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(un buon sito da visitare: http://www.minerva.unito.it/SIS/OrigineVita/originiINTRODUZ.htm

 

Ipotesi sullo sviluppo biotico di ambienti extraterrestri

 

Alessandro Giorgetti e Giulio Cavini Benedetti

 

1. Premessa

 La vita è comparsa solo sulla Terra? La domanda è solo apparentemente semplice e banale. Sicuramente una risposta positiva significherebbe conferire alla Terra una peculiarità difficile a sostenersi, se non ricorrendo ad una interpretazione letterale, e peraltro parziale, della Genesi, abbandonata da decenni anche dalla Chiesa cattolica. La validità generale delle leggi fisiche e chimiche che regolano l�funiverso ci impedisce di pensare alla Terra come �gcaso unico�h, anche se il nostro pianeta presenta delle peculiarità che forse non sono molto frequenti.

 Una risposta negativa, più facilmente accettabile sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, deve però fare riferimento a un postulato generale tutt�faltro che universalmente condiviso: lo sviluppo della Vita rappresenta l�fevoluzione naturale della materia inanimata ove le condizioni fisiche e chimiche lo consentano.

 

2. Le sequenze di sviluppo

 Per comprendere se, dove e come la vita può essersi sviluppata altrove dobbiamo, in primo luogo, far riferimento alla vita di tipo terrestre e alle sue origini, che non sono ancora chiare. Su queste basi é possibile spingere la nostra analisi a situazioni esterne al nostro pianeta e studiare le analogie e le differenze sia con le condizioni terrestri attuali, che con le presupposte condizioni della Terra a cavallo della comparsa della Vita.

 Per quanto riguarda il primo punto è facile constatare che nel nostro sistema solare non ci sono pianeti o satelliti con caratteristiche tali da consentire la presenza, sulla loro superficie, di forme di vita altamente organizzata. Di conseguenza la ricerca di una vita evoluta riguarda ambienti esterni al sistema, per ora irraggiungibili con i nostri mezzi.

 La �glicenza�h che ci prendiamo quando pensiamo al modello terrestre come unico possibile è però motivo di perplessità. Il modello terrestre può essere veramente valido sempre e comunque? Ad esempio la vita, se sviluppatasi altrove nell�funiverso, deve ovunque aver fatto riferimento alla chimica del carbonio? Non potrebbe ad esempio, fare o aver fatto riferimento al silicio? Ma, anche senza spingersi su livelli di fantasia, per rimanere su un livello scientifico, possiamo chiederci se la sequenza terrestre dello sviluppo evolutivo possa considerarsi universale.

Se consideriamo la prima parte di questa sequenza, che va dalle molecole organiche semplici alla comparsa di Metazoi e Metafiti (tabella 1), la risposta potrebbe essere positiva; ma se consideriamo i successivi sviluppi, in particolare dei Metazoi (tabella 2), non possiamo oggi avere risposte sulla sua validità.

 

 

1.          molecole inorganiche

2.          molecole organiche semplici (aminoacidi, monosaccaridi, acidi grassi, singoli nucleotidi)

3.          molecole organiche a media complessità (peptidi e/o oligonucleotidi)

4.          molecole organiche ad alta complessità (proteine e/o polinucleotidi)

5.          procarioti eterotrofi o chemioautotrofi primitivi (Monere dell�fecologia primordiale di 1�� livello, che fanno riferimento al Regno minerale per il loro sostentamento)

6.          procarioti decompositori ed eventuali procarioti consumatori (ecologia primitiva di 2�� e 3�� livello)

7.          procarioti autotrofi (fotosintesi)

8.          eucarioti autotrofi

9.          eucarioti eterotrofi di 1�� livello (consumatori primari)

10.     eucarioti eterotrofi di 2�� livello (consumatori secondari)

11.     metazoi e matafiti primitivi

 

Tabella 1. Sequenza di sviluppo della vita sulla Terra fino alla conquista della pluricellularità.

