il NEOLITICO 2
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Siamo a circa 15.000 -10.000 anni fa

NEL "PARADISO"  DEL PIANETA TERRA

Dopo aver letto le precedenti pagine,  il focolaio dove si sono sviluppati più di ogni altro luogo ingegno, capacità, creatività e fantasia nell'uomo, é l'altopiano dell'Anatolia, ma in modo particolare su quello degli Elburz (a Nord le sponde del Caspio, a sud Teheran, a ovest l'antica e ancora sconosciuta Tracia (da non confondere con quella trovata e conquistata dai Romani, 5000 anni dopo) .
(Sul "mistero" TRACI ANTICHI vedi PRIMA PARTE FONDAZIONE DI ROMA )

Qui  in Anatolia nasce  e si forma la prima culla della civiltà moderna: la "rivoluzione neolitica". Questa volta però diffusa, e non "chiusa" (rimasta - e rimarrà arcaica nonostante le bellezze del "mal della pietra") come quella egiziana posta su un unica direttrice, sul Nilo, su un'unica linea di 5000 km, con un unico governo, assoluto, onnipotente perchè teocratico, facile da organizzare,  unificare e controllare.
La civiltà nel perimetro iraniano mesopotamico  si forma invece su un ambiente molto vasto, a raggiera, con condizioni climatiche ancora migliori e con continui contatti tra le genti, quindi una maggiore assimilazione di altre culture che nei territori limitrofi stanno sbocciando in modo diverso e autonomo, ma che poi nei numerosi contatti s'integrano e si sviluppano reciprocamente in  forma esponenziale.

Le competizioni non mancheranno, e saranno questi i motivi della precaria unificazione (ma paradossalmente proprio i conflitti stimolano gli ingegni) . La civiltà egizia (lo sappiamo dalla loro storia scritta, e dalle loro modeste tecnologie) si  "chiuderà"   per 3000 anni in un unico stato accentratore con una spiccata  vocazione egocentrica, mentre  in Medio Oriente nello stesso periodo nei vari Stati le "aperture" sono molto  frequenti. Traumatiche ma anche provvidenziali.  Personaggi energici e carismatici crearono gruppi, tribù, regni, imperi, che sottomettevano gli altri, e quelli sopraffatti  dopo un certo periodo tornando alla ribalta riprendevano il sopravvento. In questo continuo mutamento,  uno Stato con la sua cultura s'integrava con l'altro. E se ognuno ne aveva creata una autonoma di cultura, nell'integrazione subìta o fatta subire, il patrimonio di conoscenze si unificava, si  raddoppiava e si moltiplicava ininterrottamente. Gli stessi sistemi politici subivano reciproche influenze.

Il gruppo che solo in seguito diventeranno i Sumeri sono nella migliore posizione: sono al centro di una umanità in continua evoluzione.  A sud ovest avevano i nomadi arabi. A sud un popolo di navigatori (nel Golfo Persico nelle Isole Bahrain e dintorni sono migliaia i tumuli neolitici ancora sepolti). A  ovest  l'Iran, l'Anatolia, e la Siria,  oltre i monti il Libano, e ancora più ad occidente nel Mediterraneo, Cipro era già popolata e a Creta gli insediamenti neolitici erano già millenari.
I futuri Sumeri avevano quindi indubbiamente  con la maggior parte di questi popoli, rapporti commerciali quindi assimilavano altrettante preziose culture autoctone, come vedremo più avanti.

Non dimentichiamo  però altri gruppi  che avevano abbandonato anche loro  il centro Africa, ma poi,  giunti in Asia Minore si erano poi diretti chi a est e chi a ovest (vedi il tracciato sull'immagine di apertura)
In occidente, in Europa - circa 28.000 anni fa - nei primi nuovi insediamenti si era sviluppata la cultura neolitica Gravettiana; presente in Belgio, Spagna, Francia.  Poi 18.000 anni fa,  seguì la cultura  Solutreana e Magdaleniana, con alcune presenze in Italia in Calabria (Romito e Praia a Mare), nel Veneto (Tagliente), in Liguria (Arene C.),  in Francia (Bourdeilles e Dordogna).
Proprio  in Francia 16.000 anni fa i numerosi uomini neolitici europei che abitavano nella maggior parte le grotte, ci hanno lasciato pregevoli raffigurazioni pittoriche sulle pareti; le principali e le più straordinarie a Lescaux e ad Altamira ecc.
Contemporaneamente anche in Italia, nelle grotte del Fucino, in Abruzzo e a Otranto (Grotta Romanelli)  iniziarono a vivere  le prime popolazioni  semi-sedentarie.  D'estate,  erano nomadi in cerca della grande selvaggina che si era ormai diradata, mentre   d'inverno svernavano in grotte vicino al mare, quasi sempre esposte a sud.

L'ambiente ancora molto ostile. La difficoltà a procurarsi cibo doveva essere enorme, visto che per circa 6000 anni (240 generazioni)  saranno costretti questi nostri progenitori a cibarsi di molluschi (cosa mai avvenuta prima), di serpi, o con i pochi piccoli selvatici mammiferi erbivori che c'erano in giro, quei pochi che scampavano alle fauci dei grossi carnivori.

