LIBRI INTERESSANTI RICEVUTI

 

IN ANTEPRIMA - EDIZIONE IN CD-ROM

ALESSANDRO DE FELICE

IL GIOCO DELLE OMBRE
Verità sepolte della IIª guerra mondiale

Nodi irrisolti della documentazione, buchi neri politici e guerra occulta prima della C.I.A.. La linea ombra dell’Office of Strategic Services, dei servizi d’informazione e delle reti spionistiche internazionali durante il conflitto 1939-1945: l’intelligence come politica.

Trame di retroscena, manipolazioni disinformative, operazioni coperte e diplomazia parallela: files, dossier e documenti segreti fra le quinte oscure della Storia mai scritta.

http://www.alessandrodefelice.it/

 

Introduzione

<<La Storia è un insieme di menzogne su cui ci si è messi d’accordo>> ha detto Napoleone I° Bonaparte. Con questa frase lo statista ed Imperatore corso ha voluto porre l’accento sul fatto che da sempre la storia, anzi la narrazione storica si è adattata al volere dei potenti di turno. Le storie dei vincitori non contemplano le storie dei vinti, anzi spesso le annullano. La storia scritta dalla politica e dalla propaganda con la penna ben intrisa nell’inchiostro dei vincitori. Napoleone era un uomo complesso, di conoscenze superiori, ed ha certamente colto nel segno con tale affermazione espressa nella solitudine misteriosa del suo tragico, e mai indagato a fondo, epilogo di Sant’Elena .

Lo scopo della presente ricerca è quello di resuscitare l’attenzione storico-politica sui nodi irrisolti della guerra che ha caratterizzato gli anni 1939-1945; si tratta per noi di ridare vita a documenti del tutto ignoti, sconosciuti od ignorati. Specie dopo il 1989 si è assistito ad uno strano fenomeno di disinformazione e confusione storica che si è distinto per una sorta di inondazione massiva di false verità che nulla hanno a che vedere con un serio metodo storiografico e che non tengono alla prova scientifica. Dinanzi a queste manifestazioni d’inveterata ignoranza e di propaganda nascosta o spudorata, spesso caratterizzate da chiassosi battages pubblicitari intrisi di demagogia sloganistica, ci si chiede se l’inquinamento culturale sia davvero meno pericoloso di quello ambientale.
A nostro avviso il pensiero non può essere limitato e deve essere consentito per un serio ricercatore anche, per così dire, pensare l’impensabile, vale a dire estendere i confini della conoscenza storica. Esumare la storia, dissotterare la storia, trarre dall’oblìo, rimettere in uso cose dimenticate od ignorate e travisate, resuscitare i fatti, riscoprire le verità complesse degli esiti e degli episodi storici e cronologici, illuminare le zone d’ombra della storiografia antifascista e i buchi neri della vulgata ufficiale è un percorso obbligato per noi che crediamo assolutamente che nessun ente governativo ha giurisdizione sulla verità.

Compito non semplice in ogni epoca, e ancora più complicato oggi in cui impera la superficialità ragionativa massmediatica, l’analfabetismo televisivo, l’ignoranza storica generalizzata, l’azzeramento culturale, il climax della pochezza sensitiva del pensiero. Nel corso degli ultimi 50-60 anni gran parte della storiografia ufficiale è riuscita a mettere a tacere in modo esemplare le voci contrastanti. Molte attuali indagini scientifiche sono vincolate da un’impostazione mentale ristretta, i cui parametri vengono tacitamente definiti ed applicati in base ad un accordo collettivo, secondo cui il risultato non deve mai oltrepassare un limite prefissato.
Attraverso il resistenzialismo dinastico l’Italia risulta oggi un paese invecchiato che non è mai cresciuto. Ma vi è in essa un progetto politico che, da una parte, si avvale della storiografia resistenzialista disponibile alla manipolazione dei documenti ed alle grandi omissioni e, dall’altra, provvede a selezionare, secondo criteri di affidabilità politica e di corte, gli studiosi ammessi a consultare gli archivi decisivi per la ricostruzione degli anni cruciali del periodo 1939-1945.