 

 

12.     metazoi semplici (Poriferi e Celenterati);

13.     metazoi mediamente evoluti a simmetria radiale (Cnidari e Ctenofori) e bilaterale (Platelminti, Nemertini);

14.     metazoi evoluti a simmetria radiale (Echinidermi) e bilaterale (Molluschi, Brachiopodi, Anellidi, alcuni Echinodermi e Artropodi)

15.     Cordati

16.     Placentati

Vita intelligente

Tabella 2. Possibile sequenza di sviluppo dei Metazoi

 

 

 Il secondo punto, quello delle origini, è per molti aspetti più abbordabile ma presenta un insieme di insidie che possono indurre in errore. Infatti bisogna considerare che sulle origini della vita terrestre molte cose ancora ci sfuggono. Nessuno ha mai trovato tracce del �gProgenitore�h e probabilmente nessuno le troverà, anche se, con i progressi delle conoscenze nella genetica molecolare, nei rapporti funzionali tra molecole più o meno complesse e più in generale nella bioinformazione, possiamo formulare ipotesi e teorie più o meno soddisfacenti sul passaggio dalla non vita alla vita. Accanto a queste sarebbero necessarie conoscenze esatte sulle condizioni dell�fambiente terrestre di quella fase dell�fAdeano (o dell�fArcheano) a cavallo della comparsa della vita, e questo è un grosso limite perché non solo non c�fè chiarezza sulla esatta composizione dell�fatmosfera nei diversi periodi dell�fera archeozoica ma soprattutto sulla durata delle fasi caratterizzate dall�fatmosfera primordiale (con i gas della nebulosa protosolare), dall�fatmosfera primitiva di primo livello (endogena, da vulcanismo e tettonica), dall�fatmosfera primitiva di secondo e terzo livello (con i probabili eventi di fotolisi dell�facqua e successivamente di produzione biologica di ossigeno molecolare da procarioti fotosintetici); né sono chiare le (mutevoli) caratteristiche delle �ginterfasi�h e le loro reali proprietà ossidanti o riducenti. I primi �gfossili�h risalgono a 3.800 milioni di anni fa e sono tracce di attività procariotica, in un�fepoca indubbiamente molto antica, soprattutto se si considera che la vita della Terra è di poco superiore, pari a 4.6 – 4, 5 miliardi di anni. Sicuramente nei primi duecento o trecento milioni di anni dalla nascita della Terra l�fambiente era tale da non consentire la presenza non solo di forme viventi ma addirittura di molecole prebiotiche; ebbene, nel �gbreve�h volgere di altri due o trecento milioni di anni siamo già in presenza di procarioti, la cui complessità strutturale e funzionale è di gran lunga maggiore della più complessa molecola organica.

 

3. I fattori condizionanti

 Se accettiamo il modello terrestre come uno dei modelli possibili di sviluppo, dobbiamo partire dalle peculiarità del nostro pianeta, che sicuramente non si trovano con grande frequenza. Quali sono, in generale, le condizioni base affinché su un corpo celeste si possa sviluppare una vita �gdi tipo terrestre�h?

 

3.1. Distanza dalla stella

 La prima condizione riguarda probabilmente la distanza dalla propria stella. Questa non può essere troppo piccola né troppo grande, in relazione all�fenergia radiante dell�fastro, in modo tale che, a prescindere da tutte le altre condizioni, possano realizzarsi fenomeni fotosintetici (radiazione nel visibile) e che la radiazione infrarossa sia tale da consentire la presenza di acqua liquida. Nel sistema solare la �gfascia della vita�h è compresa tra le orbite di Venere e di Marte; il fatto che l�facqua in forma liquida non sia presente sui due pianeti extraterrestri della fascia e che non siano presenti fenomeni fotosintetico-simili (su Marte peraltro, ad oggi, non possono essere esclusi con assoluta certezza) è solo dovuto ad altre condizioni concomitanti.