Alcuni gruppi, quasi alla fine di questo periodo (10.000 a.C.) decisero di emigrare. Alcuni si spostarono in Calabria,  altri invece risalirono la penisola in cerca di zone migliori. Alcune tracce di queste migrazioni  sono state individuate  in Campania, nel Lazio, in Umbria, in Toscana e in Liguria. Ma mai in forma stabile, pur essendoci le condizioni ideali.
Il nomadismo senza tregua,  la tanta dispersione di energie, quindi l'assenza di prolungati stanziamenti non permisero certo  la immediata scoperta dell'agricoltura, dell'allevamento e lo sviluppo dell'artigianato. Si viveva alla giornata. Qualche abbozzo in queste arti ci furono, ma occasionali, molto grezze, spesso dettate dalle circostanze, senza una continuità nel trasferire alle successive generazioni, quanto si era appreso, imparato o scoperto. E come i periodi  di carestia anche gli spazi di tempo culturali erano periodici. Non c'era tempo e non c'era soprattutto una residenza fissa, nè ci poteva essere  la vegetazione spontanea adatta all'alimentazione per lunghi periodi, questa era ancora molto rara e povera. I frutti - come li intendiamo noi oggi - quasi inesistenti. In giro solo alcune bacche selvatiche.

Invece nelle zone che abbiamo citato più sopra, in Anatolia, Iran, Iraq, Palestina, Libano, Creta  e dintorni,  le cose andarono molto diversamente. Gli insediamenti fissi furono numerosi, accrescendo e arricchendo culture e tecnologie. In breve divennero  le più avanzate di ogni altro gruppo umano. Gli altri, avevano scelto 20.000 anni prima il nomadismo, mentre queste popolazioni  erano rimaste sempre sugli stessi territori in questi  stessi 200 secoli (800 generazioni)  scoprendo - anche loro - a causa della carenza di fauna, straordinarie alternative alimentari per sopravvivere. Si erano organizzati  gruppi, e dentro questi  erano stati separati i compiti, creati degli addetti di un unico settore, e con la ripetitività nel fare il proprio mestiere costoro migliorarono col tempo le culture, l'organizzazione sociale, le tecnologie. Indubbiamente come in Egitto erano nate delle istituzioni rette da uno o più saggi, ed erano state create squadre di specialisti e, come leggeremo più avanti, anche dotati di nozioni di alta ingegneria.

Gli abitanti di questi territori,   con gli stanziamenti ormai fissi,  e dopo così tante generazioni, hanno dunque iniziato ad addomesticare gli animali, a coltivare i cereali a inventare l'artigianato, a costruire case, dighe, canali, barche, magazzini, edifici sacri ecc..  Nel farlo si sono formati grandi centri abitati, alcuni dei quali muniti di fortificazioni. Presente in ogni centro già un grande fabbricato fornito di silos per la conservazione dei cereali e delle bevande, segno evidente di una cooperazione e di una istituzione centralizzata molto attenta. Nelle case in muratura appaiono  macine per cereali e forni per la cottura del pane, e gli artigiani oltre la lavorazione della pietra - già da qualche millennio non più scheggiata ma levigata - hanno iniziato il neolitico preceramico (o terracotta)  fabbricando in serie oggetti di uso quotidiano sempre migliori come materiali, aspetto, forma e fattura e già con i primi accenni di un'arte espressiva.  Nell'artigianato, per i contenitori di liquidi, prima scavavano pietre, ora hanno scoperto il fango argilloso, che indurisce al sole. Poi più tardi, forse in giornate di pioggia, scoprirono mettendo i manufatti  nello stesso forno del pane che  l'essiccazione avveniva  più rapida e anche meglio.  Iniziarono così a fabbricare una sterminata produzione di vasellame e oggetti vari; dalle stoviglie arrivarono poi a veri e propri manufatti artistici ornamentali di pregevole bellezza con espressioni figurative, geometriche ed anche astratte. Dedicandosi alla bellezza, agli ornamenti voluttuari della casa e della persona, vuol dire quindi che esisteva già una prosperità molto diffusa.

Le case sono già fatte con mattoni crudi, con ambienti rettangolari, intonacate, perfino colorate, ed alcune imponenti di 6 m per 4.  Uno dei più antichi che si conoscono di questi villaggi   è quello di Qual'at Jarmo che sorge su un ettaro e mezzo nella pianura di Chamchama (Iraq settentrionale). Poco lontano in Giordania, subito dopo (8750 anni fa), sorse su quattro ettari Gerico, e a Konya in Anatolia su dodici ettari Catal Huyuk.

Ma altrettanto intensa é l'attività nella zona nord dell'Iraq - che più tardi doveva diventare l'Assiria -  e nella zona meridionale degli Zagros, dove non molto lontano a ovest sorgeranno i futuri stati di Sumer, Akkad e dell'Elam; cioè la Mesopotamia.
Un periodo neolitico questo molto intenso di cui conosciamo pochissimo. Da Bagdad a Teheran lungo la strada si possono vedere  ancora oggi migliaia e migliaia di tumuli, ed ognuno é una insediamento umano di questo periodo di cui non conosciamo quasi nulla. Un po' perchè è un Paese martoriato da guerre, e un po' perchè le rare spedizione archeologiche  hanno sempre cercato solo oggetti di valore artistico da vendere o mettere nei musei; le modeste produzioni neolitiche e i mucchi di ossa dei primi abitatori non interessa a nessuno; non certo i finanziatori delle spedizioni. 