Cosa è, allora, la storia imbavagliata della seconda guerra mondiale? Una storia autoritaria che non ammette il contraddittorio. Ci si chiede quale significato abbia nella nostra storia contemporanea la lunga operazione compiuta dagli storiografi militanti antifascisti per proporre una mitologia della Resistenza lontanissima dalla realtà storica. Dove la parola, anzi il dogma “Resistenza” fa rima con reticenza. Il nostro scopo è quello di giungere a dimensioni storico-politiche di pensiero più vaste, che trascendano le obsolete barriere mentali, dimensioni in cui è possibile ascendere a livelli superiori di conoscenza senza perdere le certezze scientifiche. Abbiamo, non solo in Italia, un sistema politico-economico-mediatico che non racconta alla gente la verità e la prova massima – per le implicazioni geopolitiche mondiali - consiste nel silenzio avvolto intorno al “suicidio” – molto virgolettato – socialmente assistito di Rudolf Hess a Spandau nell’agosto 1987.
In questo senso è stato per noi necessario ed obbligatorio scavare oltre le apparenze, sovvertire limiti e schemi e rendere conto che ci sono intelligenze che si muovono fuori dai giornali e dalla Tv.

A questi nuclei di gente pensante, il primo volume della nostra lunga ricerca è rivolto. Abbiamo cercato di dar vita – e non pretendiamo di esservi ovviamente riusciti – ad un processo conoscitivo non frazionato entrando in zone storiografiche inesplorate dove il buio della non-conoscenza, le paludi censorie cinquantennali, gli omissis, le inerzie, il conservatorismo e le chiusure politico-storiche impediscono il procedere libero di ogni acuto indagatore della storia contemporanea. Un tentativo, il nostro, pur con tutti i suoi limiti, di strutturare un’opera non facile di ridefinizione storica in controtendenza rispetto al conformismo antifascista – non più e tanto di matrice marxista, ma, soprattutto oggi, di matrice pseudo-liberaloide – che diventa un credo assoluto volto alla dogmatizzazione di superficie di fatti orecchiati o del tutto ignorati attraverso la negazione di verifiche scientifiche e documentarie; uno studio, il nostro, che utilizza documenti inediti dei servizi strategici internazionali e statunitensi in ispecie, oltre ad una sterminata e spesso del tutto sconosciuta bibliografia, modificando le convenzioni di interpretazione della storia politica del secolo appena trascorso e del secondo conflitto mondiale in particolare.

Chi scrive, ritiene che adesso stia diventando quasi impossibile e proibito ragionare con calma e freddezza analitica perché spesso la politica – che blocca ed orienta il più delle volte la ricerca - si dimostra insensibile all’emersione di nuove ed inaspettate verità; la manipolazione, del resto, è il fatto originale della politica. Ci viene in mente lo stesso atteggiamento di quella squadra di calcio che sta perdendo la partita e decide di buttare tutto in rissa (allo stesso modo si comporta l’alto comando globale della censura storiografica, ben collegata a politica, Tv, stampa, sistema giudiziario, quando vede che la persuasione mediatica disinformativa si rivela inefficiente).

Ma, per fortuna, i fatti non cessano di esistere anche se vengono ignorati. La verità non compare mai su un piccolo schermo. Ed è deleterio voler semplificare la storia. Bisogna porsi sempre sulla linea di confine tra la versione ufficiale ed i suoi misteri. Prendiamo, tra i tanti aspetti analizzati nel nostro libro, il caso scientifico della Repubblica Sociale Italiana e di Mussolini. L’approccio culturale imperante per mezzo secolo anni ha descritto l’universo fascista-repubblicano-sociale, anzi <<repubblichino>> - come per 50 anni si è spregiativamente ridicolizzata l’esperienza degli uomini della bombacciana-pavoliniana Carta di Verona -, e l’evento guerra civile, definendo, per la memoria collettiva delle successive generazioni italiane, uno stato di coscienza disturbato, un rapporto alterato con la realtà, un Io collettivo diviso.

