CAPITOLO II
Sentímenti e moralità delle folle


1. Impulsività, mobilità e irritabilità delle folle. - La folla é il trastullo di tutte le eccitazioni esteriori e ne riflette le incessanti variazioni. - Gli impulsi che esse subiscono sono abbastanza imperiosi perché l'interesse personale scompaia. - Nulla é premeditato nelle folle. - Azione della razza - 2. Suggestionabilità e credulità delle folle. - Loro obbedienza alle suggestioni. -- Le immagini evocate nel loro spirito, sono da esse considerate come realtà. - Come queste immagini siano simili per tutti gli individui che compongono una folla. Comune livello dello scienziato e dell'imbecille in una folla. - Diversi esempi di illusioni alle quali tutti gli individui di una folla sono soggetti. - Impossibilità di accordare fiducia alla testimonianza di una folla. - L'unanimità di numerosi testimoni é una delle prove più cattive a cui ci si possa appellare per stabilire un fatto. - Scarso valore dei libri di storia. -3. Esagerazione e semplicismo dei sentimenti delle folle. - Le folle non conoscono né il dubbio né l'incertezza e vanno sempre agli estremi. - I loro sentimenti sono sempre eccessivi. - 4. Intolleranza, autoritarisimo e opinioni conservatrici delle folle. - Ragioni di questi sentimenti. - Servilità della folla dinanzi a una forte autorità. - Gli istinti rivoluzionari momentanei della folla non le impediscono d'essere estremamente conservatrice. - La folla é ostile, ai cambiamenti e al progresso. - 5. Moralità della folla. - La moralità d'una folla, seguendo le suggestioni, può essere molto più bassa o molto più alta di quella degli individui che la compongono. - Spiegazioni ed esempi. - La folla raramente ha per stimolo l'interesse, che è, quasi sempre, il movente dell'individuo isolato. - Funzione moralizzatrice della folla.

 

Dopo aver indicato in modo molto generale i principali caratteri di una folla, li studieremo particolarmente.
Parecchi caratteri speciali della folla, come l'impulsività, l'irritabilità, l'incapacità di ragionare, l'assenza di giudizio e di spirito critico, l'esagerazione dei sentimenti e altro ancora si possono osservare anche negli esseri appartenenti a forme inferiori di evoluzione, come il selvaggio e il bambino. E una analogia che noto soltanto di sfuggita. La sua dimostrazione uscirebbe dalla trama di quest'opera. E, d'altra parte, sarebbe inutile per le persone che conoscono la psicologia dei primitivi, e convincerebbe poco quelli che l'ignorano.
Ora prendo in esame, uno dopo l'altro, i diversi caratteri facili a osservarsi nella maggior parte delle folle.

1. - Impulsività, mobilità e irritabilità delle folle.

La folla, come abbiamo detto studiando i suoi caratteri fondamentali, é guidata quasi esclusivamente dall'istinto. I suoi atti subiscono molto più l'influenza del midollo spinale che quella del cervello. Le azioni compiute da una folla possono essere perfette nella loro esecuzione ma, siccome il cervello non le dirige, l'individuo agisce seguendo l'impulso dell'eccitazione. La folla, alla mercé di tutti gli stimoli esterni, ne riflette le continue variazioni. Dunque é schiava degli impulsi che riceve. L'individuo isolato può subire gli stessi eccitamenti dell'uomo in folla; ma la ragione gli fa vedere gli inconvenienti che ne deriverebbero se vi cedesse, quindi egli non piega. Si può fisiologicamente definire questo fenomeno dicendo che l'individuo isolato possiede l'attitudine a dominare i suoi riflessi, mentre la folla ne é priva.

I diversi impulsi a cui può obbedire una folla possono essere, secondo le eccitazioni, generosi o crudeli, eroici o pusillanimi, ma saranno sempre così imperiosi che persino l'istinto di conservazione sparirà dinanzi ad essi.
Essendo molto svariati i motivi capaci di suggestionare una folla, e siccome questa vi obbedisce sempre, essa é estremamente volubile. In un momento passa dalla ferocia più sanguinaria alla generosità o all'eroismo più assoluti. La folla diventa molto facilmente carnefice, ma non meno facilmente martire. Dal suo seno colano i torrenti di sangue che il trionfo d'ogni idea esige. E inutile risalire alle età eroiche per vedere di che cosa é capace la folla. Essa non mercanteggia mai la sua vita in una sommossa, e pochi anni fa, un generale, diventato popolare in un momento, trovò facilmente centomila uomini pronti a farsi uccidere per la sua causa.

Nulla, dunque, potrebbe essere premeditato da una folla. Essa può passare successivamente attraverso la gamma dei sentimenti più contrari sotto l'influenza dell'eccitazione del momento. La folla è simile alle foglie che il turbine solleva, disperde in tutti i sensi, e poi lascia ricadere. Lo studio di certe folle rivoluzionarie, ci fornirà qualche esempio della mutevolezza dei loro sentimenti.

