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CRONOLOGIA

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GRECIA - STORIA

SPARTA CONTRO LA PERSIA
(intanto ad Atene c'è una levata di scudi per abbattere il giogo di Sparta)
(anni 400-390 a.C.)


IL PROGETTO CONONE-ARTASERSE CONTRO SPARTA - AGELISAO SUL TRONO DI SPARTA - LE AUDACI GESTA DI AGESILAO IN ASIA - ATENE E ALLEATI CONTRO SPARTA - LA MORTE DI LISANDRO - LA BATTAGLIA SUL NEMA E A CORONEA - LA BATTAGLIA DI CNIDO - INIZIA IL RISCATTO ATENIESE
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IL PROGETTO CONONE-ARTASERSE CONTRO SPARTA

 

Ricapitoliamo alcuni fatti. Dopo la battaglia di Cunassa, Artaserse per vendicarsi di quella parte di Grecia che aveva preso parte all'insurrezione di Ciro, aveva già assalito i territori dell'Eolide. Quindi il progetto presentatogli da Conone era da prendere in considerazione, ma poichè di cose marinare i Persiani non s'intendevano affatto, fecero avere a Conone cinquecento talenti per allestire una flotta mettendo proprio lui al comando della stessa, e una volta pronta l'ex ammiraglio ateniese salpò alla volta di Rodi e con l'aiuto del partito democratico si rese padrone dell'isola.

A favorire questo progetto di Conone e Artaserse, vi erano due fatti; Il primo era che anche in Grecia era cominciata una levata di scudi contro Sparta. Ma anche gli Stati del centro della penisola avevano guardato con sempre crescente inquietudine l'ingrandimento della potenza di Sparta; più che altro la Beozia, il più importante di questi Stati. Essi compresero che era stato un grave errore aver aiutato Sparta nella guerra contro Atene e decisero di agire prima che fosse troppo tardi.

AGELISAO SUL TRONO DI SPARTA

Anche perchè a Sparta ultimamente vi erano dei contrasti al suo interno, militari, politici e di successione al trono, perché nel corso dell'anno era morto il re Agide, e il trono lo pretendeva Leotichide figlio maggiore della regina moglie di Agide, ma AGESILAO affermava che era stato generato pochi mesi dopo il matrimonio e che quindi non era stato generato da Agide, che era insomma un bastardo anche se re Agide lo aveva riconosciuto come figlio. E quindi sul trono doveva sedere lui e non Leotichide
Ad aiutare Agesilao in questa disputa per il trono, si offerse -e tornò così alla ribalta- Lisandro, l'uomo messo in ombra e quasi del tutto esautorato da Pausania. Dopo i fatti di Atene, Lisandro nutriva un profondo rancore per lui.
Tuttavia Agesilao con l'aiuto di Lisandro e dei suoi seguaci, non ebbe difficoltà nel farsi dichiarare legittimo re dal popolo spartano e dagli stessi Efori.
Nè l'uno e gli altri ebbero a pentirsi di questa scelta. Per quarant'anni Agesilao non fu solo re ma uno dei migliori re di Sparta.

Agesilao era piccolo di statura, zoppicava per i postumi di una malattia infantile, ma aveva una bella faccia, una straordinaria vivacità, un grande coraggio, ed era un esperto nell'arte militare. Era stato educato con tutto il rigore della disciplina spartana, dove aveva imparato l'obbedienza prima di esercitare il comando, era perciò moderato, dolce e popolare, doti che ben presto gli acquistarono l'affetto dei suoi concittadini. Portava un gran rispetto per gli Efori, contro il costume dei suoi predecessori che li guardavano come rivali in autorità, ed era nemico dell'adulazione, fino al punto di proibire che gli si facesse qualsiasi ritratto o statua, affermando che per ricordarlo ai posteri, il monumento migliore, se mai ne facesse, dovevano essere solo le sue gesta.
Salendo al trono, non trattò con arroganza il suo rivale Leotichide, anzi divise con lui e i suoi parenti che erano poverissimi tutto ciò che aveva, e questo lo rese ancor più stimato dai cittadini. Poi vennero - come vedremo- anche le sue gesta di condottiero, e Agesilao divenne per gli Spartani un mito.

Era da poco salito sul trono, quando i Lacedemoni udendo che il re di Persia stava allestendo un'armata contro di essi, chiesero ad Agesilao di portare in Asia la guerra.

