PARTE SECONDA

CAPITOLO II.
Fattori immediati delle opinioni delle folle. Le immagini, le parole, le formule

1.° Le immagini, le parole e le formule. - Potenza magica delle parole e delle formule. - Il potere delle parole é collegato alle immagini che esse evocano indipendentemente dal loro senso reale. Queste immagini mutano di età in età, di razza in razza. Il consumo di parole. - Esempi di notevoli variazioni del senso di qualche parola molto usuale. - Utilità politica di dare nomi nuovi a cose vecchie, quando le parole con cui vengono designate, producono un cattivo effetto sulle folle. - Variazione del senso delle parole secondo la razza. - Senso differente delle parole democratiche in Europa e in America. - 2.° Le illusioni. - Loro importanza. --- Si ritrovano nella base di ogni civiltà. - Le folle preferiscono le illusioni alle verità. 3.° L'esperienza. - Soltanto l'esperienza può radicare nell'anima delle folle, delle verità, diventate necessarie, e distruggerne altre diventate dannose. - L'esperienza é efficace soltanto se ripetuta. - Quello che costano le esperienze necessarie per persuadere le folle. - 4.° La ragione. - Nullità della sua influenza sulle folle. - Le folle si dominano soltanto agendo sui loro sentimenti incoscienti. - La funzione della logica nella storia. - Le cause segrete degli avvenimenti inverosimili.

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Abbiamo cercato i fattori lontani e preparatorii che danno alle folle uno speciale potere, rendendo possibile in esse, il fiorire di certi sentimenti e di certe idee. Ci resta ora da esaminare i fattori capaci di esercitare un'azione immediata. Vedremo in un altro capitolo come devono essere adoperati questi fattori perché producano tutto il loro effetto.

La prima parte della nostra opera si é occupata dei sentimenti, delle idee, dei ragionamenti delle collettività; e questa conoscenza può fornire in modo generale, i mezzi per impressionare la loro anima. Sappiamo già ciò che colpisce l'immaginazione delle folle, il potere e il contagio della suggestione, specialmente se presentati sotto forma di immagini. Ma le suggestioni possibili essendo d'origine molto diversa, i fattori capaci di agire sull'anima delle folle possono essere diversissimi. E necessario quindi esaminarli separatamente. Le folle sono un po' come la sfinge dell'antica favola; bisogna saper risolvere i problemi che ci pone la loro psicologia, o rassegnarsi a essere divorati da essa.

1.° - Le immagini, le parole e le formule.

Studiando l'immaginazione delle folle, abbiamo visto che le folle sono impressionate specialmente dalle immagini. Se non sempre si dispone di queste immagini, si può evocarle adoperando con giudizio parole e formule. Adoperate con arte, possiedono davvero il misterioso potere che, un tempo, loro attribuivano quelli che si intendevano di magia. Provocano nell'anima delle moltitudini le più terribili tempeste, e sanno anche calmarle. Si potrebbe innalzare una piramide più alta di quella di Cheope soltanto con le ossa delle vittime del potere delle parole e delle formule.

Il potere delle parole é legato alle immagini che evocano, e completamente indipendente dal loro reale significato. Talvolta le parole più mal definite, sono quelle che fanno più impressione. Come, ad esempio, le parole: democrazia, socialismo, eguaglianza, libertà, ecc. il cui senso é così vago che non basterebbero dei grossi volumi a precisarlo. E tuttavia alle loro sillabe è unito un magico potere, come se contenessero la soluzione di tutti i problemi. Queste parole sintetizzano diverse aspirazioni incoscienti e la speranza della loro realizzazione.

La ragione e le discussione non potrebbero lottare contro certe parole e certe formule. Vengono pronunciate con raccoglimento dinanzi alle folle; e, subito, tutti i visi prendono un'espressione rispettosa e le teste si chinano. Molti le considerano come forze della natura, poteri sovrannaturali. Evocano nell'anima immagini grandiose e vaghe, ma appunto quel non so che di vago aumenta il loro misterioso potere. Si possono paragonarle a quelle temute divinità nascoste dietro i tabernacoli, a cui i devoti si avvicinano tremanti.

