STORIA BREVISSIMA

PER CHI HA FRETTA,
PER CHI NON SA NULLA,
PER CHI VUOLE INIZIARE A SAPERE

(questa pagina iniziale di apertura
mi è stata gentilmente concessa dal Veneto (a tutto tondo) Xorxi Roncolato
dopo che avevo espresso a lui l'idea di fare una Storia della Serenissima)


Caro Franco, la to idea ("Storia della Serenissima") xe magnifica, penso che na opera conpleta e exaustiva so tuta la storia veneta non la existe mia. Le conosense soi nostri antenati antichi veneti le xe in continuo ampliamento tuti i dì dopo ogni descoverta. Donca ben vegna na poderoxa opera so la storia dei Veneti completa, anca se non sarà fasile parché el materiale l'è tantisimo sterminà, osaria dire. Se parla de on periodode tre-coatro mila ani ininteroti e de on teritorio bastansa ampio e co na vitalità incredibile sensa descontinuità.
Mi, pì vegno a descoerxare (scoprire) fati novi so la nostra storia e pì me rendo conto che el nostro popolo l'è unico al mondo.
Se te me parmeti te mando na "Storia curta dei Veneti" (in Italian e in lengoa veneta) che go scrito mi baxandome so el laoro del profesore Flaminio De Poli, de Rovigo, morto calche ano fa: Via da Roma (on libretin picolo ma co na sintexi presioxisima), on distilato de conosensa storega imparejabile. Mi go sercà de esare coreto e inparsiale in te la inpostasion, ma de sicuro go stravolto serti loghi comuni so la storia nostra che ne ga propinà el nasionalixmo talina sin dal'unità d'italia.

"Storia curta dei Veneti"

Questa piccola storia è stata mantenuta volutamente breve per non annoiare il lettore. Tuttavia la storia di Venezia e quindi dei popoli veneti è così lunga e intensa che non basta una intera enciclopedia per raccontarla tutta, in particolare la storia della Repubblica Veneziana è incredibilmente lunga e affascinante con episodi di eroismo, di coraggio e di forza unici al mondo. Potrebbe essere la fonte per tanti romanzi di avventura e si potrebbero girare centinaia di grandiosi film. Ci sono centinaia di pubblicazioni che ne parlano, e basta cercarle. Qui noi faremo del nostro meglio appoggiandoci ad alcune Opere che sono oggi una rarità bibliografica.

Per la storia dei veneti antichi si consiglia di visitare i musei civici archeologici partendo da Este e Padova per continuare con Pieve di Cadore, Vicenza, Treviso, Montebelluna, Aquileia, ecc. Purtroppo solo negli ultimi decenni si è capito che sotto le nostre città sono celati migliaia di reperti antichissimi di origine paleoveneta, dal 1000 a.c.. Inoltre, sono ancora inesplorati, per mancanza di volontà e soldi dal ministero dei beni culturali, centinaia di castellari sparsi in tutto il veneto del 1000-1500 a.c.. Il ministero preferisce spendere cifre da capogiro per valorizzare reperti di epoca romana e poi non ha più soldi per le ricerche sull’epoca paleoveneta. Evidentemente lo stato italiano teme che i veneti scoprano di essere un popolo distinto antico, fiero e valoroso!!

I pochi centurioni romani che si sono fermati qui (
con i soggiorni di quasi tutti gli Imperatori Romani, in particolare ad Aquileia quando questa città era il crocevia delle strade dell'Impero Romano) ) si sono integrati nella popolazione veneta molto più numerosa ed attiva. Ed i resti delle splendide ville di epoca romana in realtà sono dei ricchi commercianti veneti di allora che costruivano e abbellivano le loro case secondo lo stile, la moda, i materiali, l’estetica e le tecniche di quel tempo e non dei romani. I centurioni in congedo, che si fermavano qui, erano solo assegnatari di terreni, e si dedicavano solo all'agricoltura! Oppure le legioni erano di passaggio per le guerre di conquista a nord a est a sud.

 

PREMESA (in lengoa veneta)

Ghemo volesto scrivare sta storia sintetica par iluminare la nostra jente contandoghe la nostra storia vera. A scola ne xe sta insegnà na storia finta, artifiçiale fata aposta par creare el ‘talian medio: insulso, ignorante, credulon, tifoso, emotivo e incapaçe de pensare co la so testa. Bon da esare sfrutà e a esare sotomeso.
Speremo, co sta picola opera fasile e sbrigativa da lexare, de consentire al letor de farse na idea de quanto granda e ilustre sia la nostra storia e de quanto grande sia el nostro popolo e del mare de buxie che ne xe sta contà e ne vien contà tuti i jorni ancuo.