 

3.2. Caratteristiche della stella

 Non ogni stella può essere idonea a consentire lo sviluppo della vita su un suo pianeta. Si devono considerare diversi aspetti.

 

3.2.1. Caratteristiche spettrali della stella.

 Le stelle sono classificate con una lettera e un numero in base alla natura delle loro linee spettrali, che è correlata grosso modo con la temperatura superficiale. Le classi sono: O, B, A, F, G, K e M; le stelle di classe O sono le più calde, quelle di classe M le più fredde. I numeri rappresentano suddivisioni delle classi maggiori. Le stelle di classe O e B sono molto luminose, quelle di classe M sono deboli. Tali caratteristiche condizionano naturalmente la distanza ottimale di un pianeta per lo sviluppo di forme viventi. Il Sole è una stella di tipo G, classe di stelle che a priori possono essere considerate le più idonee a favorire lo sviluppo della vita, ma caratteristiche non troppo diverse sono presentate dalle stelle di tipo F e K.

 

3.2.2.Caratteristiche �gstrutturali�h.

 Alcune stelle sono doppie o multiple, ruotanti intorno a un baricentro comune e altre hanno emissioni radianti variabili; nella nostra Galassia le stelle multiple sono circa la metà del totale. Le variazioni di luminosità e di temperatura su eventuali pianeti ruotanti intorno a una stella multipla o a una sua componente sono ingenti e ciò condiziona in maniera estremamente negativa le possibilità di uno sviluppo biologico.

 In altri casi la variabilità risiede nella struttura stessa delle stelle, come nelle variabili �gtipo Mira�h o nelle Cefeidi, che variano di luminosità pulsando regolarmente. La causa di questa pulsazione è la mancanza di equilibrio fra la forza di gravità e la pressione della radiazione e dei gas. In queste stelle gli atomi di elio ionizzati che si trovano nell�fatmosfera vengono ionizzati una seconda volta dalla radiazione proveniente dall�finterno e diventano opachi: la luce non riesce più a passare e preme contro l�fatmosfera facendola espandere e aumentando le dimensioni della stella. Tale espansione causa però un raffreddamento e di conseguenza un ritorno alla situazione di ionizzazione dell�felio originaria: l�felio torna ad essere trasparente e la luce può passare all�festerno. Anche in questi casi è difficile pensare a possibili pianeti dove si sviluppi la vita

 Esistono anche altre variabili, dette cataclismiche: novae, novae nane, novae ricorrenti. La variazione luminosa, solitamente non periodica e spesso di enorme entità, è causata dall�finterazione tra le componenti di sistemi stellari a contatto nei quali una stella cattura del gas ad un�faltra; in genere la stella predatrice è una nana bianca e la stella predata una gigante rossa, relativamente fredda. Il gas forma così un disco di accrescimento attorno alla nana. In questi casi è ancora più difficile che si possano realizzare, per tempi sufficientemente lunghi, dell�fordine almeno di alcune centinaia di milioni di anni, condizioni in grado di consentire uno sviluppo biotico.

 In pratica solo le stelle singole e non variabili (come il Sole) possono avere pianeti simili alla Terra.

 

3.3. Massa planetaria

 Un pianeta in grado di ospitare la vita dovrebbe avere massa e dimensioni non troppo dissimili da quelle della Terra, in modo da avere un�fattrazione gravitazionale in grado di trattenere un�fatmosfera per lunghi periodi. Spesso si considera la massa marziana come limite inferiore, anche se probabilmente è possibile scendere a valori più bassi come quelli di Ganimede o di Titano o addirittura di Tritone. Il limite superiore è assai difficile da stabilirsi a priori; gli ostacoli presenti con masse troppo grandi (per esempio simili a quella di Giove) riguardano forza di gravità, pressione sulla superficie, composizione atmosferica e suo spessore, che possono rendere difficoltoso lo sviluppo biotico in superficie.

