordia morale e politica ebbe vita e alimento la concordia economica; e presto se ne manifestarono i buoni frutti.
Nel maggio 1915, con meditata deliberazione, l'Italia scese ben armata in campo, per la difesa energica degli interessi propri, e di quelli comuni alle Nazioni libere. Da allora in poi anche la vita economica si fece presto più attiva, più rigogliosa e più feconda. Gli Italiani si accinsero al lavoro con lena raddoppiata, e vincendo infiniti ostacoli riuscirono ormai a restituire all'economia nazionale una fisionomia non molto lontana dalla normale.

"L'annata agraria 1915 è stata una delle meno felici con danno di tutti e specialmente delle classi povere. In compenso, si ebbe una promettente attività nei redditi delle industrie, fatta eccezione di quella alberghiera, delle arti edilizie e delle arti grafiche. Sono tra le più fortunate le industrie metallurgiche e le meccaniche, le fabbriche di automobili e di veicoli, e assai prospere sono pure le lavorazioni della lana e del cotone.
Della seta, la produzione e il commercio dei filati ebbero una brillante ripresa mentre la tessitura e la tintoria lottano contro ostacoli di varia natura. Vantaggi notevoli ebbero pure le industrie della gomma, delle pelli e delle calzature, degli zuccheri, delle conserve alimentari. La mano d'opera è in generale ricercata, e sintomi gravi di disoccupazione non si manifestano in nessuna regione. In conclusione si può affermare che l'organismo economico del Paese è più vigoroso che mai. E da ciò potremo trarre nuovo auspicio della sicura vittoria. Vero è che le condizioni della circolazione monetaria e degli scambi internazionali da noi sono tali da rendere basso il valore effettivo della moneta con disagio ed aggravio per tutti i consumatori; ma è pur vero che tali condizioni non liete sono poco dissimili da quelle degli altri Paesi che risentono le conseguenze della estensione e della intensità della guerra attuale. Infine, ognuno può rilevare con viva soddisfazione che il Tesoro italiano -anche nelle difficili condizioni del mercato finanziarie, di quest'anno - corrisponde sui propri debiti un interesse a saggio sensibilmente inferiore a quello che viene pagato, in generale, dagli altri Stati europei.

"Rimane tuttavia un punto fosco e spinoso: il "caro viveri", che non accenna a mitigarsi, che anzi appare più temibile per l'avanzarsi dell'inverno. Fra le cause del caro viveri, è lo stesso disagio monetario, che accresce tutti i costi e i prezzi, in ragione della diminuzione del valore effettivo della moneta cartacea. Questa causa, insieme a molte altre concomitanti, cospira a rendere più ardua e più costosa la provvista delle materie prime e dei prodotti. Inoltre, di fronte alla restrizione dell'"offerta" che diviene più avara, in tempo di guerra si allunga a dismisura la "domanda" affannosa. Basta un indice di siffatto viluppo di cause, per poterne dedurre quanto debba riuscire ardua e di scarsa efficacia l'azione governativa per attenuare gli effetti. Il Governo, con atti molteplici, si studiò di mitigare il quotidiano tormento della vita domestica. Non vuolsi asserire che gli scopi sono stati interamente raggiunti, e nemmeno che tutto il possibile sia stato fatto e null'altro sia desiderabile. Molto è da sperare dall'azione delle amministrazioni comunali. Né giova tacere che a superare le accennate angustie è d'uopo concorrano generose le virtù dei privati e il civismo d'ogni classe di popolo. Per buona sorte abbondano virtù anche in tempi ordinari, nel popolo italiano, e tanto più debbono rifulgere ora, mentre lo infiamma un altissimo ideale: la salute e la grandezza della Patria, e la compartecipazione con le Nazioni alleate alla finale vittoria, immancabile, della libertà e della giustizia.

