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CRONOLOGIA

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LA GENESI DEI MONDI
IL PRINCIPIO DEL MONDO

(con la collaborazione di Manuel)

Spesso tendiamo a considerare la Terra come se rappresentasse tutto quanto il mondo, senza tener
presenti il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle che le ruotano attorno e che ci osservano da lontano.
Tendiamo a considerare irrilevanti questi astri lontani, che si aggirano intorno al nostro globo come satelliti subalterni. L’uomo si è abituato a dare il titolo di MONDO al pianeta che noi abitiamo e ad associare al destino di questo mondo quello dell’universo intero.
Per l’uomo, «l’origine del mondo» e «l’origine della Terra» costituiscono un sinonimo, un solo ed identico fatto, un’unica idea; «la fine del mondo» e «la fine della Terra» rappresentano lo stesso atto
cosmologico.
Per l’uomo, l’universo è cominciato con la Terra e dovrà finire con essa. La terra è stata fatta unicamente per l’uomo. L’uomo è il sovrano dell’universo e i periodi della natura sono indissolubilmente associati al destino della razza umana.
Ecco come la pensava l’uomo, fino a quando non ha messo il naso fuori dall’atmosfera terrestre.

Le conquiste dell’Astronomia hanno trasformato radicalmente questa ristretta visione cosmologica,
esse infatti l’hanno ridimensionata, rischiarata e trasfigurata. Oggi sappiamo (a dire il vero non da molto) che la Terra su cui stiamo non costituisce da sola l’intero universo, essa non è altro che una provincia del sistema solare, sappiamo che ruota intorno al Sole, dispensatore di luce e calore, e che vi sono altri due globi più vicini (il più vicino Mercurio e Venere), sappiamo inoltre che vi sono altri cinque pianeti (il meno distante Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno - fino al 2006 era incluso anche Plutone, ma fu poi catalogato come pianeta nano, ai quali si aggiungono Eris e Cerere) e una repubblica di piccoli mondi (gli asteroidi) collocati tra Marte e Giove, non dimentichiamo poi i satelliti (2 lune di Marte, 16 di Giove, 17 di Saturno, 15 di Urano, 2 di Nettuno, 1 di Plutone e la nostra Luna), i quali completano la famiglia che accompagna il Sole, per quel che abbiamo scoperto fino ad oggi.

La storia della Terra, per quanto imponente sembri, non è che uno scarno capitolo della storia dell'universo, e seppur la Terra con i suoi abitanti non esistessero, l'universo continuerebbe il suo corso come già fa da prima della formazione del nostro mondo. Le stelle, infatti, brillavano già da tempo nelle profondità dello spazio quando siamo nati, esse emanavano fasci di luce nello spazio come fa oggi il nostro Sole, e quella che oggi noi riceviamo non è altro che la luce lanciata molto tempo fa. Quando il nostro pianeta si spegnerà, le stelle continueranno a brillare nel cielo e altri soli verranno per illuminare altre terre ed altri cieli, l’universo continuerà il suo corso.

È la storia della Terra che stiamo per intraprendere in queste pagine, tuttavia essa tocca con la sua
origine quella dell'intero universo. Riesce impossibile considerare il nostro pianeta isolatamente, almeno per quanto concerne le sue origini, poiché non é affatto isolato, e seppure volessimo con l'immaginazione tagliarlo fuori dall’universo, senza occuparci né del Sole né degli altri pianeti, conosceremmo solo una parte infinitesimale del nostro universo.

Ora, dunque cosa cerchiamo? La verità. Vogliamo sapere come tutto è cominciato. Di certo nessuno
era presente nel momento della creazione della Terra. Nessun testimone può raccontare come hanno avuto luogo quei grandiosi avvenimenti. E’ necessario quindi circondarci di tutti i dati, di tutti i documenti, di tutte le fonti che si riesce a raccogliere. Come il frutto nasce dalla terra ove sorge l’albero, così dobbiamo indagare come è nata la Terra partendo dal punto che occupa nell’universo.

La prima occhiata sulla posizione della Terra nel sistema solare mette in evidenza fatti interessanti,
consideriamo con attenzione il complesso di tale sistema (vedi figura). L’immagine sotto è in scala 1
millimetro = 24 milioni di chilometri.


Il sole è al centro del sistema, ma qui non è rappresentato con le sue vere proporzioni, dato che
misurando 1.392.000 km di diametro (pari a circa 109,3 volte il diametro terrestre) sarebbe stato, con la scala qui adottata, un trentesimo di millimetro, cioè un piccolissimo puntino giallo.

Il pianeta più vicino all'abbagliante focolare, Mercurio, s'aggira nei suoi paraggi alla distanza media di 57,91 milioni di chilometri, Venere a 108,21 milioni, la Terra a 149,60 milioni, Marte a 227,93 milioni, i piccoli pianeti tra i 300 e i 600 milioni approssimativamente, Giove a 778,4 milioni, Saturno a 1426,7 milioni, Urano a 2871 milioni, Nettuno a 4498 milioni, Plutone a 5906 milioni ed Eris, l’oggetto conosciuto più lontano dal sole, dista 10.123 milioni di chilometri (circa 68 volte la distanza Sole-Terra).
Da notare che si tratta di “distanze medie”, infatti questi pianeti disegnando un ellisse nello spazio toccano due punti estremi, quello più vicino al sole che si chiama Perielio e quello più distante l’Afelio.