 

  3.4. Presenza di substrato solido

 Un substrato solido appare indispensabile per l�faffermarsi di forme di vita di tipo terrestre, oltre che per le sue origini (fenomeni di adsorbimento di molecole organiche su cristalli di silice). Ambienti gassosi come quelli caratteristici dei giganti del sistema solare esterno (Giove, Saturno, Urano, Nettuno) sono completamente inadatti a forme di vita.

 

3.5. Presenza di acqua liquida

 L�facqua è fondamentale per lo sviluppo di una vita di tipo terrestre. Affinché possa trovarsi in forma liquida sono necessarie condizioni ambientali (principalmente di temperatura e pressione) che probabilmente sono poco frequenti e, nel nostro sistema, forse del tutto assenti, tranne che sul satellite gioviano Europa.

In secondo luogo si deve considerare l�feffetto serra, determinato dalla presenza di gas in atmosfera (CO2 ma non solo). Infine l�fambiente microclimatico legato a particolari situazioni di latitudine (zone circumpolari di Mercurio) o alla presenza di sorgenti interne di calore per l�fesistenza di magma incandescente sotto la crosta. Se inoltre è presente un nucleo caldissimo e fluido si può avere anche la presenza di un campo magnetico, in grado a sua volta di esercitare una protezione piùo meno efficace dalle radiazioni cosmiche e solari.

 

3.6. Presenza di un grosso satellite

 Aspetto generalmente trascurato, potrebbe avere una grande importanza. Un satellite di grosse dimensioni, come la Luna, è infatti in grado di stabilizzare l'angolo formato dall'asse di rotazione del pianeta rispetto alla perpendicolare al piano orbitale. Variazioni consistenti, e in tempi relativamente brevi, dell�fobliquità dell�fasse orbitale di un pianeta privo di un compagno a funzione stabilizzatrice, producono infatti marcate variazioni climatiche che sicuramente non favoriscono lo sviluppo biologico, La Luna invece, contribuisce a rendere lento il moto di precessione e le variazioni climatiche da cambiamenti dell�fobliquità impercettibili nel medio periodo.

Secondo questi principi sembrerebbe che la presenza di un grosso satellite sia sempre necessaria a limitare e rallentare il moto di precessione, causa di grossi sconvolgimenti climatici Ma non è sempre vero; per esempio Mercurio e Venere non hanno satelliti, eppure il loro angolo di obliquità è relativamente costante. In questi casi è la vicinanza del Sole ad essere responsabile della stabilità, con le sue enormi forze mareali. La Terra però, più lontana, non ne trarrebbe grande vantaggio e ancora di più Marte. Questo di satelliti ne ha due, ma sono piccolissimi e non in grado di incidere sulla stabilità dell�fangolo; in effetti il Pianeta rosso presenta moti di precessione accentuati, anche per le perturbazioni gravitazionali esercitate dai giganti esterni e soprattutto da Giove. Questo rappresenta in effetti un possibile impedimento o un forte ostacolo allo sviluppo, nel passato, della Vita sul pianeta.

 

3.7. Protezione dalle radiazioni e dai meteoroidi.

Una adeguata atmosfera e un campo magnetico sono indispensabili per la protezione della superficie da pericolose radiazioni ionizzanti (raggi X e raggi gamma), non ionizzanti (ultravioletti) e corpuscolari provenienti dalla radiazione cosmica galattica e dal vento stellare, nonché dal bombardamento di meteoriti.

 

4. L�fapproccio probabilistico alla stima quantitativa

Anche se finora ne sono stati scoperti solo circa 130, sicuramente nell�fUniverso esistono miliardi di miliardi di pianeti.  Un gran numero è probabilmente rappresentato da giganti gassosi o comunque da corpi che si trovano a distanze (troppo piccole o troppo grandi) dalla loro stella tali da rendere la loro superficie assolutamente priva di qualsiasi traccia di vita; un numero forse di poco inferiore potrebbe però essere caratterizzato da ambienti prebiotici e, dato il numero enorme di corpi celesti, alcuni di questi potrebbero essersi evoluti in senso biotico compiuto abitati da biocenosi più o meno complesse. Quanti? Un tentativo di approccio all�fargomento �gvita extraterrestre�h su basi statistiche è quello proposto da Frank Drake.