"Le vicende e i bisogni dell'economia nazionale e dello Stato sono naturalmente in stretto rapporto con le vicende di questo periodo burrascoso, ed hanno anche riflesso sulle condizioni della circolazione monetaria. In tempo di guerra, mentre la vita economica è perturbata, più incalzanti ed ingenti sono i bisogni e più che mai numerose le domande al Governo. Al Tesoro occorrono mezzi in gran quantità per fronteggiare le spese belliche e lo spareggio fra le riscossioni e i pagamenti. Gli Enti che raccolgono depositi a risparmio hanno bisogno di più larghe riserve e di anticipazioni, a condizioni miti, su titoli di Stato per fronteggiare le domande di rimborso. I costruttori di ferrovie e gli industriali sono assillati dalla penuria del credito. E nemmeno la Cassa depositi e prestiti sfuggì al bisogno di sovvenzioni garantite sui titoli di Stato, ond' è abbondantemente fornita, quando dovette sopperire ai ritiri di somme dalle Casse di risparmio postali. E ancora altre operazioni occorrono per ingenti acquisti all'estero di grano e di munizioni e di materiale da fornire agli opifici, che lavorano febbrilmente per gli approvvigionamenti all'esercito e alla marina.

" A così vari imperiosi bisogni si è provveduto con una prudente e graduale espansione della circolazione monetaria, con transitorie emissioni di biglietti e conti correnti speciali, e con provvisioni d'ordine economico-sociale e finanziario, emanate dall'agosto 1914 ad oggi. E parimenti si è provveduto a fiancheggiare le casse di risparmio ordinarie e postali, e a fornire anticipazioni per le costruzioni dì ferrovie e per gli acquisti di grano e prodotti vari, per conto dello Stato. All'intento poi di ovviare i danni della disoccupazione, con decreto 22 settembre 1914 è stata istituita altra circolazione speciale di 100 milioni di lire, da erogarsi in mutui a Province e Comuni, ad interesse mitissimo, per accelerare l'esecuzione di opere pubbliche. Infine, per le straordinarie spese della guerra, furono raccolti i mezzi occorrenti con prestiti interni ed esteri, con l'aumento di 100 milioni nel limite di emissione dei buoni ordinari, col graduale collocamento dì 100 milioni di buoni quinquennali (questi ultimi a ricupero di somme già da tempo anticipate per costruzioni di ferrovie). E ancora altri mezzi si ottennero col concorso degli Istituti di emissione, con 485 milioni di anticipazioni statutarie, e più tardi, con altri 200 milioni di anticipazioni straordinarie.

" Il Tesoro non trascurò la difesa della nostra moneta metallica dalle ingorde speculazioni, con divieto dell'esportazione dell'oro e dell'argento, e poscia di tutte le monete nazionali ed estere; ritoccò le modalità del pagamento dei dazi doganali; rese più intensa la produzione della Zecca, accelerando la coniazione della moneta divisionaria, pur rimanendo assai al di sotto dei limiti fissati dalla Convenzione della lega latina. D'altro lato il grande movimento degli affari, l'intensità e la frequenza dei pagamenti, la scarsezza dei biglietti di piccolo taglio per i nuovi e maggiori bisogni - anche per il gran numero di uomini sotto le armi e per i paesi dal loro valore redenti - concorsero a consigliare una maggiore espansione della valuta cartacea di Stato. Con questa varietà di metodo si riuscì a superare le difficoltà e a mantenere fornite le casse dello Stato per l'incalzare delle esigenze nuove. Scoppiata la guerra europea, si rese pure inevitabile un aumento nella circolazione bancaria per sorreggere il credito e mitigare la crisi.

"L'aumento si fece prudentemente e per gradi: il limite normale si accrebbe, in due tempi, di 440 milioni, con un contributo dell'uno per cento a favore del Tesoro; poi si elevò di altri 220 milioni, col contributo del due per cento. L'ammontare dei biglietti dei tre istituti in circolazione, per conto proprio - compresi quelli a piena copertura - da milioni 2199 al 30 giugno 1914 salì nell'agosto a milioni 2612, poi discese, ed al 31 dicembre era di milioni 2202; risalì e raggiunse il culmine alla fine di maggio 1915 in milioni 2652; al 31 ottobre scorso era di milioni 2101 soltanto. Le riserve metalliche ed equiparate da 1655 milioni, nel luglio dello scorso anno, sono cresciute raggiungendo al 31 ottobre scorso 1710 milioni. Superate le prime difficoltà, la ripresa fu rapida e rigogliosa. L'incremento dei debiti a vista e dei depositi in conto corrente procurò larghi mezzi per le operazioni attive, senza aggravio della circolazione: i debiti a vista crebbero nei quindici mesi fino ad ottobre, salendo da 215 a 421 milioni, ed i depositi da 122 a 567 milioni. E nel novembre l'aumento è continuato anche più vivo. L'andamento delle operazioni di sconto e di anticipazione dei tre Istituti è molto significante. Dalla fine di luglio alla fine di agosto 1914 il portafoglio interno sale da 716 a 1141 milioni; e le anticipazioni da 155 a 200 milioni. Dopo il settembre gli sconti vanno via via riducendosi, e alla fine di gennaio 1915 sono a 960 milioni, ma per salire fino a quasi 1300 milioni alla fine di maggio; poi vanno rapidamente riducendosi, così che al 31 ottobre il portafoglio interno è ridotto a meno di 743 milioni e mezzo di lire. L'ammontare delle anticipazioni ha oscillato fra un massimo di 367 milioni e un minimo di 255; e alla fine dello scorso ottobre era ancora a 285 milioni".

