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( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1915 (7)

GRANDE GUERRA - OFFENSIVA - ISONZO 1 - SPERANZE

IL CINQUANTESIMOSESTO ANNIVERSARIO DI SOLFERINO COMMEMORATO IN FRANCIA: DISCORSI POLITICI DI TITTONI E DEL SENATORE PICHON - LE OPERAZIONI DI GUERRA SUL FRONTE TRENTINO E IN CARNIA - LE DIFFICOLTÀ DELLA LINEA DELL' ISONZO - LE VIRTÙ MILITARI DEL NOSTRO ESERCITO - VANI ATTACCHI NEMICI - VISITA DELL'ON. SALANDRA AL FRONTE - L'OPERA DEL GENIO - LENTI, MA CONTINUI PROGRESSI ITALIANI DALLO STELVIO A PLEZZO - LA PRIMA BATTAGLIA DELL' ISONZO - IL VALORE DELLE NOSTRE TRUPPE ELOGIATO DA UN COMUNICATO UFFICIALE - IL "VOTO DI CALAIS" - INTENSA ATTIVITÀ DELLE NOSTRE ARMI NELLA SECONDA METÀ DI LUGLIO SULLA FRONTE TRENTINO-CARNICA - LA SECONDA BATTAGLIA DELL'ISONZO: SANGUINOSE GIORNATE DI LOTTA A MONTE SEI BUSI, AL SAN MICHELE, DI FRONTE A GORIZIA, A PLAVA E AL MONTE NERO; I NOSTRI PROGRESSI, LE PERDITE DEL NEMICO - LA NOSTRA AZIONE DELLE PRIME TRE SETTIMANE DI AGOSTO NEL TRENTINO E NELLA CARNIA -
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Le barriere dei fili spinati e dei fossati da superare (anche 8) degli sbarramenti austriaci sull'Isonzo

IL CINQUANTESIMOSESTO ANNIVERSARIO DI SOLFERINO COMMEMORATO IN FRANCIA DISCORSI POLITICI DI TITTONI E DEL SENATORE PICHON
LE OPERAZIONI DI GUERRA SUL FRONTE TRENTINO E IN CARNIA
LE DIFFICOLTÀ DELLA LINEA DELL'ISONZO - I MILITARI DEL NOSTRO ESERCITO - VANI ATTACCHI NEMICI - VISITA DELL'ON. SALANDRA AL FRONTE - L'OPERA DEL GENIO - LENTI, MA CONTINUI PROGRESSI ITALIANI DALLO STELVIO A PLEZZO
LA PRIMA BATTAGLIA DELL'ISONZO

L'inizio del secondo mese di guerra (Luglio 1915) coincidendo col cinquantesimo sesto anniversario della battaglia di Solferino, fu festeggiato A Parigi con una manifestazione franco-italiana, al Trocadero, a beneficio delle opere assistenziali italiane per la guerra. Parlarono il senatore RIVET e il presidente della Camera francese DESCHANEL, che inneggiarono all'unione delle due nazioni sorelle; quindi l'ambasciatore italiano TOMASO TITTONI pronunziò un importantissimo discorso, cui tenne dietro quello del senatore francese PICHON, che va qui riportato essendo in esso contenute delle affermazioni, le quali a distanza di pochi anni a Versailles la Francia poi dimenticherà:

"L'era delle diffidenze e dei disaccordi è chiusa. Gli alleati del '59 si ritrovano nella guerra, marciano insieme alla vittoria, saranno insieme nella pace. Non sono soltanto i legami di consanguineità che li riuniscono, ma la concezione identica dei diritti e dei doveri dei popoli liberi, lo stesso disgusto della tirannia, lo stesso orrore dei procedimenti coi quali una razza invasata d'orgoglio pretende di imporre la sua onnipotenza, lo stesso attaccamento ai compatrioti asserviti, i quali rivendicano fieramente la Patria perduta. Dopo la guerra, resterà tra la Francia e l'Italia con la loro parentela d'origine anche la comunanza dei loro bisogni. Quello da loro concluso nel 1915 non è un patto di famiglia, ma un accordo che, riposando sulle più nobili preoccupazioni e inspirandosi alle più sante delle cause, quelle del diritto, della giustizia, della libertà tende nel tempo stesso allo sviluppo mutuo e solidale delle forze di cui i contraenti dispongono.
In Europa, in Africa, in Oriente vi ha posto per lo sviluppo parallelo delle Potenze latine. Esse possono estendersi e prosperare senza complicare i loro rapporti con ingiustificabili gelosie. Anche per il successo delle loro imprese nazionali devono essere d'accordo e sostenersi a vicenda. Con questi intenti gli amici dell'Italia, tanto numerosi in Francia, salutarono la fine della Triplice Alleanza. Essa si sciolse da sé come un accoppiamento mostruoso, il giorno in cui, per la cospirazione dell'Austria e della Germania, si trovò bruscamente dinanzi alla necessità dell'azione. L'unione militare e diplomatica che le succede è un atto di ragione, di patriottismo e d'armonia che ha per scopo di vincere e per obbligo di persistere. Gettando dall'alto del Campidoglio la parola della liberazione alla Patria come il Doge gettava il suo anello ducale all'Adriatico, per suggellare l'alleanza della Repubblica di Venezia col mare che portava la sua fortuna, l'on. Salandra ha rialzato la bandiera sotto la quale gli eserciti alleati avevano combattuto a Solferino, che ora riconduce sui nuovi campi di battaglia e all'ombra della quale si raggrupperanno vittoriosi, per completare l'opera della guerra con l'irradiazione delle opere di pace"

In un telegramma, letto dal Deschanel, GABRIELE D'ANNUNZIO faceva sentire la sua parola in cui era la sua fede in una futura, intima collaborazione tra le due nazioni:
"Fra poco, quando avremo finito di battere quello stesso nemico che fuggiva sul Mincio innanzi agli alleati, penso che avremo l'orgoglio di mescolare nuovamente il nostro sangue più da vicino, sui campi più vasti. La speranza è ormai certezza e il volere è compimento".

Quello stesso 24 giugno, il bollettino Cadorna così dava conto delle operazioni di guerra:

"Nella regione del Tirolo-Trentino e in Cadore, mentre procede metodica l'azione delle artiglierie, manteniamo l'attività lungo tutto il fronte mediante ricognizioni di piccoli reparti. Abbiamo così avuto fortunati scontri a Carzano, in Val Cismon, e verso l'altipiano di Vezzena. Anche in Carnia è continuato intenso il tiro delle artiglierie, specialmente contro Malborghetto; una cupola del forte Hensel è stata oggi sfondata. Nella notte del 23 si rinnovarono i consueti vani attacchi nemici contro le nostre posizioni di Pal Grande e Pal Piccolo. Nella zona del Monte Nero abbiamo ampliato la nostra occupazione verso nord sino alle pendici orientali del Javorcek prendendovi 57 prigionieri. Da tale zona si è iniziato il tiro contro la conca di Plezzo. Lungo l'Isonzo procediamo gradualmente ad affermarci sulle posizioni di riva sinistra del fiume. Abbiamo così occupato Globna, a nord di Plava, e sul basso Isonzo ci siamo impadroniti del margine dell'altopiano di Sagrado e Monfalcone".