Nonostante questo, dalle ultime scoperte qualcosa sappiamo. Sia gli Assiri che i Sumeri non erano affatto nativi dell'Assiria e della Sumeria, ma di una regione  non esattamente ancora identificata, ma comunque fra Teheran e il Mar Caspio. Qui  vi sono moltissimi insediamenti di civiltà neolitiche non ancora dissepolti. Il territorio ancora oggi è disseminato  da una rete inestricabile di canali naturali che ne fanno il "Paradiso Terrestre"  (l'etimo nacque proprio qui) della vegetazione mondiale. C'è il museo naturale dell'agricoltura mediterranea e perimediterranea. I maggiori centri della cultura intensiva sono qui. Qui l'origine di quasi tutti i frutti e le varietà di verdure che si conoscono al mondo, compresa tutta la varietà di cereali, riso, grano, segala, soia, granoturco; compresi gli agrumi, i legumi, il cotone, il tabacco, il tè, la canna da zucchero, gli olivi;   la stessa vite è stata specificatamente individuata come originaria di questa zona, nel Turkmenistan, sulle sponde del Caspio.

Insomma tutto partì da questi "Giardini" (anche questo etimo nacque qui,  e indica ancora oggi gli orti e i frutteti locali) e ogni pianta o frutto raggiunse in varie epoche sia l'Occidente sia l'Oriente (non per nulla che la pista per la Cina rimase per altri 7000 anni quella del Turkmenistan, trasformando Samarcanda il crocevia di due mondi. Da questi luoghi scesero in Oriente le piante selvatiche,  trasformando i cinesi nei migliori ibridisti del mondo.
In questi territori prosperano ancora oggi tutte le famiglie delle piante selvatiche sopra citate. Che sono in pratica quasi tutte le piante che ci sono utili nell'alimentazione vegetale.

Altrettanto per gli animali di allevamento. Sembra proprio che il nonno della pecora e della capra siano entrambi del Turkmenistan dove vive l' argali, una pecora selvatica  dei monti Elburz. I bovini, il bos primigenius é nativo di questa zona; era un animale gigante, ma gli abitanti selezionarono le specie nane e le addomesticarono. Per quanto riguarda il maiale, le più antiche ossa finora note al mondo (della Sus  scrofa)  sono quelle recuperate dalla spedizione di Coon proprio sulle sponde del Mar Caspio (a Belt).

E arriviamo alla storia dei cereali e dei legumi. Nascono qui (ed esistono ancora) le prime piante selvatiche di quasi tutti i cereali che conosciamo. Prendiamo il grano e il riso. La successiva coltivazione avvenne occasionalmente per un errore che la natura ogni tanto commette.  Nella sua forma selvatica, la pianta regolarmente giunta alla maturazione, il suo baccello inizia ad aprirsi facendo cadere i semi che si disperdono sul terreno pronti a rinascere la successiva stagione. Probabilmente non avendo altro da mangiare gli abitanti si misero (facendo concorrenza agli uccelli) a raccogliere con tanta pazienza i chicchi sul terreno sparpagliati. La lingua sumerica diede il nome all'oggetto  con il verbo chiamando il chicco  gran  o ghan , che significa appunto disperdere, sparpagliare.

Di tanto in tanto la pianta selvatica annuale subisce per alcune ragioni (es. clima non ottimale) un mutamento che ne determina accidentalmente l'estinzione quando la spiga (o il baccello) perdono la capacità di aprirsi. Il chicco non cade e la pianta  marcisce con il suo stelo assieme ai suoi potenziali semi. Quando questo accade, non solo a terra non ci sono chicchi da raccogliere ma l'anno dopo in questo terreno ovviamente non vi cresce più nulla. L'osservazione avvenuta forse in più stagioni, portò alla grande scoperta.
Se l'uomo interviene su questa piantina prima che marcisce e provvede al momento giusto a raccogliere i chicchi  battendo la spiga con i baccelli non aperti, non solo ottiene il prodotto da utilizzare nell'alimentazione ma può usarne anche una parte per la successiva e necessaria seminagione. Inoltre lo può fare tagliando le spighe, e portarle  a casa, senza perdere neppure un chicco. E cosa più interessante e pratica,  seminarli  vicino dove è la sua dimora.
Iniziò tutto così. I primi proto-agricoltori iraniani da raccoglitori si trasformarono in coltivatori seminatori dopo aver sgranato (!!) da queste spighe anomale i semi,  assicurandosi così non solo la pappa quotidiana ma anche il prossimo raccolto se fatto con intelligenza. Cioè ripetere manualmente quello che prima faceva da se' la piantina; cresceva, maturava, cadeva, e l'anno dopo tornava nuovamente a germogliare. 
Altrettanto accade alla piantina del riso, ai piselli, alle fave, alle lenticchie,  e a molti altri cereali, legumi e tante varietà di verdure.

Da cosa nasce cosa. E gli iraniani  dopo i primi risultati come coltivatori nei "giardini", si   conquistano  anche la fama mondiale di maestri nell'arte dell'irrigazione e distribuzione delle acque (ancora  oggi sono sotto il controllo politico). Fin da questo neolitico, non si limitarono a deviare le acque dei fiumi e dei laghi con una rete di migliaia di canali,  ma scavarono dentro le montagne grandi gallerie (le qanat )  (esistono ancora quelle fatte seimila anni fa) per portare il prezioso liquido  nei più lontani "giardini",  insegnando quest'arte al resto del mondo (E anche agli Egizi! Ai Romani dopo cinquemila anni. Leggi la prima parte della Storia di Roma).