Le immagini evocate dalle parole, essendo indipendenti dal loro senso, cambiano di età in età, da un popolo all'altro popolo, benché rivestite delle stesse formule. A certe parole si accoppiano momentaneamente certe immagini: le parole non sono che il campanello di richiamo che le fa comparire.

Tutte le parole e tutte le formule non hanno il potere di evocare delle immagini; e ce ne sono altre che, dopo averne evocate, si logorano e non risvegliano più nulla nello spirito. Diventano allora dei suoni vani, la cui utilità principale è quella di dispensare colui che le adopera dall'obbligo dì pensare. Con un piccolo stock di formule e di luoghi comuni imparati in gioventù, abbiamo di che attraversare la vita senza la faticosa necessità di riflettere.

Se si considera una determinata lingua, si vede che le parole di cui si compone si modificano assai lentamente col passare del tempo; mentre le immagini che esse evocano o il senso che vien loro dato, cambiano continuamente. Per questo, in un'altra mia opera, sono arrivato alla conclusione che la traduzione esatta di una lingua, soprattutto quando si tratta di popoli morti, è impossibile. Che cosa facciamo in realtà, sostituendo un termine francese a uno latino, greco o sanscrito, oppure quando cerchiamo di capire un libro scritto nella nostra lingua di qualche secolo prima ? Sostituiamo semplicemente le immagini e le idee che la vita moderna ha suscitato nella nostra mente, alle nozioni e alle immagini completamente diverse che la vita antica aveva fatto nascere nell'anima dei popoli che vivevano una vita che non ha analogia con la nostra.

Gli uomini della Rivoluzione, credendo di copiare i Greci e i Romani, davano a parole antiche un senso che non ebbero mai. Che somiglianza poteva esserci fra le istituzione dei Greci e quelle dei nostri tempi, indicate con le stesse parole ? Che era allora una repubblica, se non un'istituzione essenzialmente aristocratica formata da una riunione di piccoli despoti che dominavano una folla di schiavi tenuti nella più assoluta soggezione? Quelle aristocrazie comunali, basate sulla schiavitù, non avrebbero potuto esistere un istante senza di essa.

E la parola libertà, che cosa poteva significare a paragone di come é intesa oggi, in un'epoca in cui la libertà di pensare non era neanche ammissibile, e in cui non c'era misfatto più grande e più raro, del resto, di quello di discutere gli dei, le leggi e i costumi della città ? La parola patria, nell'animo di un Ateniese o di uno Spartano, significava il culto di Atene o di Sparta, e niente affatto quello della Grecia, formata da città rivali e sempre in guerra., La stessa parola patria, quale senso aveva presso gli antichi Galli divisi in tribù rivali, di razza, lingua e religioni diverse, che Cesare vinse facilmente perché aveva sempre fra di esse degli alleati? Soltanto Roma dotò la Gallia di una patria dandole l'unità politica e religiosa. E anche senza risalire a tempi lontani, retrocedendo di appena due secoli, é da credersi che la stessa parola patria fosse concepita come oggi da principi francesi, ad esempio dal grande Condè, che si alleava allo straniero contro il suo sovrano? E la stessa parola non aveva un senso assai diverso da quello moderno per gli emigrati che pensavano obbedire alle leggi dell'onore combattendo la Francia, e obbedendovi infatti dal loro punto di vista, poiché la legge feudale legava il vassallo al signore e non alla terra, e colà ove comandava il sovrano era la vera patria?