Il bollettino del giorno seguente parlava ancora di vani attacchi nemici in Carnia e segnalava sul fronte trentino, cadorino e carnico: "...un aumento di forze e una crescente attività del nemico in lavori di rafforzamento e di postazione di nuove batterie".
Nella regione dell'Isonzo affermava che l'azione nostra si andava sviluppando metodica e misurata in relazione alle molteplici difficoltà naturali del terreno e dei numerosi ostacoli artificiali, nonostante i quali, appoggiate dal fuoco delle batterie campali e pesanti, le nostre fanterie avanzavano con valore e tenacia.
All'incirca le stesse cose dicevano i bollettini del 26 e del 27 giugno. Sempre attacchi austriaci alle nostre posizioni della Carnia, specie al Freikofel e a Monte Croce, ad occidente del quale i nostri avevano occupato la cima dello Zellonkofel. Più intensa sul fronte alpino si era fatta l'attività delle opposte artiglierie. Reparti alpini avevano guastato l'impianto idroelettrico del Ponale sul Garda, e quello sull'Isonzo; mentre i nostri progressi si svolgevano con lentezza ma incessantemente, un reparto del genio, per far decrescere più rapidamente l'allagamento del fiume, aveva sotto il fuoco nemico, ostruito arditamente il canale di Monfalcone.

Il 28 giugno si sentiva il bisogno di diramare, per mezzo dell'Agenzia Stefani, un comunicato ufficiale sulle difficoltà della linea dell'Isonzo quasi a giustificare la lentezza dei progressi delle nostre truppe, delle quali venivano -in altri comunicati- esaltati lo slancio e la tenacia:

"Le operazioni che si svolgono sull'Isonzo stanno a dimostrare, con l'eloquenza dei fatti, in quale situazione strategica è posta l'Italia dalla delimitazione di confini che seguì la campagna del 1866. L'Austria fa oggi una disperata difesa sulla linea dell'Isonzo, minuziosamente preparata con tutti i più moderni mezzi bellici: un fiume largo, rapido e profondo, un lungo sistema di grandi alture sulla riva sinistra, alcune alture sulla riva destra e una pianura innanzi, costituiscono, infatti, gli elementi più favorevoli per una linea strategica. Ed è contro tale linea che il nostro esercito, con forte e sicuro animo, combatte gagliardamente, affrontando e superando gradualmente gravi ostacoli, con una tenacia, e un valore superiore ad ogni elogio. Tutti i reparti impegnati nell'aspra lotta offrono continuamente prova di un ardimento, di una volontà e di un'abnegazione che non conoscono limiti. Possiamo dire con orgoglio che le nostre fanterie sono di saldissima tempra.

Sono note le gesta degli Alpini sul Monte Nero. Bersaglieri e fanteria hanno validamente combattuto contro solide difese del versante occidentale del Monte Nero affrontando sacrifici non lievi. La fanteria ha compiuto nella regione di Plava veri prodigi. Passato l'Isonzo sotto il fuoco nemico, i nostri fucilieri hanno conquistato, con ripetuti e sanguinosi assalti alla baionetta, alture formidabilmente munite, strappando di viva forza agli austriaci importanti posizioni; si sono rafforzati sul terreno sfidando le artiglierie nemiche; hanno costantemente respinto violenti e ripetuti attacchi nemici e hanno allargato le loro posizioni sempre vincendo, con slancio e sacrifici, solidi trinceramenti e intricate difese accessorie e sopportano serenamente il fuoco dei cannoni nemici. Vi sono stati numerosi episodi di vero eroismo, dei quali il più agguerrito esercito sarebbe orgoglioso. Nel sistematico attacco alle posizioni austriache della destra dell'Isonzo prospicienti Gorizia, si è più luminosamente provato il coraggio tenace delle nostre fanterie. Anche qui i fucilieri hanno lottato gagliardamente contro trinceramenti assai bene disposti, espugnandone alcuni, portandosi contro altri a poche decine di metri e ivi rafforzandosi, nonostante il persistente fuoco d'artiglieria d'altre posizioni.
Lo spirito combattivo delle truppe deve talvolta essere frenato, tanto è l'entusiasmo por l'attacco nonostante le gravi perdite subite e il pericolo gravissimo. In alcuni punti le due linee sono a così breve distanza che gli austriaci possono abbandonarsi a stolte invettive contro i nostri, le quali non fanno altro, del resto, che far ribollire il generoso slancio nelle vene dei nostri soldati; e al momento opportuno anche le volgari provocazioni saranno punite.

Un altro brillante passaggio di viva forza oltre l'Isonzo è da registrarsi nella regione di Sagrado, dove il fuoco delle artiglierie nemiche non ha potuto impedire alle nostre fanterie di prendere saldo piede sulla riva sinistra e di occupare, con irresistibili attacchi alla baionetta, Castelnuovo, spezzando la difesa di solidi trinceramenti. Anche qui il coraggio personale dei nostri soldati, la loro noncuranza del pericolo, il loro slancio fulmineo hanno avuto ragione di gravi ostacoli. Con lo stesso metodo si sono occupate altre posizioni sui margini dell'altipiano carsico fra Sagrado e Monfalcone. A Monfalcone, oltre le prime brillantissime operazioni d'attacco, condotte con grande slancio da granatieri e fucilieri, questi hanno incrollabilmente tenuto ed esteso le posizioni occupate, sempre nonostante il fuoco delle artiglierie e delle trincee nemiche. Ed anche in questo punto il nostro sistematico attacco alla baionetta procede bene. Dovunque l'artiglieria validamente contribuì al successo della fanteria, fortemente ed abilmente appoggiandola. L'investimento delle numerose e forti posizioni nemiche sull'Isonzo ha dunque messo in bella luce le virtù militari delle nostre fanterie. Alpini, bersaglieri, fucilieri e granatieri hanno confermato la loro fama. Tutti hanno fornito e danno prova di fulgido valore, di imperturbabile serenità, di ferrea resistenza alle fatiche ed ai disagi. Il Paese non può che essere orgoglioso di questi suoi figli, che danno così generosamente il loro contributo di sangue per la causa nazionale".

Alle difficoltà del terreno sulla fronte dell'Isonzo si era, negli ultimi giorni di giugno, aggiunto il maltempo, che imponeva alle nostre truppe "una nuova prova di resistenza", ma non impediva al nemico di sferrare attacchi contro le nostre posizioni ad est di Plava e contro Castelnuovo, sull'altipiano di Sagrado. Nel Trentino gli Austriaci il 29 giugno tentavano di toglierci le posizioni di monte Civaron, ma erano respinti e in Carnia un attacco nemico allo Zellonkofel subiva la stessa sorte. Continuavano i duelli delle artiglierie e scontri a noi favorevoli avvenivano il giorno dopo in Val Chiese, fra Castello e Condino, e a Porta Manazzo, in Val d'Asse.
Confortante per noi era il bollettino del l° luglio, che così diceva:

