Dalla nascita
a Garbut

Come in gran
parte di Italia, il calcio, anche a Napoli, arrivò dal mare. A portare
il football all'ombra del Vesuvio furono agli inizi del secolo gli inglesi
che lo avevano inventato e lo praticavano già da un pò.
In città ed in provincia, a poco a poco, cominciano a nascere le primissime
squadre, dalla Naples football al glorioso Savoia di Torre Annunziata passando
per l' Internazionale del britannico William Phots. Una prima fusione fra
i primi due club cittadini dà vita all'Internaples fino a quando, il
primo Agosto del 1926, nel ristorante D'Angelo si riuniscono dirigenti, giocatori
e semplici appassionati per dar vita a quello che ancora oggi è il
Calcio Napoli.
Primo presidente della società fu nominato Giorgio Ascarelli, ma di
certo non fu colpa sua se il primo campionato fu un vero disastro: un solo
punto in classifica, frutto di un pari a reti inviolate con il Brescia, ben
61 reti incassate e solo 7 realizzate: il cavallo, emblema della città,
viene sostituito dal ciuccio quale stemma della squadra.
Era il Napoli di Attila Sallustro, detto "il veltro", nativo di
Asuncion in Paraguay, campione gentiluomo che non percepiva stipendio perchè
per lui il calcio era soltanto un hobby tanto che patron Ascarelli per ricompensarlo
delle sue gesta gli regalò una lussuosa auto Balilla.
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Il primo, e ancora indimenticato idolo, dei tifosi partenopei
Dopo la nascita, datata 1926, della S.s.c.Napoli,
ne entrò a far parte un giovanotto sconosciuto che inaspettatamente
sarebbe rimasto nella storia del calcio partenopeo in bilico perenne tra la
leggenda e storia.
Il suo nome è ATTILA SALLUSTRO.
Nacque nel 1908 a Montevideo, in Uruguay, ma sin da piccolo si trasferì
a Napoli insieme ai suoi familiari. Una classe cristallina, un tocco di palla
sopraffino e uno scatto innato e incredibile lo portarono a poco meno di 18
anni ad esserre già l'emblema del Napoli e di Napoli. Un Napoli che
era tutt'altro una squadra di fuoriclasse, basti pensare che nelle prime partite
prese otto goal dalla Juve e nove dall'Inter. Ma Sallustro cresceva e le cose
lentamente cambiarono. Già al termine del campionato 1929/1930 il Napoli,
modesto com'era, riuscì a centrare uno stoico quinto posto. E' nello
stesso anno, a soli 21 anni, arrivò anche la chiamata in nazionale
a coronazione di una grande stagione. Esordio con goal anche per la nazionale:
6 a 1 al Portogallo e Sallustro si fa trovare presente siglando la sua prima
rete in nazionale. E' il 1930 l'anno dello spettacolo. Dopo l'inaugurazione
del gioellino 'Ascarelli', 35.000 posti, Sallustro si scatena e resta nella
storia uno spettacolare Napoli-Ambrosiana di Milano. La sfida nella sfida
era tra Sallustro e Meazza, perchè proprio quest'ultimo preferito per
il posto da titolare nella nazionale; ma Sallustro zittisce tutti battendo
l'Ambrosiana per 3-1 con una leggendaria doppietta. La leggenda racconta che
Sallustro all'uscita dagli spogliatoi per far ritorno a casa sia stato completamente
spogliato dai tifosi in festa, e costretto a festeggiare nudo per il quartiere.
In soli dieci anni di maglia azzurra, Attila Sallustro collezionò 269
presenze segnando 107 reti senza calciare alcun rigore. Una volta, contro
la Reggiana, mise a segno 5 delle 6 reti del Napoli.
L'unica delusione resta quella legata al nome dello Stadio, se l'Inter l'ha
dedicato a Meazza, non potev farne a meno il Napoli, ma così non è
stato. Ed è anche per questo che il primo storico calciatore partenopeo
si avvia ad essere dimenticato. Comunque resterà sempre un mito, e
soprattutto il più antico 'antenato' dei grandi calciatori attuali.
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Il terzo posto nella Coppa Coni, un torneo di consolazione per le escluse
dal girone finale, evitarono però la retrocessione al Napoli, guidato
in panchina a fasi alterne dagli austriaci Sasha e Kreutzer.
Andò solo un poco meglio nella stagione 1927-28
con Steiger prima e Molnar poi a traghettare Sallustro e compagni al terzultimo
posto con quindici punti all'attivo. La retrocessione, stavolta, fu evitata
per la benevolenza di alcuni dirigenti federali che ampliarono il numero delle
squadre partecipanti alla Prima Divisione.
Nel 1928-29
Napoli e Lazio si contendono in uno spareggio drammatico la permanenza in
massima serie: finisce pari grazie ad una rete di Cevenini nel finale; bisognerebbe
giocare una gara-bis ma Ascarelli riesce a fare in modo che entrambe le compagini
vengano tratte in salvo dalla Federazione.
La tendenza negativa comincia ad essere invertita dal campionato successivo
1929-30
con l'avvento in panchina di Willy Garbut, ex giocatore dell'Arsenal che aveva
già guidato il Genoa a ben tre scudetti: è la svolta.

La morte di Ascarelli e l'approdo in Europa
Con lui giungono alcuni talenti puri quali Vojak e Cavanna ma soprattutto
il trainer d'Albione porta a Napoli una mentalità del tutto nuova e
mostra un gioco spettacolare.
Gli appassionati crescevano di numero e così Ascarelli realizzò
un impianto da 10.000 posti nel rione Luzzatti: la partita inaugurale si disputa
il 16 Febbraio del 1930, quattro ad uno alla Triestina, pochi giorni dopo
lo stesso Ascarelli muore per una peritonite fulminante.
La stagione 1930-31
fu tra le migliori dell'epoca anche, soprattutto, grazie ad Emilio Colombari,
mediano ex Torino soprannominato "O Banco e Napule" per l'alta cifra
spesa per il suo ingaggio da parte del presidente On. Giovanni Maresca di
Serracapriola. Alla fine del girone d'andata il Napoli era addirittura secondo,
poi Sallustro fu richiamato alle armi e gli azzurri finirono sesti. Vojack
segnò ben venti reti.
Nel 1931-32
non si riuscì a ripetere quanto di buono fatto l'anno prima e si chiuse
con un mediocre nono posto con 35 punti all'attivo.
Nel 1932-33
una dispendiosa campagna acquisti rischiò di mandare in rovina la società
salvata dall'Ing. Vincenzo Savarese ma portò alla costruzione di una
grande squadra che si piazzò addirittura al terzo posto, nonostante
le prestazioni di Sallustro fossero a corrente alternata per "questioni
di cuore".
La qualificazione alla Coppa Europa sfuggì solo poichè il Bologna
ebbe una miglior differenza reti. A fine campionato, l'"Ascarelli"
chiuse momentaneamente i battenti per lavori di ampliamento.