La  storia dei Sumeri  inizia storicamente nel 3000 a.C., ma erano già presenti in Mesopotamia con una prima ondata migratoria avvenuta tre millenni prima. Vi arrivarono lentamente in un modo singolare.   All'improvviso poi mille anni prima di questa data (quindi nel circa 4000 a.C.) scesero in massa sulle rive dei due fiumi gemelli,  modificando l'intero territorio,  e fondandoci  poi il loro stupefacente impero.

Ma torniamo indietro nel 7000 a. C., cioè subito dopo una grande inondazione che sconvolse le pianure dove scorre ancora oggi il Tigri e l'Eufrate.  Era questo il penultimo diluvio apocalittico che aveva spazzato via gli insediamenti del primo neolitico (l'altro quello biblico verrà dopo,  nel 6000 a.C.), ricoprendo l'intera pianura  con 7 metri di limo.
(per dare un'idea il bacino dei due fiumi è 14 volte più grande di quello del Po, e la pianura mesopotamica 10 volte più vasta della Pianura Padana)
Poi le acque ritirandosi avevano dato origine a una miriade di canali instabili e gli stessi due fiumi gemelli avevano preso corsi diversi rendendo invivibile la zona, anche se nella catastrofe erano quasi morti tutti.

Dobbiamo riflettere su questo particolare: Se nel Basso Nilo e nel grande immenso delta   le alluvioni dopo l'estate,  cioè in settembre,  depositavano il prezioso limo (ricco di minerali) e rendevano il terreno una immensa palude incoltivabile, le inondazioni mesopotamiche essendo subito dopo l'inverno, in aprile, depositavano  l'altrettanto prezioso limo ma rendevano il terreno  un deserto   incoltivabile per l'improvvisa evaporazione estiva. (non dimentichiamo che il limo è una sabbia finissima mineral silicea, ma non un humus).

Questi primi "Sumeri", residenti  da alcuni millenni in quella zona più sopra descritta, se già godevano   di una rigogliosa  vegetazione spontanea, selezionandola e poi curandola, ottennero poi migliori risultati.  Una ricchezza  alimentare che sostituiva eccellentemente quella carnea (diventata da alcuni secoli difficile da procurarsi) o che alternandola più per necessità che per scelta, (anche se non lo sapevano ancora scientificamente) cedeva all'organismo i più importanti  minerali, amminoacidi, carboidrati, vitamine e in alcuni casi sostituiva anche le proteine animali come i legumi che avevano scoperto e cominciato a essiccare. Ma non solo era stata scoperta dai questi neolitici l'alimentazione a base vegetale con al primo posto i cereali (ricchi di amidi, e quindi preziosi zuccheri), ma avevano  - come abbiamo letto più sopra - scoperto come riprodurli a volontà mediante la semina nei luoghi che ritenevano migliori; terreni soffici, facili da lavorare, sabbiosi,  umidi, costantemente irrigati.
Il clima l'avevano, le piogge nelle stagioni giuste pure e possedevano migliaia di varietà selvatiche da selezionare seminare mettere a dimora. Ma l'impressionante numero di insediamenti in questa zona ci fa presumere  che  l'abbondante e ricca alimentazione causò anche un'alta natalità. Per alcuni gruppi questo  rappresentò il motivo di mettersi a cercare altri territori da colonizzare.

Quando alcune spedizioni scesero a sud dei monti Elburz e scoprirono  la grande enorme spianata alluvionale dei fiumi gemelli nella zona tra le odierne Samarra, Bagdad, Bassora, dove i due fiumi scendono quasi paralleli,  trovarono il terreno più ideale esistente al mondo. Era secco, ma era limo,  e ai lati  c'erano i due grandi fiumi, e in mezzo migliaia di piccoli e grandi laghi che chissà con quanti "diluvi" precedenti si erano formati. Il cataclisma del resto aveva spazzato via ogni forma di vita, era un deserto, e quale  migliore occasione per prenderne possesso. Fecero così la loro prima grande migrazione. Nell'arco di mille anni (40 generazioni) scavarono una rete infinita di canali, calcolati con tanta abilità sia per la distribuzione dello spazio sia per la pendenza, che ancora oggi la più grande aspirazione del governo iracheno è di riportarli alle condizioni originali. Nessun ingegnere moderno potrebbe ideare un sistema migliore. Destarono queste opere idrauliche grande ammirazione nell'antichità, e ancora oggi appaiono straordinarie.

Diversamente dalle opere che esistevano in Egitto che erano limitate a regolare piccoli e brevi canali laterali per irrigare i terreni ai bordi limitrofi del fiume seguendo la direzione della corrente del Nilo, quelli mesopotamici erano traversali, molto larghi.  Erano riusciti perfino a unire i due fiumi, poi controllando il flusso delle acque, oltre che ampliare le aree coltivabili con una rete di  medi e piccoli canali,  i due corsi d'acqua erano perfettamente navigabili.
Dal Golfo Persico si poteva quindi risalire l'Eufrate fino all'altezza della odierna Bagdad; poi con un canale attraversarla portarsi sul Tigri e scendere nuovamente al Golfo Persico, dove stava nascendo un grande città portuale Eridu che teneva con le Isole Bahrain i contatti con tutte le coste bagnate dal Mare Arabico e quindi anche dell'India.
Da montanari che erano, i primi "Sumeri"  divennero coltivatori, ingegneri, artisti, e i più esperti navigatori fluviali e anche marinari. Grandi scambi quindi commerciali con le coste Arabe (Yemen, Oman, mitico regno di Saba) e le coste dell'India, viaggi di esplorazioni dentro il Mar Rosso, e primi contatti con gli egiziani. Siamo nel 5000 a.C.