"Nella zona del Tonale le nostre artiglierie aprirono il fuoco sulle posizioni di Monticello e di Saccarano disperdendovi reparti nemici intenti a lavori di apprestamenti e difesa. In Val Padola pattuglie di ufficiali, arditamente spinte sul Seikoff, vi accertarono la costruzione per parte del nemico, di trinceramenti con reticolati, che la nostra artiglieria batté poi con efficacia. In Carnia il nemico ha tentato numerosi attacchi notturni contro le nostre posizioni del Passo di Monte Croce e del Pal Piccolo, aiutandosi con razzi e riflettori e lanciando bombe contenenti gas asfissianti. Fu in entrambi i punti respinto.
Disperdemmo, mediante tiri di artiglieria, nuclei di lavoratori apparsi sulle pendici settentrionali del Freikofel e del Pal Grande e lungo la mulattiera di Val Bombasch. Fu ripreso con buoni risultati il tiro sul forte Hensel. Alla testata di Valle Resia l'importante posizione di Banjski Skedenj, dominante la conca di Plezzo, venne da noi solidamente occupata. Nella zona dell'Isonzo l'avanzata delle nostre truppe pur ininterrotta, procede lentissima per la necessità di strappare all'avversario a palmo a palmo il terreno e di rafforzarlo ad ogni sosta contro i suoi ritorni offensivi. Le perduranti piogge accrescono le difficoltà dell'avanzata e trasformano le trincee in torrenti di fango. Anche nella passata notte l'avversario tentò con ripetuti ma vani attacchi di toglierci alcuni punti recentemente da noi conquistati. Continuano le molestie degli aviatori nemici che fanno qualche vittima anche fra le popolazioni. I nostri aviatori bombardarono con efficacia una colonna di truppe e carriaggi presso Oppacchiasella e la stazione ferroviaria di San Daniele".

Dal 28 al 30 giugno l'on. SALANDRA aveva visitato in compagnia del Re il fronte e in un comunicato del 1° luglio informava il Paese di avere ricevuto simpatiche accoglienze dalle popolazioni della zona di guerra, di aver costatato l'alto spirito militare e le ottime condizioni morali e sanitarie delle truppe, di aver preso diretta visione del buon andamento di tutto l'imponente complesso dei servizi e di avere preso nei suoi incontri con i generali CADORNA e PORRO le opportune intese e concordato le relative provvidenze per tutto ciò che riguardava lo sviluppo dei servizi, anche di carattere civile, necessari alla condotta della campagna.

Continuava intanto la metodica opera di distruzione delle nostre artiglierie, specie nella Carnia, dove era efficacemente aperto il fuoco contro le opere del Predil.
Trincee nemiche in costruzione sulla sella di Prasnik e a Strehica erano battute e sconvolte. Il villaggio di Koritnica, ad est di Plezzo, dov'erano ingenti depositi di materiale, munizioni e vettovaglie, era colpito dalle nostre granate e incendiato. Il nemico si accaniva in tentativi contro nostre posizioni che a lui premeva di riprenderci; ma ogni suo sforzo era vano. Due forti attacchi contro posizioni da noi occupate sull'altipiano carsico furono respinti e la stessa sorte avevano due altri attacchi contro un trinceramento occupato dagli alpini il l° luglio sul versante settentrionale del Pal Grande.

In questa lenta e tenace avanzata tutti i corpi erano animati da nobile gara e il Comando non mancava di elogiarli. Il 3 luglio era la volta del Genio, così encomiato da un comunicato ufficiale:

"Grandi servizi ha reso finora all'esercito l'arma del Genio con tutte le sue specialità. La lotta contro un nemico che si è costituito la sua prima linea di difesa su un fiume largo, rapido e profondo come l'Isonzo, ha letteralmente messo alla prova i nostri bravi pontieri che l'hanno ottimamente superata. Dovunque fu operato il passaggio sull'Isonzo, e cioè a Caporetto, a Plava, a Sagrado, a Pieris, il Genio costruì con perfetta perizia, con sollecitudine e con vero valore, ponti fissi, ponti di barche e passerelle, lavorando assai spesso sotto il fuoco nemico e nonostante l'impetuosa corrente. Così fu possibile ai nostri reparti di truppa di passare sulla riva sinistra del fiume, forzando in più punti la linea della difesa nemica. Ma il Genio ha anche compiuto una bella opera di carattere stabile: la ricostruzione del ponte in legno di Pieris. Gli austriaci lo avevano bruciato, ritirandosi sulla riva dell'Isonzo. Persino i pali delle sfilate erano arsi tutti fino a raso delle ghiaie e fino all'acqua. Lavorando giorno e notte, disturbati spesso dai fuoco delle artiglierie nemiche, i nostri soldati del Genio, coadiuvati anche da operai borghesi, hanno ricostruito il ponte in venti giorni Si tratta di un ponte lungo 510 metri, largo 6, in 50 campate, con travature metalliche. Il passaggio sul nuovo ponte fu inaugurato da S. M. il Re, che ha avuto parole di alto compiacimento per la bella condotta dei reparti del Genio. Ed è anche a buon punto e sarà fra qualche giorno condotta a termine, la riparazione del ponte della ferrovia a Pieris, che il nemico aveva gravemente danneggiato, facendo saltare una pila e due delle sette travate di 50 metri ognuna. Si è rifatta la pila in muratura e si sono sostituite le due travate. Parecchi altri ponti sul territorio nemico da noi occupato fatti saltare dagli austriaci sono stati ricostruiti dai reparti del Genio, ristabilendosi ovunque la normale, viabilità. Fu anche costruito dal Genio in soli diciotto giorni un nuovo grande ponte sul Tagliamento, lungo 1100 metri, su pile in parte, in calcestruzzo e in parte di palafitte, a 15-20 metri di profondità. Sicché anche in questa importantissima parte del nostro organismo militare, il Genio si è dimostrato all'altezza del suo arduo compito".

Il bollettino del 3 luglio parlava dell'azione dell'artiglieria, specie contro le opere di Malborghetto e del Predil e di violenti contrattacchi austriaci, respinti dalle nostre truppe, sull'altipiano carsico. Quello del 4 luglio accennava al persistere dell'azione delle artigliere sul fronte trentino e carnico e parlava di due furiosissimi attacchi nemici ributtati con gravi perdite dell'avversario:
"Nel versante settentrionale del Pal Grande, il nemico tentò nella notte del 4 luglio un nuovo attacco, sostenuto da un vivace fuoco di artiglieria allo scopo di riprenderci le trincee conquistate dalle nostre truppe alpine il giorno 2. Esso fu ancora una volta respinto. Si rinnovarono ieri, con particolare violenza, contrattacchi nemici contro alcuni tratti delle posizioni da noi conquistate nell'altipiano carsico. Nonostante il durissimo e intenso fuoco di artiglieria e di mitragliatrici, i contrattacchi furono respinti con gravi perdite. Il nemico lasciò nelle nostre mani circa 500 prigionieri, 2 cannoni da campagna, numerosi fucili, munizioni, un lanciabombe su affusto e molto materiale per mitragliatrici".

Sul fronte trentino, il 5 luglio il nemico attaccò la Forcella di Col di Mezzo, ad occidente delle Tre Cime di Lavaredo, ma fu respinto; il 7 assalì, in Val Daone, la nostra posizione di Passo di Campo, ma fu ributtato con gravi perdite; il 9, nell'Alto Cordevole, altri due attacchi nemici sferrati contro le nostre posizioni del vallone di Franza, furono parimenti respinti. I nostri alpini invece, scalato il Monte Tofana, dalla parte del Boite, conquistavano una posizione nemica in valle Travenanze. Il 10 luglio altro inutile attacco nemico in Val Daone contro Cima Boazzola, da noi tenuta, e contro la nostra posizione di Malga Leno. Per contro, in Val Terragnolo, un nostro reparto di Fanteria, spintosi fino alle posizioni nemiche di Malga Sarta e Costa Bella, se ne impadronì di sorpresa.