 

4.1. L�fequazione di Drake

Nel 1961 Drake sviluppò un�fequazione per stimare quante civiltà intelligenti, in grado di comunicare, fossero presenti nella nostra Galassia. L�fequazione comprende numerosi membri, gli ultimi dei quali riguardano la comparsa e lo sviluppo della vita intelligente:

N = NS x FP x NE x FL x FI x FC x FT

 In questa equazione :

NS rappresenta il numero complessivo di stelle nella nostra Galassia;

FP è la percentuale di stelle che hanno pianeti;

NE è il numero di pianeti per stella capaci di far sviluppare la vita;

FL è la percentuale di pianeti NE nei quali la vita si è effettivamente sviluppata;

FI è la percentuale di pianeti FL dove la vita si è evoluta fino a forme intelligenti;

FC è la percentuale di pianeti FI in grado di comunicare;

FT è la frazione di tempo in cui i pianeti che ospitano vita intelligente e in grado di comunicare possono effettivamente farlo.

 

4.2. L�fequazione di Drake modificata

 Quello che a noi interessa è però solo una possibile stima del numero di pianeti che ospitano la vita, non la vita intelligente. L�fequazione di Drake perciò può essere ridotta ad una forma più semplice, con l�feliminazione degli ultimi membri. N, in questa equazione, non è più il numero di civiltà in grado di comunicare, ma il numero di pianeti con forme di vita e quindi lo chiameremo NV.

NV = NS x FP x NE x FL

Tranne NS, stimato con sufficiente approssimazione (tra i 100 e i 200 miliardi) e comunque periodicamente aggiornato, gli altri sono alquanto ipotetici. FP, fino ad alcuni anni fa, era stimato in un range compreso tra il 20% e il 50%, ma la continua scoperta di nuovi pianeti extrasolari sembra suggerire percentuali maggiori.  Ad NE viene di solito assegnato un valore compreso tra 1 e 5  ma , alla luce delle �gpeculiarità�h che deve possedere un pianeta alle quali è stato fatto cenno, queste stime appaiono troppo ottimistiche; prudenzialmente si potrebbe suggerire un range compreso tra 0.1 e 1. La stima di FL è il vero nodo della questione, la vera incognita, l�foggetto principale di questa relazione. Il suo valore è, in realtà, solo  un�festensione �gtemporale�h di NE: infatti se accettiamo il già ricordato postulato centrale dell�fevoluzione, su tutti i pianeti in possesso di requisiti per lo sviluppo della vita, questa si sviluppa se il tempo a disposizione è sufficiente. In pratica è l�fetà del pianeta che, in relazione alle variabili del paragrafo precedente, può darci informazioni sia sull�fesistenza di vita che sul livello evolutivo da questa raggiunto. Dalla formazione della nostra Galassia probabilmente un gran numero di stelle, con pianeti al seguito, ha cessato di esistere ma altre si sono formate, si formano e si formeranno in futuro.

In ogni caso, anche adottando parametri numerici molto �gprudenti�h, è facile verificare che, solo nella nostra Galassia, �gattualmente�h potrebbero essere presenti milioni o addirittura miliardi di pianeti abitati da una o più forme di vita.