Nella Repubblica Sociale Italiana, erroneamente definita di Salò, ci fu tutto ed il contrario di tutto. Non rendersene conto significa ridurre il viaggio della conoscenza ad una serie di luoghi comuni penosi in primo luogo per chi li propone. Ad oggi tutta la costellazione storico-politica della R.S.I. è stata oggetto di una sorta di apartheid ideologico e culturale, di ghetto storiografico cinquantennale volto, in realtà, a nascondere le zona d’ombra e gli angoli della mitologia resistenziale e partigiana e la sua storia rimossa ed imbarazzata. Si dimentica la situazione all’indomani del 25 luglio 1943 e dell’8 settembre.
Opportuna è stata quindi la recente pubblicazione dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma dei verbali del Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana che, in due tomi – per un totale di 1.700 pagine -, documentano le 17 sedute del Consiglio dei Ministri fascista repubblicano tenute tra il 23 settembre 1943 ed il 15 marzo 1945 oltre al materiale della seduta del 16 aprile 1945, seduta prevista ma che non ebbe mai luogo per l’evolversi negativo delle sorti della R.S.I. I due volumi sono curati dalla Dott.ssa Francesca Romana Scardaccione, ricercatrice dell’A.C.S.. Va sottolineato che oltre all’esecutivo repubblicano sociale Mussolini (23 settembre 1943-15 marzo 1945), anche i 3 governi Badoglio (luglio 1943-febbraio 1944; febbraio 1944-aprile 1944; aprile 1944-giugno 1944), i 2 gabinetti Bonomi (giugno 1944-dicembre 1944) e (dicembre 1944-giugno 1945), il ministero Parri (giugno 1945-dicembre 1945) ed i primi cinque esecutivi De Gasperi (dicembre 1945-luglio 1946; luglio 1946-febbraio 1947; febbraio 1947-maggio 1947; maggio 1947-dicembre 1947; dicembre 1947-maggio 1948) svolgono tutti un’attività legislativa senza il concorso parlamentare delle Camere, sciolte dopo il 25 luglio 1943 e rielette con le elezioni politiche del 18 aprile 1948. Il fatto che una prestigiosa istituzione pubblica come l’Archivio Centrale dello Stato, nell’ottica di una vasta ricostruzione dell’attività della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal ’43 al ’48, abbia deciso tale edizione dei verbali di governo della R.S.I. <<potrà far gridare qualcuno allo scandalo visto che potrebbe trattarsi di una implicita conferma della tesi che sostiene la piena legittimità del governo costituitosi intorno a Mussolini alla fine del settembre 1943 nel nord Italia>> (*).

(*) RSI: pubblicati i verbali di governo, <<LA NEWSLETTER DI “STORIA IN RETE”>>, Anno II, N.° 9, 31 ottobre 2002, a cura di Fabio Andriola, http://www.storiainrete.com/newsletter/newsletter.htm, p. 4. Secondo Aldo G. Ricci, l’esperto funzionario dell’ACS che ha curato la pubblicazione dei verbali dei governi nel periodo ‘43-’48 ed è autore del saggio introduttivo intitolato Una storia da scrivere: <<Il governo della RSI si presenta quindi come un Giano bifronte. Da una parte vi è il momento politico-militare (in particolare per quanto concerne il cruciale rapporto con l’alleato-occupante), dove non vi è vera sovranità, ma un braccio di ferro ininterrotto con i Tedeschi, e dove gli spazi di sovranità rappresentano in qualche modo l’eccezione. Dall’altra vi è il momento amministrativo-gestionale della politica governativa, sorprendente per vastità e impegno, e largamente trascurata dalla ricerca storica, anche per le difficoltà d’accesso sistematico alla documentazione finora esistenti, che i verbali sostanzialmente restituiscono nella sua globalità>> (ibid.). Ved., per i suddetti verbali, Archivio Centrale dello Stato, Verbali del consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana, settembre 1943-aprile 1945, Edizione critica a cura di Francesca Romana Scardaccione, Roma, 2002, Tomi 2, pp. CVI, 1612.


Gli avvenimenti, all’indomani della notte del Gran Consiglio, erano grandi, gli uomini restavano piccoli, sempre travolti, spesso smarriti. Solo i fanatici con i loro sinceri ed idealistici accanimenti e gli ipocriti con la loro retorica potevano pretendere che tutto fosse chiaro, la separazione tra il bene ed il male netta. Usare le solite formule conformistiche della <<repubblica laica, democratica ed antifascista, nata dalla resistenza>> è il modo più facile per fare falso sapere, falsa cultura, discorso di retroguardia. Si è volutamente ignorata, e si continua ad ignorare, l’eccezionale stratificazione concettuale del termine storico-ideologico-politico di <<Fascismo>>, i cui risultati interpretativi maggiori sono stati raggiunti da Renzo De Felice; dopo di lui, dopo gli attacchi riservati al massimo studioso del movimento politico sviluppatosi tra il marzo 1919 e l’aprile 1945, <<fascista>> ha significato qualcosa di “scandaloso”: cioè rivoluzionario, giacobino, nel senso socialista e sindacale del termine.

