HOME PAGE
CRONOLOGIA

DA 20 MILIARDI
ALL' 1  A.C.
1 D.C. AL 2000
ANNO x  ANNO
PERIODI STORICI
E TEMATICI
PERSONAGGI
E PAESI

( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNI 1876-1887

IL TRASFORMISMO
(vedi anche "riassunto" dei fatti parlamentari nello stesso periodo)

< la precedente puntata

VERSO UN PARTITO UNICO
(compresa la "DITTATURA"? > > >
(dalla morte di Depretis fino alla caduta di Crispi)

 

Dire «Trasformismo » è lo stesso, generalmente, che alludere al periodo depretisino, talchè la fase così inonoratamente consegnata alla storia della Terza Italia è ufficialmente chiusa con la morte del « Vecchio » di Stradella : e tuttavia val la pena di esaminare ciò che alla morte del Depretis avviene.
Si ha, a tutta prima, da parte degli avversari un respirone di sollievo. Scompare finalmente il "Mago" che sembrava adoperasse personalmente i filtri di lunga vita, sperimentando nel prossimo quelli dell'adescamento; sale al potere uno che già ha combattuto Depretis e il trasformismo ; dunque, l'aborrita pratica scomparirà anch'essa.
Intanto, ecco un volgersi ansioso da Destra e Sinistra verso il nuovo Presidente : che farà ? che se ne farà ? Ma le intenzioni di lui preferiscono restare oscure. Depretis muore a fin di luglio '87 e il primo discorso ufficiale di CRISPI è del 25 ottobre. Tre mesi di pausa, durante i quali il vecchio garibaldino amico di Umberto ha modo di saggiare i venti, di orientarsi, di scegliere il suo metodo. Ora, che direzione hanno questi venti, e quale sarà questo metodo ?

La storia si ripete. Destra e Sinistra si volgono, ugualmente, con favore verso il nuovo Presidente ; ognuno dei due settori conta su di lui. Quelli di Destra se ne fidano : non vi son forse, al Governo, Brin, Saracco, Bertolè-Viale ? E non ha fatto capire, il Crispi, che l'Estrema Sinistra l'avrà da fare con lui ? Il 25 ottobre ha luogo, a Torino, il discorso politico che ha una risonanza pari a quella del programma di Stradella, ed ecco (s'avvicinano le elezioni) cominciano nei discorsi elettorali le adesioni d'ogni parte. La Destra dunque aderisce per bocca di Bonghi e Codronchi, la Sinistra applaude per bocca di Baccarini e Fortis. Taluno già vede riprodursi, nella storia parlamentare, una fase tipo Depretis... Il 19 novembre ha luogo una riunione nella Sala Rossa di Montecitorio, con la partecipazione d'ogni gruppo parlamentare : anche qui, adesioni in massa.

E dunque ? chi farà l'Opposizione? e che avverrà del regime parlamentare a base di partiti ? Anche stavolta, gli zelanti del sistema protestano ; nell'aprile dell'88 comincia alla Camera, a carico di Crispi, il processo già subìto dal Depretis. « È un Rabagas », grida l'on. Toscanelli, perchè per «soddisfare la sua ambizione e per mantenersi a capo del Governo rinnegava continuamente i propri principi, tradendo gli altri e se stesso » (1). È quel che già s'era rimproverato al Depretis. Dal 10 al 14 aprile, le requisitorie fioccano ; parlano i deputati Colombo, Panizzi, Prinetti, Costa e Mal, sul bilancio dell'Interno. Crispi resta impassibile, come in simili congiunture soleva restare il Depretis ; e la ragione sarà infine dalla sua : non avrà che quarantacinque voti contrari.
Ma nell'89 l'assalto si ripete, e stavolta assalitore alla Camera è il Nicotera. Si rinnova al Crispi la nota accusa : di bilanciarsi abilmente, lusingandoli tutti, tra i diversi partiti della Camera, per restare sempre a galla e a cavallo. E, in verità, al Governo vengon chiamati dal Crispi, secondo l'opportunità pratica, uomini di Destra e Sinistra, i quali, d'altra parte, non hanno timore di mescolarsi. Nell'88 si era dimesso Coppino ed era salito Boselli, nell'89 veniva chiamato Costantino Perazzi, antico collaboratore di Quintino Sella. Dal 14 al 16 febbraio 1889 le discussioni si accaniscono. «Discutiamo », dice Nicotera, « se l'on. Crispi deve esser tirato di qua o tirato di là». La votazione dà 247 sì, 115 no, 36 astenuti, mentre 20 si squagliano. Ne segue una crisi ministeriale. Il Ministero si dimette, « atto che fu giudicato nuovo indizio di ambizione e una continuazione della politica della quale il Crispi aveva fatto rimprovero ad Agostino Depretis : quella di accozzare e rafforzare Ministeri collo scopo di rimanere sempre a capo, e dominare così più agevolmente l'Opposizione ».
(1) Cfr. anche FEDERICO GABELLI, L'Italia con F. C., Disc. agli elett. del II Collegio di Treviso, Ducker e Sinigaglia, Padova, p. 28: "Concorrerà al monumento di Sardou, perchè ha scritto il Rabagas ».

