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       DELL�EVOLUZIONE DELLA FAMIGLIA

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FAMIGLIA, ELITES E PATRIMONI > >  
NEL  NAPOLETANO DEL XIX SECOLO        

di LUCA MOLINARI

DIVORZI  E DIVORZIATI 
NELL� ITALIA 
CONTEMPORANEA

(vedi anche i giorni della battaglia e i risultati del referendum nel 1974) 

 Il 1965 segna un anno di svolta per la struttura interna della famiglia tipo dell�Europa occidentale: fino ad allora il legame coniugale che legava la moglie al marito sembravano essere eterni ed in grado di durare fino alla morte di uno dei due. 
A partire dalla metà degli anni �60, invece, si assistette a due processi proseguiti fino ad oggi e che hanno segnato grandi cambiamenti all'intero delle mura domestiche, che segnarono una grave differenziazione della struttura interna delle famiglie: da un lato cominciò a diminuire il numero medio di figli per coppia, dall�altro cominciò ad aumentare il numero delle separazioni.
Secondo l�opinione di molti studiosi e di buona parte degli osservatori la famiglia italiana tradizionale appare essere stata quella che meglio è sopravvissuta a queste grandi trasformazioni.

Il processo di trasformazione della realtà matrimoniale sopra descritto ha avuto come conseguenza la creazione di matrimoni sempre più rari e tardivi, la diffusione di nuove forme di convivenza (famiglie di fatto, more uxorio, ecc.�.) ed una drastica riduzione della natalità: la famiglia tradizionale coniugale ha perso importanza lasciando al centro della scena realtà famigliari sempre più peculiari e, per certi aspetti, più fragili.
Come per tutti i processi di trasformazione a con caratteristiche storiche e sociali ogni realtà geopolitica è stata influenzata da particolari caratteristiche locali, ma gli elementi comuni e determinanti di tali processi evolutivi sono riscontrabili in tutte quelle realtà influenzate dal processo da noi analizzato.

DIVORZI E DIVORZIATI: 
ANALISI DEL PROBLEMA E BREVI CONSIDERAZIONI

Nel mondo occidentale, a partire almeno dalla seconda metà degli anni �60 la struttura tipo della famiglia coniugale ha subito una serie di importanti trasformazioni prima fra tutte un progressivo abbassamento della nuzialità accompagnato ad un aumento delle persone che vivono sole. 
Il numero dei figli che ha deciso di vivere soli uscendo di casa varia molto a seconda delle condizioni sociali ed economiche delle rispettive famiglie, anche se il trend di abbandono del tetto famigliare da parte dei giovani è aumentato molto a partire dagli anni �70.

Il modello di vita di coppia ha visto una lenta trasformazione verso forme di convivenza more uxorio e coppie di fatto, realtà in cui due persone vivono sotto lo stesso tetto comportandosi come marito e moglie senza essere sposati e che, in alcuni casi e specialmente in Italia, formalmente conservano due diverse abitazioni anche se vivono stabilmente entrambe in una sola di queste.
La tradizionale forma di fidanzamento, in Italia, si è progressivamente trasformata in una scelta libera e consapevole a favore di forme di convivenza prematrimoniale per cui le nozze diventano la convalida e non più la stipulazione della vita di coppia.
Esistono sostanzialmente 2 motivi per cui si convive:

I. la legge impedisce di sposare il partner ( tutti coloro che si erano divisi prima della approvazione della legge sul divorzio del 1970);

II. motivi di principio che fanno temere influssi negativi dell�istituzione matrimonio sul rapporto di coppia. 

Studi recenti hanno dimostrato che i matrimonio che seguono a tali convivenze sono meno solidi perché i coniugi sentono fra di loro meno solidi in quanto intrisi di una visione individualistica per cui gli interessi del singolo sono più forti di quelli della coppia.

