CAPITOLO 14
L'Europa conquista il mondo. (A.D. 1857-1913)
Il congresso di Berlino - L’impero Britannico - Guerre sante sul Nilo
La spartizione dell’Africa - La fine dell’Impero Cinese
Impero Russo, Impero Giapponese, e “Impero Americano”
Ultimi sussulti dell’Impero Ottomano

I
Il congresso di Berlino

Nel 1878 ci fu un altro importante congresso per definire un nuovo assetto per la penisola balcanica.
In vent’anni l’Europa era completamente cambiata.
Il congresso si teneva a Berlino, appunto perché la Germania (unificata dalla Prussia) era diventato lo stato più forte d’Europa. Il primo ministro Bismark non era direttamente interessato ai Balcani ma, come padrone di casa, intendeva fare da “onesto mediatore”
La Francia era ritornata una repubblica (la terza repubblica) e aveva dovuto cedere Alsazia e Lorena alla nuova Germania, dopo una guerra disastrosa, in cui Napoleone III aveva perso tutto…anche l’onore!
L’Impero d’Austria adesso si chiamava Impero Austro-Ungarico. Gli ungheresi ora dividevano il potere con gli austriaci, e il nuovo stato sperava di guadagnare ad oriente quello che aveva perso in Italia e in Germania.
L’Italia, (nata solo grazie agli sforzi diplomatici di Cavour) era (allora come adesso) una potenza di secondo piano. Il primo ministro Cairoli aveva in ogni modo insistito per partecipare al congresso, inaugurando “la diplomazia del sedere”!
La Russia…
Era proprio la Russia, la causa della crisi che il congresso cercava di risolvere.
Lo zar Alessandro II aveva ripreso la politica anti-turca dei suoi predecessori, riassumendo il suo ruolo di protettore dei cristiani ortodossi, stavolta con migliore fortuna.

Nei suoi ultimi decenni di vita, l’impero ottomano aveva perso ogni parvenza di tolleranza verso i suoi sudditi cristiani: più vedevano sfaldarsi il loro impero, e più i turchi diventavano oppressivi!
Gli ultimi a farne le spese erano stati i Bulgari, che nel 1877 (sotto la guida del loro eroe Hristo Botev) si erano ribellati.
La repressione era stata terribile. Dopo l’ennesimo massacro, i Russi erano intervenuti…
Una delle battaglie tra cristiani ortodossi (russi, romeni, serbi e bulgari), e mussulmani fu proprio a Nicopoli, dove 500 anni era stato sconfitto l’esercito cristiano di Giovanni Senza Paura.
Stavolta però l’esercito ottomano fu completamente distrutto.
I turchi firmarono la pace di S. Stefano riconoscendo l’indipendenza di un grande stato bulgaro, dal Danubio al Mare Egeo.
La “guerra santa” era finita prima che le altre potenze europee potessero reagire.
Oltretutto come potevano prendere posizione contro tutti gli ortodossi insorti a fianco dei fratelli russi?
A pace fatta anche serbi, greci e romeni cominciarono a guardare con sospetto il nuovo stato bulgaro, diventato di colpo lo stato egemone della regione.
Inoltre i bulgari erano troppo amici dei russi. Austria, Francia e Inghilterra temevano che la Bulgaria desse ai russi l’accesso al Mediterraneo.

Il congresso di Berlino cambiò sensibilmente i termini della pace di S. Stefano.
Russi e Bulgari che avevano vinto la guerra, finirono per perdere la pace.
Il nuovo stato bulgaro divenne molto più piccolo.
La Romania divenne un regno indipendente, ma dovette cedere alla Russia la Bessarabia (attuale Repubblica Moldava).
Chi ci guadagnò di più fu l’impero austro-ungarico, che, senza colpo ferire ebbe “in amministrazione” la Bosnia- Erzegovina.
L’Inghilterra ebbe “in amministrazione” Cipro, ritornando in quest’isola sempre contesa, settecento anni dopo Riccardo Cuor di Leone.
L’Italia, naturalmente, non ebbe niente.
Il ministro Corti aveva provato a chiedere all’Austria (come compensazione) almeno il Trentino…e gli avevano riso in faccia!
Il ministro austriaco gli aveva invece consigliato, caso mai, di prendersi la Tunisia. Corti avrebbe reagito chiedendo:

Volete farci litigare con la Francia?

L’intenzione, probabilmente, era proprio quella!
Bismark, a Berlino, avrebbe sussurrato al collega francese:

Non vorrete lasciare Cartagine in mano ai barbari!

La Francia colse a volo il suggerimento.
Nel 1881 i francesi occuparono (praticamente senza combattere) anche la Tunisia, allora sultanato semi-indipendente sotto la tutela dell’impero ottomano.
Gli Italiani ci rimasero malissimo.
All’epoca il flusso degli emigranti andava dal nord al sud del Mediterraneo.
L’Italia non aveva né i mezzi, né la volontà, per una guerra coloniale, ma in Tunisia c’erano, molti italiani, e tanti interessi economici in gioco.
Una più accorta diplomazia poteva almeno portare ad una soluzione di compromesso tra Francia e Italia. Invece…
Il nuovo primo ministro italiano Crispi cercò recuperare qualche altra colonia, ma ormai Inghilterra e Francia avevano già occupato la maggior parte di Asia e Africa, lasciando alle altre nazioni europee solo i territori più poveri.

II
L’impero Britannico

L’Impero Britannico nacque formalmente nel 1877, quando la regina Vittoria fu nominata “Imperatrice dell’India.
Di fatto, un grande impero coloniale inglese esisteva almeno dal 1815, quando il Congresso di Vienna sanzionò le conquiste coloniali che l’Inghilterra aveva acquisito, durante le guerre napoleoniche, a danno di Francia, Spagna e Olanda.
Alla fine del XIX secolo l’Impero Britannico si estendeva su cinque continenti: dall’Irlanda a Cipro, dal Canada al Sud Africa, dal Kenia alla Nuova Zelanda.
In Asia gli inglesi avevano occupato Hong Cong, la Malaysia, la Birmania e, soprattutto, l’India.