Secondo molti esperti, in questo periodo, grandissima è l'influenza in Egitto di questi stranieri (Sumeri? quasi con certezza). Influenza su quella etnica (troviamo ora in Egitto una contemporanea presenza  semitica e camitica);  culturale (nella lingua egizia alcuni vocaboli sono iranici); marinara (compaiono le prime barche con la prora diritta come quelle del sumerico Golfo Persico); ceramica (cambia totalmente la composizione, il colore, la decorazioni); e iniziano gli egiziani dopo il loro arrivo la tecnica delle costruzioni a mattoni. L'Egitto infatti, usava ancora le capanne, e solo per gli edifici pubblici o i monumenti si impiegavano le pietre, mentre i sumeri che di pietre da costruzione nella vasta pianura non ne possedevano, avevano  da duemila anni  inventato i mattoni di argilla cotti al sole; una tecnica ancora sconosciuta agli egiziani.
Ma l'apporto più grande che andò a modificare l'intero territorio egiziano dopo il loro arrivo nel 5000 a.C., e dopo questo primo contatto, é la sorprendente e straordinaria ingegneria idraulica. Sono loro (la tecnica è identica e avviene in Egitto improvvisamente) a realizzare  come in Mesopotamia, il labirinto di canali (questa volta non per irrigare ma per far defluire le acque stagnanti) che restituirà nel corso di 2000 anni, gli ultimi 600 chilometri del Nilo; un territorio abitabile fino al Mediterraneo, dove poi nel 3100 a.C. su questo nuova terra sorgerà il regno del Delta.   All'inizio uno stato minore, fondato da questi stranieri più evoluti e desiderosi di svilupparsi e di espandersi  nella valle del Nilo, poi destò forse gelosie.
Forse arrivati per commerciare, in seguito decisero di  scegliere questa terra quasi disabitata  per insediarsi iniziando i grandi lavori idraulici,  visto che le possibilità di ricchezza che la terra e il clima offrivano, c'erano tutte.
Sembra proprio che questa colonizzazione straniera in molti aspetti ricalchi quella già fatta in Mesopotamia.

Nell'anno 3200 lo Stato Delta (quello che sarà poi l'intero Basso Egitto) è già uno regno ricco, forte ed organizzato, meglio del Regno Alto, ancora arcaico ma con molti più abitanti,  ed infatti forti di questa supremazia numerica il loro re scatenò la prima guerra della storia per impossessarsi del Basso Egitto. Chi dei due re fu il vero vincitore non lo sappiamo, la scrittura non esisteva, e la storia proto-dinastica è ancora oscura.   Sappiamo del leggendario  Scorpione e qualcosa di più sappiamo del suo successore, il semi-leggendario Menes,  re dell'Alto Agitto con capitale This.  Sappiamo però che  la fine di questa  guerra coincide con   l'unificazione dei due regni e lo spostamento del centro politico dall'Alto Egitto al Basso Egitto e con Menfi nuova capitale. Qualcosa di insolito doveva essere accaduto.

Semi-leggendario Re Menes, perchè improvvisamente dopo la guerra con il Delta e l'unificazione dei due regni si ha qualche notizia, inizia la prima documentazione storica: intanto compare il sigillo cilindrico che può essere arrivato solamente dalla Mesopotamia, ed insieme compare la scrittura geroglifica a pittogrammi  ma sempre concettualmente di tipo sumerico, anche se entrambi i due paesi ne rivendicano ancora oggi  l'invenzione (ma sembra che dopo la scoperta delle Tavole Tartarie in Tracia, uno dei due abbia copiato proprio dai Traci, l'idea della scrittura e anche l'idea dei sigilli cilindrici.

Quella alfabetica (ma meglio dire sillabica) geroglifica 
a pittogrammi egiziana anche se priva di relazioni morfologiche, mostrano, nei principi impiegati, alcune affinità che possono non essere semplicemente fortuite, tanto più che compare contemporaneamente a questa guerra che Menes chiama "contro gli stranieri" (!) .  Sarebbe più esatto ritenere che i Sumeri stimolarono e concorsero allo sviluppo della loro scrittura. Quella egiziana, che esisteva  (pittografica come  quella ancora delle caverne - un disegno corrisponde a un oggetto reale - detta anche ideogrammatica) - non trovando riscontro a un valore fonetico  la adattarono per creare  con i principi basilari mutuati dai sumeri delle corrispondenti  sillabe capaci di costruire con poche figure simboliche i fonemi necessari (detta quindi fonogrammatica). Ora che sappiamo decifrarla è molto più semplice da usare di quanto non appaia. La difficoltà non sta nel leggere per capirne il significato (che rimase quasi sempre figurativo) ma è nel pronunciare i vocaboli in lingua egiziana.
Per dire ca-po noi potremmo inventarci il disegno di  casapomo utilizzando le prime due sillabe come facevano gli egiziani. Ma casa e pomo in egiziano si pronuncia in un altro modo e non potrebbero mai costruire la parola egiziana capo corrispondente a due fonemi che sono ovviamente diversi in egiziano.