Più tardi altra crisi. Ma per comporre il nuovo Ministero cosa farà, il Crispi ? Si volgerà a Destra, a Sinistra, ai due centri, e metterà su un Gabinetto di coalizione, a cui vengono chiamati il Seismit-Doda (di Sinistra), il Giolitti (centro sinistro temperato), il sen. Gaspare Finali, intimo di Minghetti, il La Cava, e in cui restano il Bertolè-Viale, il Brin, il Boselli, tutti di Destra. Così si grida ancora al « guazzabuglio », al nuovo Trasformismo (1). Val la pena di rilevare gli attacchi, specie quelli mossi da coloro che pur avevano assecondato il trasformismo di Depretis. Secondo il Prinetti, Crispi, entrato in un Ministero che si reclutava sopra sette settori della Camera, «...non ebbe pace se non quando potè ottenere che tutti gli otto settori vi fossero rappresentati e che l'iride politica del suo Ministero fosse completa... Ha con somma cura cercato di mantenere nel suo Ministero tutta la gamma dei colori politici. Ha compensato l'entrata dell'on. Boselli con quella dell'on. Fortis ; quella dell'on. Perazzi colla risurrezione dell'on. Miceli. Se noi esaminiamo l'opera biennale dell'on. Crispi, troviamo che essa è una continua oscillazione tra le più opposte tendenze politiche lusingando or l'una or l'altra senza che mai il pensiero del Governo apparisse chiaro e definitivo in modo da meritare amici costanti e costanti avversari. L'on. Depretis, che faceva talora con molta maggiore abilità una simile ginnastica parlamentare, fu rimproverato una volta di avere una maggioranza d'estate e una d'inverno; l'on. Crispi ha cercato invano di indossarle insieme, di aver una Camera unanime, incapace di imporre ai di lui voleri freno o misura... » (2).

I di lui voleri : ecco anche un accenno polemico al prevalere autoritario e rude della volontà e personalità del nuovo Presidente. Attacchi a questo manifestarsi, sempre più energico, di personalità, cominciano a fioccare. La Camera non è abituata a questo regime di forza ; se mai, è avvezza a essere blandita. Ora, cosa risponde il Crispi ?
Intanto, che dittatore non si sogna di essere, giacchè «l'Italia è un paese troppo fatto per la libertà per poter tollerare dittature » (3), che è stato sempre « obbediente al volere del Parlamento » (4), poiche' crede e spera e conta nei partiti, ben distinti e attivamente operanti.

