BOLOGNA NEL MEDIOEVO 

* L'ETA' COMUNALE 

 * LO STUDIO (Università) 

(By:  Thom, Cutter, Mox, Ricky, Surèla )

L'eredità del mondo antico passa al medioevo in gran parte attraverso la realtà materiale e spirituale della città.
La sopravvivenza delle città antiche e poi la loro vivacissima ripresa dopo l'anno Mille sono un fatto decisivo per la continuità della storia nell'occidente.

Il fenomeno della rinascita cittadina non è da considerarsi prevalentemente italiano perché in Italia anche nell'Alto Medio Evo nelle città si era mantenuta una certa vita; tale fenomeno invece è soprattutto legato alle regioni europee d'Oltralpe ove le città sono ridotte a borghi spopolati.
In Italia il periodo compreso tra il quarto e l'ottavo secolo è un periodo di forte decadenza.
L'economia rallenta e impoverisce la sua produzione, le campagne scarseggiano di uomini e di raccolti, i commerci quasi scompaiono, le città, testimonia Sant'Ambrogio, sono come cadaveri.
In effetti, lo spostarsi delle attività produttive dai centri urbani alle campagne, nello spazio chiuso della curtis, ha significato per le città abbandono e depressione.
Esse sono ancora centri fortificati, sede di milizia e di vita religiosa, ma la popolazione è sempre più scarsa.
Bologna segue il destino comune a tante città del nord.

Lo storico Paolo Diacono (VIII sec.) la considera una città ancora ricca, ma un ampio spazio della città romana (quello che grossomodo corrisponde all'aria retrostante l'attuale Palazzo d'Accursio) è andato progressivamente spopolandosi fino a diventare un quartiere deserto (la civitas rupta).
Riconquistata da Bisanzio, dopo essere stata soggetta al regno di Odoacre e poi a quello di Teodorico (493-526), Bologna cadde in mano ai Longobardi, guidati dal loro re Liutprando, nel 727.

I longobardi fecero di Bologna non più di un centro militare.
La loro presenza è testimoniata in particolare dalla cosiddetta "Addizione", un gruppo di edifici fortificati, sorti a ridosso della prima cerchia muraria tra le attuali Strada Maggiore e Via Castiglione.
Questi edifici, che comprendevano in pratica anche il primo nucleo del complesso di Santo Stefano, erano orientati verso la costa Adriatica e avevano il compito di difendere la città da eventuali attacchi provenienti da Bisanzio.
Meno di cinquant' anni dopo la conquista longobarda, nel 774, Carlo Magno, sconfiggendo Desiderio, l'ultimo re di quel popolo che aveva inutilmente tentato un'alleanza con i franchi, si impadroniva della città e la consegnava, insieme alla "Romània", al Papa Adriano I.
Il gesto pur simbolico e rinnovato nei secoli successivi, ebbe conseguenze importanti perché segnò l'inizio per Bologna di una lunga sudditanza alla chiesa che durerà, salvo la parentesi comunale e bentivogliesca, fino al 1859.

Le invasioni magiare, terribili per la loro ferocia, provocarono nel decimo secolo la fuga di molti degli abitanti del contado entro le mura della città, che in tal modo si arricchisce di nuova popolazione.
Una parte dell'antico abitato di epoca romana, quello che corrisponde all'incirca al rettangolo prospiciente le attuali Due Torri, era protetto da mura di selenite.
Entro questo limitatissimo spazio urbano c'erano la sede vescovile e il palazzo imperiale dove abitava il rappresentante dell'imperatore. Vescovo e Vicario imperiale sono in genere i due grandi e unici poteri della città alto-medioevale, dunque anche di Bologna.
Ma entro le mura di selenite hanno le loro abitazioni, costruite disordinatamente e con materiale spesso scadente, anche alcune famiglie aristocratiche, provenienti dai feudi vicini.