Sul fronte carnico, il 5 luglio il nemico tornò all'attacco del trinceramento a nord del Pal Grande, ma fu contrattaccato e respinto con considerevoli perdite. Anche un attacco al Pizzo Avostano fu ributtato; il 7, furono respinti attacchi nemici a Pal Grande, a Passo Promosio e a Monte Scarnitz; l'8 altro attacco respinto tra lo Zellenkofel e Cresta Verde.
Sul fronte dell'Isonzo dal 4 al 7 luglio continuava a svolgersi lenta ma tenace la nostra avanzata sebbene il nemico contrastasse con accanita resistenza e con violenti contrattacchi i nostri inesorabili progressi. In una settimana di sanguinosi combattimenti sull'altipiano carsico cadevano nelle nostre mani più di 1.400 prigionieri. Così aveva termine, con nostro vantaggio, quella che, cominciata il 23 giugno e finita il 7 luglio, fu chiamata la prima battaglia dell'Isonzo.

Il 10 luglio, un lungo comunicato ufficiale, illustrando le difficoltà che presentava la fronte dell'Isonzo, metteva in rilievo le virtù militari del nostro esercito:
"Le belle doti dell'ufficiale e del soldato italiano si affermano sempre più a mano a mano che si sviluppa la nostra contrastata azione nell'aspra zona dell'Isonzo. Molte volte linee nemiche formidabilmente protette dai reticolati, da trincee, da batterie, sono state conquistate alla baionetta grazie al valore delle nostre truppe e dei loro comandanti.
Si può pertanto affermare con piena sicurezza, come non vi siano pericoli di fronte ai quali il nostro esercito recede.
I reticolati anzitutto, hanno messo a dura prova i nostri reparti. Trattasi di veri ordini di protezione in grossi fili d'acciaio contro cui si sono fatte spedizioni arrischiatissime di volontari offertisi con magnifico slancio. Tali missioni sono state serenamente e spontaneamente accettate dalla grande maggioranza. E nel rude lavoro di demolizione dei reticolati, fatto sotto continue raffiche di fuoco nemico, si sono ancora una volta fraternamente accomunati ufficiali e soldati. In altri casi i reticolati sono stati distrutti e sconvolti dal tiro preciso ed efficace della nostra artiglieria pesante ed hanno poi finito di abbattere le nostre fanterie incuranti del fuoco delle mitragliatrici, dei fucili e dei cannoni.
"Tutto quanto è stato detto circa i lavori di fortificazione degli Austriaci per conservare il possesso delle loro posizioni non è che una pallida idea della realtà. Alle numerose e successive distese di reticolati fanno complemento fogate, bocche da lupo, abbattute. Dietro sono scavate trincee coperte per mitragliatrici e per cannoni, cammini coperti portano dai luoghi di raccolta al sicuro fino alle trincee. Eppure, come si è detto, in molti punti queste insidiosissime formidabili posizioni sono state sconvolte dalla nostra artiglieria per poi essere conquistate dalla nostra fanteria. Ormai è constatato che la fanteria nemica raramente può resistere in campo aperto alla fanteria italiana. Alcune volte agli ufficiali austriaci è riuscito a condurre reparti al contrattacco contro posizioni prese dai nostri. Ma tali ritorni offensivi, anche se violentissimi, sono stati sempre senza alcuna eccezione respinti o col fuoco o con le baionette, e ci hanno procurato molti prigionieri come nelle giornate dal 3 luglio in poi, nelle quali sono stati catturati complessivamente nella zona del Carso 1400 soldati nemici.
Per quanto i progressi ottenuti con il continuo affrontare le munitissime linee nemiche ci siano costati non lievi sacrifici, tuttavia le nostre truppe hanno sempre e dovunque mantenuto le posizioni conquistate e con loro la loro saldezza d'animo e il loro spirito aggressivo. In vari punti le trincee nostre distano da quelle nemiche poche diecine di metri e si deve durare fatica a trattenere i nostri soldati che vorrebbero finirla con le stolte provocazioni verbali del nemico alle quali, del resto, la naturale giocondità delle nostre truppe non manca di opporre salaci risposte. Di splendido e costante
esempio alle truppe sono in questa campagna, come già in quella di Libia, gli ufficiali, sprezzanti del pericolo, primi sulla linea del fuoco, sempre pronti a pagare di persona. I comandanti esercitano grande prestigio sui loro reparti, dai quali ottengono tutto ciò che è umanamente possibile. Questa eroica condotta degli ufficiali d'ogni grado è, del resto, nelle cavalleresche tradizioni dell'esercito italiano ed è pari alla cura affettuosa che essi hanno delle loro truppe ed all'amore col quale sono ricambiati.

"Merita di essere ricordata la brillante ed efficace azione che svolge l'artiglieria in appoggio alla fanteria. In taluni combattimenti si è dovuto all'abilità e precisione dei bravi cannonieri se i fucilieri hanno potuto aver ragione di reticolati e di trincee, conquistando posizioni disperatamente difese dal nemico. Senza parlare dei continui duelli di artiglieria che avvengono per noi in condizioni non facili, data la minuziosa cura con la quale gli Austriaci avevano preparato i nascondigli delle loro batterie e la profonda conoscenza del terreno da loro precedentemente inquadrato. Un particolare vantaggio traggono gli austro-ungarici dal numero e dalla qualità dei loro aeroplani; ma i nostri aviatori, nonostante la temporanea deficienza del materiale, operano sempre con ardire e con abnegazione costante, fornendo prova di impareggiabile spirito di sacrificio nelle brillanti operazioni compiute.
"La natura montuosa del terreno non ha finora permesso alla nostra cavalleria di compiere le efficaci azioni che da essa si aspettano; tuttavia, piccoli reparti vengono sempre impiegati dando prova di coraggio, di abilità e, in più occasioni, anche di alto spirito di sacrificio. In questo modo il terreno nell'aspra zona dell'Isonzo è faticosamente conquistato, si può dire, a palmo a palmo dalle nostre truppe, che si mostrano superiori ad ogni elogio".

IL "VOTO DI CALAIS"
INTENSA ATTIVITA DELLE NS ARMI NELLA SECONDA META DI LUGLIO SUL FRONTE TRENTINO-CARNICO
LA SECONDA BATTAGLIA DELL'ISONZO: SANGUINOSE GIORNATE DI LOTTA A MONTE SEI BUSI, AL S. MICHELE, INTORNO A GORIZIA, A PLAVA E AL MONTE NERO; I NOSTRI PROGRESSI; LE PERDITE NEMICHE
LA NOSTRA AZIONE DELLE PRIME TRE SETTIMANE DI AGOSTO NEL TRENTINO E NELLA CARNIA
RIASSUNTO UFFICIALE DELLE OPERAZIONI DI GUERRA FINO AL 21 AGOSTO

A Calais, in una riunione, avvenuta nella prima settimana di luglio, tra i generalissimi francese e inglese e ministri francesi, JOFFRE fece adottare un voto, in cui era detto che l'interesse comune esigeva che l'esercito italiano continuasse l'iniziata offensiva.
Se gli Italiani temevano sul loro fronte un attacco tedesco, potevano provvisoriamente limitarsi a guadagnare le regione Lubiana-Klagenfurt donde poi avrebbero proseguito l'offensiva sulle capitali dell'Austria e dell'Ungheria. Il voto diceva inoltre essere necessario che l'esercito serbo iniziasse immediatamente l'offensiva e, muovendo lungo la Sava, si unisse agli Italiani.

