LIBRI INTERESSANTI RICEVUTI

ANTEPRIMA di....


Per gentile concessione dell'Autore, pubblichiamo qui, il "Prologo", e il "Primo Capitolo"

( "L'ultima Rosa" ha vinto recentemente il secondo premio al concorso del Club dei lettori )

INDICE
Prologo- L’imperatore (A. D. 1229)
Capitolo 1- Il barone d’Alcamo (A. D. 1190)
Capitolo 2 - Rosa fresca aulentissima… (A. D. 1190-1191)
Capitolo 3 - Il conte di Famagosta (A. D. 1191)
Capitolo 4 - Il cavaliere di San Giovanni (A. D. 1191-1192)
Capitolo 5- Il conte di Nocera (A. D. 1192)
Capitolo 6 - La resa dei conti (A. D. 1192)
Capitolo 7 - L’ambasciatore (A. D. 1192)
Capitolo 8- Il conte dottore (A.D. 1192-1193)
Capitolo 9- Il Sacro Romano Impero (A.D. 1194)
Capitolo 10- Il Ciclope (A.D. 1194-1195)
Capitolo 11- Tra re e regina (A.D. 1196)
Capitolo 12- Il fuggiasco (A.D. 1197)
Capitolo 13- Rose di Francia (A.D. 1198-1199)
Capitolo 14 Laudato si’ mi Signore! (A.D. 1219)
Epilogo – L’ultima rosa (A.D. 1229)
Appendice- Finzione e realtà

Prologo
L’imperatore
(A.D. 1229)

Rosa fresca aulentissima, che appari nell’estate,
le donne ti disiano, pulzelle e maritate.
per te non aggiu pace notte e dia,
pensando solo a voi, madonna mia.

Celi d’Alcamo

Nell’ospedale di San Giovanni d’Acri, dove tengo lezione d’anatomia, c’è più animazione del solito.
Sul lettino davanti a me c’è il corpo di una giovane donna, nuda.
La donna è morta da poco. Non doveva essere molto attraente neanche da viva, ma questo non impedisce ai futuri medici di fare commenti salaci.
Richiamo gli studenti all’ordine, ma trattengo a stento un sorriso.
Ho 62 anni, ma non mi sento vecchio. Non ho dimenticato quello che succedeva alla Scuola Medica Salernitana, tanti anni fa.
Ricordo anche quella volta che il mio amico Rugi…
Sento bussare alla porta. Entra Suor Carmela.
“Sorella, vi ho detto molto volte che, quando faccio lezione, non devo essere disturbato, neanche se mi cerca l’imperatore Federico II in persona!”
Suor Carmela risponde serissima:
“Volete che riferisca all’imperatore il vostro messaggio?”
Ricopro il corpo della donna con un lenzuolo. I ragazzi mi subissano di domande, ma io li lascio con Suor Carmela, e mi avvio verso la stanza del Capo.
Il Gran Maestro dell’Ordine degli Ospitalieri non c’è. Si è allontanato da San Giovanni d’Acri con una scusa, per non incontrarsi con un imperatore scomunicato.
Ho il cuore in tumulto.
Sapevo che l’imperatore era in Terrasanta, ma non mi aspettavo certo di incontrarlo. Tanto meno che mi mandasse a chiamare.
Davanti alla stanza del Gran Maestro mi aspetta il direttore dell’ospedale, Antoine de Miremont, uno stronzetto con la puzza sotto il naso. Adesso Antoine mi parla quasi con soggezione.
L’imperatore vuole parlare proprio con me, da solo!