LE GESTA DI AGESILAO IN ASIA

Se - come abbiamo già visto- Conone era già salpato con la sua flotta alla volta di Rodi, l'esercito di terra affidato a Tisaferne non era nè pronto nè in procinto di partire, quindi il Satrapo informato dell'improvviso arrivo di Agesilao con il suo esercito ad Efeso, per prendere tempo, propose al re Spartano di sospendere le ostilità con un patto di pace, assicurando che Artaserse avrebbe permesso a tutte le città greche in Asia piena libertà. Ovviamente, come detto sopra, questo era un pretesto per poter proseguire i preparativi del suo esercito, per poi attaccare nella buona stagione dell'anno seguente (396 a.C.)
Agesilao acconsentì, ma fidandosi poco dei giuramenti di Tisaferne, non si ritirò con l'esercito e mise ugualmente gli accampamenti a Efeso; lasciandovi degli ottimi comandanti a vigilare e pronti ad entrare in azione se attaccati.
Lui ne approfittò per fare un giro nelle principali città. Ad accompagnarlo c'era Lisandro, l'uomo che lo aveva appoggiato a salire sul trono. Ma quando iniziò il giro, fu irritato che a Lisandro i governanti riservavano migliori accoglienze che a lui che era il sovrano; abbiamo detto che Agesilao non era né ambizioso né vanitoso, ma quell'irritazione e via via l'indignazione, era solo dovuta al fatto che quei governanti erano palesemente pedine di Lisandro, ecco perchè si potevano permettere di governare con la tirannia, l'arroganza e il terrore, sapevano che Lisandro era indulgente, perchè da lui dipendevano.
Agesilao non potè resistere di esprimere severi giudizi allo stesso Lisandro, che rivelando questa volta la sua vera personalità fino allora tenuta al sovrano nascosta, nemmeno lo ascoltò.

Agesilao irritato da questo insolente contegno, si ripromise di impiegarlo il meno possibile.
Quasi si vergognò di essersi appoggiato a lui per salire sul trono, ma anche l'altro, ben presto di pentì di averlo aiutato a salirvi. Anzi, visto il vento a sfavore che tirava con un pretesto se ne tornò a Sparta. Dove iniziò a darsi da fare per abbattere Agesilao, progettando di aprire a se stesso la via del trono. Questo progetto forse lo aveva meditato da quando era giunto all'apice del potere. E di quel potere a Sparta fra i suoi seguaci ne aveva ancora, non gli sarebbe stato difficile salire sul trono, inoltre godeva di molto carisma fra il popolino. La guerra dei ventisette anni l'aveva vinta lui, i lutti di Sparta li aveva fatti finire lui, e se la grande Atene era ora una provincia spartana era tutto merito suo. Insomma il suo diabilico disegno non avrebbe avuto degli ostacoli.

Ma non aveva previsto il valore del piccolo re Agesilao. Questi, dopo l'inverno passato a Efeso con il suo esercito, gli giunse il momento di doversi impegnare seriamente con i Persiani. Tisaferne che aveva allestito finalmente il suo esercito, stracciò tutti i patti di pace fatti con lui, e minaccioso osò inviargli un ultimatum: di lasciare subito Efeso, di partire dall'Asia, o altrimenti ci avrebbe pensato lui a cacciarlo fuori con le armi del suo potente esercito.
Agesilao, tolse sì l'accampamento, e fece finta di condurre il suo esercito verso la Caria. Tisaferne gli si mise alle calcagne, ma il piccolo re spartano, compiendo un grande giro marciò direttamente in Frigia, occupando varie città, e si procurò un gran bottino che divise fra gli ufficiali e soldati. Infine sfidando il perfido Satrapo, tornò ad accamparsi nuovamente a Efeso dove rimase tutto l'inverno. Ma non tenne in ozio i suoi soldati. S'inventò una piccola olimpiade, per tenere nelle varie gare -che premiava con magnifici doni- sempre in esercizio gli uomini. Si riprometteva il piccolo uomo di assalire nella prossima primavera (395 a.C.) addirittura Tisaferne , a casa sua, a Sardi.