L’India: era la gemma della corona inglese!
I soldati indiani (i “sepoy”) erano più numerosi di quelli britannici, e accompagnavano gli inglesi anche in Africa ed Estremo Oriente. Erano fedeli, efficienti, disciplinati…
Eppure, proprio dai sepoy partì, nel 1857, una rivolta che rischiò di troncare sul nascere il dominio inglese nel subcontinente indiano.
L’origine della rivolta fu di natura religiosa!
Il pretesto fu un nuovo tipo di cartucce che i soldati dovevano spuntare con i denti, prima di essere inserite nel caricatore. Le cartucce erano unte di grasso…
Grasso di vacca? Sacrilegio per gli indù!
Grasso di maiale? Inammissibile per i mussulmani!
I sepoy avevano molti altri motivi per ribellarsi: erano il nerbo dell’esercito inglese, ma qualunque bellimbusto, appena arrivato dall’Europa, contava più del migliore dei loro.
Lo scontento era presente in molti reparti, e quelle inopportune cartucce unirono nella protesta (per la prima volta) mussulmani e indù.
Quando, a Meerut, i primi sepoy furono imprigionati per insubordinazione, scoppiò la prima rivolta.
I ribelli liberarono i prigionieri e marciarono su Dehli.
La guarnigione inglese fu colta di sorpresa e scappò sulle colline vicine, dopo aver fatto saltare la polveriera. I sepoy, dilagarono nella città, massacrando tutti gli europei che trovavano, ed elessero come loro capo Bahadur Shah, il vecchio imperatore Moghul.
Bahadur non si aspettava niente di simile…ma come non approfittare dell’occasione?
Bahadur proclamò la Jihad. Alle proteste degli indù, l’imperatore chiarì che la guerra santa era “solo contro gli inglesi”. Dubito che molti indù ci abbiano veramente creduto…

Intanto la rivolta si era estesa in tutta la pianura del Gange.
Nella regione dell’Ohud, gli indù scelsero come capo Nana Sahib, il figlio adottivo dell’ultimo Peshwa dei Maratha. Anche Nana Sahib si ritrovò capo della rivolta senza volerlo, e come Bahadur Shah, non fu all’altezza del suo ruolo.
Una figura simbolica della rivolta fu Lakshmi Bai, la rani di Jhansi, definita dagli avversari, per il suo coraggio, “l’unico vero uomo tra i ribelli”.

Gli indiani d’oggi celebrano la rivolta dei sepoy, come una guerra di indipendenza, che ha dato origine alla coscienza nazionale indiana. Gli stessi nazionalisti indiani devono però ammettere che la rivolta é stata domata, soprattutto perché la maggior parte degli indiani non si é unita agli insorti.
Rimasero sotto il pieno controllo inglese regioni indiane a maggioranza mussulmana come Punjab e Bengala. Nell’India del Sud la rivolta non arrivò nemmeno…
Anche nella pianura del Gange non ci fu abbastanza coordinamento tra i ribelli…forse anche perché indù e mussulmani, formalmente alleati, non si fidavano veramente gli uni degli altri!
Gli inglesi ebbero la possibilità di contrattaccare e le città ribelli caddero una ad una.
Nel 1858 gli inglesi riconquistarono anche Delhi: l’imperatore Bahadur Shah II fu esiliato in Birmania mentre i figli furono assassinati a sangue freddo da un ufficiale inglese.
La fine più gloriosa fu quella della “Giovanna d’Arco indiana”. La rani Lakshmi Bai morì in battaglia cercando di difendere la roccaforte di Gwalior.
Nana Sahib riuscì invece a scappare in Nepal, e di lui non si seppe più niente.
Dopo la fine della rivolta dei Sepoy, la Compagnia delle Indie fu sciolta.
L’India passò sotto il diretto controllo del governo britannico e l’inglesizzazione dell’India fu accelerata.
Molti inglesi presero sul serio la loro “missione civilizzatrice”: proibirono il “sati” (sacrificio “volontario” della vedova sulla pira del marito) e combatterono sette sanguinarie come i Thugs, che tutti i lettori di Salgari ricordano..
Molti indiani lottarono per difendere le loro tradizioni (buone e cattive) ma altri si lasciarono attirare dal modello di vita inglese.
Tanti indù e mussulmani delle classi più elevate andarono a studiare nelle scuole inglesi.
Alcuni addirittura ipotizzarono la trasformazione dell’impero britannico in una confederazione multinazionali di popoli liberi, in cui gli indiani sarebbero stati la maggioranza.
Tanti asiatici, militari e civili, seguirono i colonizzatori inglesi in Africa, diventando una specie di classe intermedia, tra africani e europei…
Col tempo gli indiani furono odiati dagli indigeni più ancora dei padroni inglesi…e insieme agli inglesi sono stati cacciati, quando le nazioni africane sono diventate indipendenti!
Oggi i loro discendenti vivono nelle città industriali dell’Inghilterra del nord, dove spesso gli asiatici sono la maggioranza della popolazione: scomodo ricordo di un impero glorioso.

III
Guerre sante sul Nilo

L’ Egitto fu il primo stato islamico a cercare di creare uno stato laico e moderno.
Mehemet Alì aveva tratto il giusto insegnamento dalle riforme iniziate da Napoleone, e aveva aperto il paese alla cultura europea.
Nel 1869 il Kedivè Ismail (figlio di Mehemet Alì) diede il via alla solenne cerimonia dell’apertura del canale di Suez.
Per l’occasione fu commissionata un’opera lirica al più famoso compositore dell’epoca: Giuseppe Verdi. Le note della marcia trionfale dell’Aida celebrarono la passata grandezza dell’Egitto e, soprattutto, il nuovo periodo di gloria che avrebbe potuto iniziare per il paese.
Ismail pensava che l’Egitto sarebbe diventato più ricco e più potente, grazie ai traffici delle navi nella nuova via di comunicazione, tra mar Rosso e Mediterraneo: successe esattamente il contrario!

