ANNO 1936

LA COLONNA CELERE - DIARIO


La pubblicazione si presenta come un quadernino scolastico, dalla copertina appena piú pesante dei cinque fogli interni, stampati e grappettati con unica graffa centrale. Aperto, misura mm 209 x 312. Non porta menzione della tipografia, ma dev’essere stato stampato a Gondar, alla garibaldina, con mezzi di fortuna, in caratteri Time ed inchiostro brunastro. La prosa, dagli accenti altisonanti tipici e cònsoni allo “spirito romano” dell’epoca, sa piú di “campagna legionaria” che di ateneo: per non parlar di stile, frequenti i refusi e gli errori ortografici dovuti all’imperizia evidente di chi ebbe a redigere o rileggere il testo (peraltro da me “ritoccati” in modo da non disturbare troppo la lettura). La carta, abbastanza danneggiata da evidenti bagnature di umidità, si è strappata per incollatura delle pagine fra loro: in alcuni passi, qualche parola è stata da me intuíta e trascritta, poiché altrimenti illeggibile. Dal reperto, è stato asportato al righello (con diligenza e chissà perché...?), il penultimo foglio: mancano quindi le pagg. 17 e 18, mentre la pag. 16 è bianca; a pag. 19 si leggono alcuni nomi di soldati encomiati e la data: Gondar, 6 giugno 1936 - XIV.

Sull’ultima interna, pag. 20, è tracciata una rudimentale cartina geografica, ricalcata a mano libera, con il tracciato del percorso. Un semplice fregio, a pentagramma verticale con righe di spessore digradante verso il corpo del testo, accompagna ogni pagina, dalla parte della graffa.

MAGGIORE RUSSO CRESCENZO
COLONNA CELERE A. O.
(“Usque ad finem”)
GONDAR APRILE 1936 – XIV
A pag. 3 :

Prefazione

Il marciare con 400 autocarri da Asmara a Gondar, attraverso il territorio inospitale ed impervio dell'Amhara inesplorato, costituiva alla metà del mese di marzo 1936, anno XIV, un'impresa teoricamente impossibile.

L’8 aprile dello stesso anno, la volontà lo spirito, la tenacia, il coraggio, il sacrificio di poco più di 3'000 uomini, realizzavano il compito dimostrando ancora una volta al mondo come un pugno di uomini possano, se guidati da una volontà decisa e animati da uno spirito temprato dalla fede, raggiungere e superare quelle mete che il freddo ragionatore ritiene al tavolino irraggiungibili.

Il 20 marzo 1936 la Colonna Celere A.O. comandata da S.E. il Segretario del Partito Nazionale Fascista, Luogotenente Generale della Milizia Achille Starace, dopo aver in solo quattro giorni attraversato il torrido bassopiano occidentale eritreo attraverso Cheren - Agordat - Tessenei e Om-Ager, varcava il fiume Setit e puntava su Gondar.

La spedizione doveva raggiungere il suo obbiettivo il 1° aprile occupando Gondar che veniva raggiunta alle ore 9 dal XX e XXV battaglione del 3° Reggimento Bersaglieri e dall’ 82° CC.NN. “Mussolini”, mentre la colonna di 400 autocarri, che avevano sostato a circa 40 km dalla méta, doveva raggiungere Gondar il giorno 8, alle ore 17, assieme al XVIII battaglione del 3° Reggimento Bersaglieri.

È impossibile riferire in tutti i suoi particolari il sacrificio compiuto dagli uomini che affianco di S.E. Starace, portarono a termine l'ardua impresa ; tornano alla mente cento e cento episodi di abnegazione che soli possono dare la misura per valutare lo sforzo compiuto dai militari componenti la colonna. La Colonna ha superato un dislivello di 2700 metri dal livello del mare percorrendo circa 300 km in territorio nemico: la pista appena abbozzata nei primi 50 - 60 km di percorso dovette essere di poi interamente costruita fra le folte steppaie del bassopiano e su per gli erti e scoscesi fianchi della catena del colle Chercher.
I1 piccone dei bersaglieri, delle CC.NN. e soldati del genio, coadiuvati dagli automobilisti, rese camionabili circa 20 guadi, tra cui principalmente difficoltosi quelli del torrente Babàu e quelli del torrente Sengià.