Nel 1933-34 con
l'arrivo dal Torino di Rosetti, gli azzurri si presentavano tra i favoriti
ai nastri di partenza. L'annata cominciò male ma poi una lunga serie
di risultati positivi, con Vojack a menare le danze, portò la squadra
nei quartieri alti della classifica. Risultato finale: terzo posto con 46
punti dietro Inter e Juve, 46 reti segnate e 30 subite con qualificazione
alla Coppa Europa, primo turno contro l'Admira Vacher. Due a due in casa,
ma cinque a zero per gli austriaci a Zurigo con conseguente eliminazione.
A Sallustro furono addirittura tolti i gradi di capitano.

Arriva Lauro ma anche la prima retrocessione
Nel 1934-35
giunge sotto il Vesuvio l'attaccante argentino Stabile, ex Genoa insieme al
mitico portiere Cherry Sentimenti, proveniente dal Modena.
Si chiude al settimo posto con soli 29 punti: una delusione dopo l'annata
precedente.
Garbut decide di lasciare dopo anni di onorata militanza e con lui anche Vojack,
102 reti in azzurro.
In panchina, stagione 1935-36,
c'è l'ungherese Csapkay che però non porterà i suoi oltre
un misero ottavo posto in condominio con Milan, Alessandria e Genoa.
Fu l'ultima annata di Cavanna, 152 presenze e sette campionati in azzurro,
mentre la situazione finanziaria precipitava.
La Federazione fece pressioni affinchè di quella vicenda si occupasse
il Comandante Achille Lauro, da circa un anno al fianco di Savarese quale
vice-presidente. Di tasca propria, Lauro coprì il deficit societario
con 300.000 lire dell'epoca. Via Csapkay, in panchina Lauro chiama, per l'annata
1936-37,
Angelo Mattea.
I risultati, però, non potettero, per ovvie ragioni, essere esaltanti:
il tredicesimo posto finale era la peggior posizione occupata dal Napoli negli
ultimi anni.
Lauro decide di ammainare la bandiera Sallustro, 204 gare e 69 reti in azzurro.
Quello del 1937-38
era soprattutto il Napoli, guidato prima da Mattea e dopo dal magiaro Payer,
di due grandi giocatori: Pippone Innocenti e Nereo Rocco, che anni dopo diventerà
"il Paròn".
Il decimo posto finale non fu accolto positivamente dal Comandante che mise
in lista di sbarco anche Buscaglia, 236 gettoni in azzurro per lui, ma ingaggiò
per il campionato 1938-39
il giovane attaccante Italo Romagnoli, il mediano Piccinni,
e la mezz'ala Gramaglia, che ha fine carriera metterà insieme 273 partite
con il Napoli.
Payer fu surrogato da Iodice che condusse i suoi al quinto posto ed anche
ad una storica vittoria sul campo dell'Ambrosiana per due ad uno.
In pieno dissesto finanziario, Lauro chiamò al capezzale degli azzurri
per la stagione 1939-'40
il tecnico Adolfo Baloncieri: la B fu evitata per miracolo grazie ad una migliore
differenza reti rispetto all'allora Liguria.
Lauro si dimise e lasciò la carica di presidente a Gaetano Del Pezzo
che prese come allenatore l'ex bandiera Vojack.
Nonostante risultanti alterni ed episodi spiacevoli, quale per esempio la
morte del terzino Fenoglio, gli azzurri si classificarono settimi a parità
di punti con il Torino.
La prima retrocessione è datata 1941-42,
in pieno conflitto bellico, con una città ed una società economicamente
allo stremo delle forze.
Fatale la sconfitta, all'ultima giornata, in casa del Genoa per tre reti a
zero. Vojack restò ugualmente al timone dei suoi anche l'anno successivo,
stagione 1942-43,
ma poi si dimise e lasciò la conduzione tecnica a Pippone Innocenti
ma il terzo posto non bastò per tornare nella massima serie prima che
la guerra interrompesse l'attività della Federazione.
La
rinascita ed una nuova retrocessione
Dopo l'interruzione, causata dal conflitto bellico in corso, nel 1944 furono
creati a Napoli due club: la Società Sportiva Napoli, promossa dal
giornalista Arturo Collana, e la Società Polisportiva Napoli, fondata
dal Dott. Gigino Scuotto, nei locali del bar Pippone.
La fusione avviene nel Gennaio del 1945 con la denominazione di Associazione
Polisportiva Napoli presidente Pasquale Russo.
La squadra prese parte ad un campionato regionale con Stabia, Scafatese, Frattese
ed altre compagini campane.
Si giocava nel recinto dell'Orto Botanico poichè l'"Ascarelli"
era stato abbattuto.
Durante la gara con la Salernitana, l'arbitro Stampacchia sul punteggio di
uno ad uno perse le redini della gara e si scatenò una rissa: la giacchetta
nera si finse morto per placare gli animi e...ci riuscì.
Nel 1945-46
con Raffaele Sansone in panchina, il Napoli vinse il campionato del Centro-Sud
davanti a Bari e Roma.
Si andò così alle finali nazionali: quinto posto su otto squadre
con tredici punti in quattordici partite; si sperava di fare meglio. Entravano
intanto in società personaggi storici quali Alfonso Cuomo e, soprattutto,
Egidio Musollino.
Nel 1946-47
si torna al girone unico, in panchina c'è ancora Sansone. Si gioca
al Vomero. Due a due contro il grande Torino di Valentino Mazzola, Maroso,
Loich e Gabetto ed ottavo posto finali a pari merito con l'Atalanta. Da A.P.Napoli
si torna ad Associazione Calcio Napoli.
Nell'annata 1947-48 a
Russo, quale presidente, succede Mussariello coadiuvato da Musollino. Dalla
Roma arriva l'ala albanese Maim Krieziu per ben 16 milioni di Lire.
I risultati scarseggiavano e Sansone fu sostituito da Vecchina prima e Sentimenti
(nelle vesti di allenatore-giocatore) poi.
Da centravanti giocò anche un sudamericano, Roberto La Paz, primo giocatore
di colore del nostro calcio.
Neppure questo funambolico coloured bastò ad evitare la retrocessione:
a condannare gli azzurri in uno storico Napoli-Roma con una doppietta delle
sue fu un certo Bruno Pesaola, detto "il Petisso".
Fatale fu poi una sconfitta contro l'Inter, rete di Lorenzi, scaturita da
un clamoroso errore dell'arbitro Bonivento, alla sua ultima direzione di gara
della carriera, che annullò una rete regolarissimi a La Paz.
Al timone della società nella stagione 1948-49
c'era Egidio Musollino con al fianco Scuotto e Cuomo.
Per guidare la squadra in B ci si affidò a "farfallino" Borel,
ex grande giocatore della Juve. Dopo 225 gare lascia anche "Cherry"
Sentimenti.