Nel dibattito oggi tanto sentito (ma non per questo meno ambiguo) sulla <<morte della Patria>> e la perdita della memoria storica, il problema ci sembra invece quello di ricollocare il Presidente del Consiglio Benito Mussolini, prima, durante e dopo il 10 giugno 1940, nel solco di una coscienza nazionale che, nel bene e nel male, rimane patrimonio collettivo di tutti gli italiani e con la quale essi sono collettivamente chiamati a fare i conti. Ma sarà possibile farlo, finché la retorica dell’autoflagellazione continuerà a sostituirsi a quella della comprensione? Bisogna inserire il Fascismo nella “fenomenologia rivoluzionaria” di defeliciana memoria; ciò è riconoscibile solo a chi abbia la pazienza di ripercorrerne la storia, cogliendone la mutevole complessità senza incorrere in sommarie osservazioni ed errate valutazioni.

È ormai tempo di smettere di giudicare Mussolini per la parte finale della sua condotta politica – l’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno ’40 – di cui, tra l’altro, sappiamo ancora troppo poco e non conosciamo tutti i retroscena. I trionfi all’interno ed all’estero degli anni Venti e Trenta ed il disastro della guerra ne fanno entrambi parte. Mostrò vette ed abissi del potere politico, ma Mussolini era un personaggio importante. Era anche un uomo straordinariamente complesso. Le semplificazioni sbrigative e faziose non rendono giustizia né a lui né alla Storia contemporanea. Sottoscriviamo in pieno quanto riportato da Paolo Simoncelli sull’opera di Renzo De Felice relativa a Mussolini:

<<E certo il giudizio di Del Noce sul rapporto di Gentile con Mussolini
(riportato alla lettera da De Felice) rimane inciso come passaggio dalla preistoria alla storia del Mussolini il rivoluzionario: <<La consueta caratterizzazione di Mussolini come di un avventuriero disposto ad abbracciare qualsiasi causa purché questa servisse alla sua ambizione è del tutto inadeguata […]. In realtà la sua biografia è il miglior documento per lo studio dell’idea di rivoluzione, intesa come sostituzione della politica alla religione nella liberazione umana, sganciata dal materialismo e dall’utopismo […] e connessa invece con le suggestioni vitalistiche del pensiero del primo novecento>>>> .

Secondo Augusto Del Noce il fascismo costituisce <<l’epilogo della rivoluzione mazziniana>> e <<il momento mazziniano è appunto il tratto che unisce Gentile a Mussolini>> .
Da qui la nuova proposta interpretativa di Renzo De Felice volta allo studio del Fascismo come <<fenomeno storico <<prismatico>>, da studiare conseguentemente <<in tutte le sue componenti e non inteso come qualcosa di unitario>>>> .
Il problema dello storico è un po’ quello del politico: l’innovazione nasce dalla varietà, e non certo dall’uniformità. L’innovatore, per parte sua, è spesso un outsider, che rompe gli schemi dall’esterno, perché è capace di pensare in modo diverso grazie alla sua autonomia ideativa.
Da 7 anni a questa parte si è sempre meno considerata l’ampiezza semantica dello stesso termine <<Fascismo>>, e la stessa morte del Duce non si realizza come uno dei misteri più duraturi della storia contemporanea. Forse la vita dell’uomo che ha innestato nel 1914 il concetto di classe in quello di nazione è in balia della roulette. Il rosso e il nero, appunto…

Il nostro saggio non giunge a conclusioni che possano turbare quanti non siano animati da pregiudizi; e ciò, a prescindere da una – almeno così forse sbagliando la riteniamo – scrupolosa esposizione di documenti e rapporti d’intelligence. In generale reputiamo, infatti, che un lavoro scientifico possa avere come conseguenza la sua incontestabilità, irritando qualcuno: è facile contestare chi espone opinioni, ma è difficile contestare documenti originali e sinora inediti, anche se finiscono col sovvertire l’intero paradigma storico corrente.
Nella nostra qualità di liberi studiosi, di ricercatori indipendenti, outsiders o innovatori, sosteniamo che non esistono domande alle quali non sia legittimo cercare di rispondere. Pertanto non vi è ipotesi storica che sia preventivamente esclusa da una ricerca. La storia si scrive basandosi sui documenti, ma anche sulle ipotesi: ma quando i documenti sono attendibili e le piste interpretative tracciate dalle ipotesi sono percorribili? Non è certamente un governativo principio di “autorità” che può guidarci in tale giudizio, che, altrimenti, diverrebbe un pre-giudizio. Dunque non si vede il motivo perché per esplorare con spedizioni conoscitive i nodi storiografico-politici ci si debba fossilizzare esclusivamente su documenti ed ipotesi suggerite da un certo tipo di vulgata o “scuola”. Inoltre non si possono liquidare come inattendibili delle fonti informative e storiche senza motivarne il perché. Noi sosteniamo il diritto alla libera ricerca, ossia la possibilità di analizzare come sorgente storica tutto il patrimonio archivistico, documentario, bibliografico e memorialistico senza esclusioni aprioristiche determinate da un assurdo principio di conformistica “autorità” che oggi appare quanto mai inaccettabile.