 

5.L�fapproccio matematico descrittivo per la stima qualitativa

 

�gScorgo un certo ordine nell�funiverso,

e la matematica è un modo per renderlo visibile�h

May Sarton (1912 - 1995)

 

 Nel paragrafo 2 di questa relazione abbiamo mostrato l�felenco numerato di una possibile sequenza delle fasi dello sviluppo della vita sulla terra, prima fino alla conquista della pluricellularità e poi su fino alla vita intelligente. Nel paragrafo 3, partendo dal modello terrestre, abbiamo invece fatto un breve cenno ad alcune delle condizioni base affinché su un corpo celeste possa svilupparsi una vita �gdi tipo terrestre�h. Quello che segue è un possibile approccio allo sviluppo di una notazione simbolica ancor prima che matematica che permetta di descrivere in forma sintetica (cioè succinta) e sinottica (cioè capace di dare una facile vista d�finsieme) quanto esposto nei suddetti paragrafi, specialmente il terzo. L�fobiettivo è quello di riuscire a vedere a colpo d�focchio i legami e le interazioni tra le varie grandezze o parametri in giuoco e, infine, anche di produrre dei numeri, che potranno di volta in volta essere interpretati come il grado di possibilità che un certo processo si avvii e si compia, oppure semplicemente il suo grado di compimento. Vedremo inoltre come questa struttura matematico descrittiva sia un po�f come le scatole cinesi, cosa che ci darà la possibilità di evidenziare con maggior o minor dettaglio ed in forme diverse ciò che vorremo descrivere.

 

5.1. Funzioni s e p

  Nell�fesaminare le condizioni favorevoli od ostative all�finnesco dei meccanismi che possono portare allo sviluppo della vita passando attraverso le varie fasi, abbiamo potuto notare fondamentalmente due tipi di condizioni:

 Condizione di tipo s: una data caratteristica può favorire (ostacolare) un certo processo solo se la sua intensità è superiore ad un certo valore, il tutto con una certa gradualità più o meno accentuata.

 Condizione di tipo p: una data caratteristica può favorire (ostacolare) un certo processo solo se la sua intensità è compresa in un intervallo di valori, anche qui con una certa gradualità più o meno accentuata.

 Queste condizioni possono essere espresse mediante funzioni matematiche che dal punto di vista numerico devono fornire un valore compreso tra 0 e 1 al variare dell�fintensità del parametro o grandezza condizionante:

-         più il valore si avvicina a 1 più la condizione è favorevole;

-         più il valore si avvicina a 0 più la condizione è sfavorevole.

 C�fè una grande varietà di funzioni che hanno questo comportamento, ma a noi sembra che le più maneggiabili e semplici da calcolare siano quelle riportate in appendice. Qui ci limitiamo solamente ad elencarle con notazione semplificata,  mostrandone l�fandamento qualitativo ed una breve descrizione.

 

Funzione

Andamento

Descrizione

La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua intensità è superiore a go.

La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua intensità è inferiore a go.

La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua intensità è compresa nell�fintervallo g1-g2.

La grandezza �gg�h è favorevole al processo se la sua intensità è fuori dall�fintervallo g1-g2.

 

5.2. L�findice di condizionamento

 Chiameremo il valore fornito da queste funzioni �gindice di condizionamento relativo ad una certa grandezza�h e lo indicheremo con il nome della grandezza sotto esame ornata con un�fonda. Ad esempio,  potrebbe rappresentare l�findice di condizionamento globale, relativo cioè all�finfluenza di tutte le grandezze coinvolte nella fase o processo  ;  potrebbe rappresentare l�findice di condizionamento relativo alla grandezza temperatura.

 Se il valore calcolato di questi indici supera lo 0.5, ciò significa che l�fintensità dei vari parametri o grandezze coinvolti condizionano favorevolmente il corso del processo considerato.

 Questo valore non indica la probabilità che una certa fase o processo si avvii o si compia, ma indica solamente se esistono o meno le condizioni affinché detto processo possa avviarsi o compiersi.

 

 

5.3. L�foperatore P

 Un indice di condizionamento può essere a sua volta condizionato da più parametri o grandezze indipendenti tra loro, ognuno dunque con il suo proprio indice di condizionamento. Ci serve dunque un mezzo per mettere insieme tutti questi fattori condizionanti e calcolarne l�findice complessivo.

 Introduciamo l�foperatore P.