(1) Il carattere trasformistico del governo di Crispi viene ampiamente rilevato da P. Vigo, Storia degli ultimi trent'anni del sec. XIX, Treves, Milano, vol. V, PP. 237, 244, ecc.
(2) Cfr. L'attuale situazione parlamentare e politica, discorso del dep. GIULIO PRINETTI pronunciato il 27 gennaio 1889 per iniziativa del Circolo Popolare di Milano, Milano, íp. Boniardi-Pogliani, 1889, pp. 9-11.
(3) P. CRISPI
Discorsi parlamentari, vol. II, Roma, tip. della Camera dei deputati, 1915, p. 872.
(4) ID., « Mi s'incolpa di aver violato la Costituzione, di voler fare il dittatore... Dacchè io sono al potere, nulla si è fatto senza l'ordine del Parlamento ».
Discorsi parlamentari
, vol.. III, p. 465, torn. 6 marzo 1890. E ancora: "Mi si imputa essere un autoritario, ma in verità io non conosco un Governo così democratico come il nostro.... " D. p., vol. III, p. 508, n. 26 marzo 1890. « Se mai avessi avuto quest'ambizione di una dittatura, che non saprei neanche esercitare perché l'animo mio ne rifugge, non avrei proposto alla Camera la legge la giustizia amministrativa", torn. 31 maggio 1890. Ecc.
---
« Giammai fu nella mia mente l'idea che nei Parlamenti non siano necessari i partiti »
(F. Crispi, Discorsi parlamentari, III, p. 505, torn, 26 marzo 1890) : anzi aggiunge che il Ministero ha fatto il possibile per costituirli, e un'opposizione, purchè sincera e sicura, sarebbe di suo gusto. E si riferisce solo, se mai, all'opportunità di trasformarli, questi partiti, e, al solito, se ne appella all'Inghilterra, che «in coteste materie dà lezioni a tutti» (Torn. 26 maggio 1890).
E se il Nicotera e altri si scandalizzeranno della curiosa solidarietà accordatagli da opposti settori della Camera, egli risponderà solo che questa non è poi una novità negli annali parlamentari, e che gli uomini non sono separati dai settori ma dai programmi. L'importante è che vi sia al potere un uomo politico fornito di un programma. « Se accanto, se insieme a lui, uomini che altra volta militavano in opposti banchi questo programma confortano e aiutano, non per questo si deve concludere che quell'uomo politico ha disordinato la Camera, e ha portato una confusione nei partiti »
(Torn. 31 maggio 1890).

Tuttavia, presentandosene l'occasione, può anche talora consigliare i parlamentari a fare opera di sano patriottismo dimenticando ogni discussione, e associandosi tutti a lui in un grande sforzo unitario che abbia per sola mira l'Italia : una tregua di Dio, insomma, per superare una fase difficile di vita nazionale. «Nessuno più di me desidererebbe che la vera ricostituzione dei partiti potesse effettuarsi; ma, per quanti sforzi si siano fatti, da parecchi anni non si è arrivati se non che ad una confusione d'idee, a costituzione di frazioni anzichè di partiti». Ora, « in questo momento che la patria ha bisogno di tutte le sue forze vive, dell'opera di tutti gli uomini di buona volontà, di tutti gli unitari, siano essi di sinistra, siano essi di destra, siano democratici, siano conservatori, noi abbiamo creduto obbligo nostro di dirigerci a tutti costoro per aiutarci nell'impresa ardua alla quale ci siamo accinti » (Disc Parl, vol.III, p. 676, C. dei Dep. torn. 20 dicembre).

Questi concetti egli ripeterà in Senato lo stesso giorno, presentando il nuovo gabinetto.

Siamo nel '93, epoca di fermenti. Ma sono accenti, questi ultimi, che rammentano da vicino lo spento vinattieré. Eppure ora l'Assemblea ne diffida ; due anni dopo Crispi, osteggiatissimo, viene sbalzato di sella. Qual'è dunque il rapporto fra Depretis e Crispi, e quali le ragioni del diverso atteggiamento della rappresentanza del paese nei confronti dell'uno e dell'altro ?

* * *
Due temperamenti diversissimi, Depretis e Crispi ; calmo, costruttivo, abile manovratore l'uno ; vulcanico, discontinuo l'altro ; e diverse in fondo le rispettive sottintese intenzioni, se pur, volta a volta, identica qualche manifestazione : e la Camera, di regola sensibilissima e ricca d'intuito, ha percepito la differenza ; sicché si regolerà in conseguenza.

Qual'era, in sostanza, il concetto posto dal Depretis a base del suo «trasformismo » ? Che essendo finiti i partiti storici, e perduta la possibilità di ricomporli, più pratico (e, tra le righe, più conveniente, attesa la pressione delle forze estremiste) appariva mettere su, a qualunque costo, a qualunque patto, un nuovo grande partito liberale, ove si trovassero d'accordo quanti di Destra e Sinistra non vedevano più barriere fatali fra loro. Il Minghetti testimonia codesto sforzo e lo avalla, nei discorsi elettorali, fino alla vigilia della morte del «Vecchio». « Costituire "un partito" essenzialmente governativo e di ordine, liberale e conservatore a un tempo, deciso a mantenere incolume lo spirito delle istituzioni... La formazione di questo partito, parve, come dissi, essere il massimo dei voti dell'on. Depretis»
(Disc. Minghetti, nell'Opinione del 10 maggio 1886).