Numerose sono le parole il cui senso é profondamente cambiato col volgere del tempo. Non possiamo arrivare a comprenderle com'esse erano un tempo, se non dopo un lungo sforzo. Molta lettura é necessaria, lo si é detto con ragione, per giungere solo a concepire ciò che significavano agli occhi dei nostri antenati parole come re e famiglia reale. Che cosa sarà stato per i termini più complessi ?
Le parole non hanno dunque che significati mutevoli e passeggeri, che cambiano da un'epoca all'altra, e da un popolo all'altro. Quando vogliamo operare con esse sulla folla, bisogna sapere il senso che hanno per essa in un dato momento, e non quello che esse ebbero una volta o che possono avere per individui di costituzione mentale diversa. Le parole vivono come le idee.
Di modo che quando le folle, in seguito a sommosse politiche, cambiamenti di credenze, finiscono per professare una profonda antipatia per le immagini evocate da certe parole, il primo dovere per il vero uomo di Stato é quello di cambiare tali parole, senza, ben inteso, toccare le cose stesse. Quest'ultime sono troppo legate a una costituzione ereditaria per poter essere trasformate.

L'assennato Tocqueville fa notare che il lavoro del Consolato e dell'Impero consisté soprattutto nel rivestire di parole nuove la maggior parte delle istituzioni del passato, nel sostituire per conseguenza parole che evocavano preoccupanti visioni nell'immaginazione con altre la cui novità impediva simili evocazioni. L'imposta è diventata contributo fondiario; la gabella, imposta del sale; aiuti, contributi indiretti e diritto riunito; la tassa di dominio, patente, ecc.

Una delle funzioni più essenziali degli uomini di Stato consiste dunque nel battezzare con parole popolari, o almeno neutre, le cose detestate dalle folle sotto i loro antichi nomi. La potenza delle parole é cosa grande che bastano termini bene scelti per far accettare le cose più odiose. Taine nota giustamente che proprio evocando la libertà e la fraternità, termini popolarissimi, i Giacobini hanno potuto « stabilire un despotismo degno del Dahomey, un tribunale simile a quello dell'Inquisizione, compiere ecatombi paragonabili a quelle dell'antico Messico ».

L'arte dei governanti, come quella degli avvocati, consiste principalmente nel saper adoperare le parole. Arte difficile, perché, in una stessa società, le stesse parole hanno di frequente sensi diversi per i diversi gradi sociali. Essi impiegano in apparenza le stesse parole; ma non parlano la stessa lingua.

Negli esempi che precedono abbiamo fatto intervenire il tempo come principale fattore del cambiamento di senso delle parole. Se facciamo intervenire anche la razza, vedremo allora che in una stessa epoca, presso popoli ugualmente civilizzati, ma di razza diversa, parole identiche assai spesso corrispondono a idee estremamente dissimili. Queste differenze non possono comprendersi senza numerosi viaggi; perciò non saprei insistere su di esse, limitandomi a far rilevare che sono precisamente le parole più impiegate quelle che, da un popolo all'altro, possiedono i sensi più diversi. Tali, ad esempio, le parole democrazia e socialismo, oggi di uso così frequente.

Esse corrispondono, in realtà, a idee e immagini completamente opposte negli animi latini e negli animi anglo-sassoni. Presso i Latini, la parola democrazia significa soprattutto annullamento della volontà e dell'iniziativa individuale dinanzi a quelle dello Stato. Questo é sempre più incaricato di dirigere, di centralizzare, di monopolizzare e di fabbricare. Allo Stato tutti i partiti, senza eccezione, radicali, socialisti e monarchici, fanno costantemente appello.
Per l'Anglo-sassone, specie quello d'America, la parola democrazia significa invece sviluppo intenso della volontà e dell'individuo, annullamento dello Stato, al quale, all'infuori della polizia, dell'esercito e delle relazioni diplomatiche, non si lascia nulla dirigere, neanche l'istruzione. La stessa parola possiede dunque presso questi due popoli significati assolutamente contrari (*).
(*) In "Le leggi psicologiche dell'evoluzione dei popoli", ho lungamente insistito sulla differenza che separa l'ideale democratico latino dall'ideale democratico anglo-sassone.


2.° - Le illusioni.