Non xe fasile condenxare na storia longa e intensa come cuela del nostro popolo in diexe picole pajinete, ghemo fato on sforso enorme parché ghe saria on saco de robe da contare.
Libri che conta la nostra storia ghi n’è tanti e ve consiliemo de lexarli par arofondirla e scoerxare le nostre vere raixe. Bisogna stare tenti che tanti autori non xe ben informà e se ga baxà soi libri scriti in tel secolo pasà o al’inisio de sto secolo, quando i “Paleoveneti” (bruta parola par dire “Veneti antighi”) noi se conosceva e i jera ancora i “Etruschi del nord” e quando i storeghi universitari pì pagà dal rejime i storpiava la storia par far contento el Re e i so ministri ghe gavea da “fare” i ‘taliani, dato che l’italia la jera pena stà fata. I mejo autori de la nostra storia xe cuei foresti, austriachi, inglexi e americani, che i ghi ne parla ben e in modo obiettivo.
La vera storia dei Veneti ga ancora da esare scrita par intiero parché masa volte i autori xe condisionà dale filoxofie nasionaliste “pan-italiane”. Speremo de poderlo scrivare noaltri, magari in lengoa Veneta.

Ne saria piaxudo scrivare sta storia in lengoa Veneta ma la nostra jente non xè gncora bituà a lexare in te la lengoa che parlemo tuti i dì parché, da picoli, ne xe sta fato on pexante lavajo del sarvelo dixendo che l’è on dialetto bruto e da ignoranti.
Invese l’è na lengoa antiga (che existea prima del Talian) vecia pì de mile ani e parlà, grassie a Vanesia, siesento ani fa in tanti posti in europa e in tel mondo.
Faxì on picolo sforso, vardè manco televixion e scumisiè a imparare a lexare e a scrivare in lengoa Veneta parché l’è l’unico modo par far riconosare al mondo el nostro dirito al’autodeterminasion e a vere on stato indipendente e sovrano.

I Veneti antichi, nostri progenitori

Grazie alla scoperta di centinaia di siti antichissimi, l’archeologia ci conferma che le nostre terre venete sono state stabilmente ed intensamente abitate dai nostri antenati sin dalle epoche remote, in particolare da 3.000 - 4.000 anni fa’ in poi.

Le prime fonti storiche ci dicono che i popoli originari del veneto furono inizialmente spinti verso le montagne nell’area trentino-veneto-friulana in seguito all’arrivo dei Veneti, tra il 1200 e il 900 avanti cristo. Infatti, forti variazioni climatiche causarono l’inaridimento dei loro territori d’origine e li costrinsero ad una emigrazione in massa. Gli storici antichi raccontano che I Veneti venivano dalla Paflagonia, situata nel nord dell’attuale Turchia ai confini con la terra delle Amazzoni e dell’impero Ittita. Erano forti, progrediti ed organizzati, conoscevano bene la lavorazione del ferro (appresa dagli Ittiti), della terra e dell’idraulica (nascono allora le prime opere di canalizzazione e di arginazione dei fiumi in Veneto).

Gli autoctoni originari ed i veneti “Paflagoni” superato il primo inpatto coabitarono, si integrarono e si fusero dando origine all’etnia dei veneti del Veneto (ci furono anche i veneti della Bretagna e del lago di Costanza e della Stiria fin su al Baltico). Entrambe le popolazioni erano di origine indoeuropea, parlavano una lingua simile pur se diversa: si capivano.

I Veneti erano fieri e combattivi ma non rissosi; vivevano pacificamente sapendo ben difendere i propri confini (soprattutto dai vicini Celti arrivati dopo). Assorbirono tutte le successive immigrazioni: dei Celti e dei Romani prima e delle popolazioni germaniche barbariche poi (goti, longobardi, franchi ecc.). I nuovi arrivati erano numericamente inferiori, pertanto, si integrarono assorbendo la cultura, la lingua e l’identità veneta.
Forse alcune colonie venete sono probabilmente arrivate fino in Etruria e in Lazio (Ven-etulani) ed hanno contribuito alla fondazione di Roma.