E
l'Opinione (del 31 luglio 1887) dirà, in morte del Depretis: « Egli voleva in una parola che si costituisse solidamente un grande partito di governo » E la Sentinella Bresciana (del 31 luglio 1887): «Si adoperò con tacita operosità... a formare un nuovo partito liberale costituzionale » . E si potrebbe continuare. Fatica ardua, che doveva costare molto sudore al vecchio « alchimista » costretto continuamente a colmare filtrare rimescolare : ma fatica ben definita e non priva di un suo merito, che inoppugnabile sarebbe stato veramente se a questo partito, una volta costituito, fosse stato assegnato un non effimero contenuto ideale. E che il Depretis avesse trovato seguaci e confessori appare, dopo tutto, naturale. La costituzione di un simile nuovo partito era in fondo nelle aspirazioni generali, e l'attuazione del bel sogno avrebbe compensato a usura la scomparsa delle vecchie distinzioni. Frantumare i classici settori, a patto di costituire un fronte unico, era ancora una bella impresa.

Ma qual'é invece il concetto di Crispi ? Ben diverso, se non l'opposto. Crispi - salvo le ultime occasioni, in cui si appellerà al patriottismo liquidatore dei settori
("Dobbiamo dar prova che in Italia non c'é differenza fra un partito e l'altro, e che non ci può essere, in Italia, diversità di opinione quando si tratta della dignità nazionale, ecc. ». F. C., Discorsi parlamentari, vol. III, p. 77, Camera dei Deputati, torn. 12 maggio 1888.) - riaffermerà continuamente, religiosamente, il suo rispetto per la teorica dei partiti, per l'esistenza dei due fronti, per la dottrina inglese che vuole tories e wighs ; fa continue professioni di fede nel Parlamento, per il quale sogna un nuovo grande edificio ; ma praticamente si comporterà in modo da annullare le competizioni e le opposizioni, da distruggere i settori : e non, beninteso, per creare alcun nuovo grande partito nazionale, liberale o conservatore che fosse, ma per concentrare in sé, nella sua personalità prorompente e certo ricca di fascino, ogni iniziativa e autorità e qualifica. Alla Luigi XIV Crispi può dire, se mai : "il Partito sono io, come al Petruccelli, negando d'essere mazziniano o garibaldino, poteva dire : «lo sono Crispi » (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, I moribondi di Palazzo Carignano, Bari, Laterza, 1913).

Ma si comprende perfettamente come tale contraddizione risultasse evidente, e priva di giustificazione, agli uomini dell'Assemblea. Era lecito auspicar la ricostituzione dei partiti e sbriciolarli con rude autorità ? Le accuse, le resistenze, le aggressioni al Crispi sono assai più fitte di quelle mosse al Depretis, e suonan forse nostalgico omaggio all'ormai sepolta speranza di un nuovo grande partito, alimentata - almeno, a parole - dal morto « Mago ». Appariva palese che, oltre ai due classici settori, Crispi avesse ucciso anche il nuovo, non ancora venuto alla luce : e forse quest'amarezza dà la chiave delle opposizioni.
Che cosa rimprovera l'on. Toscanelli a Crispi ? Di volere un regolare funzionamento della Camera a mezzo di un regolare funzionamento dei partiti, e di aver messo su invece un Ministero personale, che desidera di circondarsi solo di «amici», non di credenti in un programma, che chiede fiducia e non fede.

« La destra fu sempre un partito liberale, la Sinistra fu un partito liberale democratico ; ma gli atti del Ministero attuale, siccome sono in antitesi col concetto liberale, é ben naturale che non trovino un vero partito che li sorregga» (1). Tanto più si palesa la necessità di chiarezza, quanto più si profila, da una certa parte, un raggruppamento ideale piuttosto preciso, quello socialistico. ANDREA COSTA dice anche lui, a un certo punto delle cose che dovrebbero finalmente convincere il nuovo Presidente della sempre più matura esigenza del tempo : un metodo che andava sì e no bene al '78 non può più andar bene all'88. «Da questo circolo vizioso uscirà solo quel Ministro il quale sarà convinto che, col suffragio esteso, il Governo non vince se non dove sia riuscito a stabilire col suo programma chiaro e definito una corrente d'idee in suo favore, in altri termini dove prevale non come Governo, ma come Partito » (2).
E cosa dice l'on. Prinetti, già seguace del Depretis e ora fiero nemico del Crispi ? Che, in sostanza, il trasformismo del Depretis tendeva a creare « un nuovo Partito capace di governare per lungo tempo il Paese, capace di sopravvivere all'uomo stesso intorno al quale esso si é raccolto » : opera seria, mirante all'avvenire e degna di riscuotere ogni sincera adesione. Purtroppo, il Depretis non era riuscito nel suo intento : gli eran mancate le ali, cioè gl'ideali ; le miscele si erano presto dissolte, e chiamando a collaborare Crispi e Zanardelli, due ex avversari, egli « rogava l'atto funebre dell'opera sua » (3).