Ecco davanti a me Federico II: imperatore del Sacro Romano Impero, re di Sicilia, re di Cipro e di Gerusalemme. Lo guardo attentamente cercando di capire se in lui c’è ancora qualcosa del bambino che ricordo.
M’inchino davanti al mio re, ma Federico mi fa sedere accanto a lui. Mi mostra un medaglione con l’immagine di sua madre, Costanza d’Altavilla, regina di Sicilia.
“Ho solo questo ritratto di mia madre. Vorrei tanto ricordare il suo volto, ma avevo solo quattro anni, quando è morta. Voi la conoscevate bene?”
Rispondo prudentemente:
“La regina mi onorava della sua amicizia. Ho saputo della sua morte, quando ero in Francia. Non sono più tornato in Sicilia.”
L’imperatore annuisce.
“Lo so. Avevo chiesto notizie di voi, dopo avere visto il vostro regalo.”.
Federico mi mostra un vecchio coltello d’argento. Nell’impugnatura ci sono due serpenti attorcigliati.
“E’ il caduceo dei medici. Era vostro vero?”
Me l’aspettavo!
“Sì. La regina mi aveva detto che l’avrebbe messo da parte per voi, quando sareste stato più grande.
Chi vi ha parlato di me?”
“La regina stessa. Prima di morire mia madre mi ha lasciato un plico sigillato. L’ho trovato in un cofanetto, quando avevo 14 anni.”.
Che cosa ha lasciato scritto di me Costanza? Tento un approccio indiretto.
“Vostra madre era una gran donna, e vi voleva molto bene!”
“Lo so. Mi ha scritto delle cose meravigliose.”
Sbaglio, o l’imperatore ha la voce roca? Forse, ma Federico si riprende subito.
“Mia madre aveva una grande stima di voi. Ha scritto che mi avete aiutato a nascere.”.
Mi schermisco.
“Ero a Jesi con la regina, ma vostra madre ha fatto tutto da sola!”
“Sì, ma voi le avete dato un grande sostegno. Avrei voluto che ci fosse un medico come voi quando è nato mio figlio Corrado…”
L’imperatore s’interrompe. Ripensa a sua moglie, la regina Jolanda, morta di parto solo un anno fa.
Federico riprende il discorso con un tono più formale.
“Nel cofanetto mia madre ha lasciato alcuni oggetti. Insieme al vostro coltello c’era una pergamena con dei versi, e una rosa”
L’imperatore mi mostra il fiore e la pergamena. La rosa naturalmente è rinsecchita, ma ha conservato tutti i petali. Nella pergamena ci sono dei versi, con la mia firma: Celi d’Alcamo.
L’imperatore legge la prima strofa:

Rosa fresca aulentissima, che appari nell’estate,
le donne ti disiano, pulzelle e maritate…

Federico non mi domanda niente, ma io non posso fare a meno di dare una spiegazione.
“Ho scritto quei versi, quando ero giovane. Non pensavo che avrebbero potuto interessare un imperatore !”
“Invece mi sono piaciuti. Sono molto diversi da quei versi sdolcinati dei provenzali! Adesso a Palermo abbiamo una scuola di poesia, ma voi siete stato il primo a scrivere in siciliano.”.
L’imperatore mi ha fatto chiamare solo per quei versi? Dico prudentemente:
“Mi fa piacere che il siciliano non è più solo una lingua volgare. Anche la regina con voi parlava in siciliano.”.
“Mia madre voleva solo che io fossi re di Sicilia. Ma chi si accontenta d’essere re, quando può diventare imperatore?”.
Federico sorride, e per un attimo rivedo il piccolo Rico che giocava con me tanti anni fa.
“Maestà, la vostra franchezza è pari al vostro ingegno”.
L’imperatore ritorna immediatamente serio.
“Con voi sarò ancora più franco. So che voi siete stato un buon amico per mia madre, ma, ora che siamo soli, vorrei farvi una domanda molto speciale: VOI SIETE MIO PADRE?”

Temevo che questo momento sarebbe arrivato, ma non mi aspettavo una domanda così diretta!
Che cosa posso rispondere?
Non certo con un sì o con un no.
Tanto meno con un forse!
Dovrei raccontare tutta la mia storia, dal giorno in cui sono arrivato per la prima volta a Palermo.
Correva l’anno 1190…

Capitolo 1
Il barone d’Alcamo
(A. D. 1190)