Tutti questi pianeti si muovono intorno al Sole, compreso, in senso retrogrado (e cioè in senso opposto a quello del moto delle lancette d'un orologio), come lo si vede nell’immagine, e ruotano nello stesso senso anche intorno al proprio asse (ad eccezione di Venere e Urano).
Questo primo fatto é particolarmente interessante in quanto suggerisce l’affinità che c’è tra tutti gli astri riguardo la loro origine e lo spazio occupato sul piano del sistema solare. Il Sole attira tutto questo gruppo di pianeti con la sua gravitazione, e non li ha catturati mentre erano nei paraggi, poiché in quel caso girerebbero come comete in tutti i sensi e in ogni direzione, invece no, hanno avuto tutti la stessa origine, dunque sono tutti soggetti alle stesse leggi della fisica: tutti roteano nello stesso piano, tutti roteano intorno al sole, tutti roteano.

Il sole domina i pianeti con la sua massa e la sua grandezza, pesa infatti 1,9891 × 1030 kg (significa 19.891 seguito da 26 zeri), ciò significa che se mettessimo tutti e otto i pianeti sul braccio di una bilancia e sull’altro braccio il sole, quest’ultimo cadrebbe giù vistosamente (il sole da solo pesa ben 745,39 volte di più!), se poi sul primo braccio togliessimo tutti i pianeti e lasciassimo solo la Terra, il confronto sarebbe anche più spropositato (il Sole pesa 332.948 volte di più della Terra!).
Come massa non consideriamo gli asteroidi che gravitano nella fascia fra Marte e Giove denominata la “fascia principale”, essi sono assai esigui e raggruppati tutti insieme potrebbero formare un pianeta delle dimensioni di Marte. Forse in origine questi asteroidi non erano altro che un pianeta che si è poi per chissà quale motivo disintegrato, anche se secondo altre teorie essi non si sono mai combinati in un pianeta a causa della vicinanza di Giove e della sua gravitazione.
Il volume del sole (cioè lo spazio che occupa) è ben 1.301.690 volte quello del nostro pianeta, tuttavia se prendiamo in considerazione la densità il nostro pianeta ha la meglio, infatti se prendiamo un metro cubo di Sole e lo mettiamo su una bilancia pesa solo 1.411 kg, contro un metro cubo di Terra che pesa 5.515,3 kg (la nostra stella si dovrebbe condensare quasi quattro volte per raggiungere la stessa densità di un metro cubo di Terra).

Si può osservare la padronanza del Sole sui diversi pianeti dalla figura sotto, sulla quale c’è rappresentata la proporzione di grandezza relativa ai globi del sistema solare. Partendo dal pianeta più vicino al Sole, Mercurio, notiamo come esso non è largo nemmeno la metà della Terra, appena 0,38 volte, in realtà sarebbe più ragionevole fare un confronto con la Luna (Mercurio è grande una luna e mezza quasi). Segue Venere, il pianeta più vicino per larghezza alla Terra, infatti è 0,95 volte la Terra, diciamo che se potessimo metterle di profilo, una davanti all’altra, il diametro della Terra all’Equatore supererebbe Venere di appena 652 km, la stessa distanza in linea d’aria che passa fra Milano e Napoli, un niente in confronto alle dimensioni astronomiche! Marte è largo la metà della Terra (0,534 volte) e due volte la Luna. Giove, il pianeta più grande, è largo 11,218 volte il nostro pianeta, Saturno è largo 9,457 volte, Urano 4,011 volte e Nettuno 3,886 volte.

Riguardo ai 3 pianeti nani del sistema solare, Cerere, Plutone ed Eris, essendo le loro dimensioni estremamente ridotte, possiamo fare dei confronti con la Luna: il più piccolo Cerere, largo appena 950 km, è grande quasi un terzo (0,27 volte la luna - circa 0,07 volte la terra), Plutone largo circa 2306 km è largo poco più della metà (0,66 volte) ed Eris con circa 2400 km (con uno scarto di 100 km) è 0,69 volte la Luna. Per capire meglio diciamo che se per assurdo Plutone e Cerere fossero appoggiati sulla Terra coprirebbero quasi metà Australia, mentre Eris coprirebbe a malapena l’Italia.

E il sole? Quando è largo il sole rispetto alla Terra? Ben 109,2 volte. Il sole è largo poco meno di dieci volte Giove (9,73 volte).

I fenomeni che osserviamo quotidianamente sulla superficie del Sole provano che esso non è un corpo solido, come la Terra o la Luna, ma liquido e gassoso. Questa superficie é in moto perpetuo a causa dell’alta temperatura nel nucleo (circa 15 milioni di gradi Kelvin) e mediante il telescopio si rileva che essa é composta da strati mobili che si spostano continuamente in preda a correnti, e che cambia incessantemente di forma e di splendore.

I fenomeni che noi osserviamo quotidianamente alla superficie del Sole provano che esso non è corpo solido, come la Terra o la Luna, ma liquido e gassoso. Questa superficie é in moto perpetuo, come un precipitato chimico, e mediante il telescopio si rileva ch'essa é composta di strati mobile che si spostano continuamente in preda a correnti, e che cambia incessantemente di forma e di splendore.

Sulla sua fotosfera (così si chiama la superficie del sole) si originano macchie, dette “macchie solari”, che talvolta hanno dimensioni che sorpassano di molto il diametro della Terra, che si fanno grandi, si dilatano, si dividono in strisce, si modificano in mille modi per dissiparsi dopo alcune settimane, talvolta dopo solo alcuni giorni, e talvolta dopo parecchi mesi, fondendosi nell'unità luminosa dell'astro abbagliante (fu Galileo Galilei ad osservare le macchie nel 1611 per la prima volta).

