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la BATTAGLIA DI SOLFERINO
24 giugno 1859
IN CINQUE VERSIONI 

Della battaglia ne offriamo CINQUE documenti-versioni

QUI
* Bollettino austriaco pubblicato sulla Gazzetta di Verona
* Bollettino ufficiale del Comando Francese

NELLE SUCCESSIVE PAGINE > > 
* Rapporto a S. M. il Re di Sardegna.
* Rapporto Austriaco all'imperatore
* Memorie del duca di Modena 
* Dal Diario di A. D'Assia


Dopo la battaglia di Magenta (del 4 giugno) nessun altro fatto d’armi era avvenuto - all'infuori di quello di Melegnano -  fino al giorno 24 GIUGNO, quando fu combattuta la battaglia pi� famosa della campagna del 1859. Dopo, venne quella pace che non accontent� nessuno.
Ma non dimentichiamo che gi� il 22 giugno alla vigilia della battaglia di Solferino, Napoleone III aveva ricevuto allarmanti messaggi da Parigi. Mentre Francesco Giuseppe che sper� fino all'ultimo un alleanza, si ritrov� solo contro tutti.
Napoleone nel fare la proposta di pace all'imperatore austriaco subito dopo Solferino, il 6 luglio, all'insaputa di Vittorio Emanuele, gli scrisse: "...Abbiamo ogni vantaggio se ci accordiamo direttamente tra di noi. Togliete di mezzo l'infelice questione italiana e nulla pi� divider� la Francia dall'Austria. Anzi l'Austria acquista per giunta il privilegio di una reale ed intima alleanza con un grande popolo" (Scambio epistolare tra Napoleone III e Francesco Giuseppe. Archivio di Stato di Vienna, Vol. CCXXXII, serie VI, pag. 289). 


IL BOLLETTINO austriaco
Pubblicato sulla Gazzetta di Verona

Quartier Generale - Verona, 25 giugno 1859.

"L’esercito imperiale pass� il 23 per quattro ponti sulla riva destra del Mincio. L’ala destra occup� Pozzolengo, Solferino e Cavriana; la sinistra si avanz� il 24 fino a Guidizzolo e Castelgoffredo respingendo ovunque il nemico. Mentre l’esercito imperiale continuava la sua marcia in avanti verso il Chiese, il nemico che aveva preso anche esso l’offensiva con tutte le sue milizie, spiegava forze tanto considerevoli, che il 24 verso le 10 ore del mattino, un combattimento ebbe luogo fra i due eserciti, combattimento durante il quale il 2� esercito, sotto gli ordini del conte Schlik, formante l’ala destra, difese vigorosamente le posizioni della linea principale sino a due ore dopo mezzogiorno; mentre che il 1� esercito, comandato dal conte Wimpffen, guadagnava sempre sull’ala sinistra dal lato del Chiese. Verso le 3 il nemico diresse il suo attacco principale contro Solferino, e dopo un combattimento di pi� ore s’impadron� di questo punto, eroicamente difeso dal 5� corpo d’esercito. Poscia assal� Cavriana, che fu difesa sino a sera con un coraggio uguale dal 1� corpo d’esercito, sostenuto dal 7�; ma si dovette poi abbandonare al nemico. Durante il combattimento attorno di Solferino e di Cavriana l’8� corpo d’esercito si avanz� da Pozzolengo verso l’estremit� dell’ala destra e respinse le truppe Piemontesi che si opponevano alla sua marcia; ma questo movimento non pot� contribuire a far riprendere la posizione perduta dal centro. All’ala sinistra combattevano il 3� e il 9� corpo sostenuti dall’11�. La cavalleria riunita su questo punto esegu� varie cariche con una notevole prodezza.

"Perdite straordinariamente considerevoli, e la circostanza che sull’ala sinistra il 1� esercito fu arrestato nel suo movimento sul fianco destro del nemico, dallo sviluppo immenso delle forze di questo, il quale contemporaneamente sfondava il centro dalle parti di Volta, forzarono l’esercito imperiale a battere in ritirata; ci� che esegu� ad un’ora avanzata della sera in mezzo ad un uragano de’ pi� violenti. Ieri durante la notte a Pozzolengo, Monzambano, Volta e Goito erano ancora occupati dalle nostre truppe".