Entro in quello che un tempo era l’Alcazar, ed oggi è chiamato il Palazzo dei Normanni. Mostro al soldato di guardia una pergamena col sigillo reale.
Il militare mi fa ripetere le mie generalità, e poi mi fa salire al piano di sopra, dove i miei documenti sono ricontrollati da tre funzionari, in ordine d’importanza.
Finalmente sono ammesso alla presenza di Ruggero d’Altavilla.
Il re è seduto dietro ad una scrivania.
Ruggero è come lo ricordavo: alto, robusto, e grandi occhi blu, che facevano andare in estasi tutte le ragazze, aristocratiche e plebee. Adesso ha un’espressione altera che non aveva a Salerno. Ma allora non era un re!
Appena il servitore chiude la porta, la bocca di Ruggero si apre in un ampio sorriso. Il re si alza, mi viene incontro e mi abbraccia.
“Celi! Com’è andato il viaggio?”
Nei miei documenti in realtà c’è un altro nome: Michele Cataldo, figlio di Nicola Cataldo e Concetta Cariddi, nato a Salerno il 22 Ottobre 1167.
Celi era il mio nomignolo ai tempi dell’Università. Sono contento che Ruggero se lo ricordi.
Quando io e Rugi frequentavamo la Scuola Medica Salernitana, Tancredi, il padre di Ruggero, era soltanto conte di Lecce. Non era un vero principe, ma solo un figlio illegittimo di un fratellastro del re.
Oggi Tancredi è re di Sicilia, e Ruggero è stato già associato al trono.
Rugi mi abbraccia caldamente come prima. Come posso chiamarlo?
“Bene...maestà! A parte un po’ di mal di mare, il primo giorno. Sai che ho preso quella pozione che ci ha insegnato il professor Gualtieri?”
“Celi! Quando siamo soli, puoi continuare a chiamarmi Rugi. Qui a Palermo non ho i veri amici. Poi è successo tutto così in fretta...”.

***
Sì, era successo tutto molto in fretta!
Solo un anno fa, Ruggero ed io eravamo due scapestrati, che facevano finta di studiare medicina.
Perchè proprio medicina? Solo perchè abitavo a Salerno.
Mio padre è il classico ricco mercante che vuole dare ai figli un po’ d’istruzione. Papà non pensava che avrei fatto veramente il medico. A lui bastava un “pezzo di carta” qualsiasi.
Il conte Tancredi era amico di mio padre, e gli aveva affidato suo figlio perchè si facesse un minimo di cultura. Presto io e Rugi siamo diventati amici inseparabili.
Potevo mai immaginare che Ruggero diventasse re?
Ricordo che, una volta che aveva bevuto un po’ di più, Rugi mi aveva fatto uno strano discorso. Era stato il giorno che la principessa Costanza era venuta a Salerno, col marito, Enrico di Hohenstaufen, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa.
“Quel tedesco di merda! Tu riesci ad immaginarlo come re della Sicilia?”
Ero ubriaco anch’io, altrimenti sarei stato più prudente. Ho risposto d’impulso:
“Penso che i siciliani dovrebbero cacciarlo via a calci nel sedere, come i milanesi hanno fatto, a Legnano, con suo padre.”.
Rugi fa un grugnito d’assenso.
“Già, l’imperatore perde la Lombardia, ma guadagna la Sicilia. Zia Costanza è una puttana! Suo marito ha l’età nostra, e potrebbe essere suo figlio. Non pensi che mio padre sarebbe un re molto migliore di lui?”
Annuisco senza riflettere, anche se rischio di diventare complice di un tradimento. Poi cerco di buttare tutto nello scherzo.
“Se tu diventi re, mi dovresti fare almeno barone, ti pare?”
“Come no? Barone di questa minchia!”
Ridiamo insieme, ma è un riso forzato. Non siamo più tornati sull’argomento.
Ci ho ripensato dopo la morte di re Guglielmo II, quando i nobili del regno hanno acclamato Tancredi re di Sicilia, ignorando l’erede legittima Costanza, e il marito tedesco.
Rugi stava tramando col padre già allora?
Probabilmente sì.
Quando ho saputo del colpo di stato, Rugi era già partito per Palermo.
Pensavo che Ruggero si fosse scordato di me. Invece oggi mi ha mandato a chiamare.