Qua si originano macchie di cui le dimensioni sorpassano talvolta di molto il diametro della Terra, che si fanno grandi, si dilatano, si dividono a lembi, si modificano in mille modi per dissiparsi dopo alcune settimane, talvolta dopo solo alcuni giorni, e talvolta dopo parecchi mesi, fondendosi nell'unità luminosa dell'astro abbagliante. (fu Galileo Galilei ad osservarle nel 1611 per la prima volta).

Sempre sulla fotosfera possiamo assistere ad esplosioni di vapori in combustione, eruzioni di materia, di gas luminosi, così violente, così gigantesche, così prodigiose, da slanciarsi a centinaia di migliaia di chilometri d'altezza nell'atmosfera ardente dell'astro, per poi svanire in nubi rosate o ricadere come pioggia di fuoco sull'oceano solare.

La comparsa di queste macchie rispetta una serie di regole trovate per via empirica (semplicistica, fatte con osservazioni, senza una precisa formula matematica). infatti, una spiegazione scientifica precisa ancora non si ha, tuttavia la più notevole di queste regole è che queste macchie hanno una ciclicità nella loro apparizione undecennale, e questo si è scoperto grazie ai forti campi magnetici che si formano quando il fenomeno tocca il massimo e il minimo. Tuttavia alcuni scienziati affermano che esiste un'altra regola: un ciclo che regola nell'arco di 80 anni quello undecennale. Secondo certe affermazioni empiriche, quando si tocca il picco massimo di macchie durante il ciclo undecennale, si verificano alterazioni psichiche in uomini e animali, causa di sventura. Invece sappiamo con certezza che il ciclo influisce sulla crescita vegetale, infatti nel libro di ogni albero, un anello più grande degli altri ci testimonia la presenza di questo fenomeno al picco massimo.

Qual é la causa dì questo stato fisico del Sole? Qual é la sorgente di questa luce e dì questo calore? Vi é evidentemente qui di mezzo una delle grandi leggi della natura, poiché l'astro che ci illumina non é già un'eccezione dell'universo; tutte le stelle sono soli : l'immensìtà infinita é popolata da milioni di miliardi di soli.
Occorre dunque che questo stato fisico, questa fluidità, questa mobilità, questa vibrazione calorifica, luminosa, elettrica, abbiano una causa naturale, semplice, generale. Una combustione chimica, una conflagrazione di elementi, un incendio, non si possono generalizzare tanto da applicarsi all'innumerevole armata delle stelle, né sono di una durata che abbia rapporto con quella di ciascun sistema. Da un secolo all'altro queste temperature solari o stellari non devono né esaurirsi, né diminuire sensibilmente. Ne viene di necessità che esse provengono dallo stesso modo di formazione dei mondi.
Ebbene ! il cielo stesso ci offre gli indizi di questa formazione. Non vi sono solamente nel cielo delle stelle ; esplorando le sue plaghe di zona in zona, il telescopio incontra qua e là delle specie dì nubi cosmiche poco luminose, delle nebulose di forme assai variate, che ci appaiono isolate nelle profondità dello spazio e che sembrano attendere la fecondazione dell'avvenire.

Queste creazioni sono numerose. Benché esse siano in generale poco appariscenti, vaghe e diffuse, tuttavia se ne sono già scoperte e registrate alcune migliaia. E' poco, senza dubbio, relativamente al numero delle stelle. Ma certamente non si vedono tutte; si sono scoperte solo quelle più luminose, cioè quelle vicine a noi. Appena appena riusciamo a vedere anche con i più potenti telescopi le stelle e le nebulose della nostra Galassia.

Le nebulose sono relativamente isolate, quasi che esse avessero riunito in sé la materia cosmica che le circondava. Vi é un minor numero di stelle intorno ad esse che non nella media degli spazi celesti, e quelle che si vedono nei loro dintorni sono probabilmente davanti o dietro ad esse, al di qua o al dì là, relativamente al nostro raggio visuale. Il paziente Guglielmo Herschel, che ne ha scoperte lui solo più di duemila e cinquecento, aveva l'abitudine di dire al suo segretario (che era poi sua sorella, miss Carolina Herschel) allorché le stelle si facevano rare nell'obiettivo del telescopio: "Preparatevi a scrivere, quanto prima arriveranno le nebulose".
In effetti, oggi, la massa totale, stimata dalla luminosità stellare, è dell'ordine di 200 miliardi di masse solari. Anche se si è propensi a ritenere che siano molto di più, perchè poco conosciamo di quell'alone che è attorno alla nostra Galassia, e che prosegue oltre il limite osservabile, per altri 100.000 anni luce.
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Stante gli ingegnosi metodi dell'analisi spettrale, la chimica celeste ha potuto analizzare queste nebulose e constatare ch'esse sono gassose. Non bisogna confonderle con gli ammassi di stella, che portano alcune volte il nome di nebulose a causa dal loro aspetto e perchè scoperte con strumenti una volta di debole potenza . Allorché se ne riconobbe la natura, questi ammassi di stelle avevano fatto supporre all'inizio che non vi fossero vere nebulose, e che quei pallidi bagliori perduti nello spazio infinito fossero tutti agglomerazioni di stelle, così distanti da noi, così unite per ragioni di prospettiva, che i più potenti telescopi non giungessero a separarne i componenti. Noi sappiamo oggi che queste due specie siderali esistono. Da una parte vi sono dagli ammassi di stelle, di cui un gran numero é distinguibile solo nell'obiettivo dei più potenti telescopi, e dall'altra siamo sicuri che molte altre verranno scoperte con i progressi dei telescopi o tramite i rilevamenti con le onde radio e gli spettroscopi.