Tenne fede al suo progetto con audacia e determinazione, e lo fece in un modo tale, che il risultato fu indirettamente fatale allo stesso Tisaferne. Attaccandolo lo obbligò a fare quello che lui voleva; in qualche modo fece sapere che era sua intenzione scagliarsi contro la Lidia, l'altro invece credette che quello era un stratagemma, e che la vera destinazione (Agesilao come diversione vi aveva mandato qualche reparto) fosse nuovamente contro la Caria, e qui il Satrapo inviò il suo migliore esercito per sbarragli il passo per poi attaccarlo.

Agesilao invece con il grosso del suo esercito marciò effettivamente verso la Lidia e ben presto penetrò fino a Sardi, dove il Satrapo risiedeva, teneva i suoi tesori, e si era tenuta la cavalleria per una eventuale difesa. Tisaferne gli oppose questa, ma Agesilao sapendo che il grosso della fanteria era assente, perchè dislocata in Caria, attaccò con tutte le sue forze come un ciclone, mise tutti in fuga al primo assalto, fece strage dei pochi che si opposero, e permise e offrì ai suoi soldati il saccheggio del ricco campo persiano, nei pressi del fiume Practolo, famoso per la sua ricchezza aurifera.
Poi, non fu difficile, marciare contro l'esercito in Caria, che sbigottito di vedersi attaccare alle spalle non trovò di meglio che darsi alla fuga.

Anche l'arrogante Tisaferne era fuggito da Sardi; ma il castigo gli giunse non da Agesilao, ma dallo stesso Re di Persia. Giuntagli la notizia della grave disfatta, così anomala e strategicamente banale, Artaserse inviò sul posto Titrausto per arrestarlo con l'accusa di tradimento. Lo scovò mentre faceva un bagno, gli tagliò la testa e la mandò al re. Così fini la carriera di Tisaferne.
Agesilao non è che si fermò a Sardi, perchè quella vittoria così ottenuta non aveva risolto i grossi problemi in Asia. C'era ancora da eliminare il Satrapo della Frigia Farnabazo, e questa volta ottenne un maggior risultato. Tale da indurlo a fare progetti di penetrare in Asia.
A quel punto Artaserse iniziò serie trattative per metter fine alla guerra. Inviò a Agesilao molti doni accompagnate da altrettanto serie proposte di pace, le concessione della libertà delle città greche in Asia, e perfino i denari per tornarsene fino a Sparta.
Agesilao forte della precedente esperienza con Tisaferne, acconsentì solo ad arretrare fino in Frigia dove aveva intenzione di mettere il campo per tenersi sempre pronto per le eventuali successive campagne in Asia. Ma qui gli Efori lo raggiunsero con un messaggio con l'ordine di rientrare a Sparta ed assumere il supremo comando dell'armata Spartana. Un incarico che gli spartani non avevano mai affidato nemmeno a un grande uomo, ora lo affidavano solo a un piccolo uomo.

Del resto spargendo il terrore per le contrade dell'Asia, la fama delle sue prodezze era divenuta ammirazione non solo Spartana ma universale. Tutti rimanevano sbigottiti nel sapere che quel piccolo re, così goffo, così modesto, e di maniere così gentili, nella potente Persia era stato capace di simili gesta, e che nella lussereggiante pompa della corte Persiana aveva trattato a tu per tu con il grande Re.
Sicuramente, lui, Agesilao, se non ci fosse stato il richiamo in patria, non avrebbe in quella situazione favorevole abbandonato il campo. Anzi sappiamo che poco giorni prima di ricevere il messaggio di rientrare, aveva scritto agli Efori, elencando minuziosamente le sue felici operazioni, e nel contempo li informava che vi erano tutte le condizioni a suo favore per assalire il re di Persia.
I suoi propositi s'incrociarono con il nuovo ordine degli Efori. E lui si precipitò a rassicurarli che essendo necessaria la sua presenza in Laconia, era risoluto ad obbedire senza ritardo.
Tutti gli storici sono concordi che Agesilao si arrestò in mezzo alle sue fortunate gesta, che secondo ogni probabilità, avrebbero finalmente rovesciato l'impero persiano. Il piccolo re dimostrò una non comune grandezza d'animo e un gran rispetto ai magistrati della sua patria. Amaramente disse Pausania che "A Sparta le leggi governavano gli uomini, e non gli uomini le leggi".