Il numero dei divorzi è straordinariamente aumentato negli ultimi 20 anni e favorendo la diffusione di forme di convivenza generate da una sempre maggiore insicurezza nei confronti del matrimonio tradizionale.
La tradizionale dottrina protestante prevedeva il divorzio solo in casi eccezionali: l�adulterio da parte di uno dei coniugi. 
Si deve tenere presente che nel corso del tempo l�elenco delle colpe si è esteso ad altri �reati� quali abbandono, minacce e sevizie.
Negli ultimi 60 anni la dottrina è stata riformata per cui si è sostenuto che il matrimonio può essere interrotto quando ne sia stato sancito il fallimento, quindi entrambi i coniugi posso fare richiesta di divorzio.
La legge sul divorzio del 1970 prevede un processo a due livelli: prima si deve ottenere la separazione legale legata alla dottrina protestante precedentemente descritta e poi il divorzio vero e proprio.
Le principali differenze delle coppie divorziate italiane rispetto a quelle europee e legato al fatto che l�età media dei divorziati è di 48 anni (in Europa è molto minore) e che divorziano di più le coppie benestanti rispetto a quelle meno abbienti (in Europa è il contrario), ma si deve tenere conto che la legge che permette di divorziare è relativamente recente e che i costi di tale operazione sono abbastanza alti.

In tali processi un ruolo importante lo gioca il numero dei figli avuto dalla coppia durante il matrimonio. Gli studi hanno dimostrato che per tutti gli anni �50 � �60 i figli e gli affetti che essi provocavano erano un elemento di rallentamento al processo di separazione. I dati dei due decenni successivi, invece, hanno visto un ribaltamento di tali tendenze. 
In Italia, secondo le statistiche, esiste un rapporto di proporzionalità inversa tra il numero dei figli e la possibilità che le coppie divorzino, questo sia per motivi affettivi (soprattutto sul padre che, nella maggior parte dei casi, separandosi dalla moglie si separa anche dai figli), sia per motivi economici (se non altro nel caso della separazione legale). I figli concepiti prima del matrimonio, invece, rappresentano una fonte di grande instabilità per la stabilità della vita di coppia.

I figli nel secolo scorso venivano affidati solo ed esclusivamente al padre che doveva curarne l�educazione, poi, a partire dagli anni �60, si cominciò a favorire la madre in virtù della dottrina della �tenera età�. 
Negli anni �70 si sono diffuse due nuove forme di affidamento:


I. �affidamento coniugale� in cui entrambi i coniugi hanno responsabilità e potere eguale sui figli anche se questi vivono con uno solo di loro;

II. �affidamento alternato� quando i figli trascorrono un eguale periodo di tempo con il padre e con la madre.


Queste forme di affidamento sono risultate molto positive perché hanno aumentato il senso di responsabilità dei coniugi verso i figli e sono state inserite nella riforma della legge italiana sul divorzio del 1987-1988. 
Il processo che conduce allo scioglimento del matrimonio è lento e macchinoso e permette di fare alcune piccole considerazioni. 
Sono di solito le donne le prime a chiedere il divorzio per i seguenti motivi: tendenziale incapacità dei mariti di mantenere fede al patto matrimoniale, meno rischi economici (i mariti economicamente hanno alti costi dal divorzio) ed il fatto di essere in molti casi il soggetto debole della coppia.

In Italia, invece, si è visto che sono stati più spesso i mariti (soprattutto nel Meridione) a richiedere il divorzio e molto spesso ci si ferma alla fase della separazione consensuale perché richiede meno tempo, meno costi per entrambi e tutela maggiormente i diritti di entrambi (pensione di reversibilità per la donna, linea ereditaria in assenza di testamenti, ecc. �).