D'altra parte vi sono nebulose gassose, assolutamente sprovviste di stelle, ma ultimamente lo spettroscopio scopre la natura chimica dei gas e dei vapori che le compongono. Una dalle più bella fra di esse, per la sua grandezza e per il suo splendore, una delle più importanti per le sue reali dimensioni, e nel tempo stesso una della più interessanti per gli studi di cui fu oggetto, é senza dubbio alcuno, la nebulosa d'Orione, che si già si rivela pressoché ad occhio nudo nel cielo, e con un discreto binocolo possiamo constatarne la sua bella presenza nel firmamento.
Tutti conoscono la magnifica costellazione d'Orione, cha splende durante la nostre lunghe notti d'inverno, regnando a sud tra Sirio cha ha ai suoi piedi e le Pleiadi in testa. In questa costellazione, la cintura o balteo risulta di tre brillanti stella schierate in linea retta, ma con direzione obliqua, cha si chiamano anche « I tre Re Magi», ecc. Ebbene, guardate attentamente al disotto di quelle tre stelle, e voi scoprirete un piccolo gruppo di stelle unite una contro le altre, le quali possono rappresentare una spada appesa alla cintura, od un manico di rastrello, ecc. Un buon binocolo, o meglio un piccolo cannocchiale, vi mostrerà la più bella nebulosa del cielo.


Questa nebulosa é così brillante ch'essa si lascia facilmente fotografare. Noi riproduciamo qui sotto una delle fotografie che si ottenne ancora negli anni Ottocento.


(Questa fotografia venne eseguita il 30 gennaio 1883, dal signor Common. Vedasi la Rivista mensile d'Astronomia Popolare, anno 1883, pag. 277. Vedasi pure, per la descrizione di questa nebulosa; e il modo facile di trovare questi astri nel cielo: Flammarion, Le stelle e le curiosità del cielo.
Come abbiamo già detto, si può riconoscere questa nebulosa mediante un semplice binocolo.)


Si osserva nell'interno dalla nebulosa una stella quadrupla (che diventa perfino sestupla negli strumenti potenti) e diverse stelle sparse. È probabile cha la stella multipla le appartenga; ma non é probabile invece che tutte facciano parte del medesimo sistema: molte possono essere al di qua o al di là della nebulosa, e sono quindi visibili sia davanti come attraverso di essa. Il punto importante per la questione che ci occupa é che questa nebulosa é visibilmente condensata verso le sue regioni centrali. Essa si stende infatti nel cielo, indefinita, diffusa, trasparente, e forse assai più lunga che la fotografia non la indichi.
La parte centrale più luminosa di questa vasta nebulosità occupa nel cielo una superficie uguale al disco apparente della Luna; ma si può seguirla da una parte e dall'altra, all'est ed all'ovest, al nord ed al sud, sopra un'estensione dieci volte più larga. Col suo disco apparente, la Luna, che non é che a 384.000 chilometri da noi, misura 3.740 chilometri di diametro. Il Sole, che non parrebbe più grande, ma che é quattrocento volte più lontano della Luna, é anche quattrocento volte più largo in realtà misura
1.393.000 chilometri di diametro La nebulosa d'Orione, quando si ammetta ch'essa non è più lontana da noi delle stelle più vicine, e che sia, per esempio, alla distanza della 61a del Cigno, sarebbe già di una estensione che ha del prodigioso; misurata in ragione - prospettica di quella distanza, la larghezza della Luna equivarrebbe a circa 553 miliardi di chilometri ! 3700 volte di più della distanza che ci separa dal Sole. Ma noi abbiamo appena visto che la nebulosità é dieci volte più vasta ancora ! Essa si stenderebbe dunque su uno spazio di circa 5300 miliardi di chilometri.. Un treno direttissimo, correndo con la velocità costante di cento chilometri all'ora, non impiegherebbe meno di dieci milioni d'anni per attraversare quel nebbione.
E' abbastanza per creare, non solamente un mondo, ma uno ed anche più sistemi di mondi. Di che é essa composta? Di gas; e già in quel gas luminoso si è riconosciuto dell'idrogeno e dell'azoto. Le sue differenze d' intensità luminosa mostrano che la densità di questo gas non é uguale dovunque, e che hanno luogo parecchie condensazioni parziali. Si nota altresì a qualche distanza a nord (al disotto) una condensazione isolata che inizia; le regioni più dense attirano le altre. Forse essa si disgregherà in parecchi focolari, oppure é destinata a formare più "universi-isole".
Una nebulosa composta di un gas , così disseminato può essa arrivare a formare uno o più soli, uno o più sistemi di mondi?

Ammettendo che originariamente una materia nebulosa, occupante tutto l'insieme del sistema solare, fino all'orbita di Plutone ed oltre, abbia una estrema tenuità, il matematico e fisiologo Helmholts ha calcolato quanta quantità di calore sarebbe stata generata per una condensazione simile a quella che generò il sole, la terra e gli altri pianeti. - Il risultato del calcolo dà 28 milioni di gradi centigradi, calcolando il calore specifico della massa condensata come eguale a quello dell'acqua. Così la sola caduta delle molecole della nebulosa primitiva; verso il centro d'attrazione sarebbe sufficiente per produrre un calore di milioni e milioni di gradi centigradi.