Alla morte di Matilde di Canossa rappresentante dell'imperatore nel 1115, a Bologna si manifestano i primi segni della ripresa cittadina. Il libero Comune è già affermato.
La potenza imperiale nel corso della lotta per le investiture, che si concluderà soltanto col Concordato di Worms, è andata indebolendosi a vantaggio delle autonomie cittadine.
Nel 1116 l'imperatore Enrico V concede a Bologna, oltre al perdono per la sua ribellione contro il vicario imperiale, una serie di concessioni e garanzie giuridiche ed economiche.
Benché nel privilegio imperiale non si faccia menzione di libere istituzioni comunali, si può tuttavia supporre che l'intera popolazione cittadina cui l'imperatore si rivolge abbia già una sua identità politica e istituzionale.
Di certo il documento testimonia del fermento economico e della vitalità tutta nuova della comunità bolognese.
Non a torto quindi si è soliti riconoscere nel diploma di Enrico V la nascita del Comune di Bologna e nel 1116 l'inizio di un nuovo e fecondo periodo storico. 

L'INIZIO DELL'ETA' COMUNALE

L'imperatore aveva dunque concesso il perdono per la loro ribellione.
Ma la distruzione del palazzo imperiale era stato qualcosa di più di una semplice protesta.
Coloro che tradizionalmente erano vissuti in uno stato di sudditanza nel contado (artigiani, contadini, servi) ottengono, insieme ai riconoscimenti giuridici ed economici il riconoscimento della propria identità politica e del proprio potere.
La città diventa una comunità di interlocutori invece che di sudditi che devono solo ubbidire.
La data dell'inizio del Comune cittadino è convenzionalmente il 1116 (data del diploma di Enrico V), bisogna supporre, però, che le istituzioni comunali fossero già esistenti molto prima di questa data.
A Bologna la prima menzione dei consoli, reggitori dei Comuni italiani delle origini, sembra risalga al 970; ma la data più sicura in cui si trova il citato regime consolare è il 1123.
La lotta che poco più tardi oppose all'autorità di Federico Barbarossa gran parte dei comuni dell'Italia Settentrionale interessò anche Bologna. L'imperatore accusava i comuni di organizzarsi al di fuori e senza il consenso della sua autorità, mentre i comuni pretendevano la libertà di iniziativa.
La pace di Costanza del 1183 riconobbe queste pretese.

A partire da questo momento la potenza di Bologna è in piena espansione.
La popolazione è in crescita; oltre la prima cerchia muraria (distrutta da Barbarossa), vengono creati nuovi quartieri (come Saragozza e Borgonuovo).
Per contenere questi nuovi insediamenti furono costruite, tra il 1176 e il 1192, nuove mura e nuove porte (verso Milano, Venezia e verso la Toscana).
Per guadagnare nuovo spazio abitativo, ma anche per ragioni di semplice prestigio o difesa vengono erette numerose case-torri, tra le quali la Torre degli Asinelli iniziata nel 1109; e per dare riparo ai commercianti, agli artigiani, agli studenti della nascente e già famosa università, per rendere abitabili i pianterreni, troppo umidi e malsani per il contatto con la fanghiglia e i liquami della strada, per sostenere infine gli sporti delle abitazioni, viene ordinato che nessun edificio deve essere sprovvisto di portico, e il portico deve essere alto almeno quanto un uomo a cavallo.
La seconda cerchia muraria ospita quindi una nuova popolazione e un nuovo intenso fervore sociale ed economico, ma anche culturale, perché verso la fine del XI secolo, nel 1088, nasce il celebre Studio Comune di Bologna e nel 1116 l'inizio di un nuovo e fecondo periodo storico.

LO STUDIO

UNIVERSITA' - Termine con cui noi ora definiamo un complesso didattico, scientifico, amministrativo, edilizio � anticamente significava collettività e veniva usato anche per indicare l'insieme degli studenti che frequentavano lo Studio, espressione con la quale ci si riferiva all'insieme delle singole scuole, tenute da vari maestri, accomunate da quella che era ritenuta la specifica attività mentale e pratica dei docenti e dei discepoli. Inteso in questo senso, lo Studio di Bologna � il più antico d'Europa � compare alla fine dell'XI secolo come centro di studi specializzati nell'analisi del vecchio diritto romano, presentato come diritto universale ed eterno, valevole per tutti i popoli civili.