***
Eccomi davanti a lui. Sembra il Rugi di sempre.
“Ti ricordi, Celi, quella volta che mi dicesti che se io diventavo re, ti dovevo fare barone?”
“Come no! Barone di questa minchia!”
“No, no! Barone dissi, e barone sarai! Michele, da oggi sei barone d’Alcamo!”
Minchia!
Sono diventato un nobile! Il sogno di ogni mercante. Quando lo saprà papà!
Eppure...
Guardo attentamente Ruggero, e leggo nei suoi occhi che non mi ha fatto venire in Sicilia, solo per mantenere una mezza promessa fatta da ubriaco. Cerco di trovare le parole giuste.
“Il barone Michele d’Alcamo ringrazia calorosamente il suo re, e gli giura eterna fedeltà.
Re Ruggero permette che Celi Cataldo dica due parole al suo amico Rugi?”
Ruggero trattiene a stento il riso.
“Permesso accordato! Che cosa mi vuoi dire Celi?”.
“Rugi, tu mi vuoi fottere! Dov’è la fregatura?”.
Per un attimo Ruggero è interdetto, poi la sua reazione è quella che speravo. Scoppia a ridere.
“Celi, ti ho chiamato perchè volevo accanto a me un nobile intelligente e fidato, e tu mi hai appena dimostrato di essere la persona adatta. “
Rugi s’interrompe per soffiarsi il naso. Penso che lo faccia a posta a tenermi in sospeso. Riprende a parlare.
“Innanzi tutto ti spiego il tuo titolo. Ti avevo promesso di farti “barone di questa minchia”, e un minchiata di baronia hai avuto. Alcamo non è una vera città ma solo un gruppo di casali. Ci sono molti mussulmani: gente tranquilla, che va in moschea, ma fa il vino per i cristiani, e lo beve con loro. C’è anche un castello, con tanta bella terra attorno, dove puoi andare ad abitare. Non è un gran che, ma ci sono tante stanze, e puoi far venire tutti gli ospiti che vuoi.”.
Come baronia è veramente una minchiata, ma sono pur sempre un barone, un nobile!
Ruggero ancora non mi ha detto che cosa vuole da me. Ci arriva poco alla volta.
“Michele d’Alcamo, sto per affidarti una missione molto delicata. Se la porti a termine come si deve, mio padre ed io ti saremo eternamente grati”
“Rugi, sono con te, come suddito e come amico. Raccontami tutto!”
Ruggero mi spiega che il regno di Sicilia è in grave pericolo.
Federico Barbarossa è morto durante la Crociata. Suo figlio Enrico ha lasciato stare i Saraceni e si sta preparando ad attaccare i Siciliani.
Altri due re sono partiti per la Crociata: Filippo di Francia e Riccardo d’Inghilterra.
“La flotta francese è appena arrivata a Messina, e tra pochi giorni arriveranno anche le navi inglesi.
Re Filippo e re Riccardo hanno mandato a dire che si fermeranno in Sicilia solo qualche giorno. Tu ci credi? ”
“Ruggero, non penserai mica che i re di Francia ed Inghilterra si possano alleare con il re di Germania? Enrico dovrebbe essere nemico loro come nostro.”.
“Hai detto bene. Dovrebbe! Purtroppo i re fanno strani giochi, soprattutto Riccardo. Dicono che lo chiamano Cuor di Leone, perchè è un uomo senza pietà.”.
Ruggero mi guarda negli occhi.
“Michele, tu hai conosciuto re Guglielmo?”
Faccio mente locale:
“L’anno scorso il re è venuto a Salerno. Mi pare che anche tu sia andato a rendergli omaggio”
Rugi fa un cenno d’assenso.
“Ti ricordi che lo chiamavano Guglielmo il Buono? Secondo me, era troppo buono, perchè si faceva prendere in giro da tutti: da Costanza, da Enrico, ed anche da sua moglie.”
Ricordavo poco re Guglielmo, ma la regina Giovanna mi aveva molto colpito. Era molto più giovane di suo marito: aveva una bellezza altera, ma sconvolgente. Io l’avevo vista solo una volta, al Duomo di Salerno, e non l’avevo più dimenticata. Dico a Ruggero, non senza imbarazzo:
“Ricordo la regina Giovanna. No, scusa! Adesso la regina è tua madre. Come si può chiamare la vedova di un re?”
“Hai colto il punto! Come chiamarla? Come trattarla? Giovanna e Guglielmo non hanno avuto figli, quindi lei non ha diritti. La cosa più semplice sarebbe rinchiuderla in un convento. Mio padre ha provato a farle parlare dall’arcivescovo di Palermo. Sai che ha risposto?”
“Ha rifiutato, immagino.”
“Peggio! Ha affermato che lei era la regina legittima della Sicilia, e regina sarebbe rimasta!”
Mizzica, che donna! Dimentico di parlare ad un re, e chiedo a Rugi:
“Se lei ci tiene tanto ad essere regina... perché non te la sposi tu?”
Ruggero mi guarda brutto. Faccio marcia indietro.
“Faccio notare rispettosamente, che la ragion di stato spesso impone ai re matrimoni poco graditi.”.
Rugi risponde a tono:
“Il re forse potrebbe prendere in considerazione l’idea, ma Rugi ti manda a farti fottere.”
Scoppiamo a ridere tutti e due: un riso liberatorio.
Ruggero chiarisce:
“Sai che mio padre me l’ha proposto sul serio? Ma non funzionerebbe! E poi io sono già fidanzato.”
“Congratulazioni! Con chi?”
“Con la principessa Irene Comnena, la figlia dell’Imperatore greco Isacco. Dicono che sia molto bella, e soprattutto, ci procurerà l’alleanza con Costantinopoli”
“Porgo i miei auguri al re e all’amico. Ma ancora non mi hai detto che posso fare per te.”.
“Barone Michele d’Alcamo! Ti devi prendere cura dell’ex regina Giovanna. La ospiterai nel tuo castello, finché il re deciderà cosa fare di lei!”
Ecco cosa intendeva dire Ruggero, quando affermava che nel mio castello potevo avere degli “ospiti”!
Rugi nota la mia perplessità e aggiunge.
“Celi, che possiamo fare? Al Palazzo Giovanna non la sopportiamo più, e un’ex regina non si può mandare in prigione. Se potesse, mio padre la strangolerebbe con le sue stesse mani, ma come fare con suo fratello?”
Non avevo pensato alla famiglia di Giovanna. Deve essere molto importante.
“Suo fratello è siciliano?”
“No, è inglese.”
Ruggero non aggiunge altro, ma capisco subito.
“Riccardo Cuor di Leone!”
“Hai indovinato! Capisci adesso in quale casino ci troviamo?”