Niente da fare, la squadra non carburava: a Borel subentra Gigino De Manes
il quale, a sua volta, verrà sostituito da Mosele ma si resta in B:
quinto posto con 45 punti, capocannoniere Renato Brighenti, fratello maggiore
del più famoso Sergio.
Arrivano Monzeglio, la serie A, Jeppson e Pesaola
Per la stagione 1949-50
Musollino si affida ad Eraldo Monzeglio, ex tecnico della Pro Sesto.
Va via Pretto, quattordici anni e 224 partite in azzurro, che si trasferisce
in Bolivia, torna invece Gramaglia.
A cavallo di Natale furono ben undici i risultati utili consecutivi: il finale
di torneo fu semplicemente strepitoso e gli azzurri superarono anche l'Udinese
piazzandosi al primo posto; è di nuovo serie A con Suprina superbo
capocannoniere con 15 reti.
La Paz viene ceduto all' Olimpique di Marsiglia.
L'acquisto boom del campionato successivo, 1950-51
è Amadeo Amadei, "il fornaretto", ex Inter e Roma che giunse
insieme al portiere Bepi Casari. Come centromediano si puntò sul laziale
Remondini, in panchina ovviamente restò Monzeglio.
Il 22 Febbraio del 1951, però, muore Egidio Musollino, stroncato da
infarto, tre giorni dopo i suoi ragazzi gli dedicano la vittoria di Marassi
sul Genoa.
Bellissimo sesto posto finale con 41 punti in carniere, sia Amadei che Krieziu
misero a segno 11 reti.
Si apre la stagione 1951-52
con Alfonso Cuomo nominato presidente e Lauro nelle vesti di finanziatore
nonchè presidente onorario.
Il mediano Castelli, ex Genoa, costa al Comandante ben 40 milioni. Acquistati
quell'estate anche Comaschi e Scopigno. Risultati alterni ma anche grosse
imprese, come un quattro a due a Bergamo contro l'Atalanta di un certo Hasse
Jeppson.
Fu di nuovo sesto posto, con Astorri, 13 reti, quale capocannoniere della
squadra.
Durante il campionato 1952-53
avviene il primo acquisto perfezionato
da Lauro, sempre più padre-padrone della società, e fu un centravanti
svedese inseguito da mezza Italia calcistica: si tratta di Hasse Jeppson pagato
dal Comandante all'Atalanta, proprietaria del cartellino, ben 105 milioni
(in verità 30 di questi andarono al calciatore).
Con Jeppson arrivò anche dal Novara il guizzante
Bruno Pesaola.
Alla quarta di campionato in casa dell'Inter il Napoli perse cinque ad uno,
ma ci fu la prima rete in azzurro di Jeppson.
Storico un quattro a due rifilato al Milan del "Gre-No-Li" ma ancor
di più è rimasto impresso nelle memorie dei tifosi il tre a
due in rimonta sulla Juve con reti firmate Pesaola, Jeppson ed Amadei.
E' un anno splendido: il Napoli finisce quarto, Jeppson segna 14 reti come
il compagno di reparto Vitali.
O' Lione e lo sgarbo alla Signora
Unico vero acquisto della stagione 1953-54,
oltre al jolly Ceccarelli, fu invece il portiere Ottavio Bugatti mentre Casari
tornò a Bergamo.
Da segnalare il due ad uno all'Inter di Ghezzi, Brighenti e Skoglund con doppietta
proprio di Ceccarelli.
Il derby con la Roma fu risolto in favore degli azzurri dall'ex di turno Amadei.
Il Napoli finì quinto con 38 punti, stavolta Jeppson di reti ne realizzò
venti, tre in meno del capocannoniere di stagione Nordhal.
Prima che partisse il torneo 1954-55
Lauro ingaggiò il mediano Posio dal Brescia ed il centromediano Trerè
dalla Roma. La squadra però non mieteva successi e Monzeglio minacciò
a più riprese di dimettersi.
Jeppson però tornò a segnare come ci si aspettava da lui ed
anche i vari Amadei, Comaschi, Posio, Ciccarelli, Pesaola, il vecchio Viniey
e lo stagionato Gramaglia, giunto all'undicesima ed ultima stagione in azzurro
(273 in totale le sue presenze con il Napoli), contribuirono alla conquista
di un fantastico terzo posto.
Il campionato 1955-56
fu quello di Luis Vinicio, detto "O' Lione". Costò 60 milioni.
Neppure 40 secondi dall'inizio del campionato, avversario di turno il Torino,
e Vinicio fa gol, finisce due a due con doppietta del brasiliano.
Il tandem con Jeppson esordì contro la Pro Patria, la gara si chiuse
sull'otto ad uno per gli azzurri mentre il tre pari con il Bologna, con lo
scandaloso arbitraggio di Maurelli e conseguente invasione di campo, grida
ancora vendetta.
L'ambiente non era tranquillo e qualcosa si ruppe tra lo spogliatoio e Monzeglio
che dopo la sconfitta con l'Inter venne esonerato da Lauro dopo sette anni
sulla panchina azzurra.
La squadra venne affidata ad Amadei, il più vecchio fra i calciatori.
Si finì al quattordicesimo posto con 32 punti, Vinicio segna 16 reti,
Jeppson otto.
Nel 1956-57
dall'Atalanta arriva Brugola mentre Jeppson passa al Torino. Si vince a Roma
contro i giallorossi per tre ad uno con doppietta del solito Vinicio: alla
fine andò meglio dell'anno precedente ma non bene; undicesimo posto
con ben 18 marcature siglate da "O' Lione".
Nel 1957-58,
dopo sette stagioni viene consegnata la lista a Granata, 169 partite in azzurro.
Tra gli acquisti, da segnalare quello di Dolo Mistone.
Era un grande Napoli che addirittura passò a Torino, sul campo della
Juve, per tre ad uno con un Bugatti strepitoso e reti di Vinicio, Novelli
e Di Giacomo. Le due sconfitte nelle ultime tre gare condannarono la compagine
di Amadei al quarto posto, Vinicio segnò 21 dei 65 gol degli azzurri.
È di nuovo serie B
Per la stagione 1958-59
fu ingaggiato il carioca Del Vecchio che avrebbe dovuto far coppia con Vinicio.
Il tandem non funzionò ed i risultati stentavano ad arrivare ed anche
la Samp di Monzeglio sbancò il Vomero.
Si chiuse al nono posto, Del Vecchio fece tredici reti, Vinicio sette: la
panchina di Amadei traballava.
Nel 1959-60
arrivò sulla panchina azzurra Annibale Frossi e con lui anche il portiere
Cuman e il napoletano Rambone.
Frossi durò solo quattro partite, subendo altrettante sconfitte. Torna
Amadei, si inaugura il "San Paolo": il 6 Dicembre 1959 ci sono oltre
80.000 tifosi a salutare il due ad uno sulla Juventus, marcatori Vitali e
Vinicio.