Nel corso dell'XI secolo, quando l'incremento demografico e lo sviluppo economico che si manifestarono in Europa, ma soprattutto in Italia, modificarono profondamente il tessuto sociale ed economico e richiesero nuove definizioni giuridiche ignote ai diritti romano-germanici, ma ben note al diritto romano classico. Da qui occorreva recuperarle, ricorrendo ai testi studiati nella loro integralità e abbandonando quei modesti compendi ad uso delle scuole di cui ci si era serviti per generazioni. 
Lo studio del diritto romano acquistò importanza crescente e divenne oggetto di insegnamento sistematico da parte di personaggi che si presentavano con il titolo di doctor legis, ossia maestro di legge, di diritto, e che, svolgendo attività giudiziaria al servizio dell'attività pubblica, introducevano innovazioni nella pratica giudiziaria, grazie all'approfondimento della conoscenza del diritto. 

Fra i doctores legis operanti a Bologna alla fine dell'XI secolo emerse PEPONE, un giurista che era stato al servizio di Matilde di Canossa. Ma il fondatore della scuola giuridica bolognese per la novità e la profondità del suo metodo esegetico, è universalmente considerato IRNERIO (morto nel 1125): egli ebbe, infatti, numerosi scolari che continuarono la sua attività scientifica e didattica. Tra questi, secondo tradizione gliene sarebbero stati cari quattro a cui avrebbe dedicato questo famoso distico: 
Bulgarus os aurem, martinus copia legum, Mens legum est Ugo, Jacopus id quod ego. Vale a dire: Bulgaro è bocca d'oro; Martino ha la conoscenza di tutte le leggi, Ugo ne interpreta lo spirito, Jacopo è un altro me stesso.

Bologna era a quei tempi una piccolissima città con un'estensione di 25 ettari, chiusa in un quadrilatero di robustissime mura, ma favorita dalla posizione geografica che ne faceva un punto di incontro delle grandi vie di comunicazione fra est-ovest e nord-sud e gli studenti forestieri vi accorsero in gran numero per ascoltare i nuovi maestri. L'insegnamento era esercitato privatamente, ma sulla base di regolare contratto: gli studenti si impegnavano a pagare il maestro, che dal canto suo avrebbe letto e commentato il Corpus iuris e che, quando li avrebbe giudicati maturi, li avrebbe presentati ad altri maestri che ne avrebbero giudicato il grado di preparazione e li avrebbe presentati ad altri maestri che dichiarassero il grado di preparazione ed eventualmente l'idoneità ad esercitare a loro volta l'insegnamento.
Innanzitutto, accogliendo fra le sue mura studenti di tutta Europa e assolvendo a questo difficile ruolo di mater nobilium studiorum, madre di studi nobili, nel rispetto più assoluto della libertà, con profondo senso liberale ed europeo; furono gli stessi studenti dell'Università bolognese, nel 1155 a descrivere all'imperatore Federico Barbarossa in persona la loro ideale condizione di studenti a Bologna: "Noi amiamo sopra le altre questa città, ricca di prodotti e adatta all'insegnamento: qui giunge da ogni parte d'Europa una moltitudine di scolari che vogliono apprendere. Qui portiamo cose, vestiti e denaro.Troviamo case adatte nel centro della città. Compriamo a giusto prezzo le cose che ciascuno di noi vuole, salvo l'acqua il cui uso è comune a tutti. I cittadini, a dir vero, ci onorano. In una cosa si rendono qualche volta molesti: nel pretendere il pagamento di un debito lasciato da un compagno nostro vicino e correginale". 