Partito il re Spartano, il re Persiano non accantonò l'idea di procedere contro gli Spartani in Grecia, seguendo i disegni che Conone gli aveva prospettato. Questi -come abbiamo visto a inizio pagina- con la flotta allestita con i denari del re Persiano, era già a Rodi e con l'aiuto del partito democratico si era già reso padrone dell'isola.

ATENE E ALLEATI CONTRO SPARTA

Contemporaneamente in Grecia -nonostante fossero anche lì giunte le prodezze di re Agesilao- era da qualche tempo cominciata una levata di scudi contro Sparta. Ma anche gli Stati del centro della penisola da qualche tempo avevano guardato con sempre crescente inquietudine l'ingrandimento della potenza dei Peloponnesi; più che altro la Beozia, il più importante di questi Stati. Essi compresero che era stato un grave errore aver aiutato Sparta nella guerra Peloponnesiaca contro Atene e decisero di agire prima che fosse troppo tardi.

Un pretesto fu subito trovato: nel corso dell'anno (sempre il 395 a.C.) la Beozia intervenne a favore dei Locresi in una guerricciola di confine che questi avevano con la Focide, alleata di Sparta; il che costrinse gli spartani ad intervenire ed invadere la Beozia con due eserciti, uno da occidente e uno da sud, in modo da soffocarla da due parti.
Sappiamo che dopo la figuraccia fatta fare da re Pausania a Lisandro (la pace con Atene e la sua esautorazione) quest'ultimo per il primo nutriva un serio rancore personale. Ma dopo l'umiliazione subita nella campagna persiana l'odio si era esteso anche nei confronti del re Agesilao, che proprio lui aveva aiutato a salire sul trono.
Aveva sì ancora un buon seguito a Sparta, ma per quelle mire che aveva in mente (di abbattere il re, e quindi a suo tempo anche re Pausania) le clamorose gesta del piccolo re in Persia apportarono sostanziali cambiamenti nella politica spartana. Agesilao aveva rispetto delle decisioni degli Efori, e gli Efori dopo i suoi successi lo avevano richiamato per assumere (incarico mai affidato a un solo uomo) il supremo comando dell'armata Spartana.

Ciò voleva dire che sia Lisandro sia Pausania erano indirettamente alle dipendenze di Agesilao e (essendo il re ancora in Frigia) direttamente a quella degli Efori. Questi in attesa del rientro di Agesilao, al primo affidarono l'invasione della Beozia da sud, e a Lisandro quella occidentale. I due eserciti dovevano congiungersi ad Aliarto nel cuore della regione.

LA MORTE DI LISANDRO

Fu Lisandro a varcare per primo i confini della Beozia e trasse dalla sua parte Orcomeno, la più importante città della lega dopo Tebe (da sempre nemica ma ora alleata di Atene), poi avanzò verso Aliarto, e nel volerla prendere con un audace colpo di mano prima che vi arrivasse l'odiato Pausania, nell'avventato assalto cadde fulminato da un dardo e i suoi uomini disorientati furono messi in fuga dagli Ateniesi & C.
Pausania quando giunse nei pressi, non osò più arrischiare una battaglia, lasciò il campo e se ne tornò nel Peloponneso. Quando Pausania tornò a Sparta, fu accusato di cattiva condotta, e benchè fosse uno dei due re di Sparta, fu condannato alla pena di morte, che evitò dandosi alla fuga.

Così cadde Lisandro il famoso uomo che riuscì a portare Sparta ad un grado di potere che non aveva mai conosciuto. Così morì l'uomo che aveva rovinato Atene. E considerando il suo grande potere che aveva avuto, e le molte occasioni di metter insieme tesori, furono tutti stupiti che non lasciò nessuna ricchezza.
Questo disprezzo per la ricchezza -se vogliamo fare onore sulla sua memoria- chiaramente mostrò che nell'agire solo l'ambizione era il suo vero stimolo. L'eccesso di questa passione, non oscurò lo splendore delle sue straordinarie doti; poichè fu intrepido ed esperto comandante, consumato politico, accorto nel trattare i vari caratteri degli uomini. La sua generosità non aveva confini, ma la sua parzialità era eccessiva. Non solo sostenne, ma cooperò e fu indulgente con tutti coloro che con la villania, con l'ingiustizia, con il terrore usarono il potere che lui aveva a loro dato; non ebbe nemmeno rimorsi quando gli stessi tiranni usarono le più spietate crudeltà e il delitto per raggiungere i loro scopi.
Vanitoso fino all'insolenza, Lisandro desiderava in ogni occasione agire senza contrasti. Lo abbiamo visto nei suoi ultimi mesi di vita, tramare perfino contro Agesilao per abbatterlo come re.
Fu il peggior nemico che Atene conobbe nella sua storia. E nella stessa storia, Lisandro verrà sempre ricordato come l'uomo che stabilì ad Atene i trenta tiranni. Una tirannia che alla fine non pagò, ma rese Sparta odiosa anche ai suoi vicini. Perfino Tebe da tempi immemorabile nemica di Atene corse in suo aiuto.