I veneti autoctoni più antichi abitavano nei castellari, villaggi fortificati posti su alture o colli (i toponimi “castelo” o “castelaro” spesso indicano un luogo elevato dove tremila anni fa esisteva un castelaro), i nuovi colonizzarono i terreni paludosi di fondovalle, in prossimità degli svincoli viari.
Il tiglio era il loro albero sacro e attorno ad esso si riunivano i saggi del villaggio. Sacro e rispettato era il cavallo (ad Altino – VE - sono state rinvenute sepolture di cavalli), infatti, erano universalmente noti per gli allevamenti di stupendi cavalli. Erano religiosi, bruciavano i loro morti su pire di legno profumato e raccoglievano le ceneri in urne di terracotta o bronzo che seppellivano in cassette di pietra inoltre veneravano diversi dei in templi all’aperto immersi nei boschi sacri, in particolare la dea Rejtija (il cui massimo centro di culto pervenutoci era presso Lagole di Pieve di Cadore), ma anche nei centri importanti (Vicenza, Padova, Este, Treviso Montebelluna ec.) Trimuzijat dio dalle tre teste, Aponus venerato nei pressi di Abano (PD) ed altri.

Il fortissimo amore dei Veneti per la Madonna, testimoniato dai numerosi capitelli, chiese e santuari ad essa intitolati, (non comune fuori dal Veneto) è un retaggio popolare del culto antichissimo e diffuso della dea Rejtija surrogata, in seguito alla cristianizzazione, con la figura della Madonna (A testimonianza del grande rispetto e della grande considerazione di questo popolo per la donna).
I Veneti antichi (come i moderni) erano avventurosi e temerari commercianti (si spingevano fino al mar baltico e all’Etruria o più a sud), erano abili artigiani e valorosi guerrieri: bloccarono l’espansione celtica ai confini veneti sia a nord che a occidente, coabitando in maniera pacifica con i Celti Cenomani stanziati tra Verona e Bergamo.

Dal 6° secolo a.C. si diffuse la scrittura: il venetico, coevo dell’Etrusco. Le sue tracce sono diffuse in tutto il Veneto fino alla Carnia. Mirabili sono le tavolette bronzee “atestine” conservate al museo nazionale di Este – PD, che testimoniano la presenza di una scuola di scrittura nei pressi del tempio di Este, e numerose iscrizioni su bronzo, pietra o ciotoli visibili nei musei di Padova, Vicenza Treviso, Pieve di Cadore ecc..
Una etnia omogenea e attiva con almeno 500.000 abitanti e una ricchezza tale da qualificarla, nel primo secolo a.C., come terza città dell’Impero romano per numero di cavalieri (500 aristocratici).
Erano esperti di ingegneria idraulica visto che concepirono il “Graticolato” (chiamato erroneamente romano, in realtà di origine Venetica), una griglia estremamente precisa di strade e canali irrigui a nord di Padova, e realizzarono parecchie strade (successivamente risistemate e rinominate in epoca romana).

Tra i diversi personaggi famosi veneti, di cui è rimasta una memoria storica, sono da citare gli scrittori Tito Livio (padovano), Catullo (veronese) e Virgilio (mantovano). Addirittura Tito Livio incomincia la poderosa opera della storia di Roma in dieci volumi (la favola di Romolo e Remo e i sette re di Roma) raccontando il mito delle origini del popolo veneto, e dell’arrivo di Antenore suo capostipite.

Prima e durante l'Impero Romano, per quanto se ne sa, i Veneti furono soltanto "nazione", cioè una popolazione dai caratteri fisici, linguistici e organizzativi ben delineati. Una organizzazione politica, anche se non ci sono precise evidenze storiche, ci doveva essere, considerato che gli storici affermano che poteva armare un esercito di 120.000 soldati. I Veneti, da sempre nemici dei Celti, vedevano nei Romani degli alleati ed in più occasioni corsero in loro soccorso per bloccare le invasioni celtiche.
Nel 395 a.c. e del 225 a.c. inviarono in difesa di Roma ca. 20.000 tra fanti e cavalieri. L’alleanza tra veneti e romani condusse, tra il 2° ed il 1° secolo a.c., alla integrazione dei primi nel nascente impero dei secondi, a differenza di altri popoli e territori conquistati con la forza e brutalmente sottomessi, ed alla nascita della provincia “Venethia et Histria”.