Il canale di Suez era stato costruito da una società francese, e francesi erano la maggior parte delle azioni della “Compagnia del Canale”.
Ismail aveva il 40% delle azioni, ma si era indebitato fino al collo, e fu poi costretto a vendere l’intera sua quota del Canale, all’Inghilterra.
Una cattiva gestione delle risorse del paese, le grandi spese del Kedivè, e le manovre occulte di Francia e Inghilterra fecero il resto…
Inglesi e Francesi si impadronirono a poco a poco di tutte le risorse del paese, e la reazione degli Egiziani non si fece attendere.
Nel 1882 ci fu una grande rivolta nazionalista, guidata dal bey Arabì: un leader coraggioso e astuto, ma privo di mezzi, e senza una grande preparazione militare
La rivolta fu rapidamente domata e lo stesso Arabì fu consegnato da alcuni traditori agli inglesi,che lo deportarono a Sri Lanka.
Gli inglesi poi nominarono Kedivè il più docile Tewfik, e l’Egitto divenne, di fatto, un protettorato inglese.
I francesi lasciarono agli inglesi l’egemonia politica del paese, (in cambio dell’assenso inglese alla occupazione della Tunisia) pur conservando le loro azioni della Compagnia del Canale ed enormi privilegi di carattere commerciale.
La conquista dell’Egitto, sfuggita ai crociati di Luigi IX e Riccardo Cuor di Leone, era stata finalmente ottenuta dai loro discendenti, ma non in nome del Dio Cristiano (Uno e Trino)…ma del Dio Quattrino!
Nel paese dei Faraoni era tornata la calma, ma la ribellione islamica si riaccese più a sud, proprio nel paese di Aida: l’antica Nubia!.

Nel 1881 il Sudan era, formalmente, sotto il dominio congiunto anglo-egiziano.
In realtà gli Egiziani avevano colonizzato l’antica Nubia fin dai tempi dei Faraoni.
Il kedivè aveva cominciato ad occupare la parte settentrionale del Sudan, all’inizio dell’Ottocento, e presidi egiziani erano sorti sulle rive del Nilo fino a Karthum.
Poi erano arrivati anche gli “alleati” inglesi. Le truppe Egiziane, con pochi reparti inglesi, si erano spinti fino alle sorgenti del Nilo.
Un giorno arrivò un nuovo profeta che proclamò la Jihad: si chiamava Muhammad Ahmad, ma si faceva chiamare il “Mahdi”( il Messia!).
Per il Mahdi, tutti gli invasori erano dei miscredenti.
Gli Egiziani erano "gli ipocriti" o " i falsi credenti" del Corano.
I “guerrieri di Dio” attaccarono per primi gli avamposti egiziani ,che caddero uno a uno.
Il Kedivè Tewfik chiese l’aiuto dei “protettori inglesi.

Nel 1882 la rivolta in Egitto era finita e il primo ministro inglese Gladstone non aveva alcuna voglia di infognarsi in un'altra guerra in un territorio inospitale…
Tewfik non ricevette rinforzi e i seguaci del “Mahdi” continuarono a massacrare" i falsi credenti" del Corano. Attaccarono anche alcuni reparti inglesi del sud.
Un governatore inglese , di nome Slatin, per salvarsi la vita si convertì addirittura all’Islam!
Infine Gladstone consentì a mandare in Sudan il generale Gordon con pochissimi mezzi, e la raccomandazione di non impegnarsi in qualunque impresa militare per conto degli egiziani.
Gordon era un buon soldato ma amava agire di testa sua. Era ammirato dalla regina Vittoria e detestato da Gladstone.
Gordon vinse alcuni piccoli scontri. Organizzò la difesa di Khartum, e poi chiese rinforzi.
Gladstone non poté fare a meno di concederli, ma i preparativi furono lunghissimi e, quando finalmente si mossero verso Khartum, la città era già assediata da più di 100000 dervisci…
Quando i primi rinforzi inglesi giunsero in vista di Khartum, la città era caduta da due giorni. Visto che non c’era più nessuno da salvare gli inglesi tornarono indietro!
Il neo-mussulmano Slatin raccontò poi che Gordon morì da eroe, ma sicuramente non fu un martire cristiano!
Per il Mahdi, la caduta di Khartum fu una grande vittoria dell’Islam.
" I falsi credenti" del Corano furono massacrati. Le donne e bambini furono fatti schiavi…
Il Mahdi non poté godersi a lungo la vittoria: morì di tifo nel 1885, all'età di soli 45 anni.
Il suo successore Abdallah, continuò con successo la guerra, spingendosi fino ai confini dell’Etiopia, dove i cristiani copti si trovarono di nuovo ad affrontare i nemici mussulmani.
Il negus Giovanni VI morì in battaglia. Il nuovo negus Menelik, appoggiato dalle truppe italiane in Eritrea riuscì, finalmente a fermarli.
Nel Sudan i seguaci introdussero un regime integralista islamico, che non aveva nulla da invidiare a quello, più recente, dei talebani in Afganistan…
Agli europei di ieri (e anche a quelli di oggi!) dei Sudanesi importava ben poco…ma che cosa sarebbe successo se l’integralismo islamico fosse arrivato in Egitto, al canale di Suez?