 Sia un processo  il cui indice di condizionamento  dipende a sua volta  da n parametri , ognuno con un proprio indice di condizionamento . L�findice di condizionamento globale del processo  sarà dato da:

,

dove 

.

 In sostanza, l�foperatore P calcola semplicemente la radice n-esima del prodotto degli n indici.

 

5.4. Nidificazione degli indici

 La simbologia adottata e le caratteristiche delle funzioni adoperate permettono di aumentare o diminuire a piacere il livello di dettaglio nello studio e nella descrizione degli indici, grazie all�fillimitata possibilità di �gnidificazione�h che consente l�foperatore P. Sia il solito processo  caratterizzato da un indice di condizionamento  dipendente da più parametri o grandezze . Potremo scrivere , dove gli  sono gli indici di condizionamento relativi alle grandezze . Ora, è possibile che alcuni di questi indici  siano a loro volta condizionati da altri parametri, e li potremo esplicitare grazie all�foperatore P. Andremo avanti così fino a raggiungere i parametri o grandezze non più condizionate, non più esprimibili per mezzo di altri parametri; a questo punto finalmente entrano in gioco le funzioni s e p, secondo uno schema di questo tipo:

Callout 11: Indici di condizionamento 

 


Callout 11: Indici di condizionamento 

 


 

 


5.5. Esempio di applicazione del metodo

 Sia dato un processo  condizionato dai seguenti parametri: Temperatura, tipo di Substrato, tipo e quantità di Radiazioni incidenti. L�findice di condizionamento relativo a questi parametri si scrive banalmente

                                           [1]

dove

è l�findice di condizionamento che il processo Fn si avvii o si compia relativamente all�finfluenza della temperatura o dei parametri che la determinano (ad es. tipo di stella e sua potenza radiante, distanza dalla stella, esistenza di atmosfera ed effetto serra, magma interno al pianeta, ecc);

è l�findice di condizionamento che il processo Fn si avvii o si compia relativamente all�finfluenza dei parametri che determinano il tipo di substrato (ad es., per le fasi iniziali, composizione chimica, presenza di acqua liquida, atmosfera riducente, ecc.);

è l�findice di condizionamento che il processo Fn si avvii o si compia relativamente all�finfluenza del tipo e della quantità di radiazioni che arrivano sulla superficie o, per converso, relativamente all�feffetto schermante dell�fatmosfera.

 

 In primo luogo è interessante notare quanto sia stato facile �gscrivere�h la [1] e come la medesima sia altrettanto facile da �gleggere�h: «La possibilità che la fase  si avvii o si compia è condizionata dai fattori temperatura, substrato trofico e radiazioni incidenti».

 In seconda luogo, sicuramente ognuno di questi indici dipende da vari parametri, per cui, nello studio di , possiamo farci aiutare dalle proprietà di nidificazione degli indici, prendendoli uno per volta. Per fare un esempio, consideriamo il solo parametro temperatura. Se la consideriamo a sé, l�funica condizione da scrivere è

,                                            [2]

che ci dice semplicemente che per essere favorevole la temperatura deve avere valori compresi all�finterno dell�fintervallo (T1 - T2); nulla però ci viene detto sulle cause che determinano detta temperatura. Supponiamo ora che essa dipenda solo dai seguenti fattori: potenza radiante ricevuta dalla propria stella per unità di superficie (potenza specifica) ed effetto serra. Scriveremo:

                                          [3]

 Consideriamo la potenza specifica. Ci è facile immaginare che questa non debba essere né inferiore ad un certo valore minimo, ne superiore ad uno massimo, per cui scriveremo semplicemente

                                             [4]

 Ma la potenza specifica ricevuta dal corpo celeste è proporzionale alla potenza della sua stella e inversamente proporzionale al quadrato della distanza, e quindi possiamo scrivere in alternativa alla [4]

.                                    [4�f]

 A sua volta poi, volendo, la potenza della stella potrebbe venir espressa in base alle dimensioni dell�fastro ed alle proprie righe spettrali, che sono grossomodo correlate con la sua temperatura superficiale. Ma noi ci fermiamo qui.

