I mille giorni di Kennedy
(e nella morte che strane coincidenze gioca il destino !!!)

L'insediamento del trentacinquesimo presidente americano alla Casa Bianca segna l'avvento di tempi nuovi e di una grande svolta politica del Paese. John Fitzgerald Kennedy, eletto come candidato del Partito Democratico nel novembre 1960, prende le redini del Paese il 20 gennaio 1961 con un programma che ricalca in parte i principi enunciati dal grande Roosevelt.

E' il presidente delle nuove libertà, della "nuova frontiera" che egli esprime con un grande desiderio di integrazione e con l'abolizione di ogni tipo di discriminazione razziale. Kennedy prospetta il futuro dell'America nel ruolo di guardiano della pace e delle libertà di tutti i popoli della terra. Una leadership americana sul mondo occidentale intesa come forza morale e sete di giustizia. Non una "pax americana" imposta al mondo dal potenziale bellico statunitense o dalla strategia del terrore, ma quel genere di pace che consenta agli uomini e alle nazioni di svilupparsi e prosperare.

Secondogenito di nove figli, Kennedy sembrava destinato a farsi strada nella vita come scrittore. Secondo I progetti paterni, doveva toccare al primogenito l'opportunità di scalare la carriera politica fino alle soglie della Casa Bianca. Ma la guerra mutò il suo destino. Il primogenito cadde in combattimento e John ne ereditò il posto nelle ambizioni paterne.

Primo presidente a vedere la luce nel ventesimo secolo, era nato a Brookline, nel Massachusetts, il 29 maggio 1917. La sua era una famiglia di origine irlandese, contadini emigrati in America nella metà del secolo scorso. Suo padre si era fatto una fortuna con il contrabbando di alcol all'epoca del proibizionismo ed era considerato un uomo d'affari di pochi scrupoli. Ebbe la lungimiranza di capire che Roosevelt avrebbe condotto il Paese fuori dal baratro della depressione del 1929, tant'è vero che ne appoggiò la candidatura alla presidenza, ottenendone in cambio per riconoscenza, la nomina ad ambasciatore a Londra. Gli appoggi politici e la fortuna familiare furono dunque i due colossali trampolini di lancio che condussero J.F. Kennedy a occupare la poltrona presidenziale a soli quarantatré anni.

Rivoluzionario protagonista sullo scenario internazionale, Kennedy vide mettere in dubbio le sue mire di politica estera nei primissimi mesi di presidenza quando autorizzò lo sbarco degli esuli cubani nella Baia dei Porci il 17 aprile 1961. Erano millequattrocento uomini tra cui militari, medici, studenti, figli di professionisti e contadini segretamente addestrati dalla Cia in Guatemala e scaricati sulla spiaggia cubana nel tentativo di cogliere di sorpresa l'esercito di Castro. L'impresa si risolse in un massacro e le speranze di insurrezione della popolazione cubana contro il dittatore furono vanificate dal mancato appoggio delle forze armate americane, che Kennedy non si sentì di ordinare.

Mosca espresse la sua aperta solidarietà a Fidel Castro e di fronte alle sue pressanti richieste di aiuto contro il "pericolo americano", approfittò della situazione e fece costruire delle rampe di missili nucleari a Cuba. I missili di Cuba non alteravano più di tanto l'equilibrio del terrore, le città e gli obiettivi strategici americani erano nel mirino di molte altre basi, come quelli sovietici, ma l'impatto psicologico di rampe tanto vicine era un fatto estremamente negativo che Kennedy non poteva ignorare.

Quando nell'ottobre del 1962 un aereo spia americano le individuò, Kennedy pose il Paese in stato di allarme. Bisognava tuttavia reagire senza correre il rischio di scatenare una guerra nucleare e il presidente decise di scegliere una linea al contempo ferma e morbida, in modo da lasciare la possibilità ai sovietici di cedere senza perdere la faccia. Kennedy ordinò il blocco navale attorno a Cuba, un braccio di ferro che alla fine fece desistere I russi. I mercantili carichi di missili destinati a Cuba non forzarono il blocco e le basi vennero smantellate. Furono questi gli episodi più significativi e cruciali della presidenza Kennedy, interrotta dopo mille giorni dall'attentato di Dallas. Il 22 novembre 1963 il più giovane presidente d'America moriva assassinato dal colpo di fucile sparatogli alla nuca da Lee Oswald.

 

Due tragedie parallele (stranamente curiose)

A distanza di un secolo il destino di due grandi presidenti americani, Abraham Lincoln e John Kennedy, presenta misteriose e inquietanti analogie.

Entrambi furono nominati alla massima carica dello Stato nell'anno 61 (1861 e 1961).

Le mogli di ambedue perdettero il figlio che aspettavano durante la presidenza del marito. Sia Lincoln che Kennedy nel giorno fatale furono messi in guardia dai rispettivi segretari che fecero l'impossibile nel tentativo di dissuaderli dal recarsi all'appuntamento con la morte.

Il segretario di Lincoln, che si chiamava Kennedy, lo supplicò di non andare al Ford's Theatre.

Il segretario di Kennedy, che si chiamava Lincoln, cercò invano anche lui di dissuadere il presidente dal recarsi a Dallas.

Entrambi i due presidenti furono uccisi con un colpo sparato alle loro spalle mentre erano accanto alle rispettive consorti. L'assassino di Lincoln, John Wilkes Booth, era nato nel 1839; quello di Kennedy, Lee Oswald, era nato nel 1939. Entrambi I sicari, dopo l'assassinio, cercarono rifugio in un deposito. Sia l'uno che l'altro morirono di morte violenta senza essere processati.

Ad ambedue i presidenti ne successe uno di nome Johnson:
dopo Lincoln Andrew Johnson, nato nel 1808;
dopo Kennedy Lyndon Johnson, nato esattamente un secolo dopo, nel 1908.

Tre presidenti in un solo anno

Nell'arco di appena dodici mesi l'America dell'800 ha registrato l'avvicendarsi di ben tre presidenti alla Casa Bianca. L'anno fatidico fu il 1841. Martin Van Buren concluse il suo mandato il 3 marzo. Il suo successore, William Henry Harrison, fu nominato il 4 marzo e morì esattamente un mese dopo, il 4 aprile. Gli successe John Tyler, eletto il 6 aprile.

 

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