Ognuno sa oggi che il moto si trasforma in calore, e che il calore non é esso stesso che una modalità del moto. Allorché, col martello in mano, noi spingiamo un cuneo di ferro in un pezzo di legno, il moto muscolare del nostro braccio si comunica al cuneo sotto forma di moto visibile, ed esso penetra gradatamente. Ma se noi continuiamo a battere allorché esso é completamente penetrato, che succede allora dell'opera nostra? Si credeva in passato ch'essa andasse completamente perduta ma era quello un errore. Il moto si comunica sempre al cuneo di ferro, e solo, in luogo di essere visibile, é quello un moto invisibile, il moto molecolare; il metallo si riscalda, e tutte le sue molecole si mettono a vibrare più o meno velocemente. Il calore non è che moto invisibile, moto molecolare (*).
Comprimendo in un tubo di vetro una colonna d'aria al decimo del suo volume, la si eleva alla temperatura del carbone ardente.
Una pietra che cadesse alla distanza di Nettuno sul Sole impiegherebbe 10 628 giorni o 29 anni all'incirca per compiere questo viaggio di 4.499 chilometri, e, partita dallo stato di riposo, cadendo con una velocità grandissima, arriverebbe sul globo solare durante l'ultimo secondo con una velocità di 600 000 metri.
Questa velocità, mille volte superiore a quella d'una palla da cannone, sarebbe tale che, toccando il Sole, e foss'anche quest'ultimo un blocco di ghiaccio, il suo moto costretto a fermarsi violentemente e a trasformarsi in calore, farebbe, non solo fondere istantaneamente la pietra come acqua, ma la ridurrebbe altresì in vapore, e l'urto riscalderebbe enormemente il posto ove essa avrebbe raggiunto il Sole. Il calore occasionato dall'urto sarebbe novemila volte superiore a quello prodotto dalla combustione di un pezzo di carbon fossile dello stesso peso di questa pietra, qualunque essa sia.

Se la Terra cadesse nel Sole, essa vi arriverebbe in 64 giorni, e il calore prodotto dal suo urto sarebbe tale da elevare notevolmente la temperatura di tutto quanto il Sole. E invero il calore da ciò prodotto equivarrebbe a quello che quest'astro irraggia durante 95 anni. Ed è noto quale colossale consumo abbia luogo in quest'intenso focolare! Il calore emesso dal Sole, ad ogni minuto secondo, é uguale a quello che risulterebbe dalla combustione di undici quadrilioni seicentomila miliardi di tonnellate di carbone comune, brucianti tutt'insieme; esso farebbe bollire ad ogni ora due trilioni novecento miliardi di chilometri cubi d'acqua alla temperatura del ghiaccio !...
Che il moto poi provenga da un gran corpo, oppure da un piccolo che esso sia determinato bruscamente o gradualmente, o per collisioni, il risultato è lo stesso; esso si trasforma in calore.

(*) Il calore necessario per elevare di un grado centigrado la temperatura di un chilogrammo d'acqua rappresenta esattamente la forza necessaria per elevare 424 chilogrammi a 1 metro d'altezza o per elevare 1 chilogrammo a 424 metri.
La capacità calorica del piombo essendo la trentesima parte di quella dell'acqua, una palla di piombo che cadesse da un'altezza di 424 metri, produrrebbe, per l'improvviso arrestarsi del suo moto di caduta, un calore sufficiente per elevare la propria temperatura di 30 gradi. La sua velocità, giungendo al suolo, sarebbe di 91 metri per secondo).


Supponiamo tutta la materia del Sole, dei pianeti e dei satelliti uniformemente ripartita nello spazio sferico, tipo l'orbita di Plutone, ne risulterebbe una nebulosa gassosa, omogenea, di cui é facile calcolare la densità. Siccome la sfera d'acqua di un simile raggio avrebbe un volume eguale a più di 300 quadrilioni di volte il volume terrestre, così la densità cercata non sarebbe maggiore d'un mezzo trilionesimo della densità dell'acqua. La nebulosa solare così dilatata, sarebbe 400 milioni di volte meno densa dell'idrogeno alla pressione ordinaria, il quale é, come si sa, il più leggero di tutti i gas conosciuti (esso pesa 14 volte meno dell'aria; dieci litri d'aria pesano 13 grammi, dieci litri d'idrogeno non pesano un grammo).

Noi abbiamo visto come l'attrazione di tutte le molecole di questa nebulosa verso un centro di condensazione basterebbe per pro durre un calore di 28 milioni di gradi.
La natura ci mette dunque, per così dire, tra le mani i materiali, che le servono per la creazione dei mondi, e non solamente i materiali, ma i mezzi che essa impiega. Se noi non sapessimo come gli alberi si fanno grandi, e arrivano al loro completo sviluppo, una passeggiata in una foresta ce lo insegnerebbe, mostrandoci alberi di tutte le età, piccoli, alberelli di pochi anni appena, alte ed annose piante, tuttora in piena cresciuta, ed alberi secolari che già declinano verso la vecchiaia e la decadenza. Ebbene la contemplazione del cielo ci dà una eguale lezione per la nascita, la vita e lo sviluppo dei mondi. Noi vediamo nebulose, come quella d'Orione, che non hanno ancora alcuna forma, che sono assai estese, assai disseminate, e che già presentano ciò nondimeno dei centri di condensazione.

Noi ne vediamo altre, come quella d'Andromeda ....