A dare una mano per evitare la retrocessione è il giovane attaccante
Postiglione, napoletano doc, con due reti in sei gare.
Quattordicesimo il piazzamento al termine di un'annata balorda con Del Vecchio
autore di dieci segnature.
Nel Giugno del 1960 dopo 5 anni va via Vinicio, per lui 152 partite e 69 gol
in azzurro. Con lui lasciano il Napoli anche Pesaola, 204 gettoni con il "ciuccio",
e Rambone: torneranno tutti e tre all'ombra del Vesuvio. Arrivano Pivatelli,
Girardo e l'argentino Tacchi. Quello del 1960-61
fu un campionato disastroso.
Alla guida degli azzurri si successero Amadei, Cesarini ed addirittura il
vecchio Sallustro, ormai direttore dello stadio, ma neppure Attila fece il
miracolo e fu, di nuovo, serie B.
Il
"Petisso": promozione e Coppa Italia
Tornato tra i cadetti, il Comandante Lauro non era intenzionato a rimanerci
molto e così nel campionato 1961-62
diede vita ad una campagna acquisti faraonica nella quale ingaggio il portiere
Pontel, recentemente deceduto, il mediano Corelli, la mezzala Fraschini, l'ala
sinistra Gilardoni ed il centromediano Rivellino.
Lasciarono l'azzurro i vari Bugatti, Pivatelli, Postiglione e Posio, quest'ultimo
dopo 198 partite con il Napoli. In panchina sedette Fioravante Baldi ma i
risultati furono altalenanti tanto che il tecnico ex Palermo si dimise dopo
pochi mesi e Lauro si affidò al "Petisso", al secolo Bruno
Pesaola, che all'epoca guidava la Scafatese.
Subito arrivarono sei risultati utili consecutivi e poi tanti successi fino
ad arrivare al recupero della gara di Verona, decisiva per la promozione anche
degli scaligeri cui sarebbe bastato un pari.
Dal Veneto partirono accuse di tentata corruzione ai danni degli ex di turno
Postiglione, Bertucco e Maioli che però alla fine si riveleranno infondate,
anche se due dirigenti azzurri furono squalificati.
Il Napoli vinse anche sul campo, rete di Corelli, e fu serie A.
Quello fu anche l'anno della Coppa Italia: gli azzurri, superati ai rigori
Alessandria e Sampdoria, eliminarono anche Torino e Roma qualificandosi per
la semifinale con il Mantova, a Fuorigrotta, vinta per due ad uno con reti
di Tomeazzi e Fanello. In finale, all'Olimpico, c'era la Spal: era il 21 Giugno
del 1962. Segna Corelli, pareggia Micheli ma poi Ronzon fa esplodere i tifosi
azzurri giunti nel Lazio.
Canè,
Juliano, Montefusco e lo 0-2 con il Modena
L'anno dopo, 1962-63
la squadra è confermata quasi in blocco con l'innesto di Jarbas Faustinho
Canè. La squadra non ingranava ma in Coppa, alla "bella",
superò sia il Bangor (Galles) che l'Ujpest Budapest (Ungheria).
Il rapporti tra Monzeglio, che era tornato nel ruolo di direttore tecnico,
ed il dirigente Roberto Fiore si incrinarono rapidamente ed intanto dopo Inter-Napoli
quattro azzurri Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi furono squalificati per
un mese causa doping.
In Coppa a Belgrado esordisce Juliano ma il Napoli perderà la "bella"
e sarà eliminato.
Lo 0-2 con il Modena e la conseguente invasione di campo al "San Paolo"
segnarono in pratica il ritorno in B. Lauro lasciò la società
che fu traghettata dal Dott. Gigino Scuotto che ingaggiò per il torneo
1963-64
il tecnico Lerici ed acquisto il mediano Emoli. La squadra andava male e a
Lerici subentrò il "secondo" Molino: alla fine fu solo ottavo
posto.
La S.S.CNapoli intanto si accollò oneri e debiti della vecchia A.C.
Napoli di Ascarelli che era in liquidazione. Fiore fu eletto presidente con
Lauro che tornò alla presidenza onoraria.
Per il campionato 1964-65
in panchina torna Pesaola. Arrivano Bandoni, per Pontel, Bean e Panzanato.
Vanno via Rivellino e Gilardoni. In casa si viaggiava a corrente alternata,
ma lontano dal "San Paolo" il Napoli era un carro armato.
Montefusco in mezzo al campo era una diga e Canè un goleador come pochi:
match decisivo per la promozione in quel di Parma, doppietta del brasiliano
e reti di Bean per il 3-1 finale. Il Napoli torna in A.
Si sogna con Sivori ed Altafini.

Stagione 1965-66
arrivano due colpi clamoroso dal mercato: Josè Altafini, punta di diamante
del Milan, ed Omar Sivori mezzala dalla Juve. Con loro giunge anche Stenti
che rivaleggerà con Ronzon. Fu un grande Napoli.
Storica la gara con la Juventus al "San Paolo" con la rete di Altafini
e la "vendetta" di Sivori su Heriberto Herrera.
Si finì terzi, al termine di un campionato esaltante con Altafini capocannoniere
con 14 gol.
Nell'estate del 66' il Napoli partecipò alla Coppa delle Alpi e la
vinse avendo la meglio, grazie ad un Sivori straordinario, su Losanna-Zurigo,
Basilea e Young Boys e Servette.
Intanto per l'annata 1966-67
arrivano Ottavio Bianchi ed Orlando. Il Napoli vola in campionato ed in Coppa
delle Fiere dove batte l'Odense (Danimarca). Fiore voleva pieni poteri ma
non li ottenne e così si dimise: presidente divenne Gioacchino Lauro.
La squadra esce dalla Coppa per mano del Burnley ma in campionato si viaggia
sul refrain dell'anno passato: quarto posto con 16 reti di Altafini.
Per il campionato 1967-68
arrivano Pogliana, Barison e Zoff, scambiato con Bendoni. Fu un grande anno
anche se economicamente fu un mezzo tracollo. Sivori giocò solo sette
partite mentre Altafini, ancora una volta fu capocannoniere della squadra
con 13 reti. Purtroppo nella sfida decisiva a "San Siro" contro
il Milan di Rivera, Hamrin e Sormani non bastò il gol di Barison e
gli azzurri chiusero la stagione proprio dietro ai rossoneri scudettati con
nove punti di distacco. Era comunque il miglior risultato della storia, fino
a quel momento.
Chiappella,
Ferlaino e…Gonnella
Un male crudele, stroncò a soli 50 anni Gioacchino Lauro e per rimettere
in sesto i conti societari fu chiamato alla presidenza, stagione 1968-69,
Antonio Corcione che però mori anch'egli a campionato in corso.