Il voto di Calais evidentemente si basava sui piani concordati prima dello scoppio delle ostilità italo-austriache, non sulle condizioni attuali della guerra. Teoricamente gli eserciti italiano e serbo avrebbero dovuto darsi la mano in Croazia, ma praticamente questa unione non era molto vicina, data la dura resistenza di Gorizia che ci sbarrava la via di Lubiana, e poiché Serbi e Montenegrini, anziché invadere l'Erzegovina e la Croazia secondo le convenzioni militari stipulate con l'Italia, erano intenti a guadagnar terreno in Albania dove il 27 giugno il Montenegro aveva occupato Alessio e Scutari.

Il generalissimo Joffre comunicò al Governo Italiano e a CADORNA il voto di Calais raccomandandone la piena e sollecita esecuzione, ma la risposta dell'uno e dell'altro, portata personalmente dal generale PORRO, fu che l'Italia, anche per le speciali difficoltà del proprio fronte, non poteva spostare il suo esercito dai suoi fini immediati. Il Porro però promise di tener viva l'azione sull'intero fronte e di effettuare forti offensive in autunno, quando l'esercito e in particolar modo l'artiglieria avrebbero raggiunta una notevole efficienza.

Attivissima, infatti, si mantenne durante l'estate l'azione dell'esercito italiano. Nella seconda metà di luglio, i nostri sferrarono ovunque vigorosi attacchi e molestarono con tiri continui le opere nemiche. Sul fronte trentino, il 15 luglio, scontri a noi favorevoli a M. Seikoff e alla cresta del Burgstall e occupazione della cima di Falzarego; il 16 tentativo austriaco fallito contro le nostre posizioni presso il rifugio Garibaldi e conquista da parte nostra dei passi di Venerocolo e di Brizio nell'alta Val Camonica; inoltre "superando le gravi difficoltà del terreno e la tenace resistenza del nemico, fu raggiunta la linea che dal colle dei Bois e dalla Cima di Falzarego per la testata del vallone Franza giunge alle pendici del Col di Lana. Sopratutto brillante fu l'azione delle nostre fanterie per la conquista dei contrafforti che dal Col di Lana scendono a Salesei e ad Agai nel Vallone di Andraz. Sotto il micidiale fuoco dell'avversario conquistarono alla baionetta i trinceramenti nemici più avanzati".
Il 19, nell'alta valle dell'Ansiei, nostri reparti sloggiarono il nemico trincerato presso il ponte della Margua e conquistarono alla baionetta tre blockhouses; il 26 combattimenti aspri ma a noi favorevoli avvennero nelle alte valli del Cordevole e del Boite, ma il giorno prima, a Fontana Negra, nella regione delle Tofane, mentre andava in esplorazione era caduto colpito da due palle nella fronte, il generale degli alpini ANTONIO CANTORE che in Libia si era acquistato e sulle Alpi aveva confermato fama di condottiero valoroso e temerario.
Attacchi respinti, il 24, al Monte Piana e completamento della nostra occupazione della Tofana; il 27 furono occupati Monte Lavanech e Cima Pissola e fu respinto un attacco nemico alle nostre posizioni del vallone di Travenazes; il 28 e il 30 nella Valle San Pellegrino furono respinti due attacchi in forze e la stessa sorte ebbero reparti nemici che il 29 tentarono di strappare, nell'Alto Cordevole, le cime di Pescoi e del Sasso di Mezzodì e di avanzare in Valle Padola. Il 30 luglio azioni di piccoli reparti con esito a noi favorevole a Pregasina, sulla sponda occidentale del Garda, e a nord-ovest di Marco, in Val d'Adige. Nella Val Camonica un secondo tentativo nemico contro il rifugio Garibaldi fallì ma riuscì pienamente ai nostri di occupare Forcella Cianalot e il Pizzo Oricutale, nell'Alto Dogna.

Sul fronte della Carnia, il 16 luglio, il nemico, premuto dai nostri, abbandonò i trinceramenti delle alture che costituiscono il versante meridionale del torrente Angeri; il 19 fu iniziato il bombardamento del forte Hermann, a nord-est di Plezzo: il 28 il nemico, con il favore della nebbia, tentò un'azione contro le nostre posizioni del passo del Cacciatore, fra monte Ciadenis e Monte Avanza, ma fu prontamente respinto; per contro, nostri reparti alpini attaccarono alcune trincee nemiche antistanti alle posizioni di Pal Piccolo e ne conquistarono la maggior parte; il 29 fu sfondata un'altra cupola del forte Rensel e in Val Fella nostri reparti alpini occuparono gli speroni che dalla dorsale del versante sinistro della valle scendono verso Lusnitz; il 30 per due volte il nemico attaccò le nostre posizioni del Freikofel, ma fu respinto; nostre fanterie invece nella zona del Pal Piccolo espugnarono alcuni trinceramenti austriaci e li difesero gagliardamente, la sera, da un violento contrattacco.

Ma nell'estate del 15 il fronte trentino-carnico era diventata teatro secondario di guerra. Era sul fronte orientale che il Comando Supremo concentrava i maggiori sforzi, iniziandovi la seconda battaglia dell'Isonzo. L'offensiva nostra fu sferrata il 18 luglio, e il giorno dopo il bollettino ne dava così l'annunzio e i primi ragguagli:

"Lungo la frontiera dell'Isonzo l'offensiva che le nostre truppe con lenta, ma aspra e diuturna lotta vi svolgono da qualche tempo, ha ieri conseguito sensibili successi. Dopo risoluta e sanguinosa azione durante la quale l'accordo tra l'avanzata delle fanterie e l'appoggio delle artiglierie pesanti, e campali si rilevò perfetto, la nostra occupazione sull'altipiano del Carso potè progredire. Più ordini di trincee solidamente blindate e protette da reticolati furono successivamente presi d'assalto ed espugnati; 2000 prigionieri, tra cui 30 ufficiali, 6 mitragliatrici, 1500 fucili, e grandi quantità di munizioni restarono nelle nostre mani".

Un altro comunicato della mattina del 19 luglio, annunciava che "...lungo tutto il fronte dell'Isonzo l'attacco era stato ripreso con rinnovata energia e un bollettino del 20 luglio comunicava che il giorno prima era proseguita l'offensiva vigorosa con progressi specialmente sull'altipiano del Carso e che alla fine della giornata erano state espugnate altre trincee e presi ancora 500 prigionieri. Il comunicato concludeva: "Nonostante le fatiche per la lotta, durata aspra ed ostinata fino a sera, le nostre truppe riuscivano a rafforzarsi rapidamente sulle posizioni conquistate ed a resistere poi ai contrattacchi portati dal nemico durante la notte".