Di questa memorabile battaglia abbiamo recato il breve cenno dato dal bollettino austriaco, perch� dal linguaggio stesso del vinto si rilevasse la gravit� ed importanza del fatto, che comp� il primo sanguinoso periodo della presente rivoluzione italiana, chiuso con una pace altrettanto inaspettata che misteriosa, fatta innanzi alle formidabili fortezze del quadrilatero; quando l’Austria poteva ragionevolmente promettersi una assai probabile rivincita.

Del resto le perdite patite furono considerevolissime da ambe le parti. I bollettini sardi davano fin dal principio della battaglia un colonnello e un maggiore uccisi, il generale Arnaldi e due maggiori feriti, quindi un colonnello ucciso, un colonnello e due maggiori feriti al primo attacco di S. Martino. Cos� a confessione dei bollettini sardi le quattro divisioni dell’esercito piemontese ebbero 49 ufficiali uccisi e 167 feriti, e 5585 uomini fuori di combattimento: mentre un lettera di Napoleone all’Imperatrice, del 1� luglio, faceva ammontare le perdite francesi a 720 ufficiali, dei quali 160 uccisi, e dei soldati 12,000 fuori di combattimento. Le perdite dell’esercito austriaco furono in proporzione della grandezza dell’urto che ebbe a sostenere dai due eserciti alleati, ma principalmente dalla potenza delle nuove artiglierie rigate adoperate per la prima volta dai Francesi in questa guerra, cos� che potessero offendere il nemico senza esserne offesi, a cagione della straordinaria lunghezza del tiro: e ci�, senza dire dell’opera della framassoneria, che fece mancare di tutto, perfino del pane e delle scarpe, l’esercito austriaco, mentre di tutto abbondavano gli alleati. — Su questo proposito un personaggio illustre e del tutto degno ci narrava, or fa pochi giorni, come essendo egli ammesso a viaggiare in quei momenti sui treni ferroviar� del Veneto, si trovasse per l’appunto su quello che proveniva da Vienna con l’imperatore Francesco-Giuseppe che veniva a mettersi alla testa del suo esercito. Or, nello scendere che fece a Verona le milizie schierate per salutarlo irruppero gridando "Maest�, pane e scarpe, pane e scarpe!" Il tradito Monarca, sorpreso a quelle grida, ordin� sull’istante che dalle province vicine si requisissero tutte le calzature e tutto il pane disponibili, e in poco di ore ne ebbe riforniti per quanto fu possibile, i suoi poveri soldati. Cos� dopo la pace vennero scoperti enormi depositi di farina, sepolti sotto terra, mentre l’esercito mancava di pane!..."


Bullettino Ufficiale francese.

Quartier generale di Cavriana, 28 giugno 1859

Dopo la battaglia di Magenta e il combattimento di Melegnano il nemico aveva precipitato la sua ritirata sul Mincio abbandonando, una dopo l’altra, le linee dell’Adda, dell’Oglio e del Chiese. Si doveva ritenere ch’esso andasse a concentrare tutta la sua resistenza dietro il Mincio ed importava che l’esercito alleato occupasse al pi� presto possibile i punti principali delle alture che si estendono da Lonato sino a Volta e che formano al sud del Lago di Garda un’agglomerazione di prominenze dirupate. E di fatto, gli ultimi rapporti ricevuti dall’Imperatore indicavano che il nemico aveva abbandonato quelle alture e si era ritirato dietro il fiume.

Giusto l’ordine dato dall’Imperatore nel 23 giugno alla sera, l’armata del Re doveva portarsi sopra a Pozzolengo, il maresciallo Baraguey d’Hilliers sopra Solferino, il maresciallo duca di Magenta sopra Cavriana, il generale Niel sopra Guiddizzolo, e il maresciallo Canrobert sopra Medole. La guardia imperiale doveva dirigersi sopra Castiglione, e le due divisioni di cavalleria della Linea dovevano portarsi sulla pianura tra Solferino e Medole. Era stato stabilito che il movimento comincerebbe a due ore del mattino onde evitare il caldo eccessivo del giorno.

Per altro nella giornata del 23 parecchi distaccamenti nemici si erano fatti vedere sopra vari punti e l’Imperatore ne era stato avvertito; ma siccome gli Austriaci costumano di moltiplicare le loro ricognizioni, Sua Maest� ritenne che queste dimostrazioni non fossero che un nuovo esempio della cura e dell’abilit� da essi impiegata nell’esplorare e nello stare in guardia.