Nell’impero romano furono parecchi i veneti a sedere nel senato imperiale e a ricoprire cariche importanti. Tacito ricorda che Peto Trasea, padovano vissuto nel primo secolo d.C., era unanimemente ricordato come l’ultimo grande senatore di Roma repubblicana per l’onestà ed il coraggio dimostrati nella difesa della Repubblica, quando l’impero stava inesorabilmente scivolando verso la dittatura. Venne condannato a morte da Nerone per averne coraggiosamente condannato l’arbitrio e lo strapotere nonché la corruzione dei costumi di Roma ed il suo degrado morale.

Nelle guerre civili del primo secolo d.C., i veneti appoggiarono la fazione perdente, e ciò causò l’occupazione ed il costoso mantenimento delle truppe imperiali della fazione vincente, la riduzione dei privilegi ed il pagamento di cospicui tributi.

Con la decadenza e la caduta dell'impero romano (476 d.c.) la pianura veneta, non più difesa da una organizzazione militare efficace, divenne terra di passaggio e di saccheggio da parte degli eserciti barbari, che da oriente si spingevano verso le Gallie. Arrivarono in disordine e si dispersero in tutto il territorio della pianura Padana. Talvolta vi si insediarono stabilmente e sostituirono le strutture dell'amministrazione romana con le proprie consuetudini, fondate sulla prassi, più che su leggi scritte, e sul potere autoritario dei duchi e dei condottieri. Influenzarono il linguaggio indigeno, ma più con infiltrazioni lessicali che con modifiche morfologiche arricchendo la lingua veneta che, comunque, poi fecero loro. Goti, Longobardi, Franchi si sovrapposero in ordine di tempo.

Per tutto il medioevo la nazione Veneta restò spezzata in feudi (contee, marche, ducati e sculdascie) assegnati a uomini d'arme o alla nobiltà straniera di fiducia degli imperatori germanici e invisa alla popolazione. Di qui ebbe origine l'aristocrazia delle dispotiche Signorie di terra.
Mentre nell’area lagunare si sviluppò la comunità veneta nella sua forma più consona, quella repubblicana e democratica, da cui trasse origine l'aristocrazia veneziana quindi esclusivamente indigena e mercantile (benemeriti della Repubblica).

 

La nascita dello Stato Veneto

Venezia città, e poi capitale dei Veneti, nasce dopo la fine della romanità e al di fuori di tutto il riordinamento, sia territoriale che politico-culturale, che fu dato all'Europa dai popoli germanici. L'Europa orientale e mediterranea restò zona d'influenza dell'Impero bizantino. Nel VII° secolo sulle rive del mediterraneo prevalsero prima gli Arabi e alla fine i Turchi. Contro questi conquistatori Venezia condurrà le sue lotte in mare.

Risale al periodo delle invasioni barbariche la lenta nascita e crescita di Venezia. Per sfuggire la violenza distruttiva, i Veneti dal Friuli al Veneto si rinchiusero nelle città oppure si rifugiarono sulle montagne o nelle isole della laguna. Questi ultimi divennero uomini di mare salvati dall'amore per la libertà. Sulla laguna Venezia si rafforzò, prosperò e divenne potenza. Si sottrasse, anche con le armi, al predominio dell'impero d'Oriente. Poi, dalla laguna, ritornò alla terraferma e unificò il Veneto, togliendo i feudi alle casate medievali, eliminando le antiche Signorie straniere.

Il merito storico di Venezia è quello dei grandi stati Nazionali d'Europa centrale e del nord: ha (parzialmente) realizzato l'unificazione geografica delle province venete, sottomettendo le signorie straniere che si erano costituite nei grandi e piccoli centri urbani dopo che le invasioni barbariche, succedutesi alla caduta dell'impero Romano, portarono all'insediamento in Europa dei reami barbarici e del Sacro Romano Impero.

Venezia compì, dopo 1000 anni, la riunificazione delle terre Venete nella nuova “Venethia”, la Repubblica di Venezia. E Venezia, la città che custodì le spoglie, la civiltà ed il nome dell’antico Stato, parte del grande impero romano (la Venethia et Histria), ritornò a dare vita, nome e civiltà al nuovo stato unitario nella Repubblica di Venezia.

