ITALIA - ITALY

 18 - CAMPANIA  

(QUI: Campania antica - Il Sarno )

Kmq 13.592,62 - Abitanti 5.782.000 - Capoluogo NAPOLI (1.045.000) - Città: AVELLINO (56.000) - BENEVENTO (63.500) - CASERTA (73.000) - SALERNO (143.000)
La storia di questa regione si confonde molto con quella della Sicilia delle Puglie e della Calabria. Pochissime variazione temporali nei primi insediamenti umani nel Paleolitico, prima all'interno poi sulla costa; quasi simile i primi insediamenti  stanziali e le culture, anche se cambia ovviamente il nome di questi gruppi che formarono per conto proprio un clan, una tribù, una società arcaica. Sappiamo che due di questi gruppi, uno erano gli  Aurunci, l'altro gli Opici. Non molto distanti, stanziati sul Sannio, i Sanniti; un popolo guerriero, di razza Sabina da cui forse proprio perchè bellicoso prese le distanze;   ma tutti  sono provenienti da quello stesso ceppo che dalle Puglie risalendo la penisola si era diviso in varie direzioni,  stanziando  nel Molise, negli  Abruzzi, e all'interno del Lazio, dando origine agli Italici. Nulla a che vedere con i primi Siculi o i primi Sardi.