Il 24 giugno, sino dalle 5 ore del mattino, l’Imperatore stando a Montechiaro, intese il fragor del cannone nel piano e in tutta fretta si diresse alla volta di Castiglione, ove doveva raccogliersi la guardia imperiale.

Durante la notte l’armata austriaca, era determinata a prendere l’offensiva, aveva varcato il Mincio a Goito, a Valeggio a Monzambano ed a Peschiera, ed occupava nuovamente le posizioni che di recente aveva abbandonate. Quest’era il risultato del piano che il nemico aveva continuato ad eseguire dopo Magenta ritirandosi successivamente da Piacenza, da Pizzighettone, da Cremona, da Ancona, da Bologna, da Ferrara, in breve, evacuando tutte le sue posizioni per accumulare le sue forze sul Mincio. Inoltre esso aveva rafforzato la sua armata colla maggior parte delle truppe componenti le guarnigioni di Verona, di Mantova e di Peschiera, ed in tal modo aveva potuto raccogliere nove corpi d’armata, quali in complesso ascendevano da 250 a 270,000 uomini, i quali si avanzavano verso il Chiese coprendo il piano e le alture.

Sembra che questa immensa forza si dividesse in due armate; quella di destra, secondo note rinvenute dopo la battaglia addosso di un ufficiale austriaco, doveva impadronirsi di Lonato e di Castiglione, e quella di sinistra doveva portarsi sopra Montechiaro. Gli Austriaci credevano che tutta la nostra armata non avesse ancora passato il Chiese, e la loro intenzione era di spingerci sulla riva destra di quel fiume.

Quindi le due armate, che marciavano una contro l’altra, si incontrarono inaspettatamente. I marescialli Baraguey d’Hilliers e de Mac Mahon avevano appena oltrepassato Castiglione che si trovarono a fronte di considerevoli forze che si disputavano il terreno. Contemporaneamente il generale Niel urtava contro il nemico all’altezza di Medole. L’armata del Re, in cammino per Pozzolengo, incontrava del pari gli Austriaci al di l� di Rivoltella ed il Maresciallo Canrobert trovava il villaggio di Castelgoffredo occupato dalla cavalleria nemica.

Siccome allora tutti i corpi dell’esercito alleato erano in marcia ad una grande distanza gli uni dagli altri, cos� l’Imperatore si occup� anzitutto a congiungerli affinch� potessero reciprocamente sostenersi. A tale effetto Sua Maest� si rec� immediatamente presso il Maresciallo duca di Magenta ch’era alla destra nel piano e si trovavi spiegato perpendicolarmente alla strada che da Castiglione conduce a Goito.

Non comparendo ancora il generale Niel, Sua Maest� fece accelerare la marcia della cavalleria della guardia imperiale e la pose sotto gli ordini del Duca di Magenta, quale riserva, onde agire sul piano alla destra del 2� corpo. Contemporaneamente l’Imperatore sped� al maresciallo Canrobert l’ordine di appoggiare il generale Niel quanto fosse possibile, raccomandandogli di stare in guardia a destra contro un corpo austriaco che, secondo avvisi dati a Sua Maest�, doveva portarsi da Mantova sopra Asola. 
Prese queste disposizioni, l’Imperatore si rec� sulle alture, nel centro della linea di battaglia, ove il maresciallo Baraguey d’Hilliers, troppo lontano dall’armata sarda per poter congiungersi ad essa, doveva lottare sopra un terreno dei pi� difficili, contro truppe che continuamente si rinnovavano.

Nonostante il Maresciallo era pervenuto sino a pi� della collina, alla sommit� della quale � fabbricato il villaggio di Solferino, difeso da forze considerevoli trincerate in un antico castello ed in un cimitero, s� l’uno che l’altro muniti da muraglie grosse e forate. Il Maresciallo aveva gi� perduto molta gente e pi� d’una volta dovette esporsi in persona conducendo egli stesso in avanti le divisioni Bazaine e Ladmirault. Queste truppe, rifinite dalla fatica e dal caldo, ed esposte ad una viva fucilata non guadagnavano terreno che con molta difficolt�. In questo momento l’Imperatore diede ordine alla divisione Forey di avanzarsi contro il villaggio di Solferino e la fece sostenere dalla divisione Camou dei volteggiatori della guardia. Fece marciare con queste truppe l’artiglieria della guardia la quale, condotta dal generale S�velinges e dal generale Leboeuf, and� a prendere posizione alla scoperta a trecento metri dal nemico. Questa manovra decise dell’esito al centro.