(1) Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Leg. XVI, 2a sessione, torn. 11 aprile 1888, p. 1650: « Si dice che la Camera non può procedere regolarmente se in essa non funzionano i partiti ; e questo fu più e più volte ripetuto dal Presidente del Consiglio, e specialmente nel discorso che pronunciò al banchetto di Torino. Ma questa mancanza di partiti, questa poca vitalità che si lamenta nella Camera, è colpa della Camera o é una conseguenza dei sistema politico del Primo Ministro ? Io non esito a dichiarare che, a mio giudizio, la Camera non ne ha colpa alcuna. Infatti, non è vero che prima che l'on. Crispi giungesse al potere non esistessero partiti ; io ricordo duecento deputati bene organizzati che costantemente votavano contro la precedente amministrazione, dunque il confusionismo esiste soltanto oggi... Lasciamo anche stare l'avviso affisso alla Camera il 19 novembre col quale non si convocano né i liberali né i democratici, ma bensì tutti gli amici del Ministero, perché questo basterebbe a giustificare l'opinione che l'attuale é.... un Ministero personale ».
(2) Atti parlamentari, cit., torn. 12 aprile 1888.
(3) PRINETTI, op. cit., p. 8.


Finito il vecchio trasformismo, ne è sorto uno nuovo : senonché quello di Depretis mirava a uno scopo costruttivo, questo di Crispi si risolve in metodo negativo: muoiono i vecchi partiti e non ne nasce uno nuovo:
si afferma solo una personalità che poi rende omaggio - e sembra ironia - al parlamentarismo tipo inglese... E allora, se tale omaggio va preso alla lettera, non resta che abbattere l'inconseguente.
E Crispi crollerà, travolto dal grande equivoco. Sorgerà, sì, l'on. Gallo a difendere il Crispi : ma che deboli argomentazioni ! Vorrebbe si domandasse, anziché a Crispi, perché ha chiamato Forti, Perazzi, Miceli, Nicotera, a costoro perché sono venuti a Crispi, e distingue fra «unione » e « coalizione », e ritiene necessaria la creazione di nuovi partiti... (1).

Parole. Ormai il disincanto é grande ; e anche Bonghi dirà la sua, rimprovererà a Crispi di far da Presidente del Consiglio quel che aveva censurato in Depretis : «Il Paese non comprende ancora se il Ministero presente sia più di Destra o più di Sinistra del precedente e a quale corrisponda dI quelli che si è detto l'on. Crispi abbia avuto in animo di costituire» (2).

La verità é che ciò che si chiede da ogni parte, da tutti, é - visto che unanime é l'accordo nel ritener morte Destra e Sinistra - la costituzione di un partito unico, in cui da tutti si potesse leggere e da cui il sangue potesse far circolazione con quello del leader. Governo forte, sì ma in che senso ? Forte di un partito : solo in questo senso era ormai solo possibile interpretare l'antica aspirazione del Paese. E quanto commoventi le polemiche sulla natura, sull'esistenza, sulla vitalità di questo partito. Potrà esistere ?, come ? quando ?, esiste già? Sì, che può, dice l'Ausidei, e traccia le linee di un «Partito liberale conservatore in Italia » (3). No che non può, dice taluno (4). Sì che potrà, ribattono altri (5), si tratta solo di aiutare il paese a generarlo. Ma è già manifesto, notano altri ancora (6), ed ha i colori della Libertà e della Monarchia. Non sembrino accademie. Sono discussioni che documentano un travaglio e una fase di maturità. Si comincia a comprendere che se si vuol contrapporre qualche cosa di serio alla nuova formazione socialista, non si può prescindere dal dovere di un nuovo grande inquadramento nazionale.