La controffensiva inglese arrivò solo nel 1894, dopo che il primo ministro liberale Gladstone fu sostituito dal conservatore lord Salisbury.
Un esercito di 10000 uomini bene armati, guidato dal generale Kitchener avanzo lentamente lungo il Nilo, affiancato da un gran numero di Egiziani, smaniosi di una rivincita.
Gli inglesi avanzavano sistematicamente, senza fretta.
I seguaci di Abdallah si lanciavano in cariche furibonde che si dimostrarono subito suicide: la loro fiducia in Allah cominciò a vacillare…
Infine i dervisci cominciarono ad arrendersi a migliaia, implorando pietà.
Gli Egiziani non erano disposti a perdonare, e non facevano prigionieri. Nel 1899 furono uccisi anche Abdallah e i suoi fedelissimi.
Il Sudan divenne di nuovo un dominio anglo egiziano, ma lo spirito del Mahdi resta ancora nei governanti del Sudan moderno, e i cristiani neri del sud ne fanno oggi le spese!
.
IV
La spartizione dell’Africa

Nel 1898 a Fashoda, un piccolo villaggio del Sudan appena riconquistato, i soldati inglesi provenienti da nord scoprirono con orrore una guarnigione francese.
Poco mancò che scoppiasse una guerra tra Francia e Inghilterra.
Forse l’Africa non era abbastanza grande per tutte e due?
La Francia repubblicana, alla fine dell’Ottocento, aveva un grande impero coloniale.
Dall’Algeria i Francesi avevano esteso il loro dominio a Sud del Sahara, fino alla foce del Congo, dando origine a quelle che sono state a lungo chiamate “Africa Occidentale Francese” e “Africa Equatoriale Francese”.
I francesi incontrarono le maggiori resistenze nei paesi a maggioranza mussulmana come il Senegal e il Marocco. Più facile fu la penetrazione nelle zone equatoriali dove le popolazioni, di religione animista, spesso accettarono, ingenuamente, il loro “protettorato”
Accanto ai regolari soldati francesi militavano volontari di tutta Europa, inquadrati nella mitica “Legione Straniera”, nata durante la guerra d’Algeria.
L’esercito che aveva occupato Fashoda aveva la missione di arrivare fino alla colonia francese di Gibuti, sul Mar Rosso, tagliando l’Africa in due.
Gli inglesi intimarono ai francesi di ritirarsi. Dopo un lungo lavoro delle diplomazie, a Londra e a Parigi, i francesi fecero marcia indietro.
Sembra che in cambio gli inglesi abbiano promesso, ai francesi, mano libera in Marocco. In ogni caso, da allora in poi, inglesi e francesi agirono di comune accordo, nella divisione del mondo.

In Africa gli inglesi occupavano una lunghissima striscia di terra che andava dall’Egitto al Sudafrica. Pensavano di consolidare il loro dominio costruendo una ferrovia da Alessandria a Città del Capo. Questa ferrovia non fu mai completata: il suo percorso avrebbe dovuto attraversare il Tanganica, che, nel 1900, era una colonia tedesca.
Colonie tedesche erano anche Togo e Camerun, confinanti con l’Africa occidentale francese, e le colonie inglesi della Nigeria e della Costa d’Oro.
Le truppe del Kaiser controllavano anche l’Africa del Sud Ovest (attuale Namibia), da cui incoraggiavano la rivolta dei coloni boeri olandesi, contro il dominio inglese.
La rivalità tra inglesi e tedeschi incominciò proprio in Africa: l’impero coloniale tedesco non era eccezionale, ma abbastanza grande da dare fastidio, soprattutto con una grande potenza economica come la Germania alle spalle.

Ai primi del Novecento, quasi tutta l’Africa era stata occupata da stati Europei.
Perfino il piccolo Belgio (grazie alle astute manovre del suo re Leopoldo) si era assicurata l’enorme colonia del Congo!
Con i governi di Crispi anche l’Italia aveva cominciato a reclamare il suo “posto al sole”.
Dopo l’occupazione francese della Tunisia, Crispi aveva stretto un’alleanza con Germania ed Austria, ma i suoi alleati non lo aiutavano in nessun modo ad allargare le misere colonie italiane in Eritrea e Somalia.
Tra i diplomatici Europei circolava la battuta:

Gli italiani hanno grandi appetiti, ma deboli denti!

In effetti, la maggior parte degli italiani non si rendeva conto che inglesi e francesi, per conquistare le loro colonie, avevano dovuto combattere, spesso con pesanti perdite.
Per la poverissima Eritrea ne valeva la pena?
La clamorosa sconfitta ad Adua (nel 1896) del piccolo esercito italiano contro il numeroso, e agguerrito, esercito del negus Menelik (cristiano, e messo sul trono proprio dagli italiani!) diede ragione ai “pacifisti”.
Gli italiani si rassegnarono alla sconfitta…almeno fino al 1935!

La conquista europea dell’Africa avvenne per i soliti motivi: ricchezza e potere.
I governi europei cercarono però di dare una giustificazione morale (non religiosa!) parlando di “missione cilivizzatrice”.
Per i mass media di allora gli africani erano dei “selvaggi” che dovevano essere “guidati” sulla via del progresso.
La gestione “laica” delle colonie però non impedì però l’arrivo dei missionari.
Le autorità coloniali all’inizio li favorirono (considerandoli un altro strumento di potere) ma poi finirono per entrare in contrasto con molti religiosi.
Spesso preti cattolici, e pastori protestanti, presero le parti degli indigeni convertiti, opponendosi alle prepotenze degli Europei, meno cristiani di loro!
Nelle colonie i missionari ritrovarono l’essenza del messaggio cristiano, che in Europa (sempre più laica e agnostica) stava sparendo.
Questa politica ha permesso al Cristianesimo di sopravvivere ai colonizzatori.
Oggi la Chiesa Africana, é in continua espansione, in concorrenza con l’Islam!
Forse alcuni missionari di allora l’avevano previsto, ma molti, troppi, “bianchi” si sono comportati come se la supremazia europea dovesse durare in eterno!