Sopratutto si riuscì a marciare in formazione di colonna compatta, senza apprezzabili allungamenti e senza notevoli incidenti, su piste spesso segnate attraverso le steppe dalle ruote degli stessi autocarri e su per i fianchi delle montagne affrettatamente resi accessibili dal piccone di chi precedeva di pochi metri la colonna, aprendo varchi a prima vista impossibili.
Meravigliosi automobilisti questi, che con i polsi stretti al volante, gli occhi sbarrati, i garretti tesi nello sforzo di reggere i freni che minacciavano di spezzarsi nei pendii irti di ostacoli rocciosi, superanti talvolta la pendenza del 30, 35 per cento, riuscivano a far pulsare il loro motore fino alla méta !

Se su 400 macchine solo una aliquota insignificante dovette essere abbandonata ciò si dovette a questi magnifici conduttori che notte e giorno lottando contro la fatica, il sonno, la sete e spesso la fame, con gli occhi fissi sulla pista inclemente, con le orecchie tese al battito dei loro motori, col cuore proteso a guidare la macchina che ad ogni istante minacciava di precipitare nel troppo vicino precipizio, riuscirono a sorreggere con i loro nervi instancabili i meccanismi che ad ogni passo minacciavano di spezzarsi. Ma non si riuscirebbe a rendere comprensibile, con sufficiente evidenza, lo sforzo compiuto dai 400 automobilisti della Colonna se non si scendesse al particolare, riferendo qualche episodio significativo.

Dobbiamo ricordare quegli automobilisti che nel torrido bassopiano sacrificavano la poca acqua che conservavano per ristorare l'arsura al loro motore che, surriscaldato, minacciava di fondere; quel piccolo nucleo che, esplicando il delicato e faticoso compito del soccorso e ricupero delle macchine avariate, rimase attardato di molti giorni di marcia e portò a termine, isolato ed instancabile, il compito affidatogli ; dobbiamo ricordare le privazioni che con spirito di sacrificio seppero sopportare gli automobilisti che per necessità improvvise ed inderogabili rimasero distaccati talvolta per giorni dai propri autocarri di rifornimento.

Commuove il ricordo di quel conduttore che dopo aver superato 200 km di percorso in territorio nemico supplicava piangendo il proprio ufficiale di non dare l'ordine di far uscire di strada la sua macchina ferma per un incidente banale ma irreparabile; e che, mentre l'inevitabile ordine veniva eseguito, voltava il viso per non vedere la morte della sua macchina, di quello strumento faticosamente guidato fin là i cui meccanismi si eran fusi al suo spirito nello sforzo comune di superare ostacoli insuperabili.

Ci riempie di ammirazione il lavoro compiuto da un conduttore ed un meccanico che dopo aver marciato dall'alba alla notte riuscivano a rimettere in efficienza una macchina che avendo avuto il perno di una balestra spezzato, a causa del conseguente improvviso bloccaggio di una ruota, era precipitata in un costone scosceso.
Là, tra i pungenti sterpi, riuscendo a sollevare la macchina con prodigi di equilibrio, il perno fu ricostruito, la balestra smontata e rimontata, la macchina fatta risalire all'alba fino alla strada con l'aiuto di pochi ferri ma di molta fede e molto spirito di sacrificio. L'indomani, uomini come questi, che da 24 ore lottavano con lo spirito contro la materia, dimentichi delle fatiche del corpo, tornavano ad essere meravigliosi e pronti conduttori.
E ancora si vide un conduttore che non riuscendo a superare una scoscesissima salita ebbe a scaricare la macchina per poi, solo e senza richiedere aiuto, ricuperare il carico al culmine della salita stessa; ed un motociclista che si offriva spontaneamente per recapitare un ordine ad un nucleo lontano circa 30 km ben sapendo di dover attraversare, solo, una zona nella quale il nemico aveva fatto già la sua apparizione.

Questo, il magnifico contributo di energie dato dagli automobilisti, santificato dal contributo di sangue di quei due conduttori che, nel raggiungere la Colonna superando con sprezzo del pericolo una zona battuta dal brigantaggio abissino, furono, dopo impari e strenuo combattimento, raggiunti dal piombo nemico e caddero presso la loro macchina, quasi volessero con il loro spirito guidarla ancora usque ad finem.
Caporale MUCCI ! Soldato FRACASSO ! Voi rimarrete nel nostro cuore di combattenti e di automobilisti come una fiamma incitatrice.