Le donne chiedono maggiormente il divorzio in quelle realtà geografiche e sociali in cui la loro subalternità culturale al marito ed in quelle in cui è minore il dislivello di istruzione tra i due coniugi.
Il fatto che il divorzio sia diffuso soprattutto nei paesi occidentali non lo collega affatto direttamente all�industrializzazione che è condizione necessaria, ma non sufficiente per la diffusione di tale pratica che, nei paesi non industrializzati, è ostacolata da tradizioni religiose e non religiose ben sedimentate nel tessuto culturale locale.
Nei paesi cattolici l�introduzione del divorzio è stata accompagnata da un processo culturale che ha portato all�individuazione del matrimonio non più solo come sacramento, ma come un contratto e che doveva seguire, dal punto di vista giuridico, la dottrina giuridica tipica dei contratti stipulati tra individui.

Si deve sottolineare che i matrimoni contratti in cui almeno uno dei due coniugi sia figlio di genitori divorziati sono più esposti al rischio di divorzi in quanto la mentalità e la cultura di tali coniugi è più individualista e meno refrattaria all�ipotesi del divorzio. 
Inoltre la religione e l�appartenenza o meno ad un gruppo religioso è un elemento sempre minore nei processi di divorzio.
Si deve anche sottolineare come il lavoro extradomestico delle donne abbia aumentato le fragilità dei legami matrimoniali.

Le donne sono i soggetti per cui il divorzio provoca un maggiore impoverimento ed un abbassamento dello standard di vita medio (discorso valido per i 2/3 delle divorziate) soprattutto quando erano estranee al mondo del lavoro. Discorso analogo vale per gli uomini solo per quanto riguarda il livello di impoverimento, ma, sempre per quanto riguarda lo standard di vita medio dei 2/3 dei divorziati, si assiste ad un notevole miglioramento.
La legge prevede che il coniuge a cui il figlio viene assegnato abbiano diritto a ricevere dall�altro coniuge degli assegni per il mantenimento dei figli che, spesso e soprattutto in Italia, stati Uniti e Gran Bretagna, però sono insufficienti poiché non tengono conto dei mutamenti di esigenze dovute alla crescita dei bambini. 
Sono molti i casi in cui la moglie rinuncia a tale beneficio poiché del marito si sono perse le tracce oppure perché le condizioni economiche di questi sono molto precarie.

Si deve sottolineare che in caso di seconde nozze da parte di uno dei genitori il legame affettivo che questo ha con il figlio va velocemente scemando col passare del tempo.
A volte i tribunali prevedono che i mariti versino un assegno all�ex moglie per il suo mantenimento, ma anche tale forma di aiuto risulta essere molto spesso, come avviene per l�assegno destinato ai figli, molto modesto e del tutto insufficiente.
In molti paesi la magistratura ed i tribunali hanno adottato misure sempre di più svantaggiose per le donne in quanto forme di mantenimento da parte dei mariti sono previste solo quando le donne sono estranee al mondo del lavoro.

Negli anni �70, soprattutto negli USA, è aumentato il potere di contrattazione dei padri ai quali sempre più vengono affidato i figli e che propongono alle mogli uno scambio del tipo �non ti do alimenti � ti tieni i figli� che le donne sono costrette ad accettare poiché temono di perdere i figli.
Le donne italiane sono quelle più svantaggiate e più danneggiate dal divorzio: spesso gli assegni non vengono concessi e, quando ne hanno diritto, sono molto esigui.
Al momento della divisione patrimoniale un ruolo molto importante è rappresentato da quello che il giurista statunitense Charles Reich definì �patrimonio indivisibile�, ossia tutto il know how� della coppia, ossia i titoli di studio, le capacità professionali e le referenze da cui spesso traggono vantaggio soprattutto gli uomini.
Questo è uno degli altri elementi che fanno definire la donna come il soggetto danneggiato dal divorzio anche se alcune legislazioni recenti tengono conto dei diritti della donna al momento della sentenza del divorzio.
Ad esempio si è soliti inserire la pensione del marito come una delle voci da conteggiare nella divisione patrimoniale, oppure si rimborsano quelle donne che, nei primi anni di matrimonio, lavoravano mentre il marito studiava conseguendo un titolo di studio che poi gli ha permesso una buona carriera.