V
La fine dell’Impero Cinese

In Cina, la dinastia Ching aveva perso il “mandato del cielo”
Almeno così pensavano tanti sudditi del Celeste Impero, vedendo gli Europei comportarsi da padroni nelle loro città.
Alla fine dell’Ottocento in Cina regnava solo il caos!
Già nel 1842 gli inglesi avevano sconfitto e umiliato la Cina, costringendo l’imperatore togliere ogni limitazione al commercio, inclusa la vendita dell’oppio.
La guerra che portò alla creazione della colonia di Hong Kong fu chiamata poi proprio “guerra dell’oppio: altro che guerra santa!
A partire dal 1854 su tutte le coste cinesi cominciarono a sorgere le “Concessioni”: aree urbane con amministrazione indipendente e sotto il controllo delle legazioni europee ( inglesi, francesi, e poi anche tedesche).
In più c’erano i Russi che avevano occupato estese regioni dell’impero (ad ovest e a nord) e i Giapponesi, che, nel 1895 avevano occupato Taiwan, ma avevano ben altre ambizioni!

Dal 1861 il trono del Celeste impero era occupato da una donna: cosa inaudita in Cina!
L”imperatrice Cixi formalmente era soltanto una reggente. Era arrivata a corte come semplice concubina, ma era stata l’unica a dare all’imperatore un erede maschio.
L’imperatore era morto quando il figlio aveva solo due anni. Cixi aveva preso il potere, e con vari intrighi era riuscito a conservarlo per più di 40 anni.
Molti cinesi cominciavano a pensare che la Cina dovesse modernizzarsi, come aveva già fatto il Giappone. Altri rifiutavano ogni cambiamento.
Cixi si schierò dalla parte dei più reazionari.
I progressisti invitavano l’imperatrice ad armare una flotta da guerra per combattere gli Europei.
Cixi, per burla, fece costruire una sola nave…di marmo.
I turisti la possono ancora ammirare, nel laghetto del Palazzo d’Estate di Pechino!

Intanto il malcontento dilagava in tutta la Cina, e molti davano la colpa proprio alla corte imperiale.
Cixi pensò di poter ribaltare la situazione incoraggiando lo sviluppo di un’organizzazione, xenofoba e anticristiana, che gli inglesi chiamarono “i Boxer” (dal termine cinese “yihequan”: pugno di giustizia e fratellanza).
Nelle intenzioni dell’imperatrice, i Boxer dovevano essere un mezzo per indurre gli Europei a più miti pretese, intimorendoli con lo spettro di una rivolta generale e incontrollabile
I Boxer erano per lo più giovani fanatici, delle classi più povere, come i moderni “Mojaidin”.
Solo che non erano islamici. Non erano nemmeno buddisti. Non si aspettavano un premio nell’aldilà.
I Boxer credevano nei valori della “Vecchia Cina”.
Molti disdegnavano perfino l’uso delle armi da fuoco, preferendo le antiche “arti marziali”.
I Boxer odiavano “i diavoli stranieri”, e i cinesi che collaboravano con loro, in primo luogo i cristiani.

In realtà i cristiani erano presenti in Cina da più di trecento anni, da quando i Gesuiti di Matteo Ricci avevano cercato “una via cinese al cristianesimo”. Poi in Cina erano arrivate anche molte altre missioni, cattoliche e protestanti.
I missionari, naturalmente, non diffondevano solo la religione, ma anche la cultura degli Europei.
I cinesi delle scuole cristiane crescevano con una mentalità più aperta e auspicavano una Cina moderna, che potesse confrontarsi alla pari con le nazione europee.
Naturalmente ai tradizionalisti (cinesi, ma anche europei!) questo non andava a genio.
I religiosi svolgevano importanti attività umanitarie. Molti cinesi si convertirono spontaneamente, e lavorarono con i missionari per migliorare le condizioni di vita del loro popolo.
Certi, molti si erano fatti cristiani solo per opportunismo: i cosiddetti “cristiani del riso”…ma questi si dileguarono in fretta quando i Boxer cominciarono ad attaccare sistematicamente le comunità cristiane.
Ai cristiani i Boxer chiedevano l’abiura.
Bastava dire: “Pei chiao!”( rinuncio alla religione) per salvarsi, ma pochi lo fecero.
Molti affrontarono il martirio, altri si rifugiarono nelle “concessioni” europee, altri ancora si trincerarono nelle missioni, organizzando la resistenza.

Nel 1900, la rivolta dei Boxer si estese dall'originario Shandong sino alla capitale Pechino.
La situazione precipitò dopo l’assassinio dell’ambasciatore tedesco.
Le legazioni furono assediate. L’imperatrice negò alle truppe straniere il permesso di entrare a Pechino per proteggere i connazionali.
Si arrivò ad una dichiarazione di guerra delle nazioni europee alla Cina.
Guerra santa…o quasi!
Nel quartiere delle legazioni vi erano circa 500 soldati e vi si rifugiarono anche circa 3.000 cinesi cristiani.
Un altro nucleo di resistenza si formò presso la cattedrale di Pechino.
Europei e Cinesi cristiani resistettero eroicamente, fino all’arrivo di una “forza internazionale” comandata dal generale tedesco Von Waldersee: tra loro anche un contingente di bersaglieri italiani.
I soldati europei (circa 16000) non si limitarono a liberare gli assediati.
Sono rimaste famose le parole del Kaiser Guglielmo:

Non ci sarà perdono!