DIARIO

ASMARA — 12 marzo 1936 :
S.E. Starace assume il Comando della Colonna Celere A.O. Compongono la colonna i XVIII, XX e XXV battaglioni del 3° Reggimento Bersaglieri, l’ LXXXII battaglione CC.NN. “Mussolini”, un battaglione Motoblindo-mitragliatrici, un gruppo di Artiglieria da 77/28, aliquote del Genio, della Sanità e della Sussistenza.
Quattrocento automobilisti fanno parte della colonna i cui elementi sono tutti autoportati. Gli automobilisti chiamati all’onorifico compito sono forniti in maggioranza dal 12° Autogruppo il cui comandante, Maggiore RUSSO, sarà l'intendente tecnico di automobilismo addetto al comando.
Altri conduttori provengono dal 2° autoreparto autocarrette e dal 319° autoreparto.
Nell'assumere il comando della colonna S.E. Starace comunicava alle truppe il seguente ordine del giorno n. 1:

A.O., 12 marzo 1936-XIV
“Per disposizione del maresciallo d'Italia S.E. Pietro Badoglio assumo oggi il comando della Colonna celere A.O.
I camerati che sono caduti eroicamente sui campi di battaglia sono in testa alle nostre formazioni, acciaiate nei muscoli e più ancora nello spirito.
Mi aspetto da Voi, ufficiali, sottufficiali, graduati, bersaglieri, camicie nere, artiglieri, mitraglieri, addetti ai servizi, schietto entusiasmo, ferrea disciplina, implacabile resistenza, slancio irresistibile.
Nessuna differenza tra voi: tutti siete egualmente cari al mio cuore di comandante. Sul mio casco africano da Luogotenente generale della Milizia fascista c'è il mio piumetto da bersagliere, che mai conobbe la sconfitta.
Uno è lo scopo : servire in armi la causa della Rivoluzione, che si identifica con i supremi interessi della Patria.
Le già tracotanti armate del negus, malgrado l'ausilio dei molti nostri nemici, sono state piegate dalle nostre armi, con le quali portiamo, fra popolazioni oppresse dal più duro servaggio, la luce della civiltà di Roma Imperiale.
Ogni loro speranza di rivincita sarà vana e per sempre, allorché avremo assolto i nuovi còmpiti che ci vengono affidati. Il motto “usque ad finem” inciso sul nostro nero gagliardetto di combattimento, sta a significare la decisa volontà di assolverli, con tutte le nostre energie, con la rapidità del baleno, con la forza travolgente dell'uragano.
Camerati con le armi al sole, salutate alla voce il Duce, inflessibile nella tutela dell’onore della nostra bandiera, il nostro grande Re di Vittorio Veneto, la nuova Italia fascista, che è tutta in piedi, fieramente consapevole dei suoi doveri e dei suoi diritti, con fede sicura nella vittoria. A noi ! ”.


13 - 14 marzo –
Campo Polo. Le due giornate trascorrono in febbrili preparativi delle macchine che dovranno fare rombare i loro motori oltre il confine. Gli autocarri che faranno parte della colonna sono Chevrolet, Ford, Bedford, Studebaker, Ceriano 50, Spa 25 c.10, Fiat Balilla e Fiat Ardita.

Il 15 marzo –
alle ore 7 la colonna muove dall’Asmara ; la freccia che dovrà colpire nel fianco la già scossa resistenza abissina è scoccata. I cuori pulsano all'unisono con i motori e pulseranno “usque ad finem” nella fede della Vittoria, nella fiducia del Capo.
Nel 1° giorno di marcia viene coperto il percorso di km 80 e viene in serata raggiunto Cheren, marcia regolare senza notevoli incidenti. La popolazione bianca ed indigena di Cheren accoglie con caloroso affetto le truppe, offrendo doni. Molto entusiasmo, molta serena fiducia in tutti.

Il 16 marzo –
Gli 80 km che separano Cheren da Agordat sono superati velocemente dalla colonna, nonostante il ritardo che la marcia ha subíto in qualche punto del percorso a causa di curve a raggio ridotto che hanno costretto le macchine, specie quelle a telaio lungo, a fare manovra. Agordat è raggiunto al tramonto da tutte le macchine.

17 marzo –
In questa giornata la colonna ha superato la lappa più lunga e più difficoltosa del percorso che precede il confine. 170 km su fondo per la maggior parte sabbioso ed in una zona arida e torrida.
Nelle prime ore della notte tutte le macchine partono nei pressi di Tessenèi. Nessun notevole incidente ha disturbato la faticosa marcia.