A questo piccolo neo nella cordialità dei bolognesi, rimediò lo stesso Barbarossa con l'editto di Roncaglia, col quale accordava agli studenti - tra gli altri privilegi - il diritto di non dover rispondere degli atti e dei debiti dei compagni: "..... non ci sia alcuno tanto audace da recare danno agli Scolari"; l'Impero si impegnava inoltre a proteggere gli scholares dalle pressioni e dalle interferenze di ogni autorità politica. Poi tutte le limitazioni che a quel tempo comportava la qualità di forestiero furono ridotte quando Federico Barbarossa concesse, nel 1158, una speciale autorizzazione a coloro che viaggiavano e soggiornavano lontani dalla patria per motivi di studio e, sottraendoli alle magistrature ordinarie, consentì che, in qualsiasi caso, essi fossero giudicati a loro scelta dal vescovo o dai loro maestri.

La presenza degli studenti portava notevoli vantaggi all'economia bolognese e le città vicine cercarono di organizzare a loro volta dei centri di studio facendo larghe promesse di vantaggi agli scolari che si fossero trasferiti presso di loro. Il Comune di Bologna reagì invitando i dottori a giurare di non passare in altra sede e ad adoperarsi affinché anche gli scolari non andassero altrove. I dottori avevano la loro convenienza a rimanere in un centro di studio ormai noto e qualificato, ma gli scolari videro nel provvedimento un attentato alla loro libertà e si organizzarono per difendersi. Essi si raccolsero così in una grande corporazione la Universitas scholarium, cioè la collettività degli studenti che al suo interno si articolava in due sezioni, quella degli "ultramontani" e quella dei "citramontani", in cui rispettivamente si raccoglievano gli studenti forestieri e quelli italiani suddivisi in "nazioni" secondo il luogo d'origine: nell'una gli Italiani del nord, del  centro e del sud, indicati come lombardi, toschi e emiliani; nell'altra francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, polacchi, ungheresi.

L'università degli scolari, guidata da due rettori eletti dagli studenti citramontani e ultramontani e assistiti da consiglieri eletti dalle singole nazioni, si impegnò a fondo per difendere i privilegi scolari contro le imposizioni del Comune e rivendicò ai rettori i diritti giurisdizionali che Federico Barbarossa aveva attribuito ai dottori in alternativa con il vescovo. Dal canto loro i papi, sempre pronti ad affermare l'autorità della Chiesa in materia di insegnamento, intervennero ripetutamente nel contrasto finché nel 1219 Onorio III riservò all'arcidiacono della cattedrale di Bologna, nominato cancelliere dello Studio, il conferimento in nome del pontefice, del titolo dottorale, stabilendo la norma che l'abilitazione all'insegnamento era prerogativa sovrana. 

Lo Studio, che era culturalmente la gloria di Bologna e che con la presenza di numerosissimi studenti � non diecimila come pretende una tradizione infondata, ma certamente duemila � ne stimolava l'economia, era però anche un punto estremamente vulnerabile della politica cittadina: papi ed imperatori, quando per qualche motivo si trovavano in conflitto con la città, la sottoponevano all'interdetto ecclesiastico o la mettevano al bando dell'Impero, e con ciò stesso sospendevano l'attività dello Studio, ordinando l'allontanamento di scolari e dottori. 

Lo Studio bolognese risentì anche delle conseguenze negative della nascita di altri Studi fondati dai sovrani vicini per trattenere in patria coloro che altrimenti sarebbero andati a Bologna: il primo colpo lo ebbe con la fondazione dello Studio di Napoli per la volontà di Federico II nel 1224, due anni dopo l'emigrazione a Padova e la costituzione di un nuovo centro di studi in quella città (1222).
La sola cosa che il Comune poteva fare per trattenere gli studenti era assicurare loro favorevoli condizioni di vita, controllando fra l'altro il prezzo delle case d'affitto, procurando la facile disponibilità di libri di testo, consentendo l'acquisto di grano e di viveri alle stesse condizioni degli iscritti alle società del popolo, sorvegliando i prestatori di danaro che concedevano loro dei prestiti. Quanto ai dottori, erano esonerati dai servizi militari che gravavano su tutti gli abitanti; se erano cittadini, erano ammessi di diritto in tutti i consigli del Comune ed erano scelti come ambasciatori, in un clima di fattiva collaborazione che andava molto più in là della pura e semplice preparazione professionale dei loro allievi.  