Gli Italici scelsero  inizialmente per i loro stanziamenti l'interno degli Appennini  perchè nella grandi foreste era presente la fauna più ricca, i grandi animali. Solo più tardi, alla fine della glaciazione, ci fu un clima più mite per gli umani, ma provocò l'arretramento delle grandi mandrie verso il nord. 
La piccola fauna oltre che essere difficile da prendersi perchè veloce nella fuga, anche se catturata non restituiva le tante energie spese. Ecco che la scelta di cibarsi d'altro quando non era ancora praticato l'allevamento e l'agricoltura, fu dunque una necessità. E quest' "altro", sempre ignorato, ma in grande abbondanza e senza tanto spreco di energie, erano i crostacei. E se i crostacei erano sulla costa, verso il mare bisognava andare. E' il periodo in cui si assiste a una migrazione verso le coste, intensa dalla piana del Volturno al Circeo. Per la prima volta nelle grotte iniziano ad accumularsi gusci di crostacei. - Quasi contemporanea e simile a quella delle altre regioni vicine si verifica anche la colonizzazione greca sulla costa, e un insediamento etrusco nell'immediato entroterra, a Capua,  avvenuto nel VI secolo a.C.  Nel 474 a.C. i Sanniti scesero anche loro verso la costa e senza tante resistenze dei locali  occuparono il territorio mescolandosi così ai nativi, ai greci e ai toschi. Da questa fusione nacque secondo la tradizione il popolo dei Campani. Ma non riuscirono a formare un vero e proprio stato unitario. Esistevano infatti già alcune leghe a Capua, a Nola, a Nocera autonome con pochi e rari contatti con gli altri. Rimasero liberi e indipendenti fino a quando dovettero scontrarsi con i Romani all'inizio del IV secolo. Le guerre sannitiche si trascinarono per diversi anni, fin quando dal 334 al 296 a.C. quasi l'intero territorio fu domato e si unì a Roma che vi fondò numerose colonie: Cale, Suessa, Sinuessa, si insediò anche a nella Capua etrusca, ma la lingua e la cultura locale continuarono a dominare nella regione. I romani  trasformarono la Campania in un territorio fiorente, e per il clima e le bellezze  prediletto turisticamente dal patriziato. Basterebbe ricordare le suntuose  ville di Ercolano, Pompei, Stabia, le isole d'Ischia e Capri e tanti altri luoghi minori. Dopo la fine dell'impero la regione cadde sotto varie dominazioni. Fu occupata dai Bizantini, poi intorno al 570 con la discesa dei Longobardi la disputa provocò la divisione della Campania in due parti. Quella interna entrò a far parte del Ducato Longobardo di Benevento, mentre la costiera con Napoli rimase ai Bizantini. Con altri scontri e divisioni successive furono creati altri piccoli ducati.  Nel 839 troviamo quello di Amalfi, poi  Gaeta, Sorrento, Capua, Salerno, Napoli, infine Aversa. Di qui nel 1030  un piccolo nucleo di uomini del nord Europa scesi a far fortuna nel sud Italia come mercenari nelle frequenti lotte feudali, iniziarono una progressiva occupazione della regione fino alla totale annessione (a.1140). Sono i Normanni:  le cui gesta subito e poi in seguito (lasciandoli poi in eredità)  modificarono profondamente i confini delle regioni meridionali, e non solo i confini geografici ma anche quelli sociali, politici e culturali. Solo Benevento e Pontecorvo rimasero alla Chiesa fino al 1860. Tutto il resto i Normanni lo fusero con il loro Regno di Sicilia e nella buona e nella cattiva sorte la Campania condivise il destino dell'isola sede della corte normanna. Dominazione dunque prima Normanna, nel 1197 Sveva, nel 1268 Angioina, nel 1412 al 1707 Aragonese, Austriaca fino al 1734, Borbonica fino al 1806, Francese fino al 1815, poi nuovamente Borbonica con la Restaurazione  fino al 1860. Ultimo periodo questo, agitato dai  moti insurrezionali  del 1820-21, poi da quelli rivoluzionari nel 1848, infine turbato da una  grave crisi prima e dopo l'annessione al regno piemontese della  Campania.
Una unificazione che colpì gravemente Napoli e l'intera  Campania. Privata della corte borbonica, e dei servizi burocratici, con le profonde incomprensioni caratteriali fra campani e piemontesi, con una legislazione che non teneva in nessun conto tradizioni usi e costumi del territorio, crearono fin da subito grossi problemi politici ed economici ai governi del nuovo regno; "crisi" locali etichettata sbrigativamente "questione meridionale".  Scelte politiche che avranno profonde ripercussioni sul tessuto sociale campano e,  come in Sicilia, l'informazione faziosa, contribuì a creare "epidermici" pregiudizi nel resto della popolazione italiana. Le rivolte tacciate sempre come "brigantinaggio" (in queste c'erano ex ufficiali, ex funzionari, ex soldati borbonici e gente che aveva fame)  invece che "conseguenze" di una politica insensata e perfino cieca, causarono  esasperazione e hanno penalizzato territorio e popolazione; un malessere che non è mai cessato.
Uscita nel 1945 dalla seconda guerra mondiale martoriata (Napoli era la base per i rifornimenti tedeschi, di conseguenza ripetutamente bombardata), i nuovi governi, come i precedenti, non hanno inserito questa regione (così le altre del Sud) nei loro piani di sviluppo economico, preferendo incentivare le già ricche aree del triangolo industriale nel nord-ovest d' Italia. Scelte che non hanno solo ostacolato uno sviluppo, ma hanno privato di risorse umane il territorio. Non potendo fare altro, larghe fasce della  popolazione campana è stata costretta a lasciare la propria terra e le proprie case per il nord Italia; un necessario esodo avere il minimo sostentamento, anche se a paghe basse (come erano quelle degli anni 1950-60) ma raccogliendo così solo le briciole di quel boom economico che investì il nord Italia in quegli anni.
Boom generato, non dimentichiamolo, dalla competitività  della produzione e l'esportazione con l'estero (40%)  proprio perchè i costi erano bassi, e la miniera "umana" del sud si rivelò  "preziosa" e per anni inesauribile. 
Adescati e poi insediatisi quasi cinque milioni di meridionali, i settentrionali non si resero conto di firmare una cambiale in bianco, che prima o poi sarebbe stata messa all'incasso a partire dagli anni 2000.
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 19 - SARDEGNA  

