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La spartizione (della carta europea)  in una caricatura dell'epoca

I TRATTATI DI PARIGI 
30 MAGGIO 1814
20 NOVEMBRE 1815

Il primo TRATTATO DI PARIGI fu stipulato il 30 maggio 1814 dopo il crollo dell'impero napoleonico, tra la Francia e le potenze alleate della VI coalizione antifrancese: Inghilterra, Austria, Russia e Prussia (poi si aggiunse anche la Spagna).
Il senato francese aveva dichiarato decaduto Napoleone quando l'esercito della VI coalizione, dopo aver battuto Napoleone una prima volta il 1� febbraio a La Rothiere e il 20-21 marzo ad Arcis-sur-Aubea era entrato a Parigi.
Napoleone abdica il 6 aprile, in cambio gli viene offerto il principato dell'Isola d'Elba e una rendita vitalizia di 2 milioni di franchi)

Nel Trattato, i confini della Francia, sul cui trono era stata restaurata la dinastia borbonica, venivano retrocessi a quelli del 1� Gennaio 1792, con aggiustamenti territoriali nei dipartimenti della Sambre-et-Meuse, della Mosella, della Saar e del monte Bianco (di quest'ultimo territorio, Annecy e Chambery, appartenenti ai Savoia, venivano annesse alla Francia). 
Dei territori gi� facenti parte del sistema continentale napoleonico, la Svizzera tornava ad essere una repubblica indipendente; l'Olanda, anch'essa ricostituita in uno stato indipendente e ingrandita con gli ex Paesi Bassi austriaci, diventava un regno sotto la dinastia degli Orange; gli stati tedeschi venivano riportati allo statuto federativo del 1804.
Le potenzi contraenti il trattato s'impegnavano a inviare loro plenipotenziari a un preannunciato Congresso di Vienna per un riassetto definitivo della carta europea.

Il Congresso di Vienna (VEDI IN ALTRE PAGINE) si apre il 1� novembre di questo stesso 1814 e durer� fino al 9 giugno del 1815, ma nel frattempo era stato stipulato un altro trattato il 20 novembre 1815, dopo che Napoleone il 1� marzo aveva tentato di riconquistare il trono, dopo il 30 giugno quando perse a Waterloo, e dopo essere stato relegato a Sant'Elena. 

Il secondo TRATTATO DI PARIGI, dopo la sconfitta a Waterloo e la tragica conclusione dei "cento giorni", fu firmato il 20 novembre tra la Francia da una parte e dalla VII coalizione (uniti col trattato di Chaumont) Inghilterra, Austria, Prussia e Russia dall'altra, peggiorava le condizioni che alla Francia sconfitta  erano state assicurate dal precedente trattato del 30 maggio; territorialmente veniva ulteriormente ridotta alla frontiera  del 1790 e doveva cedere diverse posizioni strategiche alle potenze "medie" create ai suoi confini: Philippeville, Mariemburg, e Bouillon ai Paesi Bassi; Sarrelouis e Sarrebruk alla Prussia; Landau alla Baviera; Annecy e Chambery al Regno di Sardegna; Versaix, Pregny e il Grande Saconnex alla Svizzera.

La Francia si impegnava inoltre al pagamento di una gravosa indennit� di guerra e al mantenimento per un periodo di cinque anni (poi ridotti a tre) di un contingente di 150.000 soldati stranieri sul proprio territorio, nei dipartimenti dell'est e del nord-est.
Lo stesso giorno, sempre a Parigi, la Russia, la Prussia e l'Austria (che avevano concluso tra loro il 26 settembre il trattato della Santa Alleanza) stipularono con l'Inghilterra un trattato che confermava la volont� di mantenere la pace in Europa e stabiliva a tal fine congressi periodici delle grandi potenze.

Questo secondo periodo 1815-1830 (della Restaurazione, delle "pace artificiali"), chiude il primo periodo 1789-1815 (della Rivoluzione, delle "scosse violente" ), ma quando termina  lascia spazio al terzo periodo 1830-1848 di quel "grande cataclisma" della storia avvenuto in una generazioni.

"I trattati di Parigi, poi la Conferenza di Vienna, segnarono uno svolta molto importante nella storia europea dal punto di vista politico-diplomatico, ma non interruppero il processo di trasformazione economica (iniziato in Inghilterra), e non interruppero la grande lotta tra forze innovatrici e forze conservatrici, iniziata dalla rivoluzione francese. Questa lotta infatti continu�, per quanto in forme in parte nuove, anche dopo il 1815 condizionando la vita interna di tutti i paesi europei e influendo grandemente sullo sviluppo della cultura e delle ideologie".
(Prefazione vol. 9, Storia del Mondo Moderno, Cambridge University-Garzanti)

"Il crollo dell'impero napoleonico � stato spesso considerato uno spartiacque dagli storici, che partono dal 1789 per arrivare al 1815, o dal 1815 per arrivare al 1848. Nel primo caso si deve considerare la pace come una prefazione e un epilogo, nel secondo le guerre si trasformano in un semplice sottofondo. Il periodo 1793-1830 � una et� di transizione, che alterna irregolarmente scosse violente a distensioni artificiali. Pure sono proprio le et� di transizione le pi� interessanti. Si � spesso ripetuto che tra il 1789 e il 1815 la Francia dichiar� guerra alla storia, e che dopo il 1815 la santa alleanza cerc� di spostare indietro le lancette dell'orologio.

Se cos� fosse, si sarebbe naturalmente trattato in entrambi i casi di tentativi destinati all'insuccesso; ma la contrapposizione tra i due periodi  non � affatto cos� semplice. Gi� prima del 1800 i richiami alla tradizione cominciarono a mescolarsi con le istanze di rinnovamento; e dopo il 1815, per contro, molti conservatori compresero che la storia alle quali non si poteva dichiarare guerra era anche la storia dell'illuminismo e dell'ultimo trentennio. La metafora dell'orologio non � comunque molto calzante, perch� suggerisce un moto regolare che i governi della restaurazione a buon diritto non riconoscevano alle correnti d'opposizione del loro tempo. Questi governi non si prefissero tanto il compito di invertire il corso della storia, quanto quello di rallentare in qualche modo la marcia troppo impetuosa delle conquiste rivoluzionarie. La loro diagnosi e i loro rimedi furono spesso rozzi, ma in questi anni assistiamo ugualmente a un processo di lenta digestione e assimilazione, anzich� di rigetto, dei cibi eterogenei che erano stati somministrati a una intera generazione.

Questa et� delle guerre e di assestamenti post-belllici ha dunque un suo carattere, anche se non � quello di un'epoca in s� conclusa. A parte i toni di drammaticit� che la contraddistinguono, il problema � se si debba vedere in essa le idee al servizio della violenza o non piuttosto, la violenza al servizio delle idee, e quale sia stato il peso della guerra stessa nel determinare la direzione e l'estensione del moto di rinnovamento" (ib. Introduzione,  pag. 2) 

vedi CONGRESSO DI VIENNA

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