Fin dal principio di ogni civiltà, i popoli hanno sempre subito l'influenza delle illusioni. La maggior parte dei templi, delle statue e degli altari, sono stati innalzati ai creatori di illusioni. Illusioni religiose un tempo, illusioni filosofiche e sociali oggi; queste formidabili sovrane si trovano in testa a tutte le civiltà che sono fiorite successivamente sul nostro pianeta. In loro nome sono stati eretti i templi della Caldea e dell'Egitto, i monumenti religiosi del Medioevo, e tutta l'Europa é stata sconvolta un secolo fa. Nessuna concezione artistica, politica o sociale è priva della loro profonda impronta. A volte l'uomo le rovescia a costo di turbamenti spaventosi, ma sembra condannato a rialzarle sempre. Senza le illusioni, l'uomo non avrebbe potuto uscire dalla primitiva barbarie, e senza di esse vi ricadrebbe nuovamente. Sono fantasmi certamente; ma queste creature dei nostri sogni hanno incitato i popoli a creare tutto ciò che costituisce lo splendore delle arti e la grandezza delle civiltà.
« Se si distruggessero nei musei e biblioteche, e si facessero crollare dai sagrati tutte le opere ed i monumenti artistici che le religioni hanno ispirato, che cosa resterebbe dei grandi sogni umani? - dice uno scrittore che riassume le nostre dottrine - Dare agli uomini la parte di speranza e d'illusioni senza cui non potrebbero vivere, é questa la ragione d'essere degli dei, degli eroi e dei poeti. Per qualche tempo parve che la scienza si assumesse questo compito. Ma il non osare promettere abbastanza e il non saper mentire abbastanza, l'ha compromessa presso i cuori assetati di ideali. »

Il filosofi dell'ultimo secolo si sono consacrati con fervore a distruggere le illusioni religiose, politiche e sociali di cui erano vissuti, per lunghi secoli, i nostri padri. Distruggendole, hanno inaridito le sorgenti della speranza e della rassegnazione. Dietro le
chimere sacrificate, essi hanno trovato le forze cieche della natura, inesorabili per la debolezza e prive di pietà.

La filosofia, con tutti i suoi progressi, non ha ancora potuto dare ai popoli nessun ideale capace di attrarli. Essendo le illusioni indispensabili ai popoli, questi si volgono per istinto come l'insetto che va verso la luce, verso i retori che gliele offrono. Il grande fattore dell'evoluzione dei popoli non é mai stato la verità, bensì l'errore. E il socialismo vede oggi crescere il suo potere perché costituisce l'unica illusione esistente. Le dimostrazioni scientifiche non intralciano affatto il suo cammino progressivo. La sua principale forza é quella d'essere difeso da spiriti che ignorano abbastanza la realtà delle cose per promettere arditamente all'uomo la felicità.

L'illusione sociale regna attualmente su tutte le rovine del passato, e l'avvenire é suo. Le folle non hanno mai avuto sete di verità. Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un'altra parte, preferendo deificare l'errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderle é sempre loro vittima.


3.° - L'esperienza.

L'esperienza é il solo mezzo efficace per radicare solidamente una verità nell'anima delle folle e distruggere le illusioni diventate troppo dannose. Però dev'essere realizzata su larga scala e ripetuta molte volte. Le esperienze fatte da una generazione sono generalmente inutili per quella che la segue, poiché gli avvenimenti storici ricordati come elementi di dimostrazione, non potrebbero servire. La loro sola utilità é di provare a che punto le esperienze devono essere ripetute di età in età per esercitare qualche influenza, e riuscire a far crollare un errore solidamente radicato.