L'on. Carcano, dopo aver fatte le lodi degli istituti di emissione, parlò così della finanza di guerra:
"La storia è la migliore maestra, e rivolgendo lo sguardo al passato, l'animo s'infiamma d'entusiasmo, di coraggio e di fede, purché si ripensi l'epopea dei Risorgimento seguita da quelle lunghe e mirabili prove di virtù finanziarie, che valsero a dare ordinamento e forma allo Stato italiano. Ancora più gloriose delle passate gesta sono le presenti. Non la sola parte migliore della Nazione che è alle armi, il popolo tutto quanto partecipa e coopera, con indomito fervore alla lotta immane. II Paese, con le robuste braccia del suo esercito, ha ripreso dal Campidoglio il vessillo fatidico "Italia e Vittorio Emanale" e lo ha portato in alto vittorioso, sui colli del Carso rossi di sangue, come su le vette bianche di neve e di ghiaccio delle Alpi un giorno vietate. Da qui la concorde, unanime cooperazione di tutti i cittadini, di ogni età e di ogni classe, degli operai nelle officine, delle donne nelle famiglie, nei laboratori, negli ospedali, affinché nulla manchi del necessario ai fratelli combattenti e le migliori cure assistano i feriti e gli infermi. Il Governo sa che nessun Italiano vorrà porsi in condizione di dover un giorno rammaricarsi di non aver contribuito con tutto quanto poteva alla vittoria del diritto nazionale e umano. E con questa fiducia il Governo rivolgerà fra breve un nuovo appello al Paese per un largo prestito quale occorre agli straordinari bisogni della guerra redentrice. Ecco il programma d'oggi, la parola d'ordine, per la finanza pubblica e la privata: economizzare quanto più si può, non fare spese superflue, per dare o prestare tutto quanto rimane disponibile alle stringenti necessità dello Stato.
E' una guerra aspra e costosa: la somma spesa per essa nei primi cinque mesi del corrente anno finanziario si può indicare nella grossa cifra di due miliardi e mezzo; il futuro non è facile presagirlo; ma non rischierà di sbagliare chi pensi che, negli altri sette mesi, le spese cresceranno in proporzione non minore. E così cresceranno i bisogni del Tesoro"
.

Il ministro chiuse il suo discorso con parole che furono interrotte da frequenti applausi:
"Meglio che delle mie parole - egli disse - dai bilanci e dalle proposte che siete chiamati ad esaminare, vi sarà facile dedurre quale sia la situazione e quali siano le direttive che il Governo ha seguito e intende di seguire nel campo finanziario, di fronte ai bisogni della guerra. E col vostro patriottico senno voi concluderete, così confido, che la finanza italiana non viene meno ai suoi dovere. Qual'è oggi il dovere della finanza privata e pubblica ? Esso non è dissimile da quello di tutti i cittadini, è il dovere di lottare e di vincere, di fare tutto quanto occorra per raggiungere la meta,. Ognuno è chiamato ad attestare, nel modo che può migliore, la riconoscenza e l'omaggio dovuto alla sacra memoria dei prodi caduti per la Patria e a quanti stanno di fronte al nemico ad affrontare ogni sorta di stenti -anche più duri della morte - per l'auspicato trionfo della libertà e della civiltà. È il dovere di tutti, quello che c'insegnano i nostri fratelli sotto le armi, dal forte marinaio ai valorosi comandarti, dal più modesto fuciliere all'illustre e ammirato generale Cadorna. E' quello stesso dovere che ci addita il Capo supremo della Nazione, come del suo esercito e della sua armata. Colui che, con la semplicità degli antichi eroi, vive fra i soldati al campo, esempio a tutti delle più alte virtù militari come delle virtù familiari e civiche".