Venezia alla fine del processo di riunificazione, compiuto nella prima metà del 1400, elevò la “Venethia” a livello di stato sovrano e potenza marittima, con civiltà largamente autonoma: benessere economico, libertà, istituzioni di governo e cultura originali e superiori alla media europea. Con l'amministrazione di Venezia i Veneti trovarono pace e concordia. Le secolari lotte intestine tra feudatari (di stirpe barbarica) per il predominio locale ebbero fine. Dal 1400 al 1797, quasi 400 anni di storia unitaria, di stato sovrano, indipendente, illuminato, invidiato e rispettato in tutto il mondo di allora.

Nel 1500 lo stato Veneto è uno dei più potenti e temuti d’Europa, un impero (senza schiavi e senza violenza sopraffatrice) che si estende in Italia dall’Adda all’Istria dal Po al Cadore, e fuori, nel Mediterraneo: una miriade di territori, isole e porti che si stende dall’Istria fino alla Grecia, al Mar Nero e a Cipro. Uno stato con gradi di civiltà e di libertà invidiate da tutti i popoli vicini. Si pensi alle parole piene di speranza di Renzo nel romanzo “I promessi Sposi” del Manzoni, ambientato nel 1600, quando attraversa l’Adda fuggendo dalle miseria e dalle ingiustizie del feudale ducato di Milano per la pace e la prosperità delle “Terre di San Marco”.

Sono da ricordare, tra le centinaia di fatti storici incredibili, tre eventi per comprendere la potenza dello stato veneto e la miseria della retorica risorgimentale e italiana che hanno sminuito l’Impero Veneziano al ben più modesto ruolo di repubblichetta marinara alla pari di Genova, Amalfi e Pisa:

- 1509-1517, la guerra contro la Lega di Cambrai, una coalizione internazionale di tutti i più potenti stati europei (Impero Austriaco, Francia, Spagna, Ungheria, ducati di Milano, Savoia, Mantova e Ferrara, ecc.) ordita dal papato, da cui Venezia, con un immane sforzo umano, finanziario e diplomatico, uscì vittoriosa ricostituendo in breve tempo quasi tutti gli originali confini (monarchie contro una repubblica);

- La battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571 in cui una flotta multinazionale composta, da Spagna, Francia, Austria, Papato e dallo Stato Veneto (sue erano 110 galee su 210, tra cui sei nuove galeazze armatissime), si scontrò e distrusse la flotta turca che minacciava di invadere l’Europa. Furono proprio le galeazze venete, le prime fortezze del mare, a decidere le sorti della battaglia, infatti vennero schierate davanti alla flotta europea ed inflissero enormi danni alla flotta turca nei primi minuti dello scontro;

- La guerra di Candia (Creta) a fine 1600, 30 anni di terribile assedio in cui Venezia si trovò sola contro il potentissimo esercito turco-ottomano; fu la prima guerra di trincea, con scavo di gallerie sotto le linee nemiche e scoppio di mine. Terminò con la resa invitta di Venezia.

 

La distruzione dello Stato Veneto da parte di Napoleone

Lo spostamento dei traffici commerciali verso i porti atlantici, le sanguinose e costosissime guerre condotte, spesso da sola, contro i turchi ed il progressivo imborghesimento dei nipoti degli antichi e temerari mercanti veneziani, indussero lo Stato Veneto a mantenere la neutralità disarmata nei conflitti tra le potenze europee nel 1700. Infine fu la vergognosa resa, l’occupazione ed il sistematico saccheggio compiuto dai francesi, comandati da Napoleone con la complicità dei giacobini veneti e italiani.

L’orda Napoleonica, ignorando gli accordi presi col senato, saccheggiò il Veneto, confiscò il tesoro della Zecca dello Stato, depredò decine di migliaia di opere d’arte di valore inestimabile, manoscritti e incunaboli antichissimi, devastò chiese, monasteri e palazzi rubando ori e argenti, persino le coperture in rame e piombo di chiese e campanili.
Saccheggiò e distrusse trecento navi da guerra nell’arsenale. La flotta mercantile venne confiscata e inviata in Francia. il Bucintoro, vera e propria opera d’arte, venne bruciato per depredarne l’oro.
Furono imposte tasse enormi, fino al 700% di aumento, così molti proprietari demolirono i loro palazzi perché non riuscivano a pagarle; l’economia fu azzerata. Fu sistematicamente cancellata ogni traccia dello stato Veneto con la distruzione di migliaia di leoni in pietra sparsi per tutto il territorio della Repubblica (le colonne presenti nelle nostre città un tempo sostenevano un leone in pietra, talvolta anche dorato). Napoleone introdusse il servizio militare obbligatorio per le sue folli imprese. Ben 20.000 giovani veneti, vennero strappati dalle proprie case e condotti nella campagna di Russia e non tornarono più (di 600.000 giovani soldati reclutati a forza in tutta l’Europa ne scamparono 25.000).
Il Passaggio del Veneto all’Austria, pochi anni dopo, consentì la fine di un periodo buio e permise un minimo di ripresa economica e civile risollevando i Veneti dal disastroso passaggio delle orde Napoleoniche, ma ormai il Veneto era in miseria - rovinato.

