(P45)  LA RIPRESA DEMOCRATICA IN ITALIA

               La ripresa democratica in Italia

Verso la ricostruzione

All'indomani della liberazione l'Italia riprendeva il corso della sua vita democratica, dopo la lunga pausa dovuta alla dittatura fascista. Era un'esperienza del tutto nuova per gran parte dei cittadini, e anche se molti uomini politici del mondo prefascista assunsero importanti responsabilita', e' certo che il collegamento col passato, dopo le drammatiche esperienze vissute, era assai difficile.

Al di la' dei problemi politici, di fronte agli Italiani stava la tragica realta' economica. Le campagne, devastate dalla guerra e abbandonate dai contadini, producevano solo la meta' del grano che veniva prodotto nel periodo prebellico. Le grandi citta' avevano subito massicci bombardamenti e molte erano
semidistrutte: le vie di comunicazione erano interrotte (per quasi un anno fu assai difficile persino il collegamento tra Milano e Roma), il materiale ferroviario quasi interamente distrutto; la flotta mercantile, prima della guerra una delle maggiori del mondo, in gran parte affondata. Le difficolta' di collegamento e d'approvvigionamento delle materie prime, in particolare di quelle provenienti dall'estero, impedirono che si potesse sfruttare a fondo la capacita' produttiva delle nostre industrie, rimasta relativamente integra anche grazie alla vigilanza operaia (le distruzioni non superavano un quarto del totale degli impianti). La necessita' prima era dunque di lavorare intensamente per ricostruire il paese e a questo scopo la via piu' breve era il ricorso all'aiuto che ci veniva offerto dagli Americani.

Grazie a questi aiuti e alla compressione dei salari (i lavoratori, colpiti da una fortissima disoccupazione, dovettero limitare le rivendicazioni economiche) si pote' riavviare la macchina della produzione e stimolare l'iniziativa privata. I risultati economici furono notevoli: si ebbe una rapida ricostruzione, cui segui' una ripresastraordinaria dello slancio produttivo, tanto che quindici anni dopo si parlava con ammirazione nel mondo delmiracolo economico italiano.

La produzione si sviluppo' tuttavia in modo disordinato anche per la mancanza di un'efficace controllo da parte dei pubblici poteri, soprattutto in materia fiscale; fatto grave questo, le cui conseguenze si dovevano avvertire piu' tardi.

Anche il risveglio culturale del paese fu straordinariamente vivace. L'esperienza violenta della guerra e degli anni della Resistenza, la speranza d'un futuro migliore, la caduta delle barriere che avevano isolato per tanti anni la nostra cultura da quella europea, aprirono orizzonti nuovi e stimolarono un nuovo fervore creativo. Si affermarono scrittori nuovi, il nuovo cinema italiano sorprese e commosse le folle del mondo. Erano forme d'espressione fresche, dirette, anche crude della realta', dopo tanti anni di retorica e di torpore morale. Il nostro movimento intellettuale contribui' moltissimo a ricreare i necessari legami spirituali con gli altri paesi dai quali per molto tempo il nostro destino era stato diviso.

Dalla liberazione al referendum istituzionale

Sul piano politico, ai partiti, che rappresentavano il principale legame con l'Italia prefascista, si ponevano difficili problemi di adattamento alla nuova realta' economico-sociale. Bisognava tener conto, oltre tutto, dell'inserimento di fatto dell'Italia nella sfera d'influenza anglo-americana.

Cosi' la Democrazia Cristiana, erede del Partito Popolare, venne ad assumere il ruolo di baluardo contro l'avanzata del comunismo e a mettere in secondo piano le esigenze di rinnovamento pure sentite da molti suoi uomini. Il Partito Socialista era diviso tra una maggioranza favorevole alla collaborazione coi comunisti e una minoranza che vi si opponeva. Il Partito Comunista, invece, sotto la guida di Togliatti rinuncio' alla prospettiva di una rivoluzione immediata e si dedico' a una paziente opera di allargamento dell'elettorato e di penetrazione nelle organizzazioni sindacali. Accanto a questi "partiti di massa" si muovevano formazioni politiche minori, pur se guidate da uomini di grande prestigio: il Partito Repubblicano, che si richiamava agli ideali mazziniani; il Partito d'Azione e la Democrazia del lavoro, che sarebbero scomparsi presto dalla scena politica; il Partito Liberale, conservatore e difensore dell'iniziativa privata.