Kmq 24.089,89 - Abitanti 1.648.000 - Capoluogo CAGLIARI (174.000) - Città: NUORO (38.000) - ORISTANO (32.900) - SASSARI (121.400)
I primi abitanti  dell'isola e le prime manifestazioni umane sono di età neolitica, circa il 3000 a.C.  Prese il nome di civiltà nuragica e si protrasse per le varie fasi dell'età del bronzo. Quella di cui si ha notizia, del 1500 a.C. segnò il netto passaggio dalla vita nomade a quella associata. Le ricche testimonianze Nell' VIII e VII secolo Fenici (vi fondarono Cagliari) e Cartaginesi ne colonizzarono le coste meridionali e occidentali per farne basi commerciali. Nel VI secolo, proseguendo la colonizzazione del basso e alto Tirreno, i Greci si spinsero anche sull'isola, ma più volte furono respinti  dai precedenti colonizzatori e dai locali. L'opposizione continuò anche quando i Romani tentarono di conquistare l'isola. Solo nel 238 a.C. Roma venne in possesso dell'isola, ma la loro penetrazione fu lenta e difficile per l'ostinata resistenza. Anche se sotto il governo romano l'isola attraversò un periodo di grande prosperità. Periodo felice che cessò di colpo prima ancora della caduta dell'Impero Romano. Fu infatti, nel 455 d. C.  invasa prima a nord dai Vandali, provenienti dalla Spagna, poi dopo alcuni anni dalla caduta dell'impero, nel 534 sbarcarono i Bizantini nella parte meridionale. Non furono invasioni per farvi veri e propri insediamenti, ma i primi ci fecero razzie, i secondi estorsero con un "giudice" imperiale solo tributi agli abitanti per i successivi sette secoli. 
L'isola con questa politica vessatoria e nello stesso tempo tirannica cadde subito in un quasi completo abbandono. Alla fine del VI secolo Gregorio Magno compì un serio tentativo di ordinamento civile e religioso, ma non andò oltre, e altro non poteva fare, non era in suo potere. L'isola visse così una pace  che in effetti era un silenzio opprimente, perfino tombale.  Evitò le invasioni dei Longobardi, quelle Saracene, ma pagò cara questa immunità con il non sviluppo economico e culturale. Diciamo che il medioevo qui fu più buio che altrove.