... che offrono un aspetto regolare, più geometrico. E' probabile che quella sia una nebulosa circolare che però si presenta ai nostri occhi obliquamente. La condensazione centrale è rilevantissima. Come quella di Orione, è facilmente pure essa visibile per tutti coloro che vogliono osservarla con un semplice binocolo da teatro o con un modesto cannocchiale.
Allorché la si osserva coll'aiuto di potenti telescopi, essa perde alquanto di una tale apparente regolarità, e alcuni lembi di pallidi chiarori sembrano oscillare e stendersi più lunghi. E' questa nebulosa che il curato Derham prendeva per "...una plaga diradata del firmamento, divenuta così trasparente da lasciarvi passare attraverso la luce del paradiso..."
Altre nebulose manifestano ancor più chiaramente i procedimenti della natura in questa grande opera della creazione. Così, per esempio, quella della costellazione del Leone mostra un fuoco centrale molto brillante, più lontano un focolare secondario che incomincia, e intorno al focolare centrale delle zone di condensazione, ed anelli nebulosi, che fanno indovinare un moto di rotazione e una specie di avvolgimento a spirale degli anelli consecutivi.

Si trova nella costellazione del Dragone una nebulosa particolarmente interessante, inquantoché é la prima di cui sia stata fatta l'analisi chimica (Huggins, 1864). Infatti, da centocinquanta anni, gli astronomi erano assai imbarazzati nel decidere se esistessero delle vere nebulose gassose, e l'interesse dell'argomento non ha fatto che accrescersi da che Guglielmo Herschel ebbe ad esprimere il pensiero, che questi ammassi altro non sono che porzioni della materia primitiva, che si é condensata in stelle, e che, studiandoli, noi studiamo nel tempo stesso alcune delle fasi per le quali passarono i soli ed i pianeti.

Lo spettro di questa nebulosa, almeno da quanto permettono di affermarlo i dati ottenuti, non può essere prodotto che dalla luce emanata da una materia allo stato di gas. Si poteva dunque concludere, fino da queste prime osservazioni, che la luce di siffatta nebulosa non emana già da una materia solida o liquida incandescente, come la luce del Sole e delle stelle, ma da un gas luminoso. L'esame delle linee di questo spettro dimostra che la più importante fra esse occupa una posizione vicinissima alle strisce più brillanti dello spettro dell'azoto. La più debole delle zone coincide colla striscia verde dell'idrogeno. Ma la striscia media del gruppo dalle tre linee, che formano lo spettro della nebulosa, non ha la sua identica in alcune delle strisce intense deglispettri degli elementi terrestri conosciuti. Vi é là uno stato della materia, a, noi ancora sconosciuta. Si scorge uno spettro continuo eccessivamente debole, che proviene dal centro della nebulosa, da un nucleo piccolissimo, ma più brillante di tutto il resto della massa. L'osservazione ci dice con una quasi assoluta certezza che la materia del nocciolo centrale non é allo stato di gas, come quella della nebulosa che la circonda. Essa consiste in una materia opaca, che può esistere allo stato di nebbia incandescente, formata da particelle solide o liquide.

Il risultato nuovo e inatteso a cui conduceva l'esame spettroscopico di questa nebulosa, colpì di sorpresa gli astronomi, e li indusse a studiare attentamente le altre creazioni analoghe, disseminate nella estensione del cielo. Il risultato di quest'analisi si fu che un gran numero di nebulose sono composte di veri gas, di gas fiammeggianti, visibili a milioni di miliardi di chilometri, di milioni e miliardi di anni luce da noi !

Allorché dunque noi osserviamo questa pallida nebulosa azzurrognola, situata al polo dell'ellittica noi sappiamo che é essa un ammasso di materia gassosa incandescente, già munito d'un nucleo centrale di condensazione, e indoviniamo in quel lontano bagliore l'ardente genesi d'un nuovo mondo. Noi assistiamo dalla terra allo spettacolo della creazione ! Là brilla già un embrione di sole! là si prepara un sistema planetario. Che dico mai! il raggio luminoso che ci arriva in questo momento da una tal regione dell'infinito è forse partito milioni di anni fa, ed ora forse uno o più pianeti sono già formati, fecondati, abitati, e forse vi sono pure là degli occhi che ci stanno contemplando, ma per i quali, essendo in ritardo di più milioni d'anni la nostra storia, il nostro sistema solare per quegli occhi non é ancora che una nebulosa circolare, vista precisamente di fronte; e là pure si domandano se un giorno la nostra nebulosa diverrà sole e pianeti; oppure forse già non dubitano che noi già esistiamo, e che forse potremmo risponder loro ! Voci del passato, voi divenite ora le parole dell'avvenire, mentre il presente, l'attuale, sparisce attraverso gli sguardi che reciprocamente ci si scambia attraverso i vasti cieli, attraverso l'infinito, attraverso l'eternità.

Ecco un altro esempio preso nel cielo, e che é più caratteristico ancora.

Il 22 agosto 1794, durante una bella notte d'estate, l'astronomo Gerolamo di Lalande (che ha fatto in alcuni anni
-per la conoscenza e il progresso dell'astronomia stellare- più lui da solo di tutti gli Osservatori ufficiali dell' epoca riuniti), l'astronomo Lalande, come dissi, stava facendo osservazioni nel suo modesto Osservatorio della Scuola Militare, in compagnia del suo nipote Le Francais di Lalande. Essi notavano di passaggio le piccole stelle della costellazione dell'Acquario, e ne rilevarono una, fra le altre, di 7a grandezza, di cui determinarono la posizione. Sei anni più tardi, il 25 ottobre 1800 veniva osservata di nuovo col medesimo strumento, e giudicata di 8a grandezza. È la stella che porta i numeri 40 765 e 40 766 del gran Catalogo di Lalande, il quale non racchiude meno di quarantasettemila osservazioni, fatte dal 27 settembre 1791 al 15 gennaio 1801. « La posterità non vedrà senza interesse - scriveva egli stesso- l'eminente astronomo francese, come, in mezzo alle convulsioni che agitavano la patria, un lavoro lungo e penoso si eseguisse nel silenzio delle notti, e preparasse risultati più duraturi delle istituzioni politiche, per le quali gli uomini si agitano così vivamente... e versano tanto sangue. »
Ecco un giudizio sano sulla politica, qualunque essa sia.