Il 25 aprile 1945 il CLN, che controllava ormai completamente la situazione nelle regioni settentrionali, assunse tutti i poteri civili e militari e nel giugno seguente designo' FERRUCCIO PARRI, l'animatore della nostra Resistenza nazionale, come capo d'un governo al quale parteciparono i partiti Comunista, Socialista, Democristiano, Democratico del lavoro, Liberale e d'Azione. Il Partito d'Azione chiese che si mantenessero in vita, come organi locali, i Comitati di Liberazione, ma non fu sostenuto dagli altri partiti, neppure della Sinistra. Gli stessi comunisti, che in pratica li controllavano, ne accettarono la soppressione, puntando le proprie carte sull'esito delle elezioni ormai prossime. Questi contrasti determinarono in novembre la caduta del governo Parri al quale succedette, un mese dopo, un nuovo governo presieduto dal democristiano ALCIDE DE GASPERI. Gli altri partiti continuarono a collaborare, nonostante l'irrigidimento nei rapporti tra i due blocchi sul piano internazionale acuisse le divergenze politiche all'interno della nuova coalizione.

Perche' l'Italia potesse intraprendere il suo cammino verso la ricostruzione e la democrazia, andava innanzitutto risolto il problema istituzionale decidendo, mediante un 'referendum nazionale', nel quale per la prima volta in Italia il voto veniva esteso alle donne, se mantenere la monarchia sabauda o dare al
paese l'istituzione repubblicana.

Vittorio Emanuele III, direttamente compromesso con l'abbattuta dittatura fascista, abdico' il 9 maggio 1946 in favore del figlio Umberto. Ma il regno di UMBERTO II fu assai breve: il 2 giugno, con una maggioranza di due milioni di voti (12.718.019 contro 10.709.423), nasceva la Repubblica Italiana. Il giurista napoletano ENRICO DE NICOLA ne diveniva il presidente provvisorio, mentre i Savoia prendevano la via dell'esilio.

I primi governi repubblicani e la Costituzione

Nell'elezione dei rappresentanti dell''Assemblea Nazionale Costituente', i democristiani ottenevano un importante e in qualche modo inatteso successo rispetto ai socialisti e ai comunisti. Questi tre partiti costituirono un governo ancora guidato da De Gasperi, che affronto' decisamente il fondamentale problema della ricostruzione.

Furono create in questo periodo le regioni autonome, VAL d'AOSTA, TRENTINO-ALTO ADIGE, SICILIA e SARDEGNA (alle quali piu' tardi s'aggiungera' il FRIULI-VENEZIA GIULIA). Nelle isole, soprattutto in Sicilia, s'era intanto sviluppata una tendenza al separatismo.

Nel febbraio del 1947 l'Italia siglava a Parigi il trattato di pace con le nazioni vincitrici. Oltre alle colonie e al Dodecanneso, restituito alla Grecia, l'Italia cedeva l'Istria e parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia e alla Francia, tra l'altro, l'alta valle Roja con Briga e Tenda. La citta' di TRIESTE venne posta sotto l'amministrazione anglo-americana e solo nel 1954 fu restituita all'Italia in cambio della cessione alla Jugoslavia dei territori a sud della citta'. (A conferma dell'ottimo clima in seguito stabilitosi nei rapporti tra Italia e Jugoslavia, il trattato di Osimo nel 1975 regolo' definitivamente i problemi di confine tra i due stati.)

Nel luglio del 1947 all'interno del Partito Socialista, legato allora ai comunisti da un patto d'unita' d'azione, si verifico' una scissione che porto' alla fondazione del nuovo partito socialdemocratico; quest'ultimo, pur accettando i postulati del socialismo, era contrario all'unita' d'azione coi comunisti. Tale scissione permise alla Democrazia Cristiana di rinunciare alla collaborazione dei partiti dell'estrema sinistra.

Alcide De Gasperi che, dopo un viaggio in America e poco prima della scissione socialista aveva costituito un governo senza i comunisti e i socialisti, formo', dopo le elezioni del 18 aprile 1948 che diedero la maggioranza assoluta dei seggi alla Democrazia Cristiana, il primo governo di coalizione coi partiti di centro (liberali, socialdemocratici e repubblicani). Questa formula di governo fu detta "quadripartito" e apri' la fase dei governi "centristi" in cui la Democrazia Cristiana aveva un peso preponderante. All'opposizione rimasero le forze di sinistra (comunisti e socialisti), sia quelle di estrema destra, che diedero vita al Partito Monarchico e al Movimento Sociale Italiano.