 

I moti del 1848 e la seconda Repubblica di Venezia.

I moti del 1848, tanto decantati dai libri di storia italiana, in realtà sono stati esempi encomiabili dell’incapacità e dell’inettitudine dell’esercito sabaudo e solo la retorica patriottica italiana ha saputo trasformare le gesta di pochi esaltati massoni filosavoiardi, che volevano il Veneto italiano sotto i savoia, nel mito del risorgimento. In realtà alla popolazione non interessava minimamente chi fosse il padrone di turno, aveva la certezza che chiunque fosse, comunque al popolo sarebbe toccato il rimborso delle spese di guerra per la conquista.

Manin, fautore della rinata Repubblica di Venezia, non riuscì a smuovere i Veneziani finché gridava “Viva l’Italia”. La gente si mosse solo quando egli urlò Viva San Marco, Viva Venezia! E l’indipendenza della Repubblica di Venezia nel 1848 durò ben più delle sollevazioni avvenute nelle altre città italiane (dal 23 marzo 1848 al 27 agosto 1849).

 

L’annessione del Veneto all’Italia ed il conseguente saccheggio

La retorica risorgimentale ha spacciato un avventuriero e trafficante di schiavi (i lunghi capelli servivano a coprire un orecchio mozzato come pena per il traffico di schiavi svolto in sud-America), come Garibaldi, per eroe dell’unità d’Italia. Tanto eroe da essere premiato dal regno italiano con l’esilio su un’isoletta arida e disabitata!

L’annessione del Veneto all’Italia fu poi un trionfo di menzogne e meschinità. Prima le ingloriose sconfitte subite dal regno d’Italia per terra a Custoza (VR) il 24.06.1866 e per mare a Lissa il 15.08.1866, ad opera degli austro-veneti (la marina austriaca era in pratica quella veneto-veneziana), a causa della inettitudine degli ammiragli italiani (gli austriaci coniarono il detto “uomini di ferro su navi di legno sconfissero uomini di legno su navi di ferro”). Poi la farsa della annessione condita dal plebiscito truffa: in realtà l’Austria, sconfitta dalla Prussia, dovette negli accordi di resa cedere il Veneto all’Italia (alleata della Prussia) ma la prima, per umiliarla delle sconfitte che gli aveva inflitto, non volle neanche trattare con essa e preferì cedere il Veneto alla Francia chiedendo a quest’ultima di indire un regolare plebiscito per deciderne le sorti. Il regno d’Italia se ne infischiò degli accordi internazionali, e con il beneplacito della Francia invase il veneto il 10 luglio, due giorni dopo la ritirata degli austriaci. Nominò nuovi prefetti, selezionò commissari di fiducia per l’organizzazione del plebiscito ed orchestrò una campagna propagandistica faziosa. Al voto, la popolazione fu condotta forzatamente dall’esercito ed il voto stesso fu una farsa: urne distinte e schede di colore diverso per il sì e per il no, la registrazione dei nomi di chi votava per il no, ecc.. L’esito del plebiscito fu “bulgaro”: 641.758 Sì contro solo 69 No!

Le prove delle menzogne raccontate dalla retorica risorgimentale sono state sistematicamente cancellate dagli archivi dei Comuni e dello stato. Resta, fortunatamente, il resoconto (un libro) del generale italiano conte Genova Thaon di Revel a testimoniare le sconfitte italiane e la vergognosa farsa della cessione del Veneto al regno sabaudo.