***
Il giorno dopo Ruggero ed io partiamo, con una nave, per Messina.
Ruggero mi vuole con sé per una missione importante. Prima di affidarmi l’ex regina, il re vuole fare un ultimo tentativo d’accordo con suo fratello.
Passato lo stretto, vediamo le navi inglesi e francesi. Sono tantissime. Da Messina sono già arrivate le prime proteste. Inglesi e francesi si ubriacano, rubano a man bassa, e molestano le “fimmene”.
Se sono veramente Crociati, che aspettano a partire?
Una nave inglese viene verso di noi, vede lo stendardo del re di Sicilia, e ci guida verso il porto. Una nave francese ci segue. Ruggero mi dice:
“Vedi? Inglesi e Francesi si comportano come se i padroni siano loro?”
Lo vedo, ma re Tancredi non vuole (o non può) mettersi contro i “crociati”.
Approdiamo, e un contingente inglese ci scorta fuori della città, sulla collina di Matagrifone.
Sulla cima del colle c’è una piccola rocca, e Riccardo la sta facendo ingrandire, e fortificare. E’ evidente che gli inglesi non hanno nessun’intenzione di andarsene.
Finalmente incontriamo i due re.
Re Filippo di Francia ha solo pochi anni più di me. Si fa chiamare Filippo l’Augusto, ma non ha una gran maestà né nell’aspetto, né nel comportamento. Il suo sguardo è freddo e sfuggente.
Più imponente è la figura di Riccardo Cuor di Leone. Il re d’Inghilterra deve avere poco più di trenta anni, ed è nel pieno della sua forma fisica. Assicurano che è un gran campione nei tornei.