L'ultimo atto unitario dei partiti usciti dalla Resistenza fu l'elaborazione della 'Costituzione', il documento su cui si sarebbe basata la nascente democrazia italiana. Entrata in vigore il primo gennaio 1948 la Costituzione sanciva che la Repubblica era retta su sistema parlamentare.
Pur se destinata a restare per diversi anni parzialmente inattuata, anche in istituti fondamentali, la Costituzione ha orientato tutta la vita pubblica italiana successiva al 1948, ed il processo di sviluppo del nostro paese e' stato segnato dalla progressiva realizzazione di quanto in essa era stato scritto all'indomani della Resistenza.

Problemi della ricostruzione e rinascita economica

La ricostruzione economica e civile continuo' dopo il '47 nel clima politico esasperato dai riflessi della guerra fredda, il meno adatto all'attuazione di quelle riforme di cui la societa' italiana aveva bisogno per rinnovarsi autenticamente.

I problemi continuavano ad essere assai gravi: nonostante gli sforzi fatti, avevamo piu' disoccupati di qualsiasi altro paese europeo; la nostra moneta aveva subito una svalutazione paurosa (5000 lire del 1947 valevano come 100 del  1938), le scuole funzionavano a fatica ed erano comunque insufficienti; la  frattura tra classi privilegiate e classi popolari era accentuata dalla mancanza di approvvigionamento alimentare, cosicche' continuava una deplorevole pratica del "mercato nero", cioe' la vendita clandestina a prezzo maggiorato di generi alimentari rari o razionati, che era cominciata negli anni della guerra.

Andava intanto affrontato anche l'aspetto attuale d'uno dei piu' antichi  problemi della storia d'Italia: la questione meridionale. Anche se molto di cio' che divideva nord e sud era cambiato nel cammino percorso dal paese, restava da risolvere il problema del divario economico tra le due parti della penisola.
A parte la realta' geografica che influiva sul diverso grado di sviluppo economico, pesavano sul problema le conseguenze politiche create dagli ultimi anni di guerra, quando i contatti tra nord e sud erano stati del tutto interrotti. Nei primi anni della ricostruzione, mentre nel nord il capitale privato riavviava le grandi industrie e incrementava la produzione, il sud mostrava scarsi segni di risveglio. Per correggere questa tendenza, nel 1950 venne istituita la CASSA PER IL MEZZOGIORNO che utilizzava denaro pubblico per incrementare lo sviluppo industriale e agricolo nel meridione. Vennero
potenziate le aziende industriali di proprieta' di enti pubblici (come L'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, o l'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi), facenti capo allo Stato.

Nel 1957 la nascita del MEC (Mercato Comune Europeo), riducendo progressivamente le barriere doganalifra gli Stati che vi aderivano (Francia, Germania Federale, Italia, paesi del Benelux: Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo), favori' lo sviluppo economico dell'Italia, inserendola in modo piu' organico nel quadro della vita europea.
Attraverso la collaborazione economica, il Mercato Comune avrebbe dovuto creare rapidamente le premesse per un'integrazione anche politica fra gli Stati Europei. I progressi fatti in questa direzione sono stati tuttavia fino a oggi assai lenti. Si e' dovuto aspettare il 1979 per poter far eleggere a suffragio
universale dai cittadini dei nove paesi costituenti la CEE (COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA, alla quale nel 1973 hanno aderito anche Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca) il primo parlamento europeo.


Il centro-sinistra

Fino al 1953 i governi italiani erano stati dominati dalla personalita' di Alcide De Gasperi, che aveva saputo garantire l'equilibrio nella vita politica del paese; ma nelle elezioni avvenute in quell'anno la Democrazia Cristiana perse la maggioranza assoluta in parlamento e De Gasperi si ritiro' dalla scena
politica. Egli mori' l'anno seguente.
Le condizioni del paese cominciarono a mutare, sia per effetto dell'evoluzione politica interna del paese, spinta ora da un rapido progresso economico, sia perche' sul piano internazionale si verifico', in seguito alla morte di Stalin e all'attenuarsi della tensione tra i due blocchi, un progressivo miglioramento di rapporti che fini' col ripercuotersi anche sulla situazione italiana.