 

La grande emigrazione

L’Italia, o meglio la casa Savoia, con l’ultima guerra di indipendenza si indebitò talmente da essere sull’orlo della bancarotta (si pensi, p. es., al costo delle due corazzate d’acciaio, le prime del Mediterraneo, affondate dagli austriaco-veneti a Lissa).
Con l’annessione del Veneto all’Italia nel 1866 il primo atto amministrativo del regno italiano fu far pagare ai Comuni veneti le spese di guerra. Ed i Comuni, già impoveriti da tempo dagli austriaci, furono costretti a vendere i terreni comunali che venivano lavorati da secoli dai cittadini più poveri e che garantivano un tenore di vita decoroso a tutti.
Con l’arrivo dei nuovi proprietari, pochi latifondisti per lo più non veneti, buona parte della popolazione fu cacciata dalle terre e divenne braccia da lavoro per i facoltosi latifondisti, in condizioni di estrema miseria e precarietà, tanto che ci furono rivolte contadine soffocate nel sangue. Allora venne coniato il motto “Dime can ma no talian!” ed altri simili in spregio ai nuovi occupanti. Il Veneto entrò in una crisi disastrosa senza paragoni.
Così, nel ventennio successivo l’annessione i veneti furono costretti ad emigrare per non morire di fame. Se l’Italia dell’epoca ha subito una emigrazione fino al 7% della popolazione, il Veneto vide partire in quegli anni il 25% della sua popolazione. Imprecando e bestemmiando: “Porca Italia, némo via!!” . (da "I va in Merica" una poesia dialettale del grande Berto Barbarani)
Ogni anno
Dal 1876 al 1880, emigravano 35 veneti ogni 1 siciliano, 41 ogni 1 pugliese 
Dal 1881 al 1890, 12 veneti ogni 1 siciliano, 25 ogni 1 pugliese, 125 ogni 1 umbro
Dal 1891 al 1900, 18 veneti ogni 1 pugliese, 25 veneti ogni 1 laziale, 39 ogni 1 sardo
Nei 24 anni emigrarono 1.385.000 Veneti. -
Nei tre periodi ogni anno rispettivamente
11,98 ogni 1000 abitanti nel primo; - 20,31 nel secondo; - 33,85 nel terzo.
Il grido di dolore nel lasciare case, campi e famiglia era uno solo:
"Savoja, Savoja,
intanto noaltri...andemo via... vaca troja.."

La prima guerra mondiale

La prima guerra mondiale è stata principalmente combattuta sulle terre Venete: dai monti vicentini fino al Friuli una infernale voragine di ferro e fuoco ha inghiottito raccolti, bestie, case e uomini. Un patrimonio di città intere distrutte, il territorio devastato, l’agricoltura azzerata per anni, centinaia di migliaia di persone sfollate dalle proprie case. E milioni di persone abbrutite o assassinate da generali folli. Giovani ragazzi d’ogni stirpe italica mandati al macello ubriachi contro le mitraglie e le bombarde nemiche con gli sbirri alle costole, pronti a sparare nella schiena di chi si fosse fermato. Giovani fucilati dai commilitoni nelle “decimazioni” comminate per sedare le rivolte che scoppiavano per porre fine a quell’assurda carneficina!!!

600.000 persone assassinate, fatte a pezzi o vaporizzate dalle granate, di cui 400.000 furono solo veneti, e più di un milione ferite o mutilate.
Ancora una volta il tributo pagato dai Veneti all’italia è stato incredibile. Eppure, nonostante questo, i veneti hanno saputo risollevarsi lo stesso, hanno ricostruito le proprie case e le proprie città con le proprie mani, con lo scarso aiuto dello stato.

La seconda guerra mondiale

Dopo le assurde e fallimentari imprese coloniali fasciste, la folle invasione della Russia dove, come 140 anni prima Napoleone, migliaia di alpini Veneti vennero mandati al macello, traditi dalla loro finta patria italiana.
Poi l'’8 settembre, ricordato come il giorno della vergogna italiana: re, gerarchi e generali fuggirono vigliaccamente da Roma lasciando centinaia di migliaia di soldati italiani sparsi par il mediterraneo senza ordini in balia dei nazisti tedeschi infuriati per il tradimento che li fucilarono subito o li deportarono in Germania.