Insomma in un centinaio d'anni avvengono in Egitto nel periodo della unificazione molti mutamenti, culturali, linguistici, politici e sociali. Iniziano i periodi dinastici di cui conosciamo l'intera cronologia perchè con  la scrittura nasce anche la storia scritta in geroglifici 
(ieroglifica", cioè lettere sacre incise, cioè  ierocratiche (da ierocrazia = dominio della casta sacerdotale). Nello stesso periodo gli egiziani apprendono alcune tecniche  per ottenere il bronzo. Hanno il rame nel vicino Sinai, ma alla lega bronzo necessita lo stagno, ma  in Egitto e neppure nel vicino Sinai non esistono miniere di questo metallo. Queste erano, guarda caso, sul Caspio, sui Monti Elburz, la culla dei Sumeri.

Il ruolo preciso svolto in Egitto da questi primi invasori "sumeri" tra il sesto  e il terzo millennio a.C. non è ancora chiaro fino ad oggi, non esiste storia scritta ma solo pochissimi reperti; e del periodo protoceramico nell' Egitto Antico, in quello Alto,  quasi nulla, non perchè non ci sono, ma nessuno ha dissepolto qualcosa, perchè  interessa poco. Si cercano i tesori e non la paccottiglia, che invece svelerebbe molti misteri
Che abbiano  modificato i "sumeri" con il loro arrivo il regno e le antiche dinastie dell'Alto Egitto è ormai una ipotesi abbastanza credibile. Quasi certa. Ultimamente nel Delta alcune necropoli hanno restituito scheletri di uomini molto più alti di statura degli egiziani, inoltre con una struttura più massiccia e i crani più larghi che lunghi, anatomicamente identici agli iraniani del nord. Infine abbiamo il più famoso manico di coltello in avorio (è oggi al Louvre) trovato a Gebel el Araq del periodo protodinastico. Il rilievo presenta un uomo barbuto in abito sumerico che separa due leoni. Questa scena era riprodotta con frequenza nella patria dei Sumeri con i sigilli cilindrici  e rappresentavano Gilgamesh. Cilindri che anch'essi con la prima dinastia (dopo la guerra con "gli stranieri") diventarono di uso comune  anche in Egitto riproducendo in certi casi fedelmente  il disegno e il bassorilievo in stile sumerico (come nel manico di coltello). Infatti improvvisamente i disegni  diventano nel 3000 a.C. in Egitto prospettici, cioè con le figure non allineate ma sovrapposte. Uno stile usato solo dagli scultori sumerici molto prima del 3000 a.C.

Resta il fatto che gli studiosi fanno terminare in questo periodo le due  culture dell'Egitto: la Badariana Nagada I dell'Alto Egitto (piuttosto arcaica) e la Ateriana Faiyum libica presente nel Basso Egitto  del tutto diversa. Con l'arrivo degli "stranieri" gli studiosi unificano una cultura - prima ancora che si unirono i due regni con la guerra - chiamandola  Nagada II.
Inizia un periodo completamente diverso per l'intero Egitto. La cultura Nagada II dal Delta (ora Basso Egitto) risale il fiume fino alla Nubia mentre dalla Nubia e Alto Egitto inizia  a scendere la popolazione ricca verso il  Basso Egitto attratta dallo splendore delle grandi città che sono diventate ora il nuovo centro politico, con una grandiosa struttura burocratica, minuziosa e pedante; allo stesso modo  quella religiosa, onnipresente in tutte le attività. Ma entrambe chiuse al progresso e ai commerci. Alcuni contatti,  ci sono stati,  ma solo per pochissimi acquisti sporadici di oggetti di lusso per i faraoni.  Le navi egiziane (sempre rimaste arcaiche e inadatte) nel corso dei successivi 3000 anni (quindi nell'intero arco della storia egiziana) usciranno rarissime volte dalla foce del Nilo pur avendo davanti un Mediterraneo, con le sue coste in fermento, e a fianco un Mar Rosso aperto a tutto il mondo orientale. La negazione agli scambi   commerciali con l'esterno (di conseguenza anche quelli culturali e tecnologici)   é dunque  dimostrata dalle pochissime cose che uscirono e  che entrarono in Egitto. Nemmeno in seguito con i Fenici. Del resto non avvertirono mai la necessità di avere una moneta, di mutuarne l'alfabeto, nè avevano il desiderio di conoscere il mondo che li circondava.

Chissà per quali motivi, nonostante tante  maestose e perfino inquietanti bellezze, l'Egitto si chiude nel suo grande ma "piccolo" mondo per tremila anni. Più che un popolo conservatore, i reali e i governi si dimostrarono ottusi. E desta meraviglia che i costruttori delle piramidi avessero a disposizione una scienza così ingenua in certe sue parti, soprattutto così priva di teorie e di regole per risolvere problemi pratici. Si occupavano di agrimensura, di catasto, sapevano calcolare superfici e volumi anche complessi, tenere in perfetto ordine i registri delle amministrazioni erariali.....ma per tremila anni non apprendono la più banale moltiplicazione; nella divisione conoscevano solo quella del due;  e le frazioni conoscevano  solo quelle che hanno l'unità al numeratore. Non possedevano nessun manuale di aritmetica semplice a livello di scuola elementare odierna.
Sembra incredibile che per moltiplicare un semplice 146 x 68 addizionassero 68 volte il 146; e che per dividerlo, seguitavano a utilizzare il 2 tante volte. L'area di un triangolo rettangolo di 10 x 4 richiedeva una intera pagina di geroglifici di spiegazioni per ottenere un banalissimo 20. Tutto questo per  quasi tremila anni. (tutto il tempo del nostro Impero Romano, del  nostro medioevo e del nostro Rinascimento moltiplicato per due!).