L'unita' d'azione tra i socialisti e i comunisti cesso' di essere rigida e col tempo parve possibile che il PSI potesse essere accolto fra i partiti di governo. D'altra parte si rendeva sempre piu' urgente la necessita' di dare ordine all'economia del paese e di provvedere alle indispensabili riforme sociali.
Da questo nuovo stato di cose nel 1962 nacque, dopo numerosi contrasti, il primo governo di centro-sinistra, presieduto da AMINTORE FANFANI, cui parteciparono democristiani, socialdemocratici e repubblicani con l'appoggio esterno dei socialisti (entrati poi nei successivi governi di centro-sinistra).
Tale governo mise in atto la nazionalizzazione dell'industria elettrica; fu anche realizzata una riforma della scuola media come primo passo verso una generale riforma del nostro sistema scolastico, assai importante per il futuro del paese.

L'ingresso dei socialisti al governo nel 1963 provoco' l'uscita dal PSI del gruppo che fondo' il Partito Socialista di Unita' Proletaria (PSIUP), in seguito confluito nel PCI. Nel 1966 si e' avuta la riunificazione del PSI e del PSDI, seguita tre anni dopo (luglio 1969) da una nuova scissione.
Nel paese si e' intanto verificata una crescita della coscienza di classe dei lavoratori culminata nelle conquiste dell'"autunno caldo", come fu detto l'autunno del 1969, quando la casuale coincidenza del rinnovo di alcuni importanti contratti di lavoro, in particolare di quello dei quasi due milioni di lavoratori metalmeccanici, creo' nel paese un movimento unitario di lotta quale non s'era mai visto in Italia. Lo STATUTO DEI LAVORATORI, entrato in vigore nel giugno 1970, la realizzazione dell'unita' d'azione fra le tre maggiori centrali sindacali (CGIL, CISL, UIL), ormai autonome dai partiti, e le importanti lotte per le riforme sociali hanno fatto avanzare nel nostro paese il movimento dei lavoratori.

Gli anni '70

All'inizio degli anni settanta i governi di centro-sinistra entrarono in crisi e il problema piu' importante della politica italiana divento' quello di trovare nuovi rapporti tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista.
L'istituzione delle Regioni, che ha consentito di attuare il principio costituzionale del decentramento del potere da Roma alle comunita' periferiche, ha anche favorito lo stabilirsi di relazioni meno rigide fra i partiti nelle diverse zone del paese.
Nel 1972 e nel 1976 vi sono stati scioglimenti anticipati del Parlamento per la impossibilita' di dare vita a governi destinati a restare in carica per periodi di durata non effimera su maggioranze stabili.

Dopo le elezioni del 1976 e per ispirazione di ALDO MORO (esponente della Democrazia Cristiana) tuttavia si stabilirono accordi che consentirono al Partito Comunista di appoggiare indirettamente il governo e in seguito di entrare nella maggioranza parlamentare. Portarono a questo risultato l'accettazione da parte comunista delle istituzioni di tipo occidentale e delle alleanze internazionali dell'Italia (cosiddetto EUROCOMUNISMO) e la necessita' di fare appello a tutte le forze politiche per avviare un programma di governo capace di fronteggiare la crisi economica e sociale che investiva il paese, di cui un'ondata di attentati compiuti da organizzazioni clandestine fu l'aspetto piu' preoccupante.

La strage di via Fani a Roma (16 marzo 1978) e il successivo assassinio di Aldo Moro compiuto dalle BRIGATE ROSSE sono stati gli episodi piu' drammatici di una serie di delitti che terroristi senza scrupoli hanno posto in essere per compromettere la vita democratica dell'Italia, a cominciare dalla strage alla Banca dell'Agricoltura di Milano (12 dicembre 1969).

Il governo "di unita' nazionale", presieduto da GIULIO ANDREOTTI e costituito dalla DC con l'appoggio di PCI, PSI, PSDI e PRI, entro' in crisi all'inizio del 1979. Nel giugno dello stesso anno si svolsero nuove elezioni politiche anticipate che non consentirono di sciogliere con immediatezza i nodi della situazione politica italiana, lasciando aperti i problemi della costituzione di una larga maggioranza parlamentare e dei rapporti tra i due maggiori partiti.

Permasero ancora i problemi della lotta al terrorismo, del rafforzamento delle istituzioni democratiche (di cui fu simbolo il presidente della Repubblica SANDRO PERTINI, eletto a grande maggioranza l'8 luglio 1978 dopo le dimissioni di Giovanni Leone), del superamento della recessione economica e della crisi energetica, in una prospettiva di pace e di collaborazione internazionale.


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