Il nostro secolo e quello che l'ha preceduto, saranno citati senza dubbio dagli storici dell'avvenire come un'era di curiose esperienze. In nessun tempo ne sono state tentate altrettante. La più gigantesca fu la rivoluzione francese. Per scoprire che non si può rifare pezzo per pezzo una società, secondo i suggerimenti della ragione pura, fu necessario massacrare parecchi milioni d'uomini e sconvolgere l'Europa intera per vent'anni. Per provare sperimentalmente che i Cesari costano cari ai popoli che li acclamano, furono necessarie, in cinquant'anni, due terribili esperienze, e nonostante la loro chiarezza, pare che non siano state abbastanza convincenti. La prima costò tuttavia tre milioni d'uomini e una invasione, e la seconda uno smembramento e la necessità di un esercito permanente. Ci fu un pericolo che ne fosse tentata una terza, qualche anno fa, e lo sarà ancora.

Per far capire che l'esercito tedesco non era, come si diceva nel 1870, una specie di guardia nazionale inoffensiva (*), fu necessaria la terribile guerra che è costata così cara. Per dimostrare che il protezionismo finisce col rovinare i popoli che l'accettano, saranno necessarie disastrose esperienze. Si potrebbero moltiplicare all'infinito questi esempi. (e non mancarono !! - Ndr.)
(*) In questo caso, l'opinione s'era formata con le associazioni grossolane di cose dissimili di cui ho esposta precedentemente il meccanismo. La nostra guardia nazionale di allora era composta di pacifici bottegai, senza disciplina, e non potendo questa essere presa sul serio, tutto quello che portava un nome simile risvegliava le stesse immagini ed era quindi considerato egualmente inoffensivo. L'errore delle folle era allora condiviso - come capita spesso per le opinioni generali - dai loro caporioni. In un discorso pronunciato il 31 dicembre 1867 alla camera dei deputati, un uomo di Stato che ha spesso seguito l'opinione delle folle, Thiers, ripeteva che la Prussia, oltre a un esercito attivo press'a poco uguale a quello francese, non possedeva che una guardia nazionale analoga a quella francese, e quindi senza importanza.

4.° - La ragione.

Nella enumerazione dei fattori capaci di impressionare l'anima delle folle potremmo fare a meno di nominare la ragione, se non fosse necessario indicare il valore negativo della sua influenza.
Abbiamo già dimostrato che le folle non sono influenzabili coi ragionamenti, e non comprendono che grossolane associazioni di idee. Gli oratori che sanno impressionarle, non fanno mai appello alla loro ragione, ma ai loro sentimenti.
Le leggi della logica razionale non hanno nessun potere sulle folle (*). Per convincere le folle, bisogna prima rendersi ben conto dei sentimenti da cui sono animate, fingere di condividerli, poi tentare di modificarli, provocando, per mezzo di facili associazioni, certe immagini suggestive, saper tornare - al bisogno - sui propri passi, e soprattutto indovinare in ogni momento, i sentimenti che si suscitano. La necessità di variare il proprio linguaggio secondo l'effetto prodotto nel momento in cui si parla, rende inefficaci i discorsi preparati e studiati. L'oratore, seguendo il suo pensiero e non quello dell'uditorio, perde soltanto per questo, tutta l'influenza.
(*) Le mie prime osservazioni sull'arte di impressionare le folle, e le deboli risorse che offrono, sotto questo punto di vista, le, regole della logica, datano dall'epoca dell'assedio di Parigi, il giorno in cui vidi condurre al Louvre, dov'era il governo, il maresciallo V... che, secondo una folla furiosa, era stato sorpreso mentre portava via il piano delle fortificazioni per venderlo ai Prussiani. Un membro del governo, G. P..., celebre oratore, usci per arringare la folla che reclamava l'esecuzione immediata del prigioniero. Mi aspettavo che l'oratore dimostrasse l'assurdità dell'accusa dicendo che il maresciallo accusato era precisamente uno dei costruttori delle fortificazioni il cui piano si vendeva, d'altra parte, in tutte le librerie. Con mia grande sorpresa - ero molto giovane allora - il discorso fu ben altro. "Giustizia sarà fatta, gridò l'oratore avanzando verso il prigioniero; non avremo nessuna pietà. Lasciate che il governo per la difesa nazionale finisca la vostra inchiesta. Intanto terremo prigioniero l'accusato ». Calmata da questa assicurazione, la folla si sciolse, e dopo un quarto d'ora, il maresciallo poté tornare a casa sua. Sarebbe stato fatto a pezzi, di sicuro, se il suo avvocato avesse tenuto alla folla furibonda un ragionamento logico che la mia giovane età giudicava tanto convincente.