Nell'anno 1000, fu divisa  in quattro "Giudicati", Cagliari, Arborea, Lugodoro, Gallura. E se già erano isolati prima, la divisione allontano ancora di più le rispettive popolazioni, e limitò quei pochi scambi commerciali che prima avvenivano. Ognuno badò autonomamente alle sue risorse.
A riscoprire l'isola nel corso del XII secolo furono contemporaneamente i Genovesi e i Pisani. Entrambe le due Repubbliche marinare, potenti come flotte, non fecero fatica a insediarsi nelle successioni locali, ma vennero ripetutamente alle armi per contendersi le rispettive conquiste. Furono alternativamente appoggiate dal papato, ma la Chiesa ai due litiganti nel 1305 voltò le spalle, scelse gli spagnoli,  e infeudò  l'intera Sardegna al re d'Aragona. Così invece della pace la lotta sanguinosa continuò  a tre, fino al XV secolo. Dominarono gli spagnoli fino al 1713. Vi eliminarono le autonomia, qualche beneficio lo apportarono anche culturale (fondarono due università)  ma come avevano agito in Sicilia la concessione di privilegi tipicamente feudali, divisero l'isola in latifondi, e furono i mali più gravi dell'isola. Entrata in crisi la Spagna per la guerra di successione, il trattato di Utrecht del 1713 assegnò la Sardegna all'Impero, poi nel 1718 con il trattato di Londra passò ai Savoia, a Vittorio Amedeo II, come premio di consolazione per l'aiuto dato in Sicilia agli Austriaci dopo aver voltato le spalle ai Francesi. Premio che il deluso RE  piemontese (era la prima volta che un Savoia riceveva questo titolo, ma lui si aspettava in regalo la Sicilia) disprezzò chiamandolo "un regno di sassi", tanto che abdicò e regalò il titolo al figlio Carlo.  Questi disprezzi, questi passaggi ingenerosi, aggiunti al forte desiderio di darsi una vera autonomia, causarono in Sardegna prima gravi tumulti, poi nel 1796  scoppiarono i moti rivoluzionari capeggiati da Angioj; anticipando di mezzo secolo quelli italiani. Ma fu tutto vano, i Savoia fino a Carlo Alberto usarono il pugno di ferro. Il loro regno (piemontese) si chiamava "della Sardegna" ma di sardo c'era poco, e in quanto a regno non smisero di considerarlo con tanta miopia e ottusità un "regno di sassi". L'isola non fu mai nei loro pensieri, prima dell'Unità d'Italia e anche dopo, quando cancellarono "Sardegna" dal loro blasone. 
Alla fine della grande Guerra, durante la crisi politica che stava attraversando l'Italia e nel vuoto di potere nasceva il fascismo, si ricostituirono in Sardegna gli autonomisti. Nacque il Partito Sardo d'Azione. Un altro sogno irrealizzabile. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1948 la Sardegna ha trovato in queste aspirazioni una sanzione ufficiale  da parte del governo italiano, concedendo nel 1948 l'Autonomia Regionale. Ma non bastava un'autonomia amministrativa se il territorio non veniva inserito in un più vasto piano di sviluppo nazionale. Ed infatti come nelle regioni del Sud, l'accentramento delle attività industriale al Nord, penalizzarono sia lo sfruttamento delle risorse locali, sia le risorse umane, costrette a una massiccia emigrazione verso il continente che provocarono una ulteriore sottrazione delle une e delle altre. Solo negli ultimi anni le nuove generazioni, quelle che hanno nonostante tutto resistito alle "Sirene" delle fabbriche,  hanno preso coscienza delle grandi risorse ambientali e umane. Hanno subito trasformata l'isola in un "regno di bellezze", ormai conosciuto in tutto il mondo. Questo incanto, queste bellezze non sono trasportabili, ma speriamo solo che siano solo i Sardi a gestirsele, e che non rimanga a loro solo un "regno di sassi" mentre gli altri banchettano sui "loro tesori".
I Vandali, i Bizantini, gli Aragona, i Savoia, sono già passati una volta, e non hanno certo lasciato un buon ricordo, o hanno concesso alcune insignificanti cose, ma dopo averne strappati altre mille per se stessi.

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 20 - LIGURIA 

Kmq 5.418,17 - Abitanti 1.621.000 - Capoluogo GENOVA (653.500.000) - Città: IMPERIA (40.500) - LA SPEZIA (97.000) - SAVONA (64.000)
Questa regione fu abitata da una popolazione tra le più importanti dell'Italia antica preromana. Si chiamavano Liguri e quindi furono loro a dare il nome alla regione. Forse furono anche i primi abitanti civili dell'Italia continentale rispetto a tutti gli altri  elevando il proprio patrimonio culturale  a contatto con i Fenici. Questi  navigando a vista, prima lambivano le coste africane fino a Gibilterra, poi spingendosi anche in quelle  del continente europeo approdavano con le loro navi sui litorali  della Spagna, della Francia, infine nella Liguria in un preciso e felice punto: Genova, che già nel 700 a.C. divenne un discreto centro commerciale frequentato dai Cartaginesi.
I Liguri si erano stanziati originariamente fra la Toscana e  la Liguria, un po' meno in Piemonte e in Lombardia, e un altro gruppo da Luni a Marsiglia. 