I nostri libri di storia omettono di ricordare l’infame trattato di Osimo, nel dopoguerra, col quale gli alleati consegnarono alla Jugoslavia comunista di Tito l’Istria e Dalmazia (terre venete) e che causò, complice l’omertà, dello stato italiano, l’olocausto di 250.000 Veneti (non italiani, come vorrebbe la retorica italiana!), che vivevano lì da secoli.
Più di 20.000 civili veneti (ma anche molti italiani arrivati con il fascismo e distintisi per l’opera di colonizzazione italiana forzata) vennero trucidati e “Infoibati” dai comunisti Titini con la scusa di essere fascisti, in realtà per “pulizia etnica”. Venivano portati, a decine alla volta, sul bordo di una foiba (voragini naturali del Carso) legati l’uno all’altro con del filo di ferro. Sparavano un colpo in testa al primo che, come zavorra, trascinava giù gli altri. Poi, per finire il lavoro e zittire i lamenti dei sopravvissuti, buttavano giù qualche bomba a mano. Un genocidio dimenticato!!!!
Gli altri 250.000 scapparono terrorizzati lasciando là tutto, e si dispersero per il mondo in attesa di un improbabile rientro nelle proprie case o di un improbabile risarcimento, dimenticati dallo stato italiano.
Tutto ciò è la tragica conseguenza dell’odio scatenato dal nazionalismo italiano fascista e imposto con la violenza agli slavi istriani.

 

La ripresa e l’industrializzazione

Nel dopoguerra, pur con la costante occupazione militare degli Stati Uniti d’America e dell’Italia (esercito, carabinieri, polizia, guardia di finanza, ecc.) e con la colonizzazione culturale americano-italiana, i Veneti si sono per l’ennesima volta risollevati e, anche grazie alle rimesse degli emigranti, le cui braccia ed i cui polmoni sono stati scambiati dallo stato italiano con il carbone della Germania e del Belgio, i Veneti hanno ricostruito una economia senza pari nel mondo.

Lo sviluppo economico in Veneto non nasce, dunque, per merito dell’Italia anzi, nasce nonostante il peso soffocante delle imposte estorte, della inquisizione delle forze dell’ordine, dell’annichilimento culturale, della continua discriminazione mediatica e televisiva e della colonizzazione degli uffici e delle scuole pubbliche da parte dell’Italia. Nasce grazie alla pasta dei Veneti, eredità della loro plurimillenaria storia e cultura: cultura del lavoro, della famiglia, dei valori, del rispetto della parola data, del rispetto degli altri, del rispetto della cosa pubblica. Nasce grazie alla tenacia con cui i Veneti di ogni tempo hanno saputo rimboccarsi le maniche dopo ogni disfatta e ricostruire tutto da capo, Nasce grazie alla ostinazione ed alla caparbietà che li contraddistinguono nella vita, nella scuola, nel lavoro, ovunque.

 

VENETI: UN POPOLO UNICO E INSUPERABILE!!

VENETO STATO EUROPEO?


Purtroppo l’Italia, approfitta dello spirito e della intraprendenza dei Veneti: ci sprona a lavorare e produrre perché poi ci tosa e ci depreda, meno del 15% delle tasse da noi versate ritorna al nostro territorio. Più produciamo ricchezza (non importa il costo in termini di cementificazione, immigrazione, inquinamento e sfruttamento/distruzione dell’ambiente) e più soldi diamo allo stato. Non importa se veniamo uccisi dai tumore (una pensione risparmiata!), per l’inquinamento, schiantati in un incidente su strade inadeguate o, peggio, impasticcati di porcherie per dimenticare gli affanni del lavoro e della vita sempre più miserabile.
L’importante è lavorare tanto e pagare tante tasse per mantenere in piedi la baracca ed i suoi padroni!

E il peggio è che nessuno dei politici veneti osa denunciare questo stato di colonizzazione. Anzi! Fanno a gara per servire il potere centrale pur di accaparrarsi le briciole. Litigano tra di loro per interessi personali o di bottega, invece di unirsi per difendere e proteggere la loro gente, le nostre famiglie che non ce la fanno più, le giovani coppie che non possono più far figli per le basse paghe e l’alto costo della vita.

SIAMO DUNQUE ALL'OGGI
I VENETI
RECLAMANO IL REFERENDUM
PER L’AUTODETERMINAZIONE DEL VENETO

L’unico che abbia senso di essere votato,
tutto il resto sono chiacchiere!

E’ sufficiente che la popolazione lo voglia e si impegni a chiederlo togliendo la fiducia a tutti i politici veneti servi dei partiti italiani che, per brama di carriera e interesse personale, tradiscono gli interessi dei fratelli veneti, non denunciano lo stato di colonizzazione economica, culturale e morale che subiamo e non difendono i nostri reali interessi.
L'interesse di un popolo di una regione che è oggi il fiore all'occhiello non solo dell'Italia ma anche dell'Europa intera.

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