In panchina va Beppe Chiappella (tranne un breve interregno di Di Costanzo),
il Napoli "tiene botta" e batte persino la Juventus al "San
Paolo" con doppietta di Montefusco nella gara che segnerà l'addio
al calcio di Omar Sivori, espulso e squalificato per sei turni: è il
1-12-68.
La squadra, forte di Guarneri, Nielsen, Sala e del giovane Abbondanza arriva
settima mentre si scatena la lotta per la successione a Corcione.
Il pacchetto azionario è conteso da Roberto Fiore e dal giovane Ingegnere
Corrado Ferlaino: a spuntarla è proprio quest'ultimo che, nel bene
e nel male, finirà con il segnare un'epoca.
Il primo campionato dell'era Ferlaino, 1969-70,
vede ancora Chiappella in panchina e gli arrivi di Hamrin, Monticolo e l'esplosione
del "baronetto di Posillipo" Gianni Improta.
Ferliano cedette, a buon prezzo, Canè e Sala rispettivamente a Bari
e Torino.
Altafini salvò il posto a Chiappella con una rete alla Juve ma la stagione
non fu delle migliori: sesto posto finale con sole 24 reti messe a segno,
otto siglate da Altafini.
Nel 1970-71
arrivano Ghio, Ripari e soprattutto Angelo Benedicto Sormani. Lasciano l'azzurro
Barison e Nardin. E' un altra stagione esaltante sempre con al timone Chiappella.
Sormani dà una mano ad Altafini in zona gol ed il Napoli a "San
Siro" con l'Inter si gioca in pratica lo scudetto. Nell'intervallo gli
azzurri conducono uno a zero, rete di Altafini, ma poi l'ineffabile Gonnella
regala un rigore ai locali e Boninsegna pareggia. A chiudere i conti è
lo stesso "Bonimba".
Bruscolotti,
Clerici, Vinicio e il "calcio totale"
L'annata successiva, 1971-72,
è avara di soddisfazioni anche perchè in società si vivono
mesi caldi con la diatriba Lauro-Ferlaino.
L'ottavo posto finale non può certo far felici i tifosi.
L'Ingegnere decide allora di svecchiare la squadra cedendo Zoff ed Altafini,
quest'ultimo autore di 81 reti in azzurro, alla Juventus ed acquistando dal
Sorrento il difensore Bruscolotti: diventerà "pal' e' fierro".
Torna Canè, arrivano Ciccio Esposito, Vavassori e Pietro "Gedeone"
Carmignani.
La stagione 1972-73
si chiude al nono posto e per Chiappella è l'ultimo anno sulla panchina
azzurra. Ferlaino chiama al timone della squadra "O' Lione", all'anagrafe
Luis Vinicio, che dopo essere stato grande centravanti è diventato
profeta del "calcio totale".
La stagione è quella 1973-74.
Arrivano all'ombra del Vesuvio sia Giorgio Braglia che il brasiliano Clerici,
segneranno più di venti reti in due.
E', forse, il più bel Napoli della storia, almeno per il gioco espresso.
Storica la vittoria sulla Juve, reti di Canè e Clerici su rigore mentre
la città vive il dramma del colera.
Si finisce terzi dietro la Lazio di Chinaglia e la Juve.
Ferlaino rinforza la squadra per il campionato 1974-75
con Burgnich, La Palma, Rampanti, Landini, Vendrame e Peppe
Massa.
E' una squadra stellare quella che supera in scioltezza il Milan e va a Torino
a giocarsi lo scudetto contro la Juve. Segna Causio, pareggia Juliano, Zoff
compie miracoli a ripetizione ed in fine Altafini "Core 'ngrato"
condanna gli azzurri: secondo posto a due punti dalla Vecchia Signora.
Con
"Mister 2 miliardi" è di nuovo Coppa Italia
Ferlaino, contro la volontà di Vinicio, cede "el gringo"
Clerici per ingaggiare Beppe Savoldi, mister 2 miliardi.
Arriva anche Boccolini, Napoli risponde con 70.000 abbonamenti.
I 14 centri di "Beppe-gol" nel campionato 1975-76
valgono però solo un quinto posto mentre Vinicio lascia al duo Del
Frati-Rivellino che vince la finale di Coppa Italia, all'"Olimpico"
contro il Verona: doppietta di Savoldi, Esposito e Braglia. E' la seconda
Coppa Italia della storia azzurra.
Torneo 1976-77,
torna Pesaola in panchina ed arrivano Chiarugi, Speggiorin e Vinazzani per
dare una mano nella Coppa Coppe dove il Napoli supera tre turni prima di essere
eliminato dall'Anderlecht di Goethals.
In campionato, modesto settimo posto con anche un punto di penalizzazione
inferto per cumulo di squalifiche del campo.
Ferlaino per la panchina, annata 1977-78,
sceglie Di Marzio, napoletano doc, ed ingaggia Capone, Ferrario e Mattolini
che sostituisce Carmignani. Sesto posto, grazie ai 16 centri di Savoldi, e
qualificazione in Uefa.
Stagione 1978-79,
Di Marzio dura due giornate, torna Vinicio. Vestono l'azzurro Caso, Filippi,
Caporale, Claudio Pellegrini, il portiere Castellini, detto "il giaguaro",
ed Attilio Tesser. Alla fine sarà sesto posto.
L'annata successiva 1979-80
non è delle migliori, anzi: Damiani, Agostinelli, Musella e Guidetti
non evitano l'undicesimo posto e l'avvicendamento di Vinicio con Sormani.
Juliano
dirigente e quell'autorete di Ferrario...
Campionato 1980-81,
Juliano che ha lasciato Napoli per Bologna sveste maglietta e pantaloncini
e siede dietro la scrivania di Direttore Generale.
Il suo primo colpo si chiama Rudy Krol, libero olandese tecnicamente molto
dotato.
Marchesi, chiamato al timone della squadra, lancia il giovane Celestini e
Gaetano Musella, trenta presenze e cinque reti. Tatticamente fondamentale
si rivelerà Enrico Nicolini.
Il Napoli chiude terzo, Claudio Pellegrini segna undici reti. Napoli è
scossa dal terremoto ma anche dall'incredibile sconfitta contro il Perugia
già retrocesso che passa al "San Paolo" con un autorete di
Ferrario.
L'anno dopo, 1981-82
è quello di Palanca, Criscimanni, Citterio e Benedetti. Stavolta si
finisce quarti con Pellegrini solito mattatore.
Annata 1982-83,
Ferlaino chiama Giacomini per sostituire Marchesi. Lo accompagneranno due
validi "allenatori in seconda": Specchia e Zoratti. Con Scarnecchia,
Dal Fiume e Vagheggi arriva anche Ramon Diaz, "el puntero triste"
che alla fine segnerà solo tre reti prima di emigrare a Milano per
vincere lo scudetto.