Della discussione parlamentare seguita al discorso del ministro del Tesoro parleremo più tardi. Chiuderemo questi cenni sulla politica economica italiana del 1915 ricordando che il 22 dicembre il Re firmò il decreto riguardante l'emissione di un terzo prestito nazionale al prezzo di lire 97.50 con l'interesse del 5 per 100. Le obbligazioni erano estinguibili entro 25 anni, a partire dal 10 gennaio del 1916 e fruttanti, a decorrere dalla stessa data, l'interesse netto da ogni imposta presente e futura, pagabile nel Regno e nelle Colonie italiane in rate semestrali, al 1° luglio e al 10 gennaio di ogni anno. Le obbligazioni medesime non sarebbero state soggette né a conversione né a riscatto fino al 1° gennaio 1926.

(Di questi prestiti, ne sentiremo parlare a lungo finita la guerra. Molti (la maggior parte dei sottoscrittori erano della classe media) rischiarono di non vedersi rimborsare le somme dalla banca di Sconto. E alle loro lagnanze, i cinque milioni di reduci tornati dal fronte (senza un'occupazione, in un paese sull'orlo del disastro economico, ma con i "pescecani" che avevano
tratto enormi profitti dalla guerra con le industrie belliche - (1976 stabilimenti con un milione di addetti - fisicamente efficienti, superpagati, gente iperattiva, diligente e ubbidiente, stacanovista, protetta dagli industriali per ovvi motivi. Del resto chi non aveva queste virt� l'industriale non si opponeva  se alcuni soggetti venivano richiamati per andare al fronte.
Anzi questa era la costante amarezza dei soldati in partenza per il fronte nel vedere gli infidi "imboscati" - Non dimentichiamo che un soldato al fronte prendeva 1-2 lire al giorno, mentre quelli rimasti a lavorare ne prendevano 10-12, ma con le forzate 75 ore settimanali, di lire ne prendevano anche 16 - 20)
. I reduci poi li accusarono di essere stati degli "avvoltoi", di non aver fatto la guerra, di essersi ingrassati, di averci speculato, e di -assieme a quelli della classe media- alla fine del conflitto anche guadagnarci nonostante il Paese piombato con la sua economia nel baratro dei debiti.

Si era arrivati al punto che
i vari prelievi fiscali (che stavano mandando in crisi anche la piccola imprenditoria, gli artigiani e i commercianti) facendo salire i prezzi, aumentando la disoccupazione - causando odi e anche paure - serviva buona parte solo per pagare gli interessi dei Buoni del Tesoro (I miliardi che erano stati emessi con le obbligazioni per finanziare la guerra) posseduti da chi la guerra  non l'aveva fatta, e che con il paese dissanguato con i suoi investimenti ci guadagnava pure!
Sarà a questo punto, che BENITO MUSSOLINI giocherà la sua "carta". Nel suo intervento in una conferenza a Milano il 9 giugno del '19, proporrà il suo programma (demagogica ma piuttosto realista) e ci metterà dentro un insieme di tutte le sue dottrine di giovent�: "Una nazione italiana � come una grande famiglia. Le casse sono vuote. Chi deve riempirle? Noi, forse? Noi che non possediamo case, automobili, banche, miniere, terre, fabbriche, banconote? Chi pu�, "deve" pagare. Chi pu�, deve sborsare...E' l'ora dei sacrifici per tutti. Chi non ha dato sangue, dia denaro".(Il Popolo d'Italia 10 giugno 1919).

Eppure ORLANDO in questi ultimi mesi del 1915, iniziava (ma davanti c'erano altri tre anni) a diffidare e a minacciare "....Guai agli assenti, ai contumaci, agl'inutili; guai agli avari di danaro e agli aridi di cuore..." Questo discorso e altri (compresi quelli del Papa) li leggeremo nel successivo capitolo.


... altri accorati discorsi politici, e quelli del Papa > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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