(1) Atti parlamentari, Ieg. XVI, Camera dei Deputati, 3a sessione. Discorso torn. 15 febbraio 1887.
(2) Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Ieg. XVI, 3a sessione. Discuss. torn. 15 febbraio 1889, P. 784, sgg.
(3) VINCENZO AUSIDEI,
Di un partito liberale Conservatore in Italia, in « Rass. di soc. e pol. , fase. CLXIV, 15 dicembre 1889.
(4) GUIDO JONA,
Il partito Conservatore nazionale, in « Rass. di sc. soc. e pol. », 15 febbraio 1890.
(5) R. BONGHI, Il programma di un partito.
(6) CARLO DI LEVI, Elezioni generali, « Rass. di sc. soc. e pol. », 1 novembre 1890.

---
Le « coalizioni », i «connubi » andavano bene, potevano stare in rapporto, ai tempi dei gruppetti dissidenti : ma adesso il nemico serrava i plotoni: si poteva ignorarlo ? Poteva bastare a combatterlo l'affermazione di un'individualità d'eccezione, ma disarticolata ? Evidentemente no; eppure l'unico a non rendersene conto é ancora e soltanto lui, Crispi, dispregiatore aprioristico del socialismo, assertore del proprio diritto di personale iniziativa, da primo ministro.
Senonché, ora incalzano le elezioni : ebbene, si potrà sfuggire a una presa di posizione ideale ? Due anni prima, il Prinetti aveva temuto, prospettato questo momento : « Se dovessimo venire alle elezioni generali... io non so con quale Programma, in quali questioni, in qual modo ciascuno di noi si potrebbe presentare agli elettori, ed io non vorrei che la lotta elettorale avesse da combattersi sopra un nome...» (1).

Ma dov'era questo programma, dov'era questo partito ? Se il governo ne avesse avuto, nitidamente, uno, si osservava, i partiti si sarebbero mantenuti o costituiti. «Un programma l'on. Crispi dichiarava di averlo e molto diverso da quello dell'on. Depretis. Questo finché si é mantenuto oppositore. Ma, asceso al potere, la condotta sua non fu punto diversa da quella dell'on. Depretis. I medesimi tentennamenti, le medesime contraddizioni che si rimproverano all'on. Depretis, possono e debbono essere rimproverati all'on. Crispi. La confusione... si é aggravata col Ministero Crispi » (2).

Bisogna dunque ormai decidersi. Una personalità anche se grande, appunto perché grande, non può non dar vita a un organismo ideale. Ed ecco qualche biografo rilevare che al '90, in vista delle elezioni, Crispi si fece un programma di governo che si basava sopra la formazione di un grande partito liberale conservatore (3). A questa notizia, le adesioni fioccano. Finalmente ! Era quanto si sperava e attendeva. Di Rudinì, Luzzatti promettono il loro appoggio. Senonché dopo la vittoria elettorale del dicembre '90, ecco la maggioranza sfasciarsi, ecco Di Rudinì allearsi con Nicotera contro Crispi ; ed ecco, nel gennaio '91, questi cadere.

(1) Atti parlamentari, Leg. XVI, 2a sessione, Camera dei Deputati, torn. II aprile 1888.
(2) F. GABELLI, Op. Cit., p. 9.
(3) LEONE FORTIS, F. Crispi, Voghera, ed. Roma, 1895.

---
Che vuol dire ciò ? Vuol dire solo che questo programma e questo partito, abbozzati all'ultim'ora, e senza un sincero e largo soffio animatore, che non poteva d'altra parte venire da un Crispi inteso soprattutto, se non esclusivamente, all'affermazione della propria libera iniziativa, non eran vitali. E' un fatto, che nel discorso di Firenze (8 ottobre 1890) il Crispi, pur indugiandosi a parlare di vari problemi (politica estera, irredentismo, ecc.) non s'era seriamente occupato di questo, cruciale. In fondo, non lo sentiva, e i larghi ceti politici ne avevano la percezione. Si doveva capire, in fondo, che il Presidente era meno preoccupato dell'affermazione di una dottrina che della propria arte di governo, delle proprie doti personali, delle proprie possibilità, certo capaci di affrontare le eventuali situazioni, ma non bisognose di un'articolazione programmatica. In tal senso si spiega come il contributo del Crispi possa apparire a taluno, sguarnito di una vera e propria dottrina politica. Ed é un fatto che non si vede il Crispi partecipare attivamente alle polemiche convulse di quegli anni sulla formazione e sul contenuto di un nuovo partito.