La squadra delude, Ferlaino, che ha già da un pò sostituito
Juliano con Janich, si affida alla coppia Pesaola-Rambone per cogliere una
clamorosa salvezza e lascia intanto la conduzione societaria a Mario Brancaccio
che fa nuovamente posto in società all'ex capitano azzurro .
Il miracolo salvezza riesce grazie ala vittoria di rigore, rete di Ferrario,
contro il Genoa. Juliano preferisce Santin a Rambone e ingaggia Boldini, De
Rosa, Frappampina e Dirceu.
E' ancora Marchesi a salvare la baracca, stagione 1983-84,
sostituendo in panchina Santin, ma sta per succedere qualcosa di grande...
Arriva
Diego, ma quanta fatica...
Dopo due salvezze stentate, Napoli si aspettava dal Napoli un rilancio in
grande stile e Corrado Ferlaino con al fianco Antonio Juliano non delusero
le attese di un'intera città.
E' l'estate del 1984 ed arriva Daniel Bertoni, attaccante argentino, per sostituire
il funambolico brasiliano Dirceu che pure male non aveva fatto la stagione
precedente; tuttavia, il grande colpo era nell'aria.
A contribuire affinchè Maradona vestisse l'azzurro non fu solo la disponibilità
di alcuni istituti di credito ma anche l'abilità dei dirigenti azzurri.
Juliano pressò l'allora vicepresidente del Barcellona, Gaspart, come
era solito fare in campo con gli avversari anche se si racconta che il numero
due del club blaugrana all'inizio si convinse a trattare con lui solo perchè
credeva di avere a che fare con il diesse juventino Giuliano.
Ferlaino dal canto suo, narrano le cronache, depositò in Lega prima
un contratto in bianco e poi, fuori tempo massimo, con la complicità
di una guardia giurata, lo sostituì con quello firmato dal Pibe de
Oro. Diego Maradona era del Napoli!
Quel riccioluto mancino nato a Lanus il 30/10/60 che aveva incantato il mondo
con la maglia della "Selecion" ai Mondiali Juniores di Tokyo e messo
paura all'Italia di Bearzot in quel di Spagna 82', giungeva dunque all'ombra
del Vesuvio mandando in delirio una città. Ad accoglierlo al "San
Paolo" il 5 Luglio del 1984 sono in 70.000, lui palleggia e poi dice
in sala stampa: "Farò di tutto per ripagare, in parte, l'affetto
di questa gente"; ci riuscirà, eccome!
( vedi pagine a parte su MARADONA )
Stagione 1984-85.
In panchina c'è sempre Marchesi. Si parte da Verona, dove Briegel si
attacca alle caviglie di Diego. La settimana dopo, il primo centro in azzurro,
contro la Sampdoria su rigore, non basta a battere i blucerchiati. Passano
altri 15 giorni ed arriva il primo gol su azione, contro il Como. Diego è
semplicemente straordinario, lo stop e tiro con cui su assist di Bertoni segna
all'"Olimpico" contro la Lazio è da manuale del calcio. Proprio
Bertoni è l'unico a dargli una mano nei 16 metri avversari e le vittorie
contro Udinese e Fiorentina non bastano a rendere meno deficitaria la classifica.
Ferlaino però intanto assesta la società con Italo Allodi e
Pier Palo Marino, è il grande Napoli che nasce.
Juliano si dimette.
La svolta, per quanto concerne la squadra, avviene in un ritiro a Vietri sul
Mare dove il gruppo si compatta e dà il via ad un girone di ritorno
con i fiocchi. Complici la tripletta alla Lazio (con un paio di prodezze irripetibili)
e la doppietta all'Udinese, Maradona ne fa 14 e la squadra finisce ottava.
Stagione 1985-86,
arrivano Garella, Bagni, Giordano e Renica con Bianchi che sostituisce Marchesi.
Faranno la loro parte anche Pecci e lo sfortunato Buriani, frenato da un grave
incidente al ginocchio.
E' anche l'anno dell'esordio in prima squadra di un difensore proveniente
dal vivaio: Ciro Ferrara. Diego ha qualche problema al ginocchio e lascia
il manager della sua infanzia: Jorge Cysterzpiller che lo seguiva dai tempi
delle "cebollitas" dell'Argentinos Junior. Il Pibe de Oro non si
preserva però per gli imminenti Mondiali messicani e colleziona ugualmente
undici reti di cui un paio meravigliose: contro la Juve, sotto un tremendo
acquazzone con un calcio di punizione a due in area che toglie la ragnatela
dal "sette" e con il Verona da distanza siderale con un magnifico
esterno sinistro.
È scudetto, finalmente; ma in Coppa c'è
il Real.
Dopo la vittoria in Messico con la sua Argentina, Diego torna a Napoli tirato
a lucido. Intanto, sono arrivati De Napoli, Carnevale, Sola e sarà
ingaggiato Romano. C'è anche un folto gruppo di campani in squadra
con Caffarelli, Volpecina, Muro, Marino e Bruscolotti, capitano senza fascia
per averla ceduta a Diego.
Inizia la stagione 1986-87.
A Brescia, una prodezza in stile "Mundial" di Maradona regala la
prima vittoria. Seguono un paio di pareggi e poi un'importante vittoria con
il Torino per poi, poco dopo, sbancare Roma sempre con una perla del Pibe
assistito da Giordano.
Il nove Novembre il Napoli sbanca il "Comunale" rifilando tre reti
alla Juventus: pareggia Ferrario, poi segnano Giordano in mezza girata e Volpecina
in contropiede.
E' la svolta anche se a Firenze, un mese dopo, arriva la prima sconfitta stagionale.
Il Napoli si riprende alla grande ma trema dopo lo stop di "San Siro"
con l'inter, rete di Bergomi. La domenica dopo Romano batte la Juve ma a Verona
è Pacione a far vivere un incubo ai tifosi azzurri.
Quando Maradona contro il Milan segna una rete da antologia però si
capisce che è quasi fatta. A Como, Carnevale ci mette anche una mano
galeotta per pareggiare la rete di Giunta ed il 10/5/87 pareggiano con la
Fiorentina, ancora a segno Carnevale, il Napoli è Campione d'Italia
per la prima volta in 60 anni di storia.
La squadra va a mille e conquista anche la Coppa Italia nella doppia finale
con l'Atalanta: simile impresa era riuscita solo al Grande Torino ed alla
Juventus nel 1960.
Stagione 1987-88
arriva anche Antonio Careca, fortissimo centravanti brasiliano; si va in Coppa
dei Campioni, avversario al primo turno il Real Madrid. Al "Bernabeu"
si gioca a porte chiuse, vincono i madridisti per due a zero, segna Michel
e De Napoli fa autogol. In un "San Paolo" pieno come non mai, Francini
fa uno a zero, Buyo compie un miracolo su Careca prima che Butragueno, "el
Buitre", faccia secco Garella.