LA BATTAGLIA SUL NEMA E CORONOEA

Prima che giungesse a Sparta Agesilao, gli spartani in ogni contrada furono assaliti da Ateniesi, Beozi, Corinti e Terbani, formando un esercito di ventimila uomini; poi nella pianura fra Corinto e Sicione, sul fiumiciattolo Nema, (era il luglio del 394 a.C.) ingaggiarono battaglia con altrettanti ventimila opliti spartani. Meglio organizzati, con una valida cavalleria, prevalsero gli Spartani, ma gli alleati conservarono fino all'estremo il loro terreno trovando protezione nelle fortificazioni della vicina Corinto. Fu uno delle più sanguinose battaglie ma dal punto di vista strategico prina di qualsiasi risultato.

Un'altra sanguinosa fu combattuta il mese dopo (agosto del 394 a.C.) a Coronea. Agesilao dopo aver attraversato la Tracia, la Macedonia e la Tessalia alla metà di agosto giunse ai confini della ribelle Beozia. Con i pochi alleati prese posizione presso Coronea. Poi attaccò per primo. Rimase vincitore, ma subì perdite così gravi che dovette rinunciare ad un'ulteriore offensiva. Ricondusse l'esercito nella Focide, e qui lo sciolse.
Tutta la campagna sia da una parte che dall'altra rimase senza effetti. Solo il valore degli opliti di Sparta, evitarono ulteriori defezioni fra gli alleati del Peloponneso.

Mentre si svolgevano in terra questi scontri (metà agosto del 394 a.C.) la sorte fu invece decisa sul mare. Qui avvenne una importante battaglia, Conone con i vascelli allestiti dai suoi amici Persiani, faceva vela verso il Chersoneso con l'intenzione di assalire la flotta spartana consistente in 120 vascelli. Lo scontro avvenne a Cnido, città della Caria nell'Asia Minore.
Conone, dopo l'occupazione di Rodi, con i denari di Artaserse, aveva portato la sua flotta a 170 navi, con il contributo perfino dei fenici, ed era divenuto di gran lunga superiore in forze alla flotta del Peloponneso che gli stava di fronte.
Tuttavia l'ammiraglio spartano Pisandro, cognato di Agesilao, invece di ritirarsi a Mileto, ovvero a Efeso, accettò battaglia; ed essa come non poteva essere altrimenti date le circostanze, si risolse in una disastrosa disfatta, lo stessò Pisandro rimase ucciso e più della metà dei vascelli spartani furono catturati.
Conone si ritrovò padrone del Mare Egeo. Era insomma venuto il suo momento di gloria, e atteggiandosi a condottiero liberatore, in tutte le città dove attraccava subito proclamava piena libertà ai cittadini. Ma non i limitò solo con le parole, ma dando alle stesse più efficacia, non collocò nessun presidio nelle piazze conquistate; in seguito a questo suo agire, tutte le città della costa dell'Asia Minore e delle isole vicine passarono dalla sua parte e cacciarono ovunque le guarnigioni spartane.

L'anno successivo (393 a.C.) Conone si dedicò alla Grecia europea, le Cicladi si misero al suo seguito, Citera fu conquistata, poi la flotta entrò nel Pireo e Conone fece il suo ingresso trionfale nella città natale, da cui aveva dovuto per tanto tempo rimaner lontano.
Egli procedè immediatamente alla ricostruzione delle lunghe muraglie e delle fortificazioni del Pireo e restituì così ad Atene quel sistema di difesa che costituiva la base del suo dominio marittimo. Poco dopo anche le isole di Sciro, Lemmo ed Imbro, anrichi posseidmenti coloniali di Atene, tornarono sotto la signoria ateniese, venne ripristinata la supremazia ateniese su Delo, e furono concluse alleanze con Chio, Rodi, Mitilene.