Ma ritorniamo alla nostra Stella (ovvero costellazione) dell'Acquario. Questo astro non è già una stella, nonostante il suo aspetto stellare. Anche osservatori esperti possono vederla passare nell'obiettivo del loro strumento senza farvi attenzione; essa assomiglia solo ad una stella che non sia esattamente nel luogo. Ma se la si esamina con attenzione, si constata che non si arriva mai a darle la nitidezza d'un punto brillante senza dimensioni, perchè non è un punto, in realtà é una nebulosa.

(1) Già Guglielmo Herschel l'aveva riconosciuta per tale, nel settembre 1872. Egli l'aveva qualificata come una «nebulosa planetaria», e paragonata al disco di Giove; essa é inscritta sotto il numero 1 della sua quarta classe, e la si designa generalmente, con abbreviazione, sotto la cifra H, 1V, 1. Giovanni Herschel la descrive nei termini seguenti: Ammirabile - aspetto planetario - assai brillante - piccola ellittica. Lord Rosse e Lassel avendola esaminata coll'aiuto dei loro potenti telescopi, riconobbero ch'essa é circondata da un anello che noi vediamo di profilo, ciò che ricorda alquanto l'aspetto di Saturno. (Il cielo offre altre nebulose analoghe che si trovano di faccia e di cui noi vediamo solo l'anello circolarmente.) Per quanto minuscola ci sembri, essa è senza alcun dubbio una delle nebulose più rimarchevoli che la visione telescopica abbia potuto scoprire.
Il grande misuratore delle nebuolse D'Arrest, dell'Osservatorio di Copenhagen (discendente da una famiglia nobile cacciata dalla Francia sotto Luigi XIV per l'assurda revoca dell'editto di Nantes), la contemplò con ammirazione, e la misurò durante le notti del 23 luglio 1862, 7 agosto 1863 e 6 novembre 1864. « Nebula planetaris, scrive egli, insigni spendore capta culminans inter notes. » Egli la designa come brillante "d'un insigne splendore". Le sue misure gli danno 23° di lunghezza su 18" di larghezza. Essa brilla d'una luce azzurrognola, e presenta un'appendice nebulosa.
Il diametro di Saturno essendo in media di 18" ed elevandosi a 21" allorché il pianeta passa in opposizione, ne consegue che la grandezza apparente di questa nebulosa é un po' superiore a quella di Saturno. Si può vederla come stella, con un piccolo cannocchiale, e riconoscerla come nebulosa con un cannocchiale di media potenza, se il cielo é limpido e libero dal chiarore della luna, che disturba tali osservazioni.)

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Se la sua forma é strana, la sua costituzione chimica è forse ancora più curiosa. Infatti, le indagini spettroscopiche sono giunte alla conclusione che questa nebulosa è interamente gassosa, composta d'una massa di gas luminosi.
( Anche le nebulose di gas luminosi ricevono la loro energia dalla luce delle stelle, ma secondo un processo diverso. Dentro o dietro queste nubi di gas vi sono stelle calde e luminose che emettono in abbondanza radiazioni ultraviolette a breve lunghezza d'onda. Quando questa cade su una nube, ionizza gli atomi gassosi che la formano, ricombinandosi con gli atomi, emettono luce visibile, a più bassa energia e a maggiore lunghezza d'onda. Si tratta del processo noto con il nome di "fluorescenza". Ma anche quando non sono ancora iniziate le reazioni nucleari, le protostelle producono ugualmente grandi quantità di energia; ma la luce visibile non può filtrare attraverso l'involucro di gas e polvere che le avvolge. Solo i raggi infrarossi possono fuggire).

Noi abbiamo dunque in quel luogo sotto gli occhi, senza alcun dubbio, un sistema solare in formazione. Noi assistiamo alla genesi di un mondo, alla creazione di un universo lontano.
Fra i differenti gas, sono l'azoto e l'idrogeno quelli che dominano nello spettro di questa genesi.
La maggior parte delle altre nebulose planetarie ed anulari offrirono all'analisi i medesimi risultati: sono esse delle vere nebulose gassose che condensandosi intorno ad un centro, ci danno una imagine della genesi della terra e dei pianeti, mediante la formazione di anelli nebulosi, staccatisi dal focolare centrale.

(Ma non tutti gli addensamenti di gas e polvere danno origine a stelle. Se in una nube gassosa vi è troppo poca materia, il suo campo gravitazionale non sarà in grado di farla condensare a sufficienza, e la sua temperatura non raggiungerà quel valore critico al quale ha inizio la fusione nucleare. La stella che si forma in questo modo sarà solo un corpo caldo, rilevabile principalmente perchè irradia nell'infrarosso).

A quale distanza si trova questa nebulosa dal nostro "atomo" terrestre? Secondo ogni probabilità, essa é molto più lontana delle stelle a noi più vicine.
Nel 1871 e 1872, il signor Brunnow, astronomo reale d'Irlanda, direttore dell'Osservatorio di Dublino, tentando di misurare la parallasse....
(Parallasse. Differenza che si ha fra la posizione di un astro, visto dalla superficie terrestre, e quella che ai nostri occhi la stessa posizione avrebbe se visto dal centro del globo. Quando di una stella non si può ottenere la parallasse, ciò significa che quell'astro é lontano oltre a 2 milioni di volte il raggio o semiasse dell'orbita terrestre.)