Il bollettino del 21 luglio, recava nuovi particolari e nuove notizie:
"....Nella zona dell'Isonzo la lotta diviene sempre più intensa. A Plava l'avanzata fece qualche progresso molto contrastato. Verso Gorizia fu guadagnato un tratto nella linea di alture che dalla riva destra coprono la città ed i ponti sull'Isonzo. Sull'altipiano carsico il nemico fu cacciato da alcune trincee. L'azione si protrasse aspra ed ostinata anche durante la notte. Oltre a mitragliatrici, fucili e munizioni in quantità tuttora non determinata, caddero nelle nostre mani numerosi altri prigionieri.
Questi in totale, per le tre giornate del 18, 19, 20 luglio, ammontano a 3478, dei quali 76 ufficiali e cadetti. Dichiarazioni concordi dei prigionieri hanno attestato che le perdite subite dal nemico sono gravissime e ciò è provato anche dalla quantità di cadaveri trovati nelle trincee. Le nostre truppe perseverano instancabili nella lotta".

La battaglia continuava. Uno dei suoi principali obiettivi era Gorizia, che col suo formidabile campo trincerato sbarrava la via di Lubiana; Gorizia, che protendeva fin sulla destra dell'Isonzo le sue terribili difese: il Sabotino, Oslavia, il Peuma, il Grofenberg, il Podgora, il Calvario, e a sua protezione aveva il S. Michele, il San Marco, il S. Gabriele e il San Daniele.
Contro le formidabili difese di questo campo l'esercito nostro prodigava tutto il suo impeto, tutto il suo valore, tutta la sua energia, in una battaglia che si faceva sempre più accanita e di cui appena s'intravede la violenza nei sobri bollettini del generale Cadorna.

Il suo bollettino del 22 luglio diceva: "Sul fronte dell'Isonzo la nostra offensiva continuò ieri a svilupparsi in tutta la zona dal Monte Nero all'altipiano del Carso. Qui, nonostante un ritorno offensivo del nemico, che mirava a staccare la nostra sinistra dai ponti dell'Isonzo, abbiamo conservato ovunque le nostre primitive posizioni ed avanzato notevolmente in parecchi punti. Abbiamo di nuovo fatto prigionieri, circa 500 austriaci, e prese molti armi e munizioni. Esplorazioni aeree e dichiarazioni di prigionieri segnalano l'arrivo al nemico di rinforzi che, secondo i prigionieri, sarebbero inviati frettolosamente e alla spicciolata sul fronte per riparare alle grandissime perdite subite dal nemico".

E quello del 23 luglio: "La battaglia continua lungo tutto il fronte dell'Isonzo e il successo delle nostre armi si viene sempre meglio delineando. Nella zona del Monte Nero le truppe alpine iniziarono l'avanzata lungo l'aspra dorsale di Luznica. Il nemico oppose vigorosa resistenza, ma i nostri, riuscirono a strappargli taluni punti più avanzati infliggendogli forti perdite e prendendo anche un centinaio di prigionieri. Di fronte a Plava ed a Gorizia continuarono i nostri lenti progressi. Furono conquistati altri trinceramenti e catturati un cannone lanciabombe, una mitragliatrice, fucili, munizioni ed altro materiale da guerra. Nel Carso, durante la notte sul 22, il nemico sferrò numerosi atta-
chi, tutti falliti. Al mattino poi, sopraggiuntigli nuovi ingenti rinforzi, dopo avere eseguito un'intensa preparazione con fuoco di artiglieria, irrompeva con dense masse sul nostro fronte, specialmente in corrispondenza della nostra ala sinistra. Le nostre truppe di prima linea, pur duramente provate dalla lunga lotta precedente, riuscirono, grazie al valido concorso delle proprie artiglierie, a sostenere e poi ad arrestare l'urto violento. Il successivo pronto accorrere dei nostri rincalzi, permise quindi di sferrare una vigorosa controffensiva che finì con una vera rotta per l'avversario. Mentre le artiglierie con tiri precisi e celeri falciavano le colonne nemiche, le fanterie le incalzavano da vicino e, con manovra avvolgente s'impadronivano di 1500 prigionieri dei quali 76 ufficiali. Il terreno dell'azione, ricoperto di cadaveri attestava le enormi perdite dell'avversario".

L'azione del 22 luglio, svoltasi nella zona del S. Michele, durante la quale il nemico era venuto all'attacco con un'intera divisione, mirava a gettare dal Carso la sinistra del nostro schieramento oltre l'Isonzo. "Da un ordine di operazione trovato indosso a un ufficiale austriaco prigioniero - informava il bollettino del 24 luglio - è risultato che l'attacco da noi respinto il giorno 22.... ebbe carattere di azione generale e risolutiva, diretta a ricacciare la sinistra della nostra occupazione al di qua dell'Isonzo. Esso fu guidato da parecchi generali fra i quali Boog, Schreitter e principe di Schwarzenberg e fu eseguito in parte da unità già precedentemente impegnate contro di noi e soprattutto poi da truppe giunte fresche sul luogo dell'azione".

Lo stesso bollettino inoltre informava che nella zona di Monte Nero proseguiva la nostra avanzata lungo la cresta di Luznica e che sul fronte dell'Isonzo, con attacchi notturni tutti falliti, il nemico aveva cercato di disturbare i nostri lavori di rafforzamento sulle posizioni conquistate e, nella mattina, del 23, aveva tentato anche di avanzare in forza contro l'ala destra della nostra occupazione sul Carso, ma era stato obbligato a ripiegare con forti perdite.

Nè la lotta aveva tregua. Così diceva il bollettino del 26 luglio:
"Ieri nel basso Isonzo, dopo la consueta ed efficace preparazione fatta col fuoco di artiglieria, le nostre fanterie avanzarono risolutamente, riuscendo a compiere sensibili e rapidi progressi. All'ala sinistra (ovest) fu conquistata una vasta estensione di terreno boschivo da noi designata col nome di bosco del Cappuccio e furono espugnati alcuni trinceramenti a difesa della Sella di San Martino del Carso. All'ala destra il Monte dei Sei Busi fu più volte conquistato e perduto, restando infine in gran parte in nostro possesso. La lotta fu molto accanita specialmente nei boschi, ove il nemico si era fortemente, trincerato e donde dovette essere snidato alla baionetta. L'avversario fece anche uso di bombe e granate producendo gas asfissianti, dai quali le nostre truppe si protessero con le maschere. Alla fine della giornata circa 1600 prigionieri, dei quali 30 ufficiali, erano nelle nostre mani".

E il bollettino del 27 annunciava:
"Nella zona del Monte Nero prosegue accanita la lotta, nonostante la nebbia che impedisce l'efficace concorso delle artiglierie. Nel settore di Plava le operazioni tendenti all'ampliamento della testa di ponte si svolgono favorevoli. Sul Carso la battaglia continuò ieri vivacissima. Lungo tutto il fronte le nostre truppe avanzarono con grande slancio ed ordine riuscendo verso l'ala sinistra a conquistare la fortissima posizione di San Michele che domina gran parte dell'altipiano, ma fatte qui segno di violenti tiri incrociati e di numerose batterie nemiche di ogni calibro dovettero ripiegare poco sotto la cresta ove si sostengono tuttora. Al centro si progredì verso la Sella di San Martino espugnando alla baionetta le trincee ed i ridotti che la coprono verso l'ala destra. Sul cadere del giorno, grazie a un'azione brillante per l'accordo perfetto tra l'avanzata delle fanterie e il fuoco delle artiglierie, fu portata a compimento la conquista della posizione di Monte Sei Busi, scacciandone a palmo a palmo il nemico, che vi si era fortemente trincerato. Circa 3200 prigionieri, tra i quali un tenente colonnello ed altri 41 ufficiali, 5 mitragliatrici, 2 cannoncini lancia-bombe, numerosi fucili, munizioni, viveri e materiali da guerra, rappresentano i trofei della sanguinosa giornata".