Il territorio si estendeva dunque dalla riviera sino al Rodano ed erano divisi in decine di tribù che se non erano in lotta tra loro, mai raggiunsero una unità. Fin dall'ottavo secolo avanti cristo Esiodo identificava con il termine Ligys (Lig�s) tutte le popolazioni dell'Europa occidentale. Già i greci dicevano dei liguri "donne forti come uomini e uomini forti come muli". Erano considerati uomini misteriosi e particolarmente forti a causa della terra difficile da coltivare e del conseguente esercizio fisico che gli occorreva per l'agricoltura. Erano stimati navigatori avventurieri che navigavano, a detta di Diodoro, nel mare di Sardegna e nel mar libico su imbarcazioni simili a zattere affrontando senza esitazione qualsiasi tempesta. Il loro territorio venne limitato con la discesa delle popolazioni celtiche che, a volte, si sostituirono ed altre volte si mischiarono con quelle autoctone liguri. La Liguria fu un campo di battaglia molto duro ed impegnativo per i romani che erano però alleati di Genova distrutta dai Cartaginesi amici invece, dei liguri, in particolare di Savona. Una volta entrati nel circuito romano al tempo di Augusto i Liguri divennero dei veri e propri marines, truppe d'assalto che affrontavano il nemico a viso aperto o in imboscate. Imboscate alle quali erano abituati per il tipo di territorio in cui vivevano e grazie alle quali avevano creato molti problemi agli eserciti romani più avvezzi agli scontri in formazioni regolari. Primo importante documento romano riguardante è la famosa Tavola Bronzea di Polcevera, documento dei fratelli Minuci che stabiliva il confine tra due popolazioni, i Genuates ed i Langensis per lo sfruttamento dell'ager publicum. Dopo la conquista romana la Liguria divenne la IX Regio romana con confini dal Po alla riviera e Nizza a Luni circa lungo la costa.

Dai contatti accennati sopra (Fenici e Cartaginesi), indubbiamente l'eredità maggiore che i genovesi  ricevettero fu quella della marineria. Non fu dunque un caso che nella sua grandissima e invidiabile insenatura  in seguito nacque la potente Repubblica Marinara di Genova, e a Sud quella di Pisa. Ad entrambe non mancarono nel VI secolo i contatti commerciali e gli influssi degli Etruschi e dei Greci. E nemmeno mancarono da nord le migrazioni delle popolazioni celtiche e germaniche tra il V e il IV secolo a. C..  Ma come accadde in altre regioni settentrionali queste si fusero con quelle locali senza mai creare dei grossi problemi politici. Non fu così invece con i Romani, che non cercavano solo luoghi  dove fare affari, ma la loro vocazione era conquistare,  annettere, dominare.  Il porto di Genova mentre Roma cresceva, aveva raggiunto nel III secolo a. C. una notevole importanza regionale. Cartaginesi e Romani che lo frequentavano,  probabilmente entrambi ne bramavano la conquista.  Con queste intenzioni le prime vere ostilità dei Romani con i Liguri iniziarono nel 238 a.C. e durarono oltre duecento anni, ma alla fine, nel 14 a.C. sotto Augusto, purtroppo dovettero sottomettersi . A Roma stava iniziando il periodo imperiale, le conquiste nel basso Mediterraneo si erano consolidate, il porto di Roma-Ostia pullulava di navi e di cantieri navali, tutto il baricentro marittimo si spostò al centro del Tirreno. Genova nonostante romana, subì suo malgrado, subito una forte decadenza che durò oltre mille anni, quindi anche dopo la caduta dell'Impero Romano. Ma oltre che il declino non conobbe più pace. Passò in mano agli Ostrogoti, ai Bizantini, ai Longobardi, ai Franchi, ai Saraceni, fu al centro della lotta tra feudatari e vescovi, infine uscita anche dall'esperienza  dei Comuni, i Liguri rialzarono la testa organizzando la propria difesa. Colsero anche loro quell'attimo fuggente, con l'impero caduto nell'anarchia, e l'Italia divisa in ducati, principati, contee, e baronie. Qui ora la storia abbandona i Liguri e non si parla più di Liguria perchè sia gli abitanti che la regione intera  si identifica con Genova:Il genovese. (L'antico nome Liguria lo riesumarono i Francesi di Napoleone nel 1797).
 Nel 950 a Genova gli era già stata riconosciuta una certa autonomia e alcuni diritti da Berengario, e su questa base si sviluppò iniziando dal 1098 una forma di organizzazione (Compagna Communis, associazione che riunisce i
mercanti ed i liberi cittadini con comune interesse al commercio. Danno vita a una intensa e continua iniziativa privata che acquisì e mise le sue basi nel Mediterraneo orientale partecipando fra l'altro a quel grande affare che erano le Crociate.  Una delle prime città a parteciparvi.  Infatti proprio nel 1099 Guglielmo Embriaco parte da Genova alla volta di Gerusalemme. Ivi giunte  attaccate dagli infedeli le galee genovesi ripararono a Giaffa ove, smontatele e spogliatele, i genovesi trasportarono le imbarcazioni sino al campo d'assedio sotto Gerusalemme. Determinante fu l'intervento del "Testa di Miglio", così era chiamato l'ammiraglio Ligure, che con i legni delle navi costruì torri e macchine d'assedio e brandendo per la prima volta la croce rossa sul campo bianco, vessillo di San Giorgio simbolo di Genova e dei Genovesi prima che di altri, guidò 39 giorni dopo il suo arrivo i crociati all'attacco. Quello già sul posto  da tempo scoraggiato ed indebolito anche dalle dispute tra i signori per il predominio, rinvigorito dall'arrivo di provviste e di forze fresche conquistarono Gerusalemme saccheggiando depredando ed uccidendo gran parte della popolazione.