In Italia l�assegno di mantenimento tiene conto di tre aspetti:

I. RISARCITORIO, ossia il coniuge che dichiara di essere stato responsabile del fallimento del matrimonio;

II. ASSISTENZIALE, aiuto al coniuge più in difficoltà;

III. COMPENSATIVO, si tiene conto del contributo della moglie per la formazione del patrimonio famigliare.


I giudici italiani hanno sempre basato le proprie sentenze soprattutto sui criteri assistenziali.
Una delle caratteristiche dei divorziati consiste, in numerosi casi, nel risposarsi e nel ricostituire un propria autonomo nucleo famigliare (�famiglie ricostituite�) in cui l�età media dei componenti varia a seconda dell�età in cui è avvenuto il divorzio; in Italia è molto alta (e ciò svantaggia le donne) poiché l�iter di separazione-divorzio è molto lungo. 

Il giudizio della società nei confronti di chi divorzia cambia a seconda del sesso (uomo o donna), della realtà geografica in cui avviene, del ceto sociale, del livello culturale e delle condizioni economiche dei soggetti interessati.
In Italia la percentuale di donne che si risposa è superiore tra le persone più istruite e di ceto medio-alto, invece nel resto d�Europa sono le donne meno abbienti a risposarsi di più perché bisognose di aiuto economico.
Nelle famiglie ricostruite si hanno situazioni di tensione legate ai figli avuti in prime nozze e momenti di ambiguità nei rapporti coniugali anche a causa di una forte insicurezza sia interna alla coppia, sia nei confronti della società in cui si è inseriti.
Seri problemi si hanno quando da queste nozze nascono dei nuovi figli che vanno ad affiancarsi a quelli nati dalle prime nozze.
Le famiglie ricostruite sono generalmente più fragili di quelle frutto di prime nozze essenzialmente per i tre seguenti motivi:


I. personalità difficile e contorta dei coniugi che hanno attraversato l�esperienza di un divorzio;

II. chi ha già divorziato una volta e meno disposto ad accettare un�unione infelice e, quindi, più propenso ad interromperla in caso di problemi;

III. il secondo matrimonio è meno istituzionalizzato anche dal punto di vista della legislazione. Ad esempio i figli di prime nozze del coniuge non diventano parenti, ma semplicemente affini al nuovo coniuge che non ha su di loro nessuna potestà e nessun obbligo di mantenerli. In Italia si è soliti, in alcuni casi, adottare i figli di prime nozze del coniuge, negli USA chiunque sposi delle persone che hanno dei figli di primo letto è tenuto a contribuire al loro mantenimento, in Gran Bretagna è previsto l�affidamento dei figli di primo letto del coniuge in modo da mantenere un legame con il padre naturale, ma anche di crearne uno con il nuovo genitore sociale.


Numerosi sociologi e studiosi dell�800 hanno sostenuto che la famiglia coniugale era portatrice dei seguenti numerosi effetti benefici frutto di molte e grandi virtù:


I. SUICIDI, sono maggiori i casi di suicidio tra i non sposati di quelli che avvengono tra persone che si sono unite in matrimonio anche perché le prime sentono di avere meno vincoli e meno legami con la vita rispetto alle seconde. In maniera per noi più sensata si potrebbe utilizzare la vecchia, ma ancora valida Tesi di Durkheim secondo cui sono i soggetti con minori vincoli sociali ad essere maggiormente esposti al rischio del suicidio. Con l�indebolimento del vincolo matrimoniale (XX secolo) tale affermazione ha perso una parte della propria validità;

II. MALATTIE, secondo le statistiche divorziati e vedovi si ammalano più frequentemente;

III. BENESSERE PSICOLOGICO, il benessere psicologico dei coniugati è maggiore rispetto a quello di divorziati, vedovi e single.