Il giorno 28 luglio, un lungo comunicato ufficiale, diramato dall'Agenzia Stefani, illustrava sinteticamente le notizie dei bollettini Cadorna:

"L'energica e risoluta ripresa offensiva, che le nostre incomparabili truppe conducono da più giorni sulla linea dell'Isonzo e specialmente sull'altipiano del Carso, dev'essere cagione di fierezza e d'orgoglio per la patria. Nei sanguinosi combattimenti, che hanno segnato costanti e progressivi successi, si sono splendidamente riaffermate la grande bravura dell'artiglieria, l'indomito valore delle fanterie.
"La costante, intelligente e fraterna collaborazione fra le due armi ha quasi sempre avuto ragione dell'accanita resistenza del nemico cui un anno d'esperienza di guerra ha dato certamente una grande abilità tattica, se non un'infrangibile robustezza morale. L'impiego del cannone pesante e da campagna per la preparazione e l'agevolamento degli assalti delle truppe non avrebbe potuto dare, anche per concordi testimonianze dei nemici prigionieri, migliori risultati. Gli austriaci, annidati nel dedalo delle loro trincee, favoriti dalle posizioni dominanti o boscose, impegnati da ordini tassativi a non ritirarsi a nessun costo sono stati anzitutto fulminati dal tiro preciso, rapidissimo e abbondante delle nostre artiglierie e quindi assaliti e scompaginati dall'impeto irruente, irresistibile, eroico delle nostre fanterie. I prigionieri fatti in grande quantità in ogni giornata di combattimento attestarono che il fuoco dei nostri numerosi pezzi fu quasi sempre terribile e micidiale. Un ufficiale ungherese ha dichiarato: "Non credevo che con i cannoni da campagna si potesse tirare con tanta rapidità quasi come con le mitragliatrici". Un altro ufficiale prigioniero ha affermato: "Al fuoco dell'artiglieria italiana non si può resistere. Restare sotto quella pioggia di granate significa morire o impazzire". Infatti i nostri bravi artiglieri seppero sconvolgere i reticolati, coronare di proiettili le trincee nemiche fin quando queste furono poi ritrovate ricolme di cadaveri massacrati dalle esplosioni; stendere innanzi alle fanterie avanzanti cortine di fuoco, e proteggere le truppe, una volta conquistate le posizioni avanzate avversarie, dai ritorni controffensivi del nemico.

"Gli Austriaci, sloggiati dalle loro trincee tentarono varie volte contrattacchi in grandi masse e con l'ordine perentorio di ricacciarci a qualunque costo oltre l'Isonzo; ma anche in questi casi le nostre artiglierie crearono ampie zone di fuoco e non consentirono più al nemico né l'attacco né la ritirata. E le nostre fanterie, con magnifici assalti alla baionetta compirono l'opera annientando interi riparti e facendo larghe retate di prigionieri. Alle belle azioni dei bravi cannonieri corrispose pienamente la risoluta offensiva degli eroici fucilieri. Nelle avanzate necessariamente fatte per lo più allo scoperto e sotto il fuoco dei fucili, delle mitragliatrici e dei cannoni, la fanteria italiana fornì prova di fulgido valore, prendendo di viva forza e a prezzo di sanguinosi sacrifici molti ordini di trincee, lottando all'arma bianca dentro gli stessi trinceramenti; rimanendo sulle posizioni nonostante lo smascherarsi di nuove batterie avversarie; ricacciando impetuosi contrattacchi nemici; sopportando con serenità, fermezza e abnegazione le non lievi perdite.

"Anche delle nostre truppe di linea i prigionieri nemici dovettero riconoscere l'indomito valore. Ciò che più li stupì fu l'impeto degli attacchi alla baionetta e l'eroica condotta degli ufficiali, contrastante con il metodo tattico degli ufficiali austro-ungarici. Furono soprattutto queste ripetute azioni portate a fondo della fanteria italiana che grossi reparti nemici, con molti ufficiali, dovettero arrendersi e che ad ogni passo davanti alla nostra sistematica offensiva corrisponde generalmente la cattura di molti nemici. L'importanza dei nostri successi è dimostrata dalla pertinacia con cui il Comando austriaco volle contrastare la nostra avanzata e riconquistare le posizioni sull'altipiano del Carso. Molte masse di truppe fresche ci furono lanciate contro nella speranza di spezzare le nostre linee e di ricacciarci dal monte nella valle e oltre il fiume. Ma questi conati finirono con grandi massacri, dovuti specialmente al nostro fuoco di artiglieria e con la resa di numerosi soldati di ogni razza del policromo Impero. Reparti, reduci per lo più dal fronte orientale, furono così annientati e decimati, e la vigorosa controffensiva, voluta dal Comando austriaco a prezzo di qualunque sacrificio, miseramente fallì.

"Innumerevoli furono gli episodi di valore militare; ufficiali e soldati attraversarono impavidi le raffiche di fuoco, continuarono ad avanzare quantunque feriti, vollero ritornare sulla linea appena medicati e diedero alla patria l'estremo pensiero, le ultime parole. Nei posti di medicazione, nelle colonne di feriti, negli ospedali non un lamento, non un'imprecazione, ma la più serena compostezza, il più fiero stoicismo. Commovente la solidarietà affettuosa tra ufficiali e soldati. Gli ufficiali furono sempre e dovunque in mezzo ai soldati senza risparmiarsi, desiderosi di confortare con la loro presenza, con il loro consiglio, nei momenti più difficili, i propri dipendenti; i soldati rischiarono e immolarono la vita per salvare i loro ufficiali feriti e per ricuperare le salme gloriose.

" Quanta differenza tra questa solidarietà fraterna, che è una delle più belle caratteristiche del nostro esercito, e il regime di terrore con il quale è inquadrato l'esercito nemico! Pronto e felice il servizio di rifornimento delle truppe combattenti sulle alture compiuto attraverso il fiume su passaggi obbligati, spesso bersagliati dal fuoco nemico nelle zone più battute. Rapida e ampia l'assistenza sanitaria sia sulle linee del fuoco sia sulle retrovie. Anche gli ufficiali medici e i portaferiti divisero il pericolo con i reparti combattenti, e si prodigarono negli ospedali. Audace e continua l'osservazione aerea, sia con i velivoli, sia con i palloni frenati. Ferrea e tenace la resistenza di tutte le truppe alle fatiche e ai disagi. Le prove fornite dall'esercito italiano nel sistematico e progressivo investimento della fortificatissima linea dell'Isonzo possono ascriversi fra le migliori date dai vari eserciti nella guerra europea. La soddisfazione espressa da S. M. il Re ai combattenti, la sua costante presenza sul fronte di battaglia non possono che suscitare echi di consenso nel cuore degl'Italiani".