Gli spiriti logici, abituati alle concatenazioni dei ragionamenti un po' serrati, non possono far a meno di ricorrere a questo metodo di persuasione quando si rivolgono alle folle, e poi restano sempre sorpresi della mancanza di effetto dei loro argomenti. « Le conseguenze matematiche usuali fondate sul sillogismo, vale a dire su associazioni d'identità, scrive un logico, sono necessarie. La necessità porterebbe all'assentimento di una masse inorganica, se questa fosse capace di seguire delle associazioni di identità ». Certamente; ma la folla, come la massa inorganica, é incapace di seguirle, e di capirle. Cercate di convincere con dei ragionamenti degli spiriti primitivi, selvaggi o fanciulli, ad esempio, e vi renderete conto del debole valore che possiede questo modo di argomentare.
E non c'é neanche bisogno di discendere fino agli esseri primitivi per constatare la completa impotenza dei ragionamenti quand'essi devono lottare con dei sentimenti. Rammentiamoci semplicemente quanto sono state tenaci, per lunghi secoli, alcune superstizioni religiose, contrarie alla più semplice logica. Per quasi duemila anni, i geni più luminosi sono stati piegati sotto le loro leggi, e fu necessario arrivare ai tempi moderni perché la loro verità abbia potuto essere soltanto contestata. Il Medioevo e il Rinascimento possederono molti grandi uomini; e non ne hanno posseduto uno solo al quale il raziocinio abbia mostrato i lati infantili di tali superstizioni e che abbia fatto sorgere il più lieve dubbio sui misfatti del diavolo o sulla necessità di bruciare gli stregoni.

C'e da dolersi che la ragione non sia la guida delle folle ? Non oseremmo dirlo.
Senza dubbio, la ragione umana non sarebbe riuscita a trascinare l'umanità sulle vie della civiltà con l'ardore e l'arditezza con cui l'hanno sollevata le sue chimere. Figlie dell'incosciente che ci guida, tali chimere erano probabilmente necessarie.
Ogni razza porta nella sua costituzione mentale le leggi dei suoi destini, e forse obbedisce a queste leggi per un ineluttabile istinto, perfino negli impulsi apparentemente più irragionevoli. Pare talvolta che i popoli siano sottomessi a forze segrete analoghe a quelle che obbligano la ghianda a trasformarsi in quercia o la cometa a seguire la sua orbita.

Il poco che noi possiamo presentire di queste forze dev'essere cercato nel generale procedere dell'evoluzione di un popolo e non nei fatti isolati da cui questa evoluzione sembra a volte sorgere. Se non si considerassero che questi fatti isolati, la storia sembrerebbe guidata da casi assurdi. Sarebbe stato impossibile che un incolto falegname di Galilea potesse diventare per duemila anni un Dio onnipotente, nel cui nome fu fondata una civiltà; sarebbe inoltre inverosimile che qualche banda di Arabi usciti dai loro deserti, potessero conquistare la maggior parte del mondo greco-romano, e fondare un impero più grande di quello di Alessandro; inverosimile sarebbe inoltre che, in un'Europa vecchissima e gerarchizzata, un semplice sottotenente corso fosse riuscito a regnare su una folla di popoli e di re.

Lasciamo dunque la ragione ai filosofi, ma non le chiediamo troppo di intervenire nel governo degli uomini.
Non con la ragione, ma, spesso, nonostante essa, si sono creati sentimenti come l'onore, l'abnegazione, la fede religiosa, l'amore della gloria e della patria, che sono stati fin qui i grandi suscitatori di tutte le civiltà.

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