18 marzo –
Tessenèi - Om-Ager. La pista camionabile a fondo ottimo facilita la veloce marcia della colonna che la sera raggiunge il confine occidentale dell'Eritrea.
Domani, forse dopodomani, comincierà la marcia in territorio nemico.

19 marzo –
La colonna sosta sul letto abbandonato dal fiume Setit. Si compiono alacremente operazioni di revisione dei motori e di riassestamento delle sezioni, si provvede ai rifornimenti di acqua e di carburante.
All'imbrunire, la parola di S.E. Starace comunica vibrante che l'indomani il fiume sarà varcato. L’annuncio dato dal Capo alla truppa riunita è accolto come una promessa di vittoria con il più vivo entusiasmo. Domani i piumati caschi dei bersaglieri, le nere camicie dei militi, il rombo dei nostri motori avanzeranno incutendo timore ai nemici.

20 marzo –
La colonna, superato il guado del Setit, si suddivide in scaglioni con avanguardia, grosso e retroguardia.
Sono percorsi nella prima giornata di marcia 42 km. La pista appare discreta ; è necessario tuttavia che gli uomini che avanzano in testa alla colonna provvedano a facilitare la marcia degli autocarri eliminando ostacoli che ingombrano la carreggiata. La sera si sosta sulle rive del torrente Sellemet.

21 marzo –
Le difficoltà aumentano. Squadre del Genio, coadiuvate dagli uomini del 1° scaglione, precedono in vari punti gli autocarri lavorando per permettere l’avanzata. Sono percorsi 15 km, si sosta tra la boscaglia ove la notte ha sorpreso la colonna.

22 marzo –
Si raggiunge il torrente Sciè. Si sono aperti 25 km di percorso, nonostante che le difficoltà di marcia siano notevolmente aumentate.

23 marzo –
27 km di percorso sono coperti dall’intera colonna. E' raggiunto il torrente Mecazzè.

24 marzo –
Dal raggiunto torrente Mecazzè si raggiunge il guado del torrente Sorocà. 27 km di percoso assai difficoltoso.
Ora quasi tutto il battaglione che marcia in 1° scaglione è adibito al lavoro di sistemazione e di apertura della pista. Guide indigene indicano la via, là dove il passo è più facile. Numerosi torrentelli incassati rendono necessario parecchio lavoro prima di permettere il transito alle macchine.

25 marzo –
Con un nuovo balzo di 22 km, la Colonna raggiunge le sponde del fiume Angarèb. Le abbondanti acque del fiume ristorano gli uomini. Revisione alle macchine : specie alle carrozzerie duramente provate dall’inclemenza del fondo stradale.

26 marzo –
Si raggiunge a stento, in serata, la località Sambocco superando 10 km di percorso. Il soldato automobilista BENEDETTI Luigi, colpito da una insolazione, muore mentre, curvo sul motore, si accingeva a ripararne un guasto.
La salma è tumulata sul fianco della strada, quasi pietra miliare nel duro cammino della vittoria.

27, 28, 29, 30 marzo –
Solo 45 km si riescono a percorrere, in questi 4 giorni. Difficoltà enormi si presentano e costringono ad eseguire notevoli varianti al tracciato della pista per permettere agli autocarri di precedere i Bersaglieri, Camicie nere e Genio concorrono ai lavori di sistemazione della pista. Tratti in cui la pista sale sulle alture lungo la linea di massima pendenza debbono essere interamente ricostruiti. Il piccone ed il badile, manovrati dai forti muscoli di questi valorosi uomini ben decisi a vincere e superare le difficoltà insuperabili, compiono prodigi. Le asperità del terreno attardano la marcia ma non la fermano. Il rombo motori avanza lento ma implacabile nel cuore dell'Abissinia. Viene comunicata la notizia che due automobilisti, il caporale MUCCI e il soldato FRACASSO, nel raggiungere la colonna, provenienti dal drappello recupero che marcia attardato di qualche chilometro, mentre superavano una zona battuta dal brigantaggio abissino, attaccati, sono caduti dopo strenuo combattimento.