Inoltre sembra proprio che l'agricoltura, alcuni tipo di cereali,  genere e specie di frutta e di verdura, e alcuni animali domestici siano stati introdotti proprio da questi primi "sumeri" con un ritardo di almeno due tre mila anni rispetto ai centri in via di formazione non lontano dal delta del Nilo.  Non dimentichiamo che nella vicina Palestina, Libano, Siria, in villaggi  risalente al 8.500 a.C. sono state rinvenute macine a ruota per cereali. Mentre compaiono in Egitto dopo 3000 anni, solo nel 5000 a.C. (e questo dimostra la "chiusura" al mondo circostante fino a  quando arrivarono i provvidenziali   "stranieri")

Non siamo quindi affatto sicuri che la coltivazione e l'agricoltura fu un'invenzione autonoma degli egiziani, e che prima di questa pacifica invasione di "tecnici", loro  la praticassero.  Il mistero che circonda questo periodo resta. Anche se sono gli stessi egiziani a documentarcela in una forma involontaria quasi criptica nel successivo testo Libro dei Morti , che ha sempre fatto perdere la bussola agli studiosi filo-egizi.

Si narra infatti su questo Papiro la più nota e antica leggenda scritta (é a Torino al Museo Egizio - assolutamente da visitare!).  E' quella di Osiride, che arrivato dal NORD (!)   introdusse in Egitto l'agricoltura, l'allevamento del bestiame, le arti e i mestieri. Dopo la sua morte - si narra -  il suo spirito era ritornato nella sua patria, una zona ricca di cacciagione, con ogni tipo di animali  e ogni genere di frutti; era ritornato nel suo "paradiso terrestre"; e lì riceveva le anime dei morti dei giusti e dei buoni. La patria di Osiride  - si racconta - era a Nord, in una regione circondata da alte cime, alcune delle quali vulcaniche. Al di là delle montagne vi era un enorme lago; al di quà   tra le montagne e le pianure  una rete di fiumi e di canali d'irrigazione. All'intorno  una fitta foresta, mentre lontano dai monti e dai "giardini" (così si chiamano orti e frutteti in iranico, Ndr) coltivati, si stendeva a est il deserto. Nulla in questa descrizione ricorda una zona dell'Egitto. Non esiste un posto del genere.
La zona invece corrisponde esattamente alla zona dei monti Elburz. Una catena vulcanica innanzitutto con alte cime fino a 5671 m.; a nord c'é il grande "lago" Caspio, zona umida e nebbiosa,  e a sud riparata dalla stessa lunga e alta catena di montagne c'è il "giardino" il "paradiso"  iranico, disseminato di fiumi e canali d'irrigazione. Qui esiste quasi tutta la flora e la fauna che conosciamo sulla terra. E lontano dai monti, a est c'é il deserto iranico di Lut.

L'estensore di questo testo o il sacerdote, o lo stesso faraone (e molti avanzano questa ipotesi)  forse di antiche origini sumeriche  integratisi da generazioni in Egitto, probabilmente pensava alla patria dei suoi avi,  e osservando intorno l'arido e piatto paesaggio desertico egiziano, richiamava alla mente il  luogo d'origine   rimasto certamente scolpito nel suo cuore da conoscenze forse  tramandate oralmente dai suoi avi da chissà quanti secoli  in una forma di malinconica reminescenza.

Ma cosa strana, quando i Sumeri iniziarono anche loro a scrivere la leggenda del proprio passato (come la leggenda di Ghilgamesh) verso la fine, all'approssimarsi della decadenza e scomparsa totale del loro impero, nella ricca produzione letteraria c'è la stessa malinconia romanticistica.  Accennano al "paradiso"  perduto, da ritrovare, e a quello che aspirano dopo la morte (un tema questo ricorrente all'interno della religione dei Sumeri - fino a quella Parsista indo-persiana) e lo collocano questo paradiso nello stesso luogo riportato nel Libro dei morti egiziano: nei "giardini" iranici, nel "paradiso", dove cercano invano fra tanta vegetazione lussureggiante l'albero della vita, dell'immortalità (da non confondere con quello biblico della conoscenza).

Ma ritorniamo in Egitto. Nei secoli successivi, la Civiltà Egizia rimase chiusa, con strutture più semplici perchè meno complicate, essendo dislocata su  una sola linea-solco percorsa da un unico fiume, mentre la Civiltà Mesopotamica policentrica  passò gradualmente (ma anche con grandi salti traumatici) attraverso varie dominazioni:  il baricentro dopo gli Assiri e i Babilonesi  iniziò a spostarsi verso quei Paesi che venivano a stretto contatto tra di loro, alle volte per cooperare, ma spesso con le ambizioni di dominarli. Spesso riuscendovi.

Comparvero così i pionieri della lavorazione del rame, del bronzo e del ferro,  poi comparve l'introduzione del cavallo e del carro, che se da una parte favorirono lo sviluppo, dall'altra diedero l'impulso alla forza delle armi  nelle perturbazioni politico-sociali.