ANALOGIE E DIFFERENZE TRA L�UNIVERSITà 
DELLE ORIGINI E QUELLA MODERNA 

L�università bolognese ha da qualche anno festeggiato il nono centenario ed è arrivata a questo traguardo non senza modificazioni più o meno profonde nella concezione e nell�esercizio dello studio.
Questo era inizialmente di tipo privato, regolato da un contratto scritto: gli scolari si impegnavano a pagare direttamente il maestro che dal canto suo si impegnava a leggere loro e commentare il Corpus iuris, ad esercitarli nella lettura e nell�interpretazione delle leggi; quando li avesse ritenuti sufficientemente preparati li avrebbe presentati agli altri maestri che li avrebbero interrogati e dichiarati idonei ad esercitare a loro volta l�insegnamento. Tutto ciò è molto differente dalla prassi moderna. La lingua ufficiale della cultura era il latino, il che permetteva l�accesso all�università anche agli studenti stranieri.
I primi studi riguardavano il diritto romano, di cui si sentiva la necessità a causa delle sempre più numerose attività commerciali. 
A testimonianza del rapporto esistente tra studio e attività commerciali troviamo l�organizzazione degli studenti, i quali imitando le gilde si riunirono per difendere i propri diritti. La loro corporazione ,la Universitas scholarium era articolata nelle due sezioni degli scolari �ultramontani� e �citramontani�; le confraternite religioso-assistenziali formate da conterranei erano dette invece �nazioni�. 
La parola �rettore� che inizialmente designava il capo degli studenti è passata nei secoli a significare, curiosamente, il rappresentante massimo degli insegnanti.
Alle origini il maestro insegnava in casa dello studente, mentre ora esiste un luogo fisico ben preciso all�interno del quale gli scolari affluiscono per ascoltare le lezioni.
Da sempre, tuttavia, l�afflusso continuo di studenti nella città, attirati dalla fama dei maestri, ha portato denaro all�economia urbana che ben presto si organizzò per accoglierli fornendo vitto e alloggio.
Lo studio, infatti, era accessibile solo a chi aveva i mezzi economici per pagare i maestri e, se straniero, per pagarsi l�alloggio in città, dunque era riservato soltanto ad un�elite di ricchi europei.
Dalla discussione dei testi di diritto romano si è passati ad una visione più ampia dello studio che comprende oggi una trentina di facoltà diverse dalle scienze alle lingue, alle materie umanistiche.
Vi sono quindi stati mutamenti ideologici nell�idea di studio, da privato a pubblico, da elitario a universale.

(By:  Thom, Cutter, Mox, Ricky, Surèla )


BOLOGNA

DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI 

di LUCA MOLINARI


Le origini della nostra città sono molto remote e si perdono nella notte dei tempi. Già ai tempi degli antichi Etruschi esisteva un insediamento urbano stabile di una rilevante e sensibile importanza lungo il fiume Reno: la città di Felsina.
Le calate dei Galli Boi nelle terre della Val Padana segnò la fine dell�egemonia etrusca ed un regresso del centro urbano ad un semplice agglomerato di capanne che rappresentavano il punto più a sud delle zone di influenza dei barbari francesi. Il dominio dei Galli Boi fu bruscamente interrotto dal sorgere di una nuova potenza la cui stella brillerà, non solo su Bologna, ma sull�intera penisola italica e su buona parte del mondo allora conosciuto: Roma.