31 marzo –
Tre battaglioni, il XX, il XXV, del 3° reggimento Bersaglieri e l' LXXXII CC.NN. “Mussolini” lasciano le macchine per raggiungere a piedi Gondar che dista circa 40 krn. Presso gli autocarri resta il XVIII battaglione Bersaglieri che dovrà nei prossimi giorni compiere il miracolo di approntare la pista che permetterà a 400 autocarri di superare colle Chercher. In serata, il maggiore RUSSO, comandante gli automezzi della colonna, adunati gli automobilisti, commemora con commosse parole i caduti. Dalla parola del maggiore RUSSO gli automobilisti sono chiamati a cooperare al lavoro di ricostruzione della strada. Così i conduttori, lasciando il volante, afferrato il piccone al fianco del Genio e dei Bersaglieri iniziano la costruzione della strada che valicherà il passo Chercher alto ben 2'780 metri sul livello del mare.

1° aprile –
S.E., alla testa dei Bersaglieri e CC.NN., ha raggiunto Gondar. La notizia, trasmessa per radio, è volata ai nostri cuori. Abbiamo salutato con gioia la vittoria cui avemmo l'onore di contribuire. Il sicuro passo dei soldati d'Italia avanza in terra abissina portatore di civiltà. Ora il rombo dei motori dovrà echeggiare tra i vecchi castelli di Gondar. L’ultimo ostacolo, che si presenta alle ruote dei nostri autocarri, il colle Chercher, dovrà essere superato al più presto.

Tra il 2 e il 3 aprile –
Un altro gradino è salito. Alla sera, le macchine, superando le difficoltà della pista costruita riempiendo avvallamenti del terreno, tagliando la montagna nei fianchi pietrosi, facendo saltare enormi blocchi che sembravano voler arrestare la implacabile marcia, raggiungono quota 2'000.

4 aprile –
Si sale ancora per 7 km fino a raggiungere Tucul Dinghià. Sono piccoli balzi, guadagnati con miracoli d’abnegazione e di fede. La pista si inerpica sui fianchi del monte; su di essa, sfidando il terreno che frana sotto il peso delle ruote, s’inerpicano gli autocarri. Le macchine più cariche sono trainate con le corde nei passaggi più ripidi. Polsi forti, cuori sicuri, riescono a superare ogni ostacolo.

5, 6, 7 aprile –
Tre giornate di lavoro intenso e le ultime difficoltà sono vinte. Il colle è superato; la pista, raggiunto il culmine, comincia a discendere, digradando verso Gondar.

L' 8 aprile –
La via aperta verso la méta è presto superata. La sera i 400 autocarri della Colonna celere A.O. varcano nei pressi del comando colonna. S.E. Starace assiste personalmente all’arrivo dei primi autocarri. Il suo alto e significativo compiacimento scende ai cuori di questi bravi conduttori che hanno saputo volere fino ad oggi e sono giunti alla méta loro indicata.
Dai confini della vecchia Eritrea sono stati percorsi circa 300 km in territorio nemico, insidioso e pieno di ostacoli naturali. Il sentiero appena tracciato è divenuto pista camionabile sulla quale le ruote degli autocarri hanno marciato, in soli 20 giorni, fino a Gondar.
La grande impresa, quella che sembrava impossibile, è compiuta. La tenacia e il sacrificio di un popolo cui il Duce ha insegnato che volere è potere, l’illuminata guida e l'esempio di un Capo, hanno compiuto l'incredibile, il miracoloso. Da tutte le parti del mondo si guarda attòniti e sorpresi questa nuova grande impresa dei soldati d'Italia fascista. Traiamo dal successo sprone per imprese più grandi., ciecamente fidenti nel Capo che ci guida, guardando avanti, solo avanti “usque ad finem”, per la sempre maggior grandezza della nostra Patria, l'Italia Fascista.