Iniziarono quindi i governi e i commerci, e la crescente complessità di entrambe le due attività arrivò fino al punto in cui la scrittura divenne una necessità nel redigere leggi o contratti, e l'idea-invenzione sumerica, fu in seguito migliorata, e infine anche sostituita. Alcuni regni, a turno, si allargarono fino a creare le condizioni favorevoli al sorgere degli imperi e a complesse organizzazioni dello Stato, che se prima  per l'amministrazione che gestiva il territorio erano solo obiettivi  logistici , dopo ebbero un secondo scopo, quello della sicurezza interna,  la difesa dai nemici esterni a cui il territorio interessava per estendere il proprio dominio.
Iniziano le prime guerre. Quindi nasce una civiltà guerriera.
Nacquero così le prime distinzioni di classi, al primo posto  l'aristocrazia militare (all'inizio il re e la sua famiglia molto numerosa), poi la classe media (funzionari, artigiani, proprietari di terre, mercanti) e infine  la popolazione addetta ai lavori umili, cui si aggregarono poi con le prime guerre di conquista le popolazioni vinte rese schiave.

Queste divisioni corrispondono alle differenziazioni e ai mutamenti politici, che nel corso della Storia - che ora va iniziare -  ritmano, sotto la pressione di forze interne ed esterne, la stessa Storia; "dell'umanità" (!?).

Termina così la Preistoria. L'Uomo della Pietra scompare. E termina la vera Storia dell'Umanità naturalistica, che d'ora in avanti diventa Storia di Popoli  individualisti ed egocentrici,  dove ognuno cammina per conto suo,  spesso marciando sugli altri con arroganza.  Faranno della propotenza un'arte, dell'ipocrisia un culto, sull'ignoranza inventeranno una liturgia; e si occuperanno del proprio interesse che chiamano tuttavia del popolo ,   non curandosi assolutamente degli altri.  A guidarli  quasi sempre un uomo che è convinto di essere un dio, e che il popolo ritiene il più saggio, il più illuminato, il più giusto,  il più perfetto, il più onesto, il più "civile". A suggestionarlo c' é il condizionamento ideologico, e quello religioso e, nel caso si atteggi l'uomo comune a critico, é costretto con la forza al giogo; con la forza delle armi che convincono e vincono. E normalmente chi ha queste ultime ha dietro di se' denaro e ricchezze, i mezzi e gli uomini migliori che usano queste armi, e ha i servili sacerdoti, che con altre armi - quelle psicologiche  - minacciano le ire delle divinità e terrorizzano fin quando non  sottomettono il popolo minuto alla volontà del potente,  che è poi quello che dà ai soldati e ai sacerdoti, prebende, benefici, privilegi.

I potenti affermavano sempre che è per dare regole al progresso civile. Purtroppo non é stato così negli ultimi 5000 anni, e in certi casi anche con personaggi della cronaca del nostro tempo non é affatto così.

Era appena iniziata la CIVILTA', era appena morto il primo re dell'Alto Egitto, Scorpione; non era ancora iniziata la prima Dinastia, che già su una tavoletta d'ardesia ci  lasciava trionfante il suo successore re Narmer la prima testimonianza scritta di una guerra contro gli abitanti del Basso Egitto. Cioè contro un insieme di famiglie umane; non animali; ma "fratelli" che si erano insediati sul Delta.
Il bassorilievo commemorativo di questo re,  mostra le teste mozzate, i prigionieri deportati per farne schiavi, e lui   altezzoso che passa in rassegna i suoi soldati "vincitori".
Da allora, nella storia contiamo 27.450 guerre disputate;  non fra animali famelici, ma fra umani dotati d'"intelligenza" che combattevano altri "intelligenti" .


Quando i potenti di un popolo usarono questa tecnica per eliminarsi a vicenda, per i recalcitranti pacifisti ci fu solo disprezzo, il bellicista s'inventò le frasi ad effetto. "L'uso della forza é giustificato per consolidare la pace", "La violenza é moralmente cattiva, ma la codardia é peggiore", e aggiungevano   "Un impero fondato con la guerra, con la guerra deve mantenersi". E dato che a partire da questo 3000 a.C. nessun impero è mai stato fondato senza una guerra, la civiltà moderna ha scelto solo questo mezzo e l'ha portato al suo più alto grado di efficienza senza mai arrestarsi;   si arresterà quando questa efficienza raggiunto il suo livello più alto,  porrà fine alla stessa civiltà. Alcune "prove"  negli ultimi anni le abbiamo fatte. E alcuni pazzi li abbiamo anche conosciuti. Ma molti sono ancora in circolazione.

"....alcuni sanno che basta apostrofare la folla chiamandola "popolo" per indurla a malvagità reazionarie...che cosa non si è fatto davanti ai nostri occhi, o anche non proprio davanti ai nostri occhi in nome di Dio o dell'umanità o del Diritto!" T.Mann

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"Se uno uccide un uomo é un assassino, 
se ne uccide un milione é un conquistatore,
 se li uccide tutti é un dio".


"La civiltà ha reso l'uomo, se non più sanguinario, in ogni caso più ignobilmente sanguinario di quanto fosse un tempo".Dostoevskij 
(E non aveva visto ancora nulla di questo ultimo secolo!)


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