Piuttosto, il Crispi mostrerà d'interessarsi alle discussioni sul problema della dittatura, dei pieni poteri, del Primo Ministro, della Corona : problemi certamente interessanti, ma inerenti a una stretta meccanica costituzionale : mentre la questione era più ampia e altrove. E difatti, quando Crispi cadrà, e i quesiti dei pieni poteri e annessi avranno avuto il loro svolgimento, l'altro problema grosso resterà, e si prolungherà oltre il secolo. Insomma, la democrazia italiana continuerà a cercare angosciosamente la sua dottrina politica cardinale e un partito che la divulghi.
(sta diventando il precursore del fascismo).

Sicché, a distanza di tempo, le fasi del contrasto fra Crispi e il Parlamento, risultano nitide (1). E sorprende davvero rilevare in---------------

(1) La bibliografia su Crispi non può dirsi ancora adeguata ; né abbondante cioé, né all'altezza dell'integrale problema storico. I numerosi profili, e i richiami di questi ultimi anni, se hanno giovato alla rivendicazione di taluni titoli di merito del C., si sono esauriti nella descrizione esterna dell'ambiente crispino, trascurando l'analisi dell'opera dell'uomo di governo in rapporto allo svolgimento delle idee politiche del paese. Insufficienti, pertanto, le ricostruzioni tipo GUALTIERO CASTELLINI (
Crispi, Firenze, Barbera, 1924) ; e relativi solo a taluni aspetti dell'opera del C. i saggi di G. PIPITONE FEDERICO (L'anima di F. C., Palermo, 1910) ; di T. PALAMENGHI CRISPI (L'Italia coloniale e F. C., Milano, 1928) ; ecc. Eccellente fra tutti, nitido e imparziale, lo studio di A. C. JEMOLO (Crispi, Vallecchi ed., Firenze, 1922) ; ma la di cui comprensità, utile al largo lumeggiamento della figura del C., non favorisce l'analisi di dettaglio in rapporto a questioni specifiche, quale appunto quella ch'é oggetto della presente nota.
Infine di di G. SALVEMINI, (
La politica estera di FRANCESCO CRISPI, Roma, 1919) che troviamo integralmente e in originale nelle pagine di questa "Cronologia".
---
Crispi qualche contraddizione, che non é tra giornata e giornata - quella ch'egli ammetteva, e va ammessa, in chi vive e non stagna - ma fra precetto e metodo. Riverire il Parlamento, e insieme esautorarlo ; fidarsi del Paese e dichiarare d'interpretarlo, al di fuori dell'assemblea ; credere nei due fronti, e risolver questi fronti nel binomio Crispi e avversari di Crispi.
Ecco quanto a una rappresentanza nazionale - se mai indotta a confidar solo in una nuova grande formazione - doveva riuscir poco intelligibile e poco accettabile. Equivoco grave, lotta durissima che dovevano ripercuotersi dolorosamente e cupamente nello spirito del Crispi e nella storia del tempo : ma che non saranno scevri d'istruzione.

Istruzione, soprattutto, per quanti troppo facilmente indulgono a un troppo sbrigativo parallelismo fra autorità e autorità, fra antiparlamentarismo e antiparlamentarismo, fra Crispi e il Mussolini che spunterà dopo. A parte varie differenze di tempi e gusti, v'ha un carattere distintivo di ande importanza tra il primo (del suo « precursionismo » é stato già utilmente detto) (FRANCESCO ERCOLE,
La personalità storica e il pensiero politico di Francesco Crispi, in Pensatori e Uomini d'azione, Mondadori, Milano, XIII, pp. 297-389.) e il secondo. Quello di aver distrutto a patto di creare, é aver costruito quel che non s'era saputo o potuto o che avrebbero voluto costruire prima: un «nuovo grande partito nazionale », di cui le generazioni scorse, insofferenti d'ogni tecnica parlamentare britannica, avevano avvertito l'urgenza.
Merito della nuova volontà é nell'aver potuto riassumere ed esprimere un'esigenza nazionale : il che si poteva solo a patto di un'opera edificatrice, e a tipo italiano. Il che è quanto ansiosamente domandavano gli uomini di ieri.

RODOLFO DE MATTEI
(da Civiltà Fascista, n.1, gennaio 1936)

TABELLONE TEMATICO - I RIASSUNTI - HOME PAGE