Ma -mentre si scriveva questo resoconto- la seconda battaglia dell'Isonzo purtroppo non era ancora finita. La giornata del 27, sul Carso, fu quasi tutta impiegata nel rafforzare le posizioni conquistate il giorno prima; "tuttavia, al centro furono compiuti altri notevoli progressi mediante la conquista di talune trincee nemiche fortemente occupate e difese".
Il 28 il nemico, appoggiato da violento fuoco di artiglieria, sferrò sul Carso un furioso attacco con forze rilevanti con lo scopo evidente di ricacciarci dalle posizioni conquistate nei giorni precedenti; ma ogni suo sforzo s'infranse davanti la superba resistenza dei nostri e, dopo di aver subite gravi perdite, fu costretto e ripiegare. Un reggimento di Landessehiitzen (alpini) tirolesi fu quasi interamente distrutto. Quel giorno e il giorno precedente furono fatti 1485 prigionieri dei quali 27 ufficiali.

"Il 29, sul Carso, il nemico si limitò - diceva il bollettino del 30 luglio - "a contrastare la nostra avanzata senza per altro riuscire ad arrestarla. Sotto l'intenso fuoco di fucileria ed artiglieria furono da noi conquistati nuovi tratti di trincee". Pattuglie avversarie, nella notte del 29, tentarono d'incendiare il bosco Cappuccio, ma la vigilanza delle nostre guardie sventò il tentativo".

La stampa austriaca, naturalmente, mutava le sconfitte in vittorie; le citava e le esaltava l'imperatore FRANCESCO GIUSEPPE, che da Vienna, in data del 29 luglio, rivolgeva il seguente ordine del giorno ai suoi soldati di terra e di mare che combattevano contro l'Italia:

"Da settimane, voi, miei valorosi di ogni parte della Monarchia, sostenete una grave lotta contro un nemico superiore di numero. Ufficiali e soldati d'ogni grado, uomini maturi e giovani combattenti fanno a gara nello sfidare la morte con valore; sulle cime delle montagne, nel difficile terreno del Carso e sui mari stanno compiendo azioni degne dei vostri antenati che combatterono e vinsero lo stesso nemico. Voi avete distrutto il suo folle proposito di penetrare facilmente nella nostra cara patria trascinando grandi masse nella lotta. Voi avete di fronte ancora un compito duro da risolvere; se però delle truppe
eccellenti, condotte in modo meraviglioso e animate da vero entusiasmo, faranno quanto sta in loro, anche i compiti più difficili saranno superati con vostro onore e per la salvezza della patria. Col cuore pieno di gratitudine ricordo le vostre splendide gesta: con ammirazione la patria guarda i suoi eroici figli che combattono per terra e per mare, piena di fiducia guarda a voi che siete la sentinella fedele a Mezzogiorno e ad occidente".

Ma il giorno dopo gl'italiani rispondevano con altri autentici successi a quelli immaginari di Francesco Giuseppe. Nella testa di ponte di Plava la nostra occupazione si allargava a sud-est lungo le falde del Monte Kuk nei pressi di Zagora; e nel Carso le nostre truppe iniziavano l'attacco della seconda linea nemica, progredendo sensibilmente al centro. Il 31 luglio, col favore delle tenebre, il nemico organizzava un vigoroso attacco verso la nostra ala destra, nella zona di Monte Sei Busi, ma era ricacciato con gravi perdite.
Ora gli austriaci si accanivano contro le nostre posizioni del Monte Sei Busi. Le assalivano con grandi forze all'alba del 31 luglio, ma erano fermati, contrattaccati di fronte e di fianco, sbaragliati e messi in fuga, rimanendo quasi interamente distrutto un reggimento di Kaiseryager; le attaccavano ancora nella notte sul 2 agosto o più volte durante il giorno, ma il loro attacco s'infrangeva contro la resistenza dei nostri che rimaneva salda anche la mattina del 4 contro i furiosi attacchi nemici.

Quel giorno fu ripresa sull'altipiano Carsico la nostra avanzata, e l'ala sinistra aggrappatasi al San Michele e il centro fecero qualche progresso. Nell'intento di arrestare da queste parte la nostra avanzata, nel pomeriggio del 4 il nemico pronunciò un violento attacco contro le nostre posizioni di Bosco Cappuccio; sostennero bravamente l'urto, quindi, passate vigorosamente al contrattacco, riuscirono ad espugnare un fortissimo ed esteso trinceramento, detto il trincerone, che dominava lo sbocco orientale del bosco e gli accessi a San Martino del Carso. A tarda sera, dopo un violento cannoneggiamento, il nemico tentò un nuovo sforzo contro le nostre linee, ma fu respinto.

Il 5 agosto, CADORNA segnalava altri progressi e la cattura di altri prigionieri, da, parte nostra, sul Carso. Nel settore di Plava, la notte del 6, il nemico tentava due attacchi, appoggiandoli con intenso fuoco di numerose artiglierie; ma queste erano ridotte al silenzio e quelli respinti. Sul Carso la lotta, continuata per tutto il giorno 6, si chiudeva a sera con sensibili successi delle nostre armi, specialmente al centro, dove era conquistato in parte il margine dell'avvallamento che scende verso Doberdò.
Ma il giorno seguente, mirando ad ostacolare i progressi dei nostri lavori d'approccio; il nemico sferrava frequenti e piccoli contrattacchi subito respinti e tentava di collocare reticolati mobili davanti le nostre linee. Nella zona di Plava un comunicato del 9 agosto, annunciava che "le nostre truppe hanno occupato alcuni trinceramenti nemici verso Zagora e Paljevo e che nel Carso l'azione nostra continua a svilupparsi favorevolmente".

Il bollettino del 10 agosto annunziava altri combattimenti ed altri successi italiani riportati il 9 e il mattino successivo. Infatti, "...presso Plava un duplice attacco austriaco sferrato la sera del 9 era stato respinto nettamente sebbene appoggiato da nutrito bombardamento; sul Carso i nostri, dopo di avere ricacciato, durante la notte, un attacco nella zona di Sei Busi, avevano, il mattino del 10, contrattaccato vigorosamente conseguendo, in alcuni tratti, sensibili vantaggi. Lo slancio della fanteria era stato tale che due compagnie erano riuscite a conquistare alla baionetta un'altura fortemente trincerata situata molto dentro nel fronte nemico. A causa del potente e concentrato fuoco dell'artiglieria e di un vigoroso contrattacco dell'avversario, la posizione non poté poi essere mantenuta; tuttavia la resistenza delle truppe retrostanti, forti nelle posizioni conquistate, valse ad infrangere il contrattacco nemico".

"Il 12 agosto, scriveva il bollettino "....il nemico svolse sull'Isonzo azioni dimostrative facilmente respinte contro le nostre posizioni sul contrafforte di Sleme e Mrzli, nel massiccio del Monte Nero e contro le alture da noi recentemente conquistate ad est di Plava. Sul Carso, nella notte del 12, imperversando un violento temporale tentò varie azioni di sorpresa, ma nessuna di loro riuscì. Non riuscì neppure, il 14, un attacco austriaco contro l'estrema ala destra delle nostre posizioni a sud-est di Monfalcone, tentato con un treno blindato armato di artiglierie leggere; ma, riuscì a noi, quel giorno stesso, nella conca di Plezzo e nella zona del Monte Nero, di progredire sensibilmente ma senza concludere nulla".

Solo a metà agosto la seconda offensiva sull'Isonzo terminò; programmandone però un'altra in ottobre. Le tre battaglia causarono la perdita di un quarto dell'intero contingente mobilitato.

... di questi avvenimenti e altro (la Marina, la posizione della Chiesa), parleremo
.


... nel prossimo capitolo che segue > > >

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
COMANDINI - L'Italia nei cento anni - Milano
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

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