Tuttavia gli Spartani mantennero ferma la loro posizione nella Grecia continentale, anzi alla fine dello stesso anno 393, riuscirono a tradimento perfino a riprendersi Lecheon, la città che costituiva il porto di Corinto, rompendo così il sistema di difesa dei loro nemici sull'istmo.
Nonostante ciò Sparta comprese che non le era più possibile riacquistare il perduto predominio dei mari e quindi intavolò dei negoziati con Atene ma contemporaneamente anche con l'altro ex nemico: la Persia.
ANTALCIDA come delegato di questi negoziati nel 392 si recò a Sardi e offrì al re la cessione del continente asiatico, a condizione che tutti gli altri Stati ellenici conservassero la propria indipendenza. A reggere in quell'anno la Satrapia persiana in Lidia vi era Tiribazo, che si mostrò abbastanza propenso ad accettare tale proposta e pronto per andare a riferirla ad Artaserse.

Ma a Sardi si era recato pure Conone con una ambasciata che comprendeva rappresentanti di Atene, Tebe ed Argo. E questi non vollero saperne di quella pace proposta dal delegato spartano ne erano perfino indignati. A quel punto il Satrapo convinto che lo si volesse giocare, accusò Conone come traditore della causa persiana. Lo fece arrestare e imprigionare. Lo sfortunato Conone trovò ben presto il modo di fuggire, raggiungendo ancora una volta Cipro e mettendosi sotto la protezione del suo amico Euagora, ma non molto tempo dopo per una malattia morì.
Tuttavia il Satrapo informò della proposta di Sparta il suo Re, ma Artaserse pur ancora irritato contro Sparta non se la sentiva nè di firmare una pace ma nemmeno di ricominciare la guerra; anche perchè la sua flotta si era nel frattempo già disciolta.
Lasciò passare qualche anno, riesaminò la proposta spartana di Antalcida, poi tra Persia e Sparta fu stipulata la pace che porta appunto il nome del negoziatore spartano, che però risultava più vantaggiosa per la Persia che per la Grecia ateniese (Atene e le città ad essa alleate). Questa l'accettò comunque, ma ben presto ricominciarono le reciproche ostilità.

Nel frattempo nel Peloponneso, Re Agesilao si era dato da fare contro le ribelle Argo e Corinto passate ad Atene. Mosse con l'esercito nel corso dell 391 a.C.; ma in entrambe trovò a contrastarlo un nuovo forte stratega ateniese, IFICRATE che gli distrusse metà esercito. Nonostante ciò, per Atene, non fu nemmeno questa - come a Sfacteria- una battaglia di grande utilità.
L'unico risultato fu quello di mettere in buona luce lo stratega che divenne d'un tratto ad Atene un generale famoso.
Moralmente questo successo -che seguiva quello più clamoroso di Cnido- fu comunque di grande importanza; Atene ritenne che era giunto il momento di ricostituire l'antico dominio.
A sua volta Sparta in questi domini non aveva saputo dare una salda organizzazione; dominava sopra un aggregato poco compatto di piccoli Stati che non erano tenuti insieme se non dal timore che incuteva la superiorità dell'esercito spartano e dall'interesse partigiano degli oligarchi che si trovavano al potere. Le simpatie della pubblica opinione, di cui un tempo aveva largamente goduto, Sparta le aveva in gran parte perdute in seguito alla sua politica di violenze. Poteva quindi bastare un minimo urto per far precipitare il superbo edificio da essa costruito.
Correva l'anno 390 a.C.

Ma prima di riprendere le cronache politiche e militari, noi dobbiamo fare un passo indietro per dare una sguardo alla vita intellettuale, economica e sociale ai tempi della lunga e sanguinosa guerra del Peloponneso. Nel corso di essa l'ordinamento politico e militare e gli stessi costumi subirono ad Atene un profondo mutamento per effetto di quella guerra e delle guerricciole che poi seguirono.

Ma se queste guerre affrettarono la dissoluzione della civiltà, fece però emergere la cultura con forme più generali e favorì il diffondersi della civiltà greca in tutto il resto del mondo.


LA VITA INTELLETTUALE
Prima, durante e dopo la guerra del Peloponneso > >

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