Il primo incontro con i re di Francia e d’Inghilterra avviene all’aperto.
Con Ruggero, c’è il conte d’Acerra, il fratello della regina Sibilla. Io sono la persona meno importante della delegazione siciliana, ma il principe mi vuole accanto a sé, insieme a suo zio.
Se Ruggero è intimidito dai due grandi re, non lo lascia capire.
Rugi parla in francese, che è la sua seconda lingua. Ruggero dà il benvenuto ai suoi ospiti in terra di Sicilia, e li elogia per il loro impegno per la liberazione del Santo Sepolcro. Conclude con l’auspicio che le condizioni del tempo possano permettere ai crociati inglesi e francesi di riprendere al più presto la rotta per la Terrasanta.
Il re d’Inghilterra sorride.
“Ringrazio i cittadini di Messina per la loro calorosa accoglienza. Sono spiacente che i venti avversi mi abbiano impedito di ripartire immediatamente per la Crociata, ma sono contento che la necessità di passare l’inverno in Sicilia mi permetta di godere le amenità della vostra incantevole isola. Pensavo che avrei rivisto mia sorella, la regina Giovanna. Non è arrivata con la vostra nave?”
Ruggero nasconde a fatica la sua rabbia.
Con che faccia tosta Riccardo può parlare di “necessità” di stare in Sicilia tutto l’inverno?
Come si permette quel Cuor di Leone di chiamare sua sorella “regina”?
Ruggero risponde pesando bene le parole.
“Vostra sorella Giovanna è indisposta. Se re Riccardo vuole andare a trovarla, sarò felice di accompagnarlo a Palermo.”.
Rugi sta bleffando. Sa bene che Riccardo non andrà mai a Palermo. Non senza il suo esercito!

Finiti i convenevoli, andiamo a pranzo. Io sono messo al tavolo della “piccola nobiltà”.
Accanto a me c’è un inglese che si presenta come Sir Robin di Sherwood, e ha circa la mia età. Parla in un francese incerto. Mi racconta che è d’origine sassone, e si è arruolato nella Crociata per potere combattere accanto a re Riccardo, di cui è un grandissimo ammiratore.
Robin è un ragazzo simpatico. Dopo essersi scolato due coppe di vino siciliano, comincia a cantare in una strana lingua che chiamano inglese. I suoi allegri compagni gli fanno eco.
Dopo un po’ nel nostro tavolo c’è un gran casino. Nessuno ci fa caso, perché, poco lontano, Riccardo in persona si è messo a cantare una romanza provenzale.
Guardo in direzione di Rugi. Anche lui fa finta di divertirsi, ma è chiaramente teso.
Dopo pranzo Riccardo e Ruggero hanno un incontro privato.
Il conte d’Acerra ne approfitta per scambiare due parole, da solo, con re Filippo.
Io rimango a chiacchierare con Robin, che mi racconta tante cose dell’Inghilterra, un’isola fredda e piovosa, così diversa dalla Sicilia. Mi parla anche di un loro strano gioco, con una palla di cuoio...

Riccardo e Ruggero tornano dal loro colloquio. Riccardo è gioviale come sempre, ma Rugi è chiaramente teso. Ruggero scambia due parole sottovoce col conte d’Acerra, e poi chiama a sé tutta la delegazione siciliana.
Dopo l’ultimo brindisi prendiamo congedo da re Riccardo e re Filippo.
Robin ci accompagna, con altri cavalieri inglesi, al porto. Saliamo sulla nave reale, e ripartiamo immediatamente per Palermo.
Dopo che siamo usciti dal porto, chiedo a Ruggero:
“Allora, com’è ti è sembrato questo Cuor di Leone?”
Rugi fa una smorfia
“Qui a schifio finisce!”

***

Il giorno dopo sono, con Ruggero ed il conte d’Acerra, al Palazzo dei Normanni, per fare rapporto a Re Tancredi.
Conosco Tancredi da sempre, ma è la prima volta che l’incontro come re di Sicilia. Mi sembra molto invecchiato dall’ultima volta che l’ho visto. Eppure il re non dovrebbe avere più di 50 anni. Sono le preoccupazioni, o altro?
Il conte d’Acerra parla per primo. Il conte inizia il discorso in francese, ma passa subito al volgare: in tutti i sensi!
“Riccardo Cuor di Leone è nu figl e 'n trocchia! Non ‘a sora vuole, ma denari, e tanti!”
Il re ascolta senza scomporsi.
“Se è solo questione di soldi, forse ci possiamo mettere d’accordo. Giovanna gliela possiamo restituire subito, e anche la dote. Magari il regno di Sicilia potrebbe anche dare un piccolo contributo alla Santa Crociata.”.
Rugi chiarisce la situazione in siciliano.
“Altro che piccolo contributo! Quel fituso 100,000 once d’oro vuole! E, in più, come “lascito vedovile” per la sorella, la contea di Messina”
Il re non batte ciglio.
“Secondo voi Riccardo dice sul serio, o vuole solo mercanteggiare?”
Risponde il conte d’Acerra.
“Ho parlato col re di Francia. Mi ha confidato che Riccardo vuole rivendere Messina al miglior offerente. Forse proprio a Filippo, in cambio d’alcune terre in Francia.”
Adesso anche Tancredi passa al volgare:
“Gran figghio di puttana! Altro che Cuor di Leone! Testa di Minchia è!”
Il conte d’Acerra riprende il linguaggio formale.
“Faccio presente a sua maestà che re Riccardo sa bene che Enrico di Germania può arrivare in Italia, da un momento all’altro. Re Filippo però potrebbe aiutarci.”.
Il re è perplesso:
“Il re di Francia aiutare noi contro il re d’Inghilterra? Tu ci credi?”
“No, ma in quello che mi ha detto il re di Francia, potrebbe esserci qualcosa di vero. Filippo vorrebbe cacciare via gli inglesi dal suolo francese. Stringerebbe addirittura un’alleanza con noi, se non avesse giurato al papa di unirsi a Riccardo per la Santa Crociata.”.
Re Tancredi è perplesso.
“Neanche noi possiamo combattere dei Crociati. Il papa non ce lo perdonerebbe mai!”
“Sì, ma supponiamo che i cittadini di Messina si sollevassero “spontaneamente” contro lo straniero. Supponiamo che l’esercito siciliano arrivi subito dopo a mettere pace, per permettere ai Crociati di ripartire per la Terrasanta...”.
Il re scuote la testa.
“Riccardo non ci crederà mai!”
“Non è necessario che ci creda! Se Riccardo capisce che non riesce a tenere Messina, se ne deve andare per forza. Filippo ha promesso che ci darà anche una mano per convincerlo.”
Re Tancredi riflette a lungo, ma infine dà il suo assenso.
“E sia! Non posso assolutamente perdere Messina, e neanche di pagare a quel bastardo 100,000 once d’oro. Gli daremo Giovanna, la dote, ma non un soldo di più.“
Il re si rivolge a me:
“Michele d’Alcamo! Ti affido Giovanna d’Inghilterra, fino a che suo fratello si deciderà a fare delle proposte più ragionevoli. Come ostaggio non vale un gran che, ma è tutto quello che abbiamo!
Ruggero dice che tu sei un bravo picciotto. Ti ho fatto barone. Non me ne fare pentire!”
Sono commosso.
Bacio le mani (letteralmente!) al mio re, e gli giuro eterna fedeltà.
Adesso mi devo occupare del “trasferimento” di Giovanna ad Alcamo.