Questa mutevolezza rende le folle difficilissime nel guidarle, specie quando una parte dei pubblici poteri è caduta nelle loro mani. Se le necessità della vita quotidiana non costituissero una specie di regolatore invisibile degli avvenimenti, i democratici non potrebbero affatto sussistere. Ma le folle che distruggono le cose con frenesia, non le distruggono a lungo. Esse sono incapaci di durevole volontà e di tenacia di pensiero. La folla non é soltanto impulsiva e mutevole. Come il selvaggio, essa non ammette ostacolo tra il suo desiderio e l'avverarsi di questo desiderio, e tanto meno quando il numero le dà il sentimento di una potenza irresistibile. Per l'individuo della folla, la nozione della impulsività scompare. L'uomo isolato, sa bene che non potrebbe incendiare un palazzo, saccheggiare un negozio; la tentazione non gli si affaccia neanche alla mente. Quando fa parte di una folla, egli acquista coscienza della possanza che il numero gli conferisce, e alla prima suggestione di assassinio o di saccheggio, cederà immediatamente. L'ostacolo inatteso sarà infranto con frenesia. Se l'organismo umano permettesse la eternità del furore, si potrebbe dire che lo stato normale della folla eccitata è il furore.

Nella irritabilità delle folle, la impulsività e la mutevolezza, come in tutti i sentimenti del popolo che noi studieremo, intervengono sempre i caratteri fondamentali della razza. Essi costituiscono il terreno immutabile sul quale germinano i nostri sentimenti. Le folle sono, senza dubbio, irritabili e impulsive, ma con grandi variazioni di intensità. La differenza tra una folla latina e una folla anglo-sassone, è, ad esempio, enorme. I recenti fatti della nostra storia gettano una viva luce su questo punto. Nel 1870, la pubblicazione di un semplice telegramma che riferì un supposto insulto bastò a determinare un'esplosione di furore da cui trasse immediatamente origine una guerra terribile.
Qualche anno dopo, l'annunzio telegrafico di uno scacco a Langson provocò una nuova esplosione che condusse al rovesciamento fulmineo del governo. Nel tempo stesso, lo scacco molto più grave di una spedizione inglese davanti a Kartum non produsse in Inghilterra che una lieve emozione, e nessun ministro fu cambiato. Le folle sono dappertutto femminili, ma le più femminili di tutte sono le folle latine.

Chi si appoggia su di esse può salire assai in alto e in breve tempo, ma camminando sempre sull'orlo della rupe Tarpea e con la certezza di esserne un giorno precipitato.


2. - Suggestionabilità e credulità delle folle.

Abbiamo detto che uno dei caratteri generali delle folle é una eccessiva suggestionabilità, e mostrato come, fra tutti gli agglomeramenti umani, una suggestione é contagiosa; ciò che spiega il rapido orientamento dei sentimenti in una determinata direzione.
La folla, per quanto neutra la si supponga, si trova spesso in uno stato di attenzione aspettante favorevole alla suggestione. La prima suggestione formulata s'impone, per contagio, a tutti i cervelli, e stabilisce subito l'orientamento. Negli esseri suggestionati, l'idea fissa tende a trasformarsi in azione. Si tratti di incendiare un palazzo o di compiere un'opera di devozione, la folla vi si presta con la stessa facilità. Tutto dipenderà dal carattere dell'impulso, e non più, come nell'individuo isolato, dai rapporti esistenti fra l'azione suggerita e le ragioni che si possono opporre alla sua realizzazione.

Di modo che, sfiorando sempre i confini dell'incoscienza, subentrando tutte le suggestioni, animata dalla violenza dei sentimenti propri degli esseri che non possono fare appello a influenze razionali, priva di spirito critico, la folla non può che essere d'una credulità eccessiva. Per essa non esiste l'inverosimile, e bisogna ricordarselo per capire la facilità con la quale si creano e si propagano le leggende e i racconti più stravaganti (*)
(*) Le persone che hanno assistito all'assedio di Parigi, hanno visto numerosi esempi di questa credulità delle folle per cose assolutamente inverosimili. Una candela accesa al piano superiore d'una casa era subito considerata come un segnale fatto agli assedianti. E tuttavia due secondi di riflessione avrebbero dimostrato che era assolutamente impossibile scorgere la luce della candela da parecchie leghe di distanza.

La creazione delle leggende che si propagano così facilmente tra le folle, non é soltanto il risultato d'una completa credulità, ma anche delle deformazioni prodigiose che gli avvenimenti subiscono nell'immaginazione degli individui riuniti. Il fatto più semplice visto dalla folla, diventa subito un avvenimento alterato. La folla pensa per immagini, e l'immagine evocata ne evoca essa stessa molte altre che non hanno nessun nesso logico con la prima. Si capisce facilmente questo stato pensando alle bizzarre successioni d'idee a cui ci porta qualche volta l'evocazione di un fatto qualsiasi. La ragione ci fa vedere l'incoerenza di simili immagini, ma la folla non la vede; e confonderà con l'avvenimento stesso tutto quello che la sua immaginazione vi aggiunge, deformandolo. Incapace di separare il soggettivo dall'obiettivo, la folla ammette come reali le immagini evocate nel suo spirito, e che, il più delle volte, non hanno nessuna parentela col fatto osservato.

A tutta prima, parrebbe che le alterazioni che una folla fa subire a un fatto qualsiasi di cui é testimone, dovrebbero essere innumerevoli e diverse fra loro, poiché gli uomini che la compongono hanno temperamenti svariatissimi. Ma non é vero. Per effetto del contagio, le alterazioni sono della stessa natura e uguali per tutti gli individui della collettività. La prima alterazione concepita da uno di essi forma il modo della suggestione contagiosa. San Giorgio, prima di apparire a tutti i crociati sui muri di Gerusalemme, fu certamente visto da uno solo. Per via di suggestione e di contagio, il miracolo segnalato fu immediatamente accettato da tutti.

Questo é il meccanismo di quelle allucinazioni collettive così frequenti nella storia, e che pare abbiano tutti i caratteri classici della autenticità, poiché si tratta di fenