BIOGRAFIA
(n. 1334 - m. 1383) - Conte 1343 - 1383

Amedeo VI nacque in Chambéry il 6 gennaio 1334 e, successe al padre Aimone all'età di nove anni, sotto un Consiglio di reggenza alla costituzione del quale prima di morire aveva provveduto Aimone stesso nel suo testamento.

Di quel Consiglio facevano parte, insieme con parecchi prelati e grandi signori, Ludovico di Savoia signore di Vaud e Amedeo, conte di Ginevra. La minorità di Amedeo VI trascorse in mezzo ad una tranquillità relativa e sotto i migliori auspici. Tredicenne appena, il principe diede prova di avere ereditate le qualità bellicose dei suoi avi, recandosi con una forte schiera in aiuto del cugino Giacomo di Savoia, principe d'Acaia e signore del Piemonte, allora in guerra contro i marchesi di Monferrato e di Saluzzo, e per lui combattendo valorosamente, così da contribuire alla conquista di Cherasco e ad una notevole vittoria sui Monferrini (1347).

Da allora il giovane principe si dedicò con passione agli esercizi equestri, e dopo un memorabile torneo nel quale fu vincitore con le armi e la cavalcatura recanti ornamenti di un unico colore, il verde, ebbe poi sempre il soprannome di Conte Verde, del quale si compiacque, continuando a preferire quel colore nelle insegne, negli abiti, nei suggelli, negli arredamenti.

Frattanto continuava la guerra tra i principi di Savoia e di Piemonte da una parte, ed i marchesi di Monferrato e di Saluzzo dall'altra. A questi ultimi, si era unito Luchino Visconti, che, quando il papa Clemente VI, salito al trono di S. Pietro nel 1342, volle metter pace tra i contendenti, respinse sdegnosamente tutte le proposte di conciliazione. Soltanto quando Luchino morì, nel 1349, la pace divenne possibile, per merito del successore di lui nella signoria di Milano, che fu l'arcivescovo Giovanni Visconti, suo fratello.

Alla fine delle contese fra le due potenti famiglie dei Savoia e dei Visconti, seguì la decisione da entrambe le parti di stringere legami di amicizia e di parentela, specialmente a danno dei marchesi di Saluzzo, dei quali i Savoia continuavano ad essere tenaci avversari. E fu allora (1350) che si celebrarono le nozze di Bianca di Savoia, sorella di Amedeo VI, con Galeazzo Visconti.

Essendosi estinta nel 1349 la stirpe dei Delfini del Viennese, che per tanti anni erano stati in lotta quasi continua coi Conti di Savoia, l'eredità loro passò al figlio primogenito del re di Francia (e perciò da allora i principi ereditari di Francia si chiamarono sempre Delfini).

« Questo fatto, scrive uno storico, diede origine a gravi pericoli per la Casa di Savoia, la quale ormai veniva ad avere ai suoi confini, non più un piccolo principe, ma un formidabile potentato. Per toglier di mezzo le ragioni di futuri dissidi, il nuovo tutore di Amedeo VI (che era Guglielmo Della Balma, saggio e prudente politico) propose alla Corte di Francia uno scambio dei domini che per la loro posizione potevano dar luogo a contese. Pendevano le trattative per un accordo in questo senso, allorchè Ugo di Ginevra, luogotenente del Delfino nel Faucigny, spinse i Delfinesi ad invadere i vicini paesi soggetti ai Conti di Savoia ».

Allora Amedeo VI armò un esercito e lo condusse nel territorio nemico. Seguì un periodo di scorrerie e di saccheggi, da una parte e dall'altra, con grave danno delle popolazioni, finchè Amedeo, nell'aprile del 1354, riportò una grande e completa vittoria sui Delfinesi, dopo averli provocati a battaglia presso il villaggio di Abrets.

Con la pace che fu conclusa nel 1355, il Conte di Savoia, facendo concessioni non molto considerevoli alla monarchia di Francia, a cui passarono le terre da lui possedute nel Delfinato, ottenne tutta la provincia del Faucigny e la signoria di Gex, acquistando in tal modo assai più di quanto perdeva. Dopo questo accordo, per cementare i buoni rapporti fra Savoia e Francia, il Conte Verde sposò Bona, figlia del duca Pietro di Bordone e cugina del re di Francia.

Nel 1356 ebbe inizio un lungo periodo di contese fra Amedeo VI e i principi di Acaia suoi cugini, discendenti di quel Filippo di Savoia, signore di Pinerolo, a cui Amedeo V aveva impedito di diventare principe sovrano. Quelle contese ebbero fine, dopo alterne vicende che durarono per circa tre anni, quando il Conte Verde sconfisse definitivamente Giacomo d'Acaia e lo fece prigioniero. Ma poi Giacomo si adattò a giurare fedeltà ad Amedeo, e questi gli restituì generosamente, a titolo di feudo, la signoria del Piemonte, di cui lo aveva privato con la sua vittoria.

Della lotta tra i due cugini e del disordine che ne era derivato, volle approfittare il marchese di Saluzzo Federico II per venir meno ai suoi obblighi di vassallaggio verso Giacomo d'Acaia. Ma Amedeo VI che ormai, come signore sovrano doveva tutelare anche i diritti di Giacomo, suo vassallo, prese le armi insieme con questo, e ridusse all'obbedienza il marchese di Saluzzo, nel 1365.
Da questo anno ebbero inizio, per il Conte Verde, grandi avvenimenti.