Considerazioni tecniche
Gli autocarri che compongono la Colonna Celere A.O. sono Chevrolet - Ford - Bedford - Fordson - Studebaker - Spa - Ceirano - Fiat Balilla - Fiat Ardita. Tali automezzi hanno dato buona prova di resistenza sia nei riguardi del motore sia nei riguardi della trasmissione.
Ottima la sospensione. I minori fastidi sono stati dati dagli autocarri Chevrolet tanto che uno solo di essi dovette essere abbandonato per un guasto, che del resto avrebbe potuto essere facilmente riparato, se vi fosse stato maggiore disponibilità di tempo. Maggiori le noie date dai Ford, sebbene anche questi autocarri rimasero generalmente fermi a seguito di avarie non gravi. Percentualmente i disturbi più gravi sono venuti dagli autocarri Bedford, uno dei quali ha avuto fuse le bronzine del motore. Noie alla distribuzione e spostamenti del ponte posteriore con conseguente sfìlamento dell'albero di trasmissione e bloccaggio delle ruote motrici, hanno anche turbato la marcia di tali autocarri.
Per i Fordson dobbiamo ricordare l'inconveniente assai noioso dovuto alla difficoltà di serrar bene i dadi del supporto della dinamo, inconveniente da attribuirsi alla incomoda posizione dei bulloni stessi. Nei Ford infatti, che hanno lo stesso motore, tale inconveniente si è verificato solo eccezionalmente.
Un guasto (se così può chiamarsi) che ha dato maggiore noia nei Ford, e specialmente nei Fordson, è stato il disinnescarsi della pompa di alimentazione benzina. Tale inconveniente, più che alla pompa stessa, è dovuto alla sua posizione. Questa si trova al disopra del motore ed in posizione più elevata del serbatoio del carburante e, dovendo richiamare benzina dal serbatoio, produce depressione nella tubazione di alimentazione. Tale depressione, unita alla elevata temperatura raggiunta dal carburante nella tubazione stessa, ne provoca l’evaporazione e quindi l’interrompersi della colonna liquida. Tale inconveniente infatti fu particolarmente lamentato nei Fordson nei quali l’aria di raffreddamento è costretta a lambire le tubazioni di alimentazione.
Tutti gli automezzi, per altro, hanno fornito, come si è detto, buona prova.
La maggiore o minore facilità di superare le salite, specialmente se in queste erano curve a piccolo raggio, deve ricercarsi nel “passo”. Le macchine a passo minore (Fordson) potevano scegliersi la “strada” mentre quelle a passo più lungo (Bedford e Ford) erano costrette a subire tutte le asperità della pista, trovandosi spesso a dover superare dei veri gradini.
Una macchina che, pur essendo più lunga delle altre, ebbe a superare con relativa facilità le salite è la Studebaker. Ciò si comprende se si considera che tale autocarro è munito di un motore a caratteristiche piatte, che permette di superare le salite a velocità più ridotta, dando tempo al conduttore, in certo modo, di scegliersi la strada evitando le maggiori asperità.
Gli autocarri Spa (ambulanze) sono giunti tutti, non ostante il peso considerevole della speciale carrozzeria.
Buona prova hanno fornito le Balilla, sia vetture, sia camioncini, che hanno accusato guasti quasi esclusivamente alla trasmissione. Tali guasti, che furono riscontrati nelle altre macchine in minor numero, ben si comprendono, se si tiene presente che il pessimo fondo stradale ebbe ad influire assai piú gravemente sulle piccole autovetture, munite di ruote sdoppie e di diametro assai più piccolo.
I vari incidenti verificatisi nei motornezzi si dovettero quasi esclusivamente a cadute e quasi mai a guasti meccanici, sicché si può affermare che le moto Guzzi hanno resistito più degli uomini che le pilotavano. Alcune di esse si sono incendiate, ma a tale proposito non bisogna dimenticare l'alta temperatura ambiente in cui dovettero marciare, con quasi assoluta mancanza di raffreddamento dovuta alla velocità ridotta.
Nel complesso la moto Guzzi 500, a telaio elastico, ha fornito ottima prova marciando il più delle volte fuori strada, tra difficoltà eccezionalissime del terreno.

Il 9 aprile 1936, con l'ordine del giorno N. 7, S.E. Starace, dopo aver tributato un vivo elogio a 6 conduttori i cui automezzi arrivarono a Gondar “in perfetta efficienza dopo aver superate le gravi difficoltà a tutti note” aggiungeva “Il mio elogio va anche agli ufficiali, primo fra tutti il maggiore Crescenzo RUSSO, mio efficacissimo collaboratore, agli autisti dell'autocolonna, che si sono dimostrati pienamente degni della fiducia che in loro avevo riposto”.
Gli automobilisti d'Italia, che da molti mesi percorrono le diffìcili strade della Colonia, hanno ricevuto l'elogio del Segretario del Partito.
Il nuovo ed ambitissimo premio alla oscura e tenace fatica di questi bravi soldati ci rende orgogliosi.
I giovani cuori accelerano il battito commossi dalla parola remuneratrice del Capo e traggono da essa auspicio di nuove battaglie e nuove vittorie".

Magg. RUSSO

cronologia anno 1936

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