Amputare la storia tagliando ciò che non conviene portare sul tavolo del dibattito è un modo patetico di fare scienza; il procedere unitario – anche se disarmonico – degli avvenimenti accresce la conoscenza ed approfondisce la comprensione. Lo scopo finale decisivo del nostro lavoro è stato quello di strutturare un enorme allargamento della base d’indagine – con un più ampio fondamento retrospettivo e prospettico - da cui emergesse uno scenario complesso e dei giudizi controversi. Lo storico e la Storia. È il problema della “serietà” dello studioso al quale tocca di decidere se egli ritenga o meno di disporre di una documentazione sufficiente per ricostruire una determinata fase storica, remota nel tempo o contemporanea. Tenendo anche conto che ogni giudizio od interpretazione storica è provvisoria. Lo stesso tipo di considerazione vale per quanto riguarda il <<distacco>> e la cosiddetta <<obiettività>> storica.

Lo studioso è sempre in uno stato di tensione esegetica e descrittiva con l’oggetto delle sue ricerche, si tratti di una questione recente oppure lontana nel tempo; certi aspetti particolari di determinate epoche, taluni personaggi politici remoti o vicini nel tempo possono suscitare in lui emozioni pericolose. Sta a lui solo, alla sua capacità di storico, di sezionatore del tessuto temporale dei fatti e delle concatenazioni e saldature nel non diventarne vittima, nel saper valutare gli episodi nevralgici con il distacco e con la necessaria scientificità. In questo compito ogni studioso è libero, comunque, di partecipare alla formazione del pensiero contemporaneo. In questo senso non si può, anche se si dovrebbe, prescindere da quanto è successo da più di dieci anni a questa parte: sconvolgimenti politici di portata mondiale bussano alla porta dopo il tracollo dell’URSS e dei suoi satelliti e le mutate condizioni internazionali fanno saltare alcuni equilibri post-bellici.
I fabbricatori di opinione pubblica ed i mass-media manipolano ed orientano la sensibilità dell’opinione pubblica mentre il sistema, particolarmente in Italia, entra in fibrillazione. A proposito della caduta del muro di Berlino, numerose sono del resto le pubblicazioni e le dichiarazioni dei membri delle amministrazioni Usa dopo il 1989 e, soprattutto dopo il 1992, in merito al <<nuovo ordine mondiale>>. Se, in realtà, nel globo non occidentale, si sa bene che la vera posta in gioco risiede nella crisi dell’ordine mondiale stabilito a Yalta, l’opinione mass-mediatica e pseudo-politica italiana ed europea si è ristretta ed ha ristretto l’area della storiografia internazionale sulla seconda guerra mondiale in un ambito culturale gretto e meschino, in cui l’unico metro di giudizio ammesso è quello del politically correct.

Con la caduta del Muro di Berlino, che è qualcosa di molto diverso dall’abbattimento di un cantiere edilizio, paradossalmente, i margini di libertà espositiva per la ricerca storiografica re-visionista (parola insensata, perché chi studia ed analizza ri-vede sempre, anche i propri giudizi) si sono assolutamente ridotti. La comunicazione delle idee si è arrestata; in Italia è facile parlare, ma è difficile approfondire. La stessa trasmissione critica del sapere dominante dovrebbe essere un processo in continua evoluzione, ma non è così, almeno attualmente, e non si considera che non devono esistere standards, ma vari modi di memorizzare la storia, ponendosi, con il rigore critico che abbiamo seguito nell’analisi dei vari casi insoluti di questo studio, sulla linea del tempo.

La direttrice narrativa del nostro lavoro ha tentato di proporre ipotesi di risoluzione del passato cambiando gli schemi mentali, non accettando, d’altra parte la strettoia delle codificazioni, ma resistendo alle categorie. Se avremo alimentato una contro-cultura contraria alla “cultura” dominante ciò ci riguarda poco, anche se contribuiremo alla fine a togliere col nostro anticonformismo il velo delle bugie dalla realtà dei fatti. In Italia, in particolare, dopo il cinquantennio catto-comunista pieno di mediocrità, reticenze e pochezza metodologica e culturale, l’asse Polo-Ulivo (o Centrodestra-Centrosinistra, parole vuote del cabaret telecratico-politicantesco) consacra la desolazione del nulla storico-politico ad orizzonte comune di riferimento.
È l’ultimo atto di un collasso psicologico iniziato il 24-25 luglio 1943 e l’8 settembre successivo. Quel 25 luglio 1943 – ed intendiamo riferirci più che al “ribaltone” antimussoliniano (di cui molto resta da chiarire, specie in ordine ad un presunto accordo tra gli sfiducianti grandiani e lo stesso Duce), all’arresto di Mussolini da cui inizia praticamente la guerra civile in Italia (e qui la immane responsabilità è tutta di Vittorio Emanuele III° e dell’esercito monarchico-badogliano) - che, a nostro avviso, più ancora del 10 giugno 1940 e dell’8 settembre ’43, segna la radice nervosa (causa causarum) della negatività della politica italiana sino ad oggi.
Inneggiando enfaticamente ed entusiasticamente al 25 luglio 1943 si può stendere il lenzuolo funebre non solo sull’Italia Fascista (1919-1945 o 1914-1945), ma anche sull’Italia del Risorgimento. Tutto questo, mentre la <<staticità e rigidità del sistema di Yalta è definitivamente entrata in crisi, e con essa tutte le organizzazioni che ne sono derivate, nazionali ed internazionali. Valutazioni oggettive, basate sui reali rapporti di forza, permetteranno di ristrutturare le alleanze nel quadro di coalizioni a <<geometria variabile>>, includendo attori statali finora esclusi mentre altri perderanno necessariamente le loro posizioni. Un grande gioco geopolitico è iniziato. La geopolitica vale per tutti, Stati, industrie, religioni, e popolazioni>> .

Diciamo la verità: in questi ultimi dieci anni, forse più che nei passati 40, più che informazione, giornali, reti televisive e pubblicistica scolastica e liceale hanno fatto propaganda. Più che esprimere le proprie opinioni, mascherate da ricostruzioni magari anche polemiche, hanno riprodotto cliché e stereotipi ufficiali governativi. E, ciò che è peggio, hanno abdicato all’esercizio dello spirito critico. E allora perché mentire, perché nascondere le verità scomode, perché avere paura del dibattito censurando gli incancellabili punti di alternativa e di contestazione? Se stai dentro una caverna rimani pallido, se ti metti al sole ti abbronzi. E poi ci sono le nuvole che coprono il cielo…
Al di là delle metafore, abbiamo delineato (o cercato di delineare) con le nostre modeste ma pertinenti indagini, insomma, una realtà diversa da quella dipinta dai mass-media, ammettendo la disamina oggettiva anche di punti di vista “maledetti”, come quello dell’ex Primo Ministro giapponese Hideki Tojo, condannato a morte dal Tribunale militare Alleato dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il quale, il 10 settembre 1945, pronuncia queste parole:

<<Vi è una grande differenza tra il dirigere un Paese nel corso di una guerra che si ritiene giusta ed essere un “criminale di guerra”>>.

L’unico vero scopo dichiarato della nostra faticosa ricerca è stato quello di lavorare con precisione, in profondità, come un esploratore d’archivi, analizzando un’alluvione di carte, libri e documenti. Accumulando dati e stabilendo connessioni, integrando i dati per generare conoscenza. La ricerca, del resto, noi crediamo sia sempre rivoluzionaria, perché non accetta ciò che è dato da una tradizione intrisa a volte di una retorica polverosa ed insopportabile che diventa realtà chiusa e censoria. Scopo di quest’ultima è sempre la divulgazione di una “verità” filtrata dalle esigenze della politica. Uno strano modo di presentare i fatti, attraverso cui la vulgata diventa la tradizione storica ufficiale che si consolida – tramite una ininterrotta serie di menzogne e mistificazioni – in dottrina, catechismo e dogma.
La ricerca accurata con spirito analitico, precisione operativa e dettaglio documentativo da noi condotta, con tutto il carico di limiti ed inadeguatezze sicuramente presenti, ha scandagliato un vasto fondale di carte ufficiali ed inedite presenti negli schedari labirintici delle collezioni archivistiche internazionali; riteniamo, comunque, per concentrare una certa attenzione sull’Italia, che abbia visto giusto chi scrive: <<Ma probabilmente per essere scritta al meglio, la storia della partecipazione italiana nella Seconda guerra mondiale attende l’emergere di altri documenti, forse ancora custoditi non tanto in archivi secretati ma in abitazioni private, dove giunsero molti anni fa, al termine di peripezie da romanzo>> . È molto interessante ciò che ha scritto Jorge Luis Borges:

<<I popoli vinti vengono esiliati dietro gli specchi, dove sono condannati a riflettere l’immagine dei vincitori. (Ma un giorno si mettono a somigliare sempre meno ai loro vincitori e, alla fine, infrangono gli specchi e ripartono all’assalto dell’Impero)>> .

L’attuale classe politica non ha nuovi strumenti di lettura ed interpretazione storica, utilizza squallidi e stantii arnesi vecchi. Se non si ha un’adeguata preparazione tecnica, è impossibile esprimere opinioni serie o giudizi idonei su punti controversi. Bisogna fare i conti con le nuove frontiere della conoscenza.

È venuto il momento – noi crediamo sul serio – che gli italiani rivedano completamente da cima a fondo l’intera storia del Novecento politico e di tutta la Seconda Guerra Mondiale, dalla genesi al suo tragico epilogo, di cui ancora, noi tutti, paghiamo le conseguenze. Se qualcosa non ti è chiaro, leggilo e rileggilo, e rifletti, cerca, domanda a quanti ne sanno più di te, indaga da solo, immergiti nelle carte, fin quando non avrai capito o percepito il disegno che si delinea progressivamente. I mass-media danno notizie semplici, ma la realtà – colle sue inesauribili sfaccettature – non è mai semplice. Come sempre, dietro la cronaca, dietro la storia ufficiale, c’è molto altro…

Perché il titolo Il gioco delle ombre? Le mie indagini archivistiche approfondite, con le relative scoperte e considerazioni, possono rivelare, in ordine alla seconda guerra mondiale ed al Novecento che la precede e la segue, metodi operativi, reti di copertura, amicizie nascoste. E nel gioco delle ombre la segretezza è tutto.
I fatti narrati dalle nostre indagini rendono ancora più grave il masso che continuiamo a spingere in salita, ma sono un efficace antidoto contro il veleno della disinformazione storico-politica.
Solo per chi sceglie l’incredulità, la notte rimane buia.

Alessandro De Felice.

Alessandro De Felice (Catania, 1965), storico, dopo la laurea in Scienze Politiche (indirizzo storico-politico) presso l'Università Cattolica di Milano, ha pubblicato nel 1995'e nel 1996 tre saggi riguardanti la nascita della socialdemocrazia italiana dei secondo dopoguerra su «Storia contemporanea», il bimestrale di studi storici - èdito da il Mulino (Bologna) - fondato e diretto da Renzo De Felice (di cui è nipote) sino alla sua immatura scomparsa nel maggio 1996. Alessandro De Felice ha svolto attività di collaborazione e ricerca archivistica con Mauro Canali (Università di Camerino), rintracciando e fornendogli materiale documentario inedito, in relazione al recente saggio dello storico romano su Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, 1997.

 

PIANO DELL'OPERA


Introduzione (p. 10)

Legenda (p. 16)

PARTE PRIMA

LA STORIA UFFICIALE È UN PUNTO INTERROGATIVO

Premessa: Intelligence archivistica (p. 40)

Capitolo I°:
Guerra obliqua nel Mediterraneo (p. 44)

Capitolo II°:
Crittografia ed intelligence (p. 69)

Capitolo III°:
I “maestri” inglesi dello spionaggio (p. 82)

Capitolo IV°:
Di mistero in mistero (p. 91)

Capitolo VII°:
Roosevelt, la rete russa, l’intelligence internazionale e gli omissis di Norimberga (p. 103)

Capitolo VIII°:
La morte misteriosa del Duca di Kent, l’antirooseveltismo filo-Asse dei Kennedy, l’isolazionismo e la guerra (p. 128)

Capitolo IX°:
Rudolf Hess, l’Inghilterra, la trama esoterica d’intelligence e l’attacco tedesco alla Russia (p. 137)

Capitolo X°:
“Sacerdoti”, astrologi e tibetologi delle SS tra occultismo e spionaggio (p. 177)