Mentre la divisione Forey s’impadroniva del cimitero ed il generale Bazaine scagliava le sue truppe nel villaggio, i volteggiatori e i cacciatori della guardia imperiale si arrampicavano sino a pi� della torre che domina il castello e se ne impadronivano. Le prominenze delle colline vicine a Solferino venivano successivamente prese, ed a tre ore e mezzo gli Austriaci evacuavano la posizione sotto il fuoco della nostra artiglieria che muniva le creste, e lasciavano in nostro potere 1500 prigionieri 14 cannoni e due bandiere. La parte della guardia imperiale in tale glorioso trofeo era di 13 cannoni e di una bandiera.

Durante questa lotta e mentre il fuoco era pi� vivo, quattro colonne austriache, avanzandosi tra l’armata del Re ed il corpo del maresciallo Baraguey d’Hilliers, avevano tentato di girare la destra dei Piemontesi. Sei pezzi di artiglieria, abilmente diretti dal generale Forey, avevano aperto un vivissimo fuoco sul fianco di quelle colonne e le avevano obbligate a retrocedere in disordine.

Mentre il corpo del maresciallo Baraguey d’Hilliers sosteneva la lotta a Solferino, il corpo del duca di Magenta erasi spiegato nella pianura di Guiddizzolo al di l� del podere di Casa Marino e la sua linea di battaglia, tagliando la strada di Mantova dirigeva la sua destra verso Medole. A nove ore del mattino esso fu attaccato da una forte colonna austriaca preceduta da numerosa artiglieria, che and� a porsi in batteria a 1000 o 1200 metri sulla nostra fronte. L’artiglieria delle due prime divisioni del 2� corpo avanzandosi immediatamente sulla linea dei bersaglieri, apr� un vivissimo fuoco contro la fronte degli Austriaci, e nel medesimo istante le batterie a cavallo delle divisioni Desvaux e Partouneaux, portandosi rapidamente sulla destra presero di fianco i cannoni nemici, che furono ridotti a tacere e ben tosto forzati a ritirarsi. Immediatamente le divisioni Desvaux e Partouneaux caricarono gli Austriaci e fecero 600 prigionieri.

Nondimeno una colonna di due reggimenti di Cavalleria austriaca aveva tentato di girare la sinistra del 2� corpo, e il Duca di Magenta aveva diretto contro di essa sei squadroni di cacciatori. Tre felici cariche della nostra cavalleria respinsero quella del nemico, che lasci� in nostro potere molti uomini e cavalli.

A due ore e mezzo il Duca di Magenta prese l’offensiva e diede al generale de La Motterouge l’ordine di portarsi sulla sua sinistra dal lato di Solferino onde togliere al nemico San Cassiano e le altre posizioni da esse occupate. Il villaggio fu assalito dai due lati e preso con un irresistibile impeto dai bersaglieri algerini e dal 45�. I bersaglieri si slanciarono tosto sul contrafforte principale che congiunge Cavriana a San Cassiano e ch’era difesa da molte forze. Una prima prominenza, coronata da una specie di forte, cade rapidamente in potere dei nostri bersaglieri ma il nemico con un vigoroso ritorno offensivo, riusc� a scacciarli. Poi i bersaglieri nuovamente se ne impadroniscono coll’aiuto del 45� e del 72�; ma furono nuovamente respinti. Onde sostenere questo attacco il generale La Motterouge dovette far marciare la sua brigata di riserva, ed il Duca di Magenta fece avanzare l’intero suo corpo.
In pari tempo l’Imperatore dava ordine alla brigata Man�que dei volteggiatori della guardia, appoggiata ai granattieri del generale Mellinet, di portarsi da Solferino contro Cavriana.

Il nemico non pot� resistere pi� lungamente a questo duplice attacco sostenuto dal fuoco dell’artiglieria della guardia, e verso le cinque della sera i volteggiatori ed i bersaglieri algerini entrarono contemporaneamente nel villaggio di Cavriana.
In questo momento una terribile tempesta, che scoppi� sopra le due armate oscur� il cielo e sospese il combattimento; ma, cessato l’uragano, le nostre truppe ripresero l’opera cominciata e scacciarono il nemico da tutte le alture che dominano il villaggio. Non and� molto che il fuoco dell’artiglieria della guardia cangi� la ritirata degli Austriaci in una fuga precipitosa.
Mentre avveniva ci�, i cacciatori a cavallo della guardia che fiancheggiavano la destra del Duca di Magenta si scagliarono a caricare la cavalleria austriaca che minacciava di girarla.
A sei ore e mezzo il nemico batteva la ritirata in tutte la direzioni.

Ma quantunque la battaglia fosse guadagnata al centro ove le nostre truppe non avevano cessato di far progressi, la destra e la sinistra rimanevano ancor indietro. Per altro anche le truppe del 4� corpo avevano preso una larga e gloriosa parte alla battaglia di Solferino.
Partite da Carpenedolo a tre ore del mattino, esse dirigevansi verso Medole appoggiate dalla cavalleria delle divisioni Desvaux e Partouneaux, allorquando a due chilometri al di l� di Medole, gli squadroni dei cacciatori, che esploravano la marcia del corpo, incontrarono gli ulani. Essi li caricarono con impeto, ma furono arrestati dalla fanteria e dall’artiglieria nemica che difendevano il villaggio. Il generale de Luzy tosto si dispose all’attacco. Mentre egli faceva girar Medole a destra ed a sinistra da due colonne, avanzava egli stesso di fronte preceduto dalla sua artiglieria che cannoneggiava il villaggio. Questo attacco, eseguito con gran vigore, ebbe un pieno risultato. A sette ore il nemico si ritirava da Medole o noi gli avevamo tolto due cannoni ed avevamo fatto buon numero di prigionieri.

La divisione Vinoy, che seguitava la divisione de Luzy, uscendo da Medole, si port� nella direzione di una casa isolata chiamata Casanova, situata nella pianura sulla strada di Mantova a due chilometri da Guiddizzolo. Il nemico si trovava in forze considerevoli da questo lato, s’impegn� un accanito combattimento mentre la divisione de Luzy marciava verso Ceresara da una parte e verso Rebecco dall’altra.
In questo momento il nemico tent� di girare la sinistra della divisione Vinoy per lo spazio vuoto lasciato tra il secondo ed il quarto corpo. Esso si avvicin� sino a 200 metri di fronte alle nostre truppe, ma venne allora arrestato dal fuoco di 42 pezzi di artiglieria diretti dal generale Soleille. Il cannone del nemico venne tosto a prender parte nella lotta e la sostenne per gran parte della giornata, bench� con manifesta inferiorit�.

Giunse la divisione de Failly, ed il generale Niel, riservando la seconda brigata di questa divisione, port� la prima tra Casanova e Rebecco verso il borghetto di Baite per congiungere il generale de Luzy col generale Vinoy. Il generale Niel mirava a recarsi verso Guiddizzolo, tosto che il Duca di Magenta si fosse impadronito di Cavriana, e sperava tagliare cos� al nemico la strada di Volta e Goito, ma per eseguire questo piano era d’uopo che le truppe del maresciallo Canrobert andassero a sostituire a Rebecco quelle del generale de Luzy.
Il terzo corpo, partito da Medole a due ore e mezzo del mattino, aveva passato il Chiese a Visano ed era arrivato a sette ore a Castel-Goffredo, piccola citt� cinta da mura che la cavalleria del nemico ancora occupava. Mentre il generale Iannin girava la posizione del sud, il generale Renault l’assaliva di fronte facendo sfondare le porte dagli zappatori del genio e penetrava in citt� cacciando a lui innanzi i cavalieri nemici.

Verso le nove del mattino la divisione Renault arrivava all’altezza di Medole, si congiungeva sulla sua sinistra col generale de Luzy dal lato di Ceresara e sulla sua destra facendo fronte a Castel-Goffredo in modo da sorvegliare i movimenti del corpo avanzato la cui partenza da Mantova era stata annunziata. Tale timore paralizz� per gran parte del giorno il corpo d’armata del maresciallo Canrobert, il quale non ritenne prudente cosa prestare al 4� corpo tutto quel soccorso che gli domandava il generale Niel.
Nondimeno verso le due dopo mezzogiorno il maresciallo Canrobert, rassicurato sulla sua destra ed avendo riconosciuta la posizione del generale Niel, fece appoggiare la divisione Renault sopra Rebecco e diede ordine al generale Trochu di portare la sua brigata tra Casanova e Baite sul punto cui si volgevano i pi� formidabili attacchi del nemico. Tale rinforzo di truppe fresche permise al generale Niel di lanciare nelle direzioni di Guiddizzolo una parte delle divisioni de Luzy e de Failly. Questa colonna si avanz� fino alle prime case del villaggio; ma, trovando a fronte forze superiori stabilite in buona posizione, fu obbligata ad arrestarsi.