Esiste una forte connessione tra stato civile e mortalità che sopravvive nonostante tutti i cambiamenti che hanno interessato la famiglia e che fa vedere una più alta mortalità tra i singoli rispetto ai coniugati. I non coniugati, forse sentendo meno vincoli con la vita, sono più propense ad avere una vita avventurosa che può anche concludersi in maniera più o meno tragica. 

Tutto quanto affermato in precedenza è stato, in maniera completa o parziale, verificato da ricerche empiriche che, tra l�altro, hanno portato la sociologa americana J. Bernard ad affermare che è il marito ad avere maggiori benefici dal rapporto di coppia, mentre la moglie è vittima di un�azione negativa e dannosa.

La vita media di una donna è più lunga di quella di un uomo e ciò e frutto di una maggiore sensibilità delle donne verso le malattie e di una maggiore informazione relativamente alle medesime che fa si che le donne abbiano una maggiore cultura della prevenzione.
Il matrimonio, in un certo senso, svolge un�azione di bilanciamento di queste tendenze poiché crea una rete di protezione sociale e sanitaria nei confronti del coniuge di sesso maschile, ma, in alcuni casi, si ha una tendenza inversa, ossia di impoverimento e di diminuzione della condizione di sicurezza sociale e sanitaria delle donne che devono fare maggiori rinunce, ma si deve sottolineare la maggiore capacità delle donne di crearsi, sposate o single, una propria autonoma rete di relazioni parentali , affettive e sociali.
In generale, però, si può affermare che le persone sposate, siano esse uomini o donne a questo punto poco importa, vivono meglio e più a lungo perché ricevono dal coniuge un forte e vari sostegno nei momenti di difficoltà. 

Come si è detto esistono diverse forme di sostegno

a) sostegno materiale (economico);

b) sostegno diffuso (la compagnia distoglie dalle preoccupazioni);

c) sostegno cognitivo (conoscenza e cultura per superare i 
momenti difficili);

d) sostegno emotivo (affetto reciproco);

e) sostegno morale (vicinanza fisica e morale nei momenti di difficoltà). 


In Italia l�approvazione recente e tardiva di una legge di regolamentazione del divorzio ha comportato un�esplosione più rapida e più fragorosa del problema spesso collegata a problemi gravi e laceranti. 
Fin da quel lontano 1974 è da combattere una visione edonista e superficiale del problema che portarono il compianto senatore Amintore Fanfani, uomo moralmente ed intellettualmente onesto, a volere l�abolizione della legge del 1970, oltre che in un�ottica religiosa rispettabile e rispettata, anche in nome di una concezione sbagliata che vedeva nel divorzio un evento �leggero� di liberazione di uno dei coniugi: molto più spesso con il divorzio si assiste a situazioni difficile e di lacerazione in cui le leggi dello stato dovrebbero intervenire per tutelare tutti i soggetti, soprattutto quelli più deboli come ad esempio i figli ed il coniuge più svantaggiato ad esempio inserendo nuovi elementi, non solo economici, ma anche etici e morali, nel �patrimonio famigliare� che i divorziandi si spartiscono nel momento del divorzio e nel dividere le strade che conducono alla separazione legale ed al divorzio in modo che si possa arrivare al secondo anche senza passare per la prima, accorciando così i tempi del divorzio con un risparmio economico e di sofferenze per tutti gli attori coinvolte in questi eventi. 

di LUCA MOLINARI

BIBLIOGRAFIA
M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto, il Mulino, Bologna 1984
P. Macry, Ottocento. Famiglie, elites e patrimoni a Napoli, Einaudi Paperbacks, Torino 1988
E. Hinrichs, Alle origini dell�età moderna, Laterza, Roma-Bari 1984
H. Kamen, La Società Europea 1500-1700, Laterza, Bari 1987
M. Barbagli, Provando e riprovando, il Mulino/Contemporanea 35, Bologna 1990

(vedi anche i giorni della battaglia e i risultati del referendum nel 1974) 

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