***

Due giorni dopo Giovanna sale sulla nave reale. Non è stato difficile farle credere che la stessimo riportando da suo fratello.
Con Giovanna ci sono tre damigelle, e una quantità incredibile di bagagli.
L’ex regina mi è sembrata perplessa, quando il conte d’Acerra mi ha presentato. Sicuramente si è domandata come mai il suo accompagnatore è un modesto barone, e per di più molto giovane, ma non ha fatto commenti.
Giovanna ha 25 anni, solo due più di me. E’ nata in Francia, ma vive in Sicilia da più di dieci anni. Parla, il provenzale, il francese, e il volgare siciliano.
Io capisco benissimo sia il francese sia il provenzale, ma preferisco rivolgermi a lei in volgare.
Porgo la mano a Giovanna per aiutarla a salire a bordo. Nel breve attimo in cui le tocco la mano, mi sembra di sentire una scossa elettrica.
Che cosa ha l’ex regina che le altre non hanno?
I capelli biondi raccolti in lunghe trecce? I suoi occhi azzurri profondi? O quelle belle gambe che intravedo per un attimo, quando lei alza la gonna per salire sul ponte?
Tutto questo, ma soprattutto la sua innata classe. Giovanna è una vera regina.
Salgono le ancelle e cominciano a caricare i bauli.
Ad Alcamo l’ex regina non ne avrà assolutamente bisogno, ma Giovanna non lo sa, e mi conviene tenerla buona, fino all’ultimo momento.
La nave parte. Ci dirigiamo ad ovest anziché ad est, ma Giovanna non se ne accorge perché é troppo occupata nella sua cabina con Berthe, Carmela, e Rosalia
Meglio così, ma ormai si avvicina il momento della verità.
Il vento soffia da est. Abbiamo passato Punta Raisi e siamo nel golfo di Castellamare. Intravedo già il porticciolo dove ci aspettano.
Giovanna sale sul ponte, con Carmela. Guarda la costa perplessa. Poi nota il sole alto nel cielo, a sud. Mi chiede:
“Messere, da che parte è Messina?”
Rispondo cortesemente:
“Alle nostre spalle, madonna! Stiamo per approdare in quel porto laggiù.”.
Giovanna comincia a capire, ma non vuole ancora accettare la situazione.
“Come? Dove siamo?”
“Siamo nel territorio d’Alcamo. Tra poco arriveremo al mio castello.”
Giovanna si guarda intorno. Faccio segno alle guardie di tenersi pronte, nel caso che l’ex regina cerchi di fare resistenza.
Tiro fuori il discorsetto che ho preparato:
“Madonna, ad Alcamo sarete più al sicuro. A Messina il popolo si è ribellato contro gli inglesi, e vostro fratello non è in grado di proteggervi. Quando non ci sarà più pericolo, sarò lieto di accompagnarvi da re Riccardo. Lo giuro sul mio onore!”
Giovanna mi guarda con odio.
“Onore! Barone d’Alcamo, che ne sapete voi dell’onore?”
Avrei dovuto aspettarmi una risposta di questo tipo, ma mi sembra di sentire una pugnalata nel cuore. Riesco a rimanere impassibile, e a rispondere:
“Madonna, capisco il vostro punto di vista, ma “c’est la guerre!” .
Sentendo il suono della lingua materna Giovanna mi dice alcune parolacce in francese.
Le guardie intorno a me non capiscono. Io faccio finta di niente.

Arriviamo in porto, e sbarchiamo.
Berthe, Carmela e Rosalia si stringono intorno a Giovanna, per darle conforto.
L’ex regina sale cavallo con agilità, rifiutando anche lo sgabello che le offro. Per un attimo rivedo le sue gambe. Lei se ne accorge, arrossisce, e si ricompone.
In carovana saliamo sulla collina dove si trova il paese. In testa Giovanna ed io, dietro di noi le guardie, poi le ancelle, e i carri dei bagagli.
Arriviamo al mio “castello”: un casale un po’ più grande degli altri, a cui Ruggero ha fatto dare una ripulita, in previsione dell’arrivo della mia ospite.
Al portone mi accolgono i miei servi: Alì e Fatima. Fatima accompagna Giovanna alla sua stanza al primo piano. Le ho lasciata la stanza migliore, con vista sul golfo di Castellamare. Accanto c’è la stanza delle sue ancelle.
La mia stanza è al secondo piano, sopra quella di Giovanna. Mi affaccio alla finestra e vedo il mare.
La nostra nave è già ripartita. La vedo veleggiare verso Punta Raisi, per tornare a Palermo.
Sono solo, in un paese di merda, a fare la guardia ad una donna che mi odia.
Lei è prigioniera, ed io con lei.

FINE DEL PRIMO CAPITOLO


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