 

 Per quanto concerne l�feffetto serra, è necessario che nell�fatmosfera ci sia una concentrazione favorevole di gas serra, né troppo alta né troppo bassa. Avremo dunque semplicemente:

                                  [5]

 Bisogna però considerare che, affinché un pianeta possa trattenere abbastanza a lungo un�fatmosfera occorre che la sua massa non sia inferiore ad un certo valore minimo. Nello stesso tempo, se la sua massa fosse troppo grande tratterrebbe anche gli elementi più leggeri con conseguente composizione chimicamente poco favorevole dell�fatmosfera, oppure determinerebbe una pressione sulla superficie incompatibile o poco compatibile con la vita. Quindi la massa del pianeta è anch�fessa un fattore condizionante per l�feffetto serra, e di conseguenza la condizione [5] deve essere riformulata come segue:

                   [5�f]

Facendo le opportune sostituzioni otteniamo finalmente:

                                               [6]

 

 Ripercorriamo i ragionamenti fatti elencando solamente la successione di espressioni. Scorrendole, vedremo come sia facile �gleggere�h ed esprimere a parole ciò che esse contengono e hanno da dirci, e cioè che per avere le condizioni favorevoli relativamente all�feffetto della temperatura occorre che

-   il rapporto tra la potenza radiante della stella ed il quadrato della distanza dal pianeta deve essere compreso in un certo intervallo di potenza specifica;

-   la massa del pianeta deve essere compresa in un certo intervallo;

-   la quantità di gas serra presenti nell�fatmosfera deve essere compresa tra un livello minimo ed uno massimo.

 

[2]    

 

[3]    

 

[5]                    

 

 

[5�f]                  

 

[4]             

 


[4�f]          

 

[6]                                                  

 

 Siamo passati facilmente dall�funico parametro condizionante considerato (la temperatura) alle cause che invece la producono e a loro volta condizionano, sintetizzando il tutto nell�fespressione [6]. E praticamente senza matematica, ma con solo un simbolismo che ci ha permesso di formalizzare e sintetizzare un insieme di considerazioni di carattere essenzialmente qualitativo. Per passare agli aspetti quantitativi basta dare il proprio valore numerico a tutte le variabili e costanti in gioco, sostituire le funzioni con le loro espressioni algebriche e farne il calcolo; oggi tutto questo è cosa facile grazie ai PC.  Se il risultato è maggiore di 0.5 significa che i parametri analizzati, considerati nel loro insieme, sono favorevoli all�fattuazione del processo di cui sono condizionanti.

 Questo simbolismo consente dunque di considerare gli aspetti qualitativi del problema separatamente da quelli quantitativi, che possono essere affrontati in un secondo tempo. Consente inoltre di evidenziare alcuni aspetti piuttosto che altri a seconda dei fenomeni o parametri che si vogliono considerare o mettere in evidenza, specie quando ce ne sono più correlati fra loro. Non c�fè una sola risposta, ma ogni esperto in una qualche disciplina troverà facile tradurre la sua visione del problema in una forma originale rispetto ad altri esperti in altre discipline, e la visione potrà diventare giorno per giorno più ricca ed esaustiva. 

 

Appendice: collezione di funzioni esponenziali di tipo s e p

(con simbologia completa)

 

 

Esempio di funzione p con la temperatura

 

 

 

  Alessandro Giorgetti e Giulio Cavini Benedetti
[email protected]

Relazione alla settimana della Scienza 2005 a Firenze del 15 Marzo 2005.
PAOLO MANZELLI - Director of LRE/EGO-CreaNet ? University of Florence
DIPARTIMENTO DI CHIMICA , POLO SCIENTIFICO 50019 -SESTO F.no-
http://blu.chim.unifi.it/group/education/index.html
http://www.egocrea.net/

 

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