In campionato, però, la squadra vola ma già nella partita in
casa contro la Roma, rete di Giannini, qualcosa si rompe. Il 17 Aprile il
Napoli perde in casa della Juve e il Milan si avvicina. Il sorpasso va in
scena la settimana successiva a Fuorigrotta, nonostante Maradona giochi una
partita straordinaria ma la squadra è sulle gambe e così Virdis
e Van Basten passeggiano sulle macerie azzurre: lo scudetto e gli applausi
della folla sono per i rossoneri.
Il trionfo Uefa con la firma di Careca
Lo spogliatoio si spacca e per la stagione 1988-89
c'è un repulisti con Garella, Ferrario, Bagni e Giordano che pagano
per tutti.
Al loro posto ecco Giuliani, Fusi, Crippa, Corradini ed il brasiliano Alemao.
Allodi e Marino sono surrogati da Moggi e Perinetti.
In campionato, storiche le vittorie sulla Juventus per cinque a tre e sul
Milan per quattro ad uno con Diego ancora stratosferico.
E' però l'anno dell'Inter dei record ed il Napoli si concentra sulla
Coppa Uefa. Battuto il Paok Salonicco, tocca al Lokomotiv Lipsia e Francini
si riscopre "bello di notte". Liquidato non senza difficoltà
il Bordeaux, nei quarti agli azzurri tocca la Juve. A Torino si perde due
a zero (Bruno ed autorete di Corradini) ed a Napoli si va subito sotto di
un gol: segna Laudrup ma l'arbitro annulla per un fuorigioco che non c'è.
Maradona su rigore e poi Carnevale ribaltano il risultato dell'andata prima
che Renica al 119' faccia esplodere il "San Paolo" con un magnifico
colpo di testa. Al Bayern viene riservato un brutto trattamento: due a zero
a Fuorigrotta e due pari a Monaco di Baviera con Careca sugli scudi. In finale
c'è lo Stoccarda. Al "San Paolo" per i tedeschi segna l'emigrato
Gaudino ma Maradona e Careca ribaltano la situazione. In Germania è
un trionfo con Alemao, Ferrara (al volo in mezza girata su assist di testa
di Maradona) e Careca a suggellare l'impresa azzurra: finisce tre a tre ma
la Coppa Uefa viaggia con la squadra verso Napoli.
È di nuovo scudetto
Stagione 1989-90
a Bianchi subentra Bigon. Maradona fa le bizze e non vuol tornare dall'Argentina.
A sostituirlo degnamente è il giovane Gianfranco Zola, sardo di Oliena
dal dribbling funambolico e dal tocco fatato, che giunge in azzurro dalla
Torres.
Diego torna per il match con la Fiorentina, Landucci gli para un rigore ma
poi il capitano suona la carica e conduce i suoi alla rimonta: con la città
ed i tifosi scoppia di nuovo l'amore.
Il Napoli chiude in testa il girone d'andata ma inizio Febbraio il Milan lo
umilia a "San Siro" e lo raggiunge in classifica.
L'otto Aprile Napoli e Milan sono distanziate da un punto solo: gli azzurri
vincono "a tavolino" contro l'Atalanta a Bergamo perchè Alemao
viene colpito da una monetina e la società lombarda paga con lo zero-due.
Verona si conferma campo stregato per il Milan mentre il Napoli passa a Bologna
con reti di Maradona (ma Carnevale giura di aver toccato lui il pallone),
Careca, Francini ed Alemao in contropiede: gli azzurri sono ad un passo dallo
scudetto.
La firma in calce il 29-4-90 la mette Marco Baroni, giunto dal Lecce, che
di testa sigla la rete del vantaggio contro la Lazio nel match che risulterà
decisivo.
Il Napoli è di nuovo Campione d'Italia ma la decadenza sta per cominciare...
L'ultimo trionfo e la notte di Fonseca
Il Napoli che si appresta a difendere lo scudetto nella stagione 1990-91
si presenta ai nastri di partenza con una formazione che subisce qualche ritocco,
ma che non muta negli uomini di punta.
Si comincia con una squillante vittoria nella Supercoppa Italiana: 5-1 alla
Juventus (doppietta di Andrea Silenzi).
Un punto nelle prime tre partite di campionato fa capire che non è
l'anno buono. In Coppa Campioni si parte bene. Una doppia vittoria sugli ungheresi
dello Ujpiesti Dosza illude i tifosi. Il Napoli esce per mano dello Spartak
Mosca. Al San Paolo finisce 0-0. Al ritorno il risultato è lo stesso.
Si arriva ai rigori. Segnano tutti, Baroni sbaglia. Il Napoli è eliminato.
In campionato gli azzurri sono indietro rispetto a Sampdoria ed Inter. Il
10 novembre, il Napoli perde 2-1 a Milano con l'Inter ritrovandosi a 8 punti
ed in piena zona retrocessione. Con qualche vittoria si rimette in sesto.
Maradona gioca la sua ultima partita al San Paolo con il Bari, vittoria 1-0
(Zola) il 17/3/91, dopo poche settimane viene squalificato per doping. Si
chiude mestamente all'ottavo posto.
Nella stagione successiva 1991-92
la dirigenza partenopea decide di rifondare. Arriva un tecnico emergente:
Ranieri. Perinetti acquista dal Montpellier il libero Blanc, che andrà
via dopo una stagione ma segnerà sei reti. Il nuovo trainer riesce
a dare un impronta alla squadra. Il girone di andata è ricco di soddisfazioni.
Il Napoli è secondo con la Juventus, dietro il Milan.
Il 5/1/92 si gioca a San Siro: 5-0 per i rossoneri ed addio sogni di gloria.
Il Napoli finisce in affanno ed è superato, per il terzo posto, dal
Torino all'ultima giornata.
La stagione successiva, 1992-93,
sulla panchina del Napoli siede ancora Claudio Ranieri. Il Napoli negli intenti
della vigilia vorrebbe tornare a lottare per il tricolore. Ben presto ci si
accorge che non è possibile. La campagna acquisti è faraonica.
Arrivano, per citare i più importanti, l'uruguayano Fonseca e Roberto
Policano dotato di un sinistro al fulmicotone.
In Coppa Uefa si comincia benssimo 5-1 al "Mestalla" di Valencia
con cinque reti proprio di Fonseca.
La corsa del Napoli si ferma al turno successivo. Il Paris Saint Germain vince
0-2 al San Paolo (doppietta di Weah). In campionato la squadra balbetta. L'otto
novembre '92 il 5-1 del Milan a San Paolo decide la sorte del tecnico romano.
Sulla panchina del Napoli si riaccomoda Ottavio Bianchi. Il tecnico bresciano
risistema la squadra. Dalla Roma arriva Nela a puntellare la difesa ed in
attacco arriva Bresciani. Bianchi traghetta il Napoli verso la salvezza senza
grossi patemi.