Capitolo XI°:
URSS ed intelligence (p. 208)

Capitolo XII°:
“Operazione Barbarossa”: attacco o difesa tedesca? (p. 217)

Capitolo XIII°:
Gli errori fatali di Hitler, l’impotente lungimiranza di Mussolini e la saggezza frustrata di Bastianini (p. 222)

Capitolo XIV°:
Gli infiltrati sovietici (p. 233)

Capitolo XV°:
Il mondo sconosciuto e la zona grigia dello spionaggio (p. 238)

Capitolo XVI°:
Il panorama geopolitico mediorientale ed internazionale attorno all’enigma Rudolf Hess (p. 248)

Capitolo XVII°:
La guerra misteriosa e parallela di Mussolini all’ombra dei servizi (p. 265)

Capitolo XVIII°:
L’inestricabile segreto degli archivi mussoliniani (p. 281)

Capitolo XIX°:
Diplomazia e/o intelligence (p. 286)

Capitolo XX°:
Rudolf Hess e gli esoterici del Terzo Reich (p. 294)

Capitolo XXI°:
Intelligence nazista (p. 305)

Capitolo XXII°:
Il perno oscuro del mistero R. Hess (p. 316)

Capitolo XXIII°:
I diari di Hitler (p. 329)

Capitolo XXIV°:
L’oscuramento dell’uomo di Spandau e dei suoi colossali segreti (p. 332)


Capitolo XXV°:
La GE.STA.PO. oggetto di studio dell’intelligence USA e le operazioni segrete (p. 337)

PARTE SECONDA

L’OCCHIO DI BUE SPIONISTICO ANGLO-AMERICANO SULL’ITALIA FASCISTA REPUBBLICANA

Capitolo XXVI°:
Mussolini, Churchill e i documenti “avvelenati” (p. 355)

Capitolo XXVII°:
Il carteggio M.-C., il Bottegone ed i segreti del PCI (p. 416)

Capitolo XXVIII°:
Documenti italiani predati dagli Alleati: ovvero le comode lacune (p. 452)

Capitolo XXIX°:
L’intelligence USA spia l’Italia fascista (p. 468)

Capitolo XXX°:
L’O.S.S. ed i servizi segreti italiani dopo il 25 luglio ’43:
a) il dossier “Carboni”, gli assassinii di Ettore Muti e Giovanni Gentile (p. 470)

Capitolo XXXI°:
Un documento inedito dell’Archivio Carnazza (p. 542)

Capitolo XXXII°:
L’O.S.S. ed i servizi segreti italiani dopo il 25 luglio ’43:
b) Peter Tompkins (p. 548)

Capitolo XXXIII°:
La strana “pazzia” di Ezra Pound, la storia nascosta dei lager Alleati e la morte “misteriosa” di Lawrence d’Arabia (p. 561)

Capitolo XXXIV°:
Rapporti segreti dell’O.S.S. sul governo repubblicano sociale fascista e sulla morte di Mussolini (p. 591)

Ringraziamenti

Desidero ringraziare per aver reso possibile l’accesso archivistico e l’acquisizione documentale delle carte degli enti governativi, agenzie informative civili e militari americane conservate negli archivi nazionali statutinensi: Lawrence H. McDonald, Sally M. Kuisel, Milton O. Gustafson, Clarence F. Lyons, Jr., William P. Fischer, Rebecca Lentz Collier e Virginia C. Lumi; inoltre, per quanto riguarda gli aspetti italiani, il Dr. Fabio Patti dell’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, il Dr. Andrea Edoardo Visone – Direttore dell’Archivio Sorico Diplomatico dello stesso Ministero degli Esteri italiano -, il Dr. Giancarlo Falzone, acuto interprete per le accurate traduzioni dal tedesco e lo studioso Gaetano Lo Monaco, profondo esperto di esoterismo politico per i suggerimenti ed i consigli, e l’amico direttore editoriale ed intellettuale Sandro Giovannini. Un grazie anche all’Ing. Marco Carnazza ed al giornalista investigativo-storico Paolo Radivo.
Se quest’opera riuscirà a tracciare la linea ardita di un pensiero importante i loro contributi non saranno stato vani.
A.D.F.

 


L'Opera ancora inedita su carta, è disponibile attualmente
in EDIZIONE CD-ROM (657 pagine)
chi la desidera in anteprima può richiedere il disco direttamente all'Autore
ALESSANDRO DE FELICE


vedi sito
http://www.alessandrodefelice.it/


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