Nella capitale cinese successe di tutto:, saccheggi, massacri indiscriminati…
Ci andarono di mezzo anche molti cinesi che non avevano avito niente a che fare con i Boxer, oltre naturalmente la corte imperiale.
L'imperatrice Cixi fu costretta a firmare una pace umiliante, e a pagare una fortissima indennità di guerra. La dinastia Ching era arrivata alla fine.
Cixi morì nel 1908. L' ultimo imperatore (un bambino, di nome Pu Yi) fu deposto nel 1911.
Il primo gennaio 1912 fu proclamato Presidente della Repubblica Cinese, Sun Yat-sen, oggi riconosciuto da tutti i Cinesi (nazionalisti e comunisti) come padre della Cina moderna…

Rivedendo gli episodi della “Rivolta dei Boxer”, con l’ottica dei giorni nostri, notiamo molte analogie colle “guerre sante moderne”, ma anche molte differenze.
I Boxer si richiamavano alla tradizione contro la civiltà occidentale, come oggi gli integralisti islamici.
Al contrario dei Boxer, però, i Mujaidin, hanno imparato fin troppo bene l’uso delle armi moderne!
I Boxer non erano religiosi, ma erano fanatici come gli integralisti islamici.
Religione e fanatismo non vanno quindi di pari passo!
Nel 2000 il papa ha proclamato beati 120 cinesi, per la maggior parte vittime dei Boxer.
La santità di questi martiri è ineccepibile: a loro sarebbe bastato dire “Pei chiao!”, per salvarsi la vita.
Purtroppo il gesto del papa è stato considerato politicamente inopportuno. I governanti della Cina comunista l’hanno considerato addirittura una provocazione!
Oggi, il dialogo, tra Vaticano e Cina, é ripreso.
I fedeli della Chiesa Cattolica clandestina cinese pregano i loro santi perché la riconciliazione abbia finalmente luogo…

VI
Impero Russo, Impero Giapponese, e “Impero Americano”

Nel Settembre 1905 fu firmato il trattato di pace che mise fine alla guerra tra Russia e Giappone per il predominio nel Pacifico. La pace fu firmata nella cittadina di Portsmouth, (New Hampshire, USA).
Gli Stati Uniti si erano proposti come mediatori: per porre fine ad un conflitto in una zona tragicamente importante per loro, e soprattutto, per limitare gli effetti delle clamorose vittorie Giapponesi.
Il piccolo Impero del Sol Levante aveva non solo vinto, ma stravinto l’immenso’impero degli Zar.
Gli inglesi, alleati dei giapponesi, non nascondevano la loro soddisfazione.

***

Negli ultimi anni del secolo XIX, i russi erano stati gli unici ad ostacolare seriamente l’espansione dell’Impero Britannico. La “Santa Russia” zar si era ingrandita in Asia centrale, annettendosi vaste regioni a maggioranza islamica come Kazakistan, Kirghisistan, e Usbekistan.
Per i russi furono solo guerre d’espansione, vinte per merito delle loro armi più moderne, e delle nuove ferrovie, inclusa la mitica Transiberiana.
Per gli islamici era stato inutile invocare la Jihad.
In Estremo Oriente, invece, i russi erano stati sonoramente battuti.
I giapponesi avevano completamente distrutto la loro flotta, ed occupato Port Arthur, il loro principale porto in territorio cinese.
I giapponesi avevano attaccato senza preavviso la flotta russa, prima che i russi avessero il tempo di reagire. Useranno la stessa tattica nel 1941, a Pearl Harbour.
Questo gli americani allora non potevano immaginarlo, ma già diffidavano dei giapponesi, rimpiangendo di essere stati loro stessi a costringere il Giappone ad aprirsi al progresso.

***

Tutto era iniziato nel 1853, quando il comandante americano Matthew Perry, era entrato con le sue navi nella baia di Tokyo e aveva imposto al governo dello shogun l'apertura di due porti per il rifornimento delle navi americane.
Nel 1867 l’ultimo shogun aveva ceduto i suoi poteri all’imperatore ed era incominciata la modernizzazione del paese.
I giapponesi erano decisi a recuperare in fretta il tempo perduto, dopo il forzato isolamento imposto dagli shogun Tokugawa. Furono copiate le tecniche occidentali, e anche le istituzioni politiche, adattandole all’antica etica dei samurai.
In Giappone arrivarono anche missioni cristiane. Molti giapponesi si convertirono, ma non tanti come trecento anni prima.
La maggior parte dei Giapponesi continuò a frequentare i templi buddisti e scintoisti, ma con meno fervore di prima. Dagli Occidentali i Giapponesi hanno imparato anche l’agnosticismo.
Ricominciò anche l’espansione dell’impero, ricominciando dalla conquista della Corea: impresa iniziata 300 anni prima da Hydeyoshi, e rimata incompiuta.
Una massima giapponese diceva:

Il sole che non sale, discende. La luna che non è crescente, è calante

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Gli americani sostenevano di non essere interessati ad avere colonie, essendo stati loro stessi una colonia. Di fatto, anche gli Usa erano già un Impero.
Nel 1823 il presidente Monroe aveva teorizzato una teoria, che potremmo (semplificando un po’) riassumere con la frase:L’America agli Americani!
Il punto era che per “America” Monroe intendeva l’intero continente, dall’Alaska alla Patagonia.
Gli “Americani”, invece, erano solamente i cittadini degli USA.
La “dottrina Monroe” fu proclamata, la prima volta, per diffidare gli spagnoli che volevano riconquistare le loro ex-colonie in America.
Da allora gli stati dell’America latina sono stati sempre sotto la pesante tutela americana.
Chi ne ha pagato maggiormente le spese, è stato il Messico, che, nel 1848, (dopo una breve guerra, tutto meno che santa!) è stato costretto a cedere un terzo del suo territorio, compresi gli attuali stati di Texas e California.

L’espansione degli Usa fu solo rallentata dalla Guerra di Secessione del 1861.
Qualcuno ha voluto chiamata “Crociata Antischiavista”: termine sicuramente improprio!
Nella guerra contro gli stati americani secessionisti del Sud combatterono, per motivi idealistici, molti volontari europei.
Il presidente Lincoln cercò di convincere anche Giuseppe Garibaldi, offrendogli il grado di generale.
L’”eroe dei due mondi” rifiutò: Garibaldi era un idealista, ma non uno sprovveduto, e aveva intuito che, dietro la nobile causa antischiavista, si nascondevano interessi economici e intrighi, con cui non intendeva avere niente a che fare.

Nel 1898 gli Stati Uniti occuparono le ultime colonie americane rimaste alla Spagna (Cuba e Portorico in un’altra breve guerra, giustificata moralmente dalla necessità di proteggere dei “popoli oppressi”.
In quella stessa guerra, gli USA occuparono anche le Filippine, continuando la loro espansione nel Pacifico.

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Nell’incontro di Portsmouth del 1905, tra sorrisi e strette di mano, i grandi protagonisti del XX secolo (russi, giapponesi e americani) si preparavano al grande conflitto nel Pacifico, di quarant’anni dopo, nell’ambito di quella che sarà chiamata Seconda Guerra Mondiale: guerra tutt’altro che santa, come tutte le guerre combattute dagli Stati Uniti.
Gli americani non si sarebbero mai sognati di essere coinvolti in una guerra legata alla religione…fino ai giorni nostri!


VII
Ultimi sussulti dell’Impero Ottomano

All’alba del XX secolo, Asia e Africa erano, quasi completamente, sotto il controllo europeo.
Le popolazioni di religione islamica si ritrovarono ad avere un governo straniero, ma “laico”.
Certo i re delle nazioni europee continuavano a chiamarsi cristiani, ma a loro, della religione dei sudditi, importava ben poco!
La legge islamica restava solo nell’Impero Ottomano.
L’impero che in passato era stato il più grande nemico della Cristianità, che aveva quasi stroncato sul nascere la Civiltà Occidentale, viveva ancora.
Ad Istanbul la corte del Sultano era poco cambiata dai tempi di Solimano il Magnifico.
Stessi intrighi, stessa corruzione, stesso esercito di Giannizzeri…
Proprio l’incapacità dell’impero di rinnovarsi aveva causato la sua decadenza, peraltro lentissima.

In Europa l’Impero ottomano occupava ancora Albania, Macedonia, Tracia Orientale.
In Asia i turchi dominavano tutte le nazioni Arabe, dalla Siria all’Irak, e controllavano anche le città sante dell’Islam: La Mecca, Medina, e anche Gerusalemme.
Gli Arabi erano diventati insofferenti al dispotico governo ottomano. Ancora più inquiete erano le popolazioni cristiane, inclusi Greci e Armeni.
Nel 1908 il movimento dei “Giovani turchi” riuscì a strappare al Sultano una Costituzione.
Non fu l’inizio di una democrazia. Il nuovo movimento si dimostrò invece ancora più nazionalista, ed insofferente con tutte le minoranze, etniche e religiose.
I popoli sottoposti (cristiani, ma anche mussulmani) si domandavano quando “l’uomo malato” sarebbe mai morto.
Stranamente, un colpo decisivo all’impero, lo diede la più insignificante delle potenze europee, l’unica che era riuscita a farsi sconfiggere da una nazione africana.
Si! Proprio l’Italia!

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Poco più a sud delle coste siciliane, si trovavano i territori di Tripolitania e Cirenaica, che, almeno formalmente, facevano ancora parte dell’impero ottomano.
Erano terre povere e desolate (il deserto arrivava a due passi dalla costa) ma era l’unico tratto della costa nordafricana rimasto “libero”!
Ai primi del novecento il primo ministro italiano Giolitti cercò un riavvicinamento con la Francia, pur rimanendo alleato con Germania e Austria.
Il cancelliere tedesco Bernhard von Bulow parlò ironicamente di “giri di valzer” di una moglie di cui il marito non può essere geloso.
In ogni caso durante uno di questi “valzer” Giolitti strappò al collega francese la promessa di non opporsi ad un’espansione italiana in Libia…
Durante altri “valzer” l’Italia strappò la stessa promessa alla Russia, e all’Inghilterra.
Tanto meno potevano opporsi le “alleate” Germania e Austria.
Tutti d’accordo quindi…tranne la Turchia.
Giolitti tentò di occupare Tripolitania e Cirenaica senza spargimento di sangue, con manovre di carattere commerciale, ma la Turchia boicottò sistematicamente ogni iniziativa italiana.
Il primo ministro italiano capì allora che la Libia non poteva occupata senza guerra: una guerra che l’Italia non poteva assolutamente permettersi di perdere!
Giolitti preparò gli italiani al conflitto con un’accorta propaganda. Non fece alcun riferimento alle antiche crociate, ma cercò di risuscitare, in Italia, almeno un po’ orgoglio nazionale.
Molti ricordano ancora le parole di una canzone dell’epoca:

Tripoli! Bel suon d’amor...

Nel 1911, Giolitti mandò un ultimatum alla Turchia.
L’ultimatum fu respinto e l’Italia dichiarò la guerra.
Gli Italiani sbarcarono a migliaia a Tripoli e a Bengasi.
Giolitti aveva deciso di mettere in campo tutte le risorse disponibili.

Naviga, o corazzata
Sicuro é il vento, e dolce la stagion.
Tripoli! Terra incantata!
Sarai italiana al rombo del cannon!

Era tutta propaganda! La Tripolitania non era una “terra incantata”.
Non era molto meglio dell’Eritrea, ma almeno era vicinissima alle coste italiane.
Per gli italiani non fu una guerra santa, ma per le tribù beduine della Libia sì, e anche per i turchi.
I combattimenti furono accaniti, ma Giolitti riuscì a controllare i “mass media” in modo che gli italiani non si rendessero conto quanto sangue costava quel pezzo di deserto.
In ogni caso la superiorità militare italiana era tanto forte che presto le coste libiche furono occupate, e le truppe italiane cominciarono ad avanzare lentamente verso l’interno…

Giolitti era convinto che la Turchia, avrebbe presto lasciato le popolazioni libiche a se stesse.
Non aveva già rinunciato ad Algeria, Tunisia ed Egitto?
Invece la Turchia, non voleva accettare il fatto compiuto: forse per un tardivo richiamo della Jihad, forse un rigurgito di nazionalismo.
Probabilmente i francesi avevano fatto il doppio gioco, e incitavano la Turchia a resistere.
Il sospetto lo ebbe anche Giolitti, quando la marina italiana bloccò due mercantili francesi con, a bordo, militari turchi. Tra Francia e Italia scoccarono scintille, ma la diplomazia italiana decise, saggiamente, di minimizzare l’importanza dell’episodio.
Giolitti lo catalogò: come “causa da pretura.”.
In ogni caso la guerra andava troppo per le lunghe. Per piegare il sultano ottomano lo stato maggiore italiano propose di colpire i turchi nell’Egeo, attaccando Rodi.
La Francia non era d’accordo, ma il re Vittorio Emanuele III ottenne il permesso dall’alleato tedesco, Il kaiser Guglielmo II.

Nel 1912, trecento anni dopo la capitolazione dei Cavalieri Giovanniti, le navi italiane sbarcarono a Rodi, e nelle isole vicine.
Le truppe italiane furono ben accolte dai cristiani greci dell’isola, e non trovarono opposizioni neanche nelle comunità mussulmane ed ebree. L’occupazione doveva essere “provvisoria”, ma l’isola rimase italiana per trent’anni.
Germania e Austria convinsero la Turchia a chiedere la Pace. Libia e Rodi divennero italiane.
Gli Italiani avevano guadagnato una striscia di terra tra mare e deserto, più un pugno d’isole. Soprattutto avevano ritrovato il rispetto di se stessi, dopo la vergognosa sconfitta di Adua.
Col senno di poi, si fa presto a dire che le colonie furono per l’Italia un pessimo investimento.
Nel 1900 le colonie erano una questione di prestigio.
Dopo la conquista della Libia, l’Italia cominciò a contare qualcosa.
Molti italiani decisero di cercare fortuna nell’Africa italiana, invece che in America.
Fu una pessima scelta…ma questa è un’altra storia!

***

La guerra con l’Italia aveva dimostrato la debolezza della Turchia, e i paesi balcanici pensarono di approfittarne.
Nel 1912 Serbia, Montenegro, Grecia, e Bulgaria attaccarono quello che restava dell’impero ottomano, con l’intento di cacciare i turchi dall’Europa.
I Serbi occuparono il Kossovo, e con i Bulgari, la Macedonia.
I Greci occuparono l’Epiro e Salonicco.
L’Albania fu investita da Serbi, Montenegrini e Greci.
I bulgari arrivarono fino a pochi chilometri da Istanbul.

La Turchia fu salvata dalla discordia dei paesi cristiani che non trovarono un accordo per la spartizione della Macedonia.
Serbia e Grecia entrarono in guerra contro la Bulgaria, e la Turchia ne approfittò per respingere i bulgari lontano dalla sua capitale.
Nel 1913 le potenze europee (inclusa, ora, anche l’Italia) mediarono la pace.
L’Impero ottomano conservò in Europa solo la Tracia orientale: in altre parole il territorio dell’attuale Turchia Europea.
L’Albania divenne uno stato indipendente, ma le fu imposto un re tedesco: Guglielmo di Wied.
Serbia, Grecia e Bulgaria s’ingrandirono, ma rimasero insoddisfatte.
Il fatto era che quattrocento anni di dominazione turca avevano trasformato i Balcani in un groviglio di nazionalità e di religioni.
In Albania e in Kossovo, dopo secoli di soprusi e “pulizia etnica”, molti albanesi avevano aderito alla religione mussulmana, pur conservando la lingua degli antichi Illiri.
La Macedonia era abitata da slavi e greci, (di religione ortodossa) ma c’era una forte minoranza di mussulmani, turchi e albanesi…
Il problema delle minoranze etniche e religiose degli stati balcanici è stato causa d’altre guerre nel XX secolo... e non è ancora stato risolto!

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Mentre gli italiani combattevano in Libia, i francesi (insieme agli spagnoli) occupavano il Marocco.
I discendenti degli antichi “Mori” non avevano perso il loro spirito bellicoso, e avevano lottato a lungo prima di arrendersi alla supremazia militare degli “infedeli”.
In più i francesi avevano dovuto ricorrere ad acrobazie diplomatiche per avere il consenso delle altre potenze europee.
In cambio del protettorato sul Marocco, la Francia aveva dovuto cedere alla Germania alcuni territori africani al confine con Togo e Camerun.
In più avevano dovuto lasciare agli Spagnoli il Marocco settentrionale, e agli italiani la Libia…

Nel 1913 la spartizione del mondo, tra gli Europei, era terminata.
Restavano solo le terre asiatiche dell’Impero ottomano, ma l’impero non era ancora morto.
Per dargli il colpo di grazia sarebbe stata necessaria una lunga guerra…anzi la “Grande Guerra”!

CAPITOLO 15 >
Il trionfo dell’Occidente. (A.D. 1914-1946)
Verso la Grande Guerra - Nazionalismo, Jihad, e genocidio - Promesse e tradimenti
La disfatta della mezza luna - La rinascita della Turchia - Il gran pasticcio del Medio Oriente
L’Europa tra una guerra e l’altra - Piccole Guerre sante - La crisi del colonialismo
La Seconda Guerra Mondiale - Gli islamici e la Seconda Guerra Mondiale.

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