Il generale Trochu si avanz� allora per sostenere l’attacco colla brigata Bataille della sua divisione. Marci� contro il nemico in battaglioni serrati a scacchiere, coll’ala destra in avanti dimostrando tant’ordine e sangue freddo quanto sur un campo di manovre. Tolse al nemico una compagnia di fanteria e due pezzi di cannone, ed era gi� arrivato a mezza distanza da Casanova a Guiddizzolo allorquando scoppi� l’uragano il quale venne a por fine a tale terribile lotta, che il concorso del 3� e del 4� corpo minacciava di rendere s� funesta al nemico.
In mezzo alle peripezie di questo combattimento di dodici ore, la cavalleria fu di possente soccorso per arrestare gli sforzi del nemico dal lato della Casanova. A pi� riprese le divisioni Partouneaux e Desvaux caricavano la fanteria austriaca e ruppero i suoi carr�s. Ma particolarmente la nostra nuova artiglieria produsse sul nemico i pi� terribili effetti.

Essa lo colpiva a distanza cui non potevano giungere i pi� grossi calibri, e seminava il terreno di cadaveri.
Il 4� corpo tolse agli Austriaci una bandiera, sette pezzi di cannone e fece due mila prigionieri.
Per sua parte, l’armata del Re, appostatasi alla nostra estrema sinistra avea egualmente la sua aspra e bella giornata.
Essa, forte di quattro divisioni, si avanzava nella direzione di Peschiera, di Pozzolengo e di Madonna della Scoperta, allorquando verso le sette ore del mattino, la sua avanguardia scopr� gli avamposti nemici tra San Martino e Pozzolengo.

S’impegn� la battaglia; ma accorsero grossi rinforzi austriaci che facevano retrocedere i Piemontesi, fino all’indietro di San Martino, e minacciarono anche di tagliare la linea di ritirata. Una brigata della divisione Mollard arriv� allora in tutta fretta sul luogo del combattimento e and� all’assalto delle alture in cui il nemico si stabiliva. Due volte essa tocc� la sommit� impadronendosi di parecchi pezzi di cannone, ma ben anche due volte dovette cedere al numero, e abbandonare la sua conquista.

Il nemico guadagnava terreno ad onta di alcune cariche brillanti della cavalleria del Re, allorquando la divisione Cucchiari, sboccando sul campo di battaglia per la strada di Rivoltella, venne a sostenere il generale Mollard. Le truppe sarde si scagliarono una terza volta sotto un fuoco micidiale; la chiesa e tutte le cascine della destra furono tolte al nemico e presi due pezzi di cannone; ma il nemico pu� ancora ricuperarli e riprendere le sue posizioni.
In questo momento la seconda brigata del generale Cucchiari, che erasi formata in colonna d’attacco a sinistra della strada di Lonato, marci� contro la chiesa di San Martino, riguadagn� il terreno perduto e tolse al nemico le alture per la quarta volta senza per� potersi sostenere, perch� schiacciata dalla mitraglia e posta a fronte al nemico, che continuamente rinforzato, continuamente ritornava alla carica, essa non pu� attendere il soccorso che le portava la seconda brigata del generale Mollard, ed i Piemontesi, rifiniti, fecero la loro ritirata in buon ordine sulla strada di Rivoltella.

Allora fu che la brigata Aosta della divisione Fanti, che primieramente erasi portata verso Solferino per unirsi al maresciallo Baraguey d’Hilliers, fu spedita dal Re onde appoggiare i generali Mollard e Cucchiari nell’attacco di San Martino. Essa fu per un istante arrestata dalla tempesta; ma, verso le cinque della sera, quella brigata e la brigata Pinerolo, sostenuta da una forte artiglieria, andarono contro il nemico sotto un fuoco terribile e toccarono le alture. Esse se ne impadronirono palmo a palmo, cascina per cascina, e pervennero a mantenersi combattendo con accanimento. Il nemico cominci� a piegare e l’artiglieria piemontese, guadagnando le creste, pot� ben tosto munirle di 24 pezzi di cannone di cui gli austriaci tentarono invano d’impadronirsi. Due brillanti cariche della cavalleria del Re li dispersero, la mitraglia port� il disordine fra loro, e finalmente le truppe sarde rimasero padrone delle formidabili posizioni che il nemico avea difese per un intero giorno con tanto accanimento.

D’altro lato, la divisione Durando era stata alle prese cogli Austriaci fino alle cinque e mezzo del mattino. A quell’ora la sua avanguardia aveva incontrato il nemico alla Madonna della Scoperta, e le truppe sarde vi avevano sostenuto fino al mezzo giorno gli sforzi di un nemico superiore in numero, che finalmente le aveva obbligate a ripiegare; ma rafforzate allora dalla brigata Savoia, ripresero l’offensiva e, respingendo gli Austriaci, s’impadronirono di Madonna della Scoperta. Dopo quest’ultimo successo, il generale La Marmora diresse la divisione Durando verso San Martino, ov’essa non pot� giungere a tempo per concorrere alla presa della posizione, perch� incontr� per via una colonna austriaca colla quale ebbe a lottare per aprirsi un passaggio, e quand’essa ebbe superato quest’ostacolo, il villaggio di San Martino era in potere dei Piemontesi. D’altra parte il generale La Marmora aveva diretto la brigata Piemonte della divisione Fanti verso Pozzolengo. Questa brigata con gran vigore occup� le posizioni nemiche al di l� del villaggio e rendendosi anche padrona di Pozzolengo, dopo un vivo attacco respinse gli Austriaci e gl’insegu� fino ad una distanza facendo loro provare gravi perdite.

Le perdite dell’armata sarda furono sgraziatamente rilevantissime e non si elevarono a meno di 49 ufficiali uccisi, 167 feriti, 642 sotto-ufficiali e soldati uccisi, 3.405 feriti, 1.288 scomparsi; in complesso mancarono all’appello 5.525 uomini. Cinque pezzi di cannoni rimasero in potere dell’armata del Re qual trofeo di questa sanguinosa vittoria, da essa riportata contro un nemico superiore in numero, e le forze del quale sembravano non essere inferiori a 12 brigate.

Le perdite dell’armata francese ascesero al numero di 12.000 uomini di truppa uccisi o feriti, e di 720 ufficiali fuori di combattimento, dei quali 150 uccisi. Fra i feriti contansi i generali de Ladmirault, Forey, Auger, Dieu e Douay; sette colonnelli e sei luogo-tenenti-colonnelli rimasero uccisi.

Quanto alle perdite dell’armata austriaca, esse non poterono essere ancora valutate, ma devono essere state considerevolissime se si vuole giudicare dal numero dei morti e dei feriti dal nemico abbandonati su tutta l’estensione del campo di battaglia, il quale non ha meno di 5 leghe di fronte. Gli Austriaci lasciarono in nostre mani 30 pezzi di cannone, gran numero di cassoni, quattro bandiere e 6000 prigionieri.
La resistenza opposta dal nemico alle nostre truppe per sedici ore pu� spiegarsi col vantaggio che gli davano la superiorit� del numero e le posizioni quasi inespugnabili che occupava.

Del resto, per la prima volta le truppe austriache combattevano sotto gli occhi del loro sovrano e la presenza dei due Imperatori e del Re rendendo la lotta pi� accanita, doveva pure renderla pi� decisiva.
L’imperatore Napoleone non tralasci� un istante di dirigere l’azione recandosi su tutti i punti dove le sue truppe dovevano fare i maggiori sforzi e trionfare dei pi� difficili ostacoli. Parecchie volte i proiettili del nemico caddero in mezzo dello stato maggiore e della scorta che seguiva Sua Maest�.
A nove ore della sera sentivasi ancora da lontano il tuonare del cannone che precipitava la ritirata del nemico e le nostre truppe accendevano i fuochi del bivacco sul campo di battaglia da esse s� gloriosamene conquistato.

Il frutto di questa vittoria � l’abbandono per parte del nemico di tutte le posizioni da esso preparate sulla riva destra del Mincio per disputarci l’avvicinamento.

Quartier generale di Cavriana, 28 giugno 1859

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