.... di una nebulosa analoga (quella di Dragone), ebbe per risultato un valore così esiguo da non corrispondere ad alcuna parallasse sensibile.
Noi resteremo dunque al di quà del vero supponendo che questa vaga e speciale piccola nebulosa non sia più lontana da noi della stella più vicina al nostro emisfero, che é la 61a del Cigno, di cui la parallasse é, come ognuno sa, di 0"511, è la cui distanza é conseguentemente di 404 000 volte quella che ci separa dal Sole (che è di circa 149 milioni di chilometri), vale a dire di oltre 60.000 miliardi di chilometri in cifra tonda. La nostra nebulosa é dunque, lo ripetiamo, certamente più lontana. Ma ammettiamo la cifra più modesta per servire di base al nostro ragionamento.
Ebbene, alla distanza della 61.a del Cigno, la lunghezza é ridotta a 0",511, vale a dire ad un mezzo minuto secondo circa. La nostra nebulosa misura, a quanto dicemmo, 23" di lunghezza su 18" di larghezza. Consideriamola, in cifra tonda, come una sfera di gas di 20" di diametro.
Ora noi sappiamo che il pianeta più esterno del nostro sistema, Plutone, gira intorno al Sole alla distanza di quaranta volte superiore a quella della Terra dal Sole.

La nostra nebulosa essendo al minimum più larga del mezzo diametro dell'orbita di Plutone, e con ogni probabilità, più lunga del diametro dell'intero orbita del nostro pianeta più lontano, noi dobbiamo considerarla effettivamente come occupante uno spazio almeno altrettanto vasto quanto quello dell'intero nostro sistema solare.

Ma si sa dunque ciò che rappresenta una sfera del diametro dell'orbita di Plutone? I volumi delle sfere stanno fra di essi come i cubi dei raggi. Plutone, descrivendo la sua circonferenza a 8482 volte il mezzo diametro del Sole, il volume del Sole sta a quello di questa sfera nel rapporto di 1 a 8482, moltiplicato due volte per sé stesso, e che corrisponde 1 a 619.231.756.168.
Così questo globo di gas é almeno 619 miliardi di volte più grande del nostro Sole, il quale é egli stesso come volume 1.302.000 volte più grande della Terra, vale a dire che questa minuscola nebulosa è al minimum circa 500 quadrilioni 896 trilioni 800 miliardi di volte più luminosa del globo su cui noi viviamo !
(il nostro Sole ha una energia luminosa irradiata di circa 10 alla 27 candele)

E, noi non ci stanchiamo di ripeterlo, é quello unicamente un minimum; di modo che secondo ogni probabilità, quest'oggetto celeste é assai più lontano di quello che noi supponiamo; può essere, deve essere, non già solo centinaia di quadrilioni, ma quintilioni e sestilioni di volte più immenso della Terra.
Come contemplare questa « stella nebulosa » che passa tranquilla nel campo del telescopio in mezzo ai silenzi notturni, come osservare questa lontana luce, sulla quale già si sono soffermati gli sguardi di Herschel, di Lalande, di lord Rosse, di Lassel, di D'Arrest e di tanti astronomi, di cui gli occhi sono in oggi chiusi, senza essere penetrati della sua formidabile grandezza, senza indovinare i movimenti di gravitazione che l'agitano, senza pensare alle radiazioni luminose, caloriche, elettriche, alle forze latenti che si svegliano in questa aurora, senza intravedere gli importanti destini che l'attendono sulla vasta scena dell'Universo?...

Ecco ciò che noi eravamo, Terra, Luna, Sole, pianeti, or sono milioni d'anni. Un embrione di un nuovo mondo. Chi lo sa quali germi d'avvenire dormono in questa celeste culla?
Una tal genesi siderale non é un mito. Ognuno di noi può vederla. Cercate qualche sera al disotto della costellazione del Cavallino, a destra della stella
v dell'Acquario, e voi la riconoscerete, pallida stella di 7.a od 8.a grandezza, e la saluterete creazione inaccessibile, misteriosa figlia del Cosmos, fiore a mala pena sbocciato nei giardini del cielo.
All'epoca in cui il fiore avrà dato un suo frutto, nei secoli venturi in cui la nebulosa, oggi gasosa, sarà condensata in sole ed in pianeti é probabile che il nostro Sole attuale sarà vecchio, logoro, estinto ; che il nostro pianeta avrà già da lungo tempo cessato di vivere, e che l'antica storia umana sarà per sempre svanita nell'ultimo sonno !... E nondimeno allora, come oggi, vi saranno dei soli e dei mondi, in "primavera" ed "estate", una volta celeste popolata di splendori, un universo non meno bello, non meno ricco, non meno glorioso di quello la cui luce affascina oggidì i nostri sguardi e i nostri pensieri.

Ma perché mai parlare dell'avvenire ? Può darsi che questa nebulosa dell'Acquario e le sue sorelle del Leone, d'Andromeda e d'Orione siano esse poste ad una tale distanza dalla Terra, che la loro luce impieghi milioni d'anni per pervenire fino a noi, e chissà che dall'epoca in cui sono partiti dal loro seno i raggi luminosi, che ci danno in oggi le loro fotografie, non siano esse già divenute dei Soli e dei sistemi.

Noi ora interessiamoci al nostro sistema

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