Il periodo di dominazione romana, sotto cui l�urbe assunse il nome Bononia, da cui deriva l�attuale Bologna, ha segnato il momento di una reale fondazione urbanistica della città: infatti furono segnati e stabiliti cardini e decumani la cui configurazione costituisce tuttora il fulcro della rete stradale del centro di Bologna. Paradossalmente l�importanza della città cominciò ad aumentare in modo indirettamente proporzionale rispetto alla crisi dell�Impero Romano d�Occidente, causata dalle invasioni barbariche; questo perché la posizione geografica della città, al pari di quelle di Milano e di Ravenna, era strategicamente importante per la difesa dei territori imperiali. Caduta di Roma e deposizione di Romolo Augusto (476 d. C.) segnarono la crisi del sistema di potere ormai millenario e Bologna visse un periodo di forte decadenza per tutta la prima fase del medioevo quando i suoi ormai pochi abitanti si ritirarono entro le �mura di selenite� erette nell�ultima fase della dominazione imperiale.
L�avvento del nuovo millennio segnò l�inizio della rinascita della città guidata dalla forma di governo comunale. Fu in questi anni che Bologna visse l�avvenimento più importante della sua storia plurisecolare: nacque lo �Studio�, ossia l�embrione di quella che sarebbe diventata la più antica e famosa Università del mondo in cui sarebbero giunti, per studiare legge e diritto, studenti da tutta l�Europa che erano soliti dividersi �per nazioni� seconda le aree geografiche di provenienza; la maggior parte degli studenti erano originari delle aree di lingua tedesca e l�affluenza da tali regioni non cessò neanche dopo la Riforma protestante. La difesa della libertà comunale portò Bologna a aderire ed a combattere in seno all�organizzazione dei comuni centro settentrionali per opporsi all�autorità dell�Imperatore Federico Barbarossa: la Lega Lombarda, la cui vittoria a Legnano segnò il trionfo della libertà comunale e cittadina contro l�arroganza imperiale. Le successive vicende cittadine furono del tutto assimilabili a ciò che avvenne negli altri comuni italiani: la degenerazione della forma di governo repubblicana portò all�affermarsi delle signorie nobiliari. A partire dal 1337 fino al 1512 Pepoli, Visconti, Bentivoglio e Baglioni furono, con alterne fortune, signori di Bologna: furono anni di grandi tensioni e di lotte fra le famiglie bolognesi per il predominio e di �serrate oligarchiche� per mantenerlo una volta conquistato. All�inizio del XVI secolo Bologna fu inclusa all�interno dello Stato Pontificio sotto la cui giurisdizione rimase, tranne il periodo napoleonico in cui aderì prima alla Repubblica Cisalpina, poi al Regno d�Italia, e quello dei moti del 1831 e del 1848-�49, fino all�annessione al Regno d�Italia di Re Vittorio Emanuele II nel 1861 seguendo tutte le vicende storiche caratteristiche dell�Italia unitaria.
Dell�età moderna rimangono i numerosi palazzi e le realizzazioni architettoniche; sempre a tale periodo risale l�ultima cerchia di mura attorno a cui, durante l�esperienza napoleonica, furono affiancati gli ampi viali di circonvallazione tuttora esistenti, elemento urbanistico chiaramente importato dalla tradizione parigina.

All�inizio del secolo Bologna cominciò, dopo la concessione del suffragio elettorale universale maschile, ad evidenziare la propria vocazione di città democratica e di sinistra assicurando sempre, sia prima, sia dopo l�esperienza delle due guerre mondiali e della dittatura fascista, maggioranze assolute molto ampie ai partiti progressisti.

Nelle elezioni amministrative della primavera 1999, invece e per la prima volta da oltre un cinquantennio, è stato eletto sindaco il conservatore Giorgio Guazzaloca che a capo di una lista civica e con l'appoggio dei partiti del centrodestra ha messo fine alla tradizionale egemonia delle sinistre vincendo, per pochi voti e grazie agli "astenuti di sinistra", ha vinto il secondo turno di ballottaggio. Nelle successive elezioni (supplettive alla Camera nell'autunno del 1999 ed elezioni amministrative della primavera 2000), però, le forze di centrosinistra hanno vinto la sfida elettorale riportandosi sulle abituali percentuali eletoriali molto alte. Che dopo meno di un anno dalla succitata vittoria del "civico" Guazzaloca si stia assistendo alla fine del tanto decantato (e non ripetibile) "effetto Guazzaloca" (pardon "effetto Guazza", come i più sfegatati e, a nostro avviso di cattivo gusto, sostenitori della nuova amministrazione cittadina amano chiamare il Sindaco)? 
Solo la Storia ed il tempo potranno dare una risposta a questo interrogativo.

Luca Molinari

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