Lippi,
Boskov e le cessioni eccellenti
All'alba della stagione 1993-94
il presidente Ferlaino lascia il pacchetto azionario nelle mani di Ellenio
Gallo. La squadra viene svecchiata e rifondata. Bianchi diventa general manager
e sceglie come tecnico Marcello Lippi. Lasciano l'azzurro campioni del calibro
di Careca e Zola. Arrivano il portiere Taglialatela, il difensore Bia, ed
i centrocampisti Corini, Pecchia e Di Canio.
La squadra parte male. Due sconfitte nei primi due incontri. Lippi decide
di giubilare i senatori e si affida ai giovani. Pecchia, Cannavaro ed altri
non deludono. All'ultima giornata il primo maggio '94 il Napoli vince 1-0
a Foggia ottenendo cosi un posto utile per la coppa Uefa. Una sola vittoria
di prestigio, contro il Milan con spettacolare gol di Di Canio.
Lippi, a fine stagione, lascia il Vesuvio, destinazione Juventus. Ferrara,
bandiera nonché capitano del Napoli, segue il tecnico. Fonseca va alla
Roma. Arriva sulla panchina del Napoli, Vincenzo Guerini che porta da Ancona
l'attaccante Agostini. Dal Torino arriva il talentuoso "10" Benny
Carbone, subito idolo della folla. Giungono anche due stranieri nuovi di zecca:
il brasiliano Andrè Cruz ed il francese Alain Boghossian.
Il Napoli comincia male. Guerini viene esonerato dopo un 5-1 subito a Roma
contro la Lazio. Arriva Boskov che con il suo entusiasmo porta i partenopei
a ridosso della coppa Uefa che sfuggirà per un niente. Da registrare
il record di vittorie consecutive in serie A (tutt'ora ineguagliato) con la
regola dei tre punti per vittoria (cinque di seguito dalla 29° alla 34°).
La stagione 1995-96
comincia subito con una svolta societaria. Al timone del sodalizio azzurro
ritorna Corrado Ferlaino. Vengono ceduti, per esigenze di bilancio, Cannavaro
e Carbone. Arrivano Pizzi, Baldini, Colonnese e, dal Gualdo, Arturo Di Napoli.
Boskov, affiancato da Aldo Sensibile, è ancora i sella. Il Napoli comincia
benissimo. Poi un lento declino verso le ultime posizioni.
I timori per la retrocessione verranno scacciati da Arturo Di Napoli che segna
un importantissimo rigore la Sampdoria alla trentaduesima giornata. Boskov
dice addio.
Coppa
Italia mancata e si torna in B
Stagione 1996-97.
Il Napoli, che si avvale di Ottavio Bianchi come consulente tecnico, chiama
sulla panchina azzurra l'esperto Gigi Simoni. Ferlaino, non più presidente,
è maggior azionista. Giammarco Innocenti funge da amministratore delegato.
Pari, Pizzi, Agostini e Tarantino salutano. Arrivano Caccia, Aglietti, Milanese,
Turrini ed l'estroso brasiliano Joubert Beto. Il Napoli gioca uno splendido
girone d'andata. Alla pausa natalizia è secondo dietro la Juventus
ed a braccetto con il Vicenza.
Il girone di ritorno va male. Simoni viene esonerato il 12 aprile '97 dopo
una sconfitta in casa con l'Atalanta. Montefusco prende il suo posto.
La Coppa Italia regala grandi soddisfazioni ai tifosi del Napoli. Si arriva
in finale. Memorabili le partite all'Olimpico contro la Lazio, giocata in
nove uomini, e la semifinale al San Paolo con l'Inter, vinta ai rigori. L'epilogo
della Coppa si gioca contro il Vicenza. All'andata il Napoli vince al "San
Paolo" per 1-0 con gol di Pecchia. A Vicenza però perde 3-0. Caccia
coglie un palo a pochi attimi dal termine, quando si è sull'1-0.
La stagione finisce con un anonima dodicesima posizione.
L'anno dopo, 1997-98
si scende in B con quattordici punti due vittorie otto pareggi ventiquattro
sconfitte.
Ferlaino chiama al capezzale del Napoli quattro allenatori. Cambia anche tre
direttori tecnici. Si perde anche il conto dei giocatori che arrivano a Soccavo.
Dopo Mutti, Mazzone e Galeone come tecnici e Bianchi e Bagni come direttore
tecnico.
Novellino,
Zeman e l'ultima retrocessione
Ferlaino decide di affidare il Napoli, che ritorna in B dopo 32 anni, ad Antonio
Juliano general manager ed a Vincenzo Montefusco in qualità di allenatore.
Juliano sceglie Renzo Ulivieri come allenatore per il torneo 1998-99.
La squadra non riuscirà mai ad inserirsi realmente tra le compagini
che lottano per andare in A.
Nel mese di gennaio arrivano due giocatori che da subito si rivelano utili.
Sono Schwoch e Magoni, ma neanche con i loro innesti si riuscirà a
lottare per la A.
Ferlaino manda via Juliano. Sostituisce Ulivieri con il sanguigno Novellino.
La squadra, stagione 1999-2000,
viene migliorata. Gigi Pavarese e Filippo Fusco si occupano dell'area tecnica.
Arrivano Stellone, Oddo, Lucenti e Matuzalem. Lasciano Napoli: Rossitto, Tagliatatela,
Murgita e Daino. Un rendimento costante in casa e la preziosa vittoria in
casa della Sampdoria, il 22 aprile con reti di Asta e Schwoch, permettono
agli azzurri di risalire in A.
Nella stagione 2000-01
Ferlaino non è più il proprietario unico del Napoli. E' affiancato
al 50% dal re delle televendite Giorgio Corbelli. Novellino parte per altri
lidi. Arriva Zeman, ma il tecnico boemo viene esonerato dopo sei gare senza
mai riuscire a vincere. Al suo posto c'è Mondonico.
Nonostante il cambio in panchina e l'arrivo del brasiliano Edmundo, gli azzurri
non riescono ad evitare la seconda retrocessione in tre anni.
Ferlaino e Corbelli per la serie B 2001-02
scelgono come guida tecnica Luigi De Canio. La squadre è molto competitiva
per la cadetteria. Una partenza falsa e la mancanza di un'alternativa a Stellone
non permetteranno al Napoli ritornare in A. La partita per entrare nel lotto
delle quattro "elette" si svolge al San Paolo. Contro la Reggina
sono presenti 70.000 spettatori. Non si va al di la del pari 1-1.
Su questa partita si chiude il sipario della stagione 2001-2002.
ALBO D'ORO
Campione d'Italia
1986/87
1989/90
Coppa Italia
1961/62
1975/76
1986/87
Coppa delle Alpi
1965/66
Coppa Uefa
1988/89
Supercoppa Italiana
1990/91
Coppa di Lega
Italo-Inglese
1976/77