Genova si erige prima in Signoria, e subito dopo in Repubblica Marinara. La crescita economica  fu immediata, quella urbanistica e demografica pure, e subito non mancarono le gelosie del papato, dell'impero, e della due sue più dirette rivali Pisa e Venezia che non erano rimaste nel frattempo -nei lucrosi commerci- a guardare. Gli scontri con Pisa furono numerosi e quello del 1284 alla Meloria (VEDI IN BATTAGLIE) fu tremendo per i pisani. Non mancarono le lotte  con i Veneziani, troppe numerose da elencare; ma ricordiamo quella del 1298 a Curzola; vinsero i Genovesi ma le ostilità proseguirono per l'intero successivo secolo. Nel 1339 anche Genova come Venezia istituì la carica di Doge eleggendo Simone Boccanegra. Questa dinastia e quella dei Doria faranno la storia di Genova  e indirettamente di tutta "quasi"  la  Liguria dei successivi trecento anni. Quasi, perchè alcuni  centri come Savona, Imperia, Albenga, Noli, rimasero a lungo ostinatamente autonomi, collegati col mondo esterno solo via mare. Alla Rivoluzione caddero tutte  sotto il dominio francese, che riesumando l'antico nome "Liguria" nel 1797  riunificò la regione.  Ma con la caduta di Napoleone  anche la Liguria cadde nelle spartizioni della Restaurazione, e nel 1815 fu annessa al Piemonte Sabaudo, piuttosto conservatore. Solo in seguito, con la reggenza di Carlo Alberto e con suo figlio Vittorio Emanuele, con l'Italia  in piena rivoluzione industriale (ferrovie, navi a vapore, macchinari) l'intera Liguria  ritornò ad essere -com'era  sua vocazione- la sede delle più importanti industrie cantieristiche,  dei traffici portuali e delle nuove industrie siderurgiche. Poi venne il forte incremento nella produzione bellica a partire dai primi anni del novecento, che aumentò considerevolmente del 900% nella  prima e nella seconda guerra mondiale. Riconvertita prontamente  l'industria pesante nel dopoguerra, dal 1951 al 1980  la Liguria diventa una delle protagoniste, e uno dei tre vertici di quello stakanovista  triangolo industriale del  "miracolo economico" italiano; anche demografico e immigratorio,   passando da un 1.000.000 di abitanti del 1950 al 1.800.000 del 1980, per subito dopo rallentare, arrestarsi, crollare di numero. E' ora una delle regioni d'Italia e d'Europa con la più bassa natalità, e di conseguenza sta andando  incontro a un forte invecchiamento.
Una data importante per Genova è il  23 Aprile. La festa di SAN GIORGIO
TUTTO SULLA GLORIOSA  GENOVA
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