L'imperatore Carlo IV, ch'era successo nel 1347 a Ludovico il Bavaro, e che già aveva dato alcuni privilegi al Conte di Savoia, passò da Chambéry per recarsi in Avignone dal papa Urbano V, ed investì Amedeo del vicariato imperiale, con giurisdizione, per lui e per i suoi successori, su di una grande estensione di paese ed anche sull'Università di Ginevra, istituita da poco tempo.

Poi il Conte Verde, incitato dal pontefice, che aveva bandita una crociata contro i Turchi e in difesa dei Greci, i quali promettevano di ridursi in grembo alla Chiesa di Roma, si preparò a partire per l'Oriente. Nel maggio del 1366, salpò da Venezia con una numerosa schiera di valorosi guerrieri, e poco dopo cominciò a coprirsi di gloria.
Vinse i Turchi a Gallipoli, i Bulgari a Mesembria ed a Varna, liberò l'imperatore greco Giovanni II Paleologo, figlio di Giovanna (detta Anna) di Savoia, che dai Bulgari era stato fatto prigioniero, e con lui entrò in Costantinopoli.

Ritornò in Italia, sbarcando a Venezia nel luglio 1367, e subito si mise in viaggio per Roma, dove Urbano V riportava (ma non definitivamente) la sede papale; raggiunse a Viterbo il pontefice, da cui ebbe grandissime lodi, e poi, da Roma, dove fu molto festeggiato, tornò ne' suoi Stati, accoltovi con entusiasmo.

Dopo qualche anno Amedeo VI si vide costretto, per affermare la potenza della sua Casa in Italia, a guerreggiare in Lombardia contro i Visconti, che andavano estendendo sempre più i loro domini e minacciavano d'impadronirsi anche del Monferrato. Eletto capitano supremo della lega che alcuni sovrani, fra i quali l'Imperatore ed il Papa, avevano formata nel 1372 per stroncare le prepotenti ambizioni di Galeazzo Visconti, vinse il Conte Verde in breve tempo parecchie importanti battaglie, e trionfò specialmente in quella memorabile di Gavardo (8 maggio 1373), nella quale il signore di Milano subì perdite irreparabili.

L'esito fortunato di questa guerra, la fama acquistata di potente signore e di audacissimo capitano, accesero intorno alla nobile figura di Amedeo VI un'aureola luminosissima, tanto che le repubbliche di Venezia e di Genova, in fiera guerra da tre anni per la supremazia in Oriente, nel 1381 invocarono l'intervento di lui come arbitro della loro contesa. Egli pronunciò poco dopo una sentenza che fu giustamente ammirata come un capolavoro di saggezza politica, e che venne accettata con soddisfazione da tutte le parti in causa. Con la pace solennemente conclusa fra le due grandi repubbliche italiane, Amedeo VI di Savoia raggiunse l'apogeo della sua gloria.

Ultima impresa di lui fu una spedizione nell'Italia meridionale, quale alleato di Lodovico d'Angiò, per aiutare questo principe a conquistare il regno di Napoli. Questa impresa andò a vuoto, per la morte dei due alleati. Il Conte Verde fu il primo a morire, colpito dalla peste che mieteva vittime numerosissime nel suo esercito. Si spense fra atroci sofferenze, il 1° marzo 1383, in Santo Stefano del Molise. Il suo corpo, imbalsamato, fu trasportato per mare da Pozzuoli a Savona, donde poi venne portato ad Altacomba.

«Amedeo VI (scrisse uno storico) dotato di grande animo, di mente elevata, nemico d'ogni azione ingenerosa, fiero contro i violenti, pietoso contro i deboli, pronto a riconoscere i propri torti, indomito di fronte agli ostacoli e ai pericoli più formidabili, in tutti gli atti della sua vita offerse un tipo perfetto della prodezza e della lealtà cavalleresca ».

La storia lo ricorda anche come eccellente legislatore. Infatti, durante il suo governo, fiorì nè suoi Stati un complesso di singolari leggi che poi ebbero vigore per più di un secolo. Egli fu il primo ad istituire il patrocinio gratuito per le cause dei poveri, e a cercare di far cessare la barbara usanza del combattimento o duello giudiziario, e a concepire, precorrendo i tempi, l'uguaglianza assoluta di tutti i sudditi davanti alla legge, qualunque fosse la loro religione.

Nei suoi rapporti con la Chiesa, ebbe una condotta inflessibile. Fu religioso e fondò conventi, come allora solevano fare moltissimi principi, ma non cedette mai alla potenza papale quando furono in gioco i suoi diritti principeschi.

Principe eminentemente cavalleresco, volle fondare un istituzione che premiasse e nobilitasse la virtù ed il valore, e creò il famoso Ordine del Collare, composto di quindici cavalieri, in favore dei quali dovevano pregare quindici monaci nella Certosa da lui fondata in Pierre-Chàtel. Quell'Ordine fu poi detto dell'Annunziata, quando Carlo III aggiunse al collare l'immagine di MariaVergine Annunziata, e rimase sempre l'Ordine supremo della Casa di Savoia.

La moglie di Amedeo VI, Bona di Borbone, fu donna molto intelligente e degnissima, per forza d'animo e per ardire, di stare a fianco d'un principe tanto valoroso. Ella seppe tenere con virile saggezza la reggenza dello Stato, durante le assenze del marito, al quale diede due figli: AMEDEO VII, che gli successe e fu detto il Conte Rosso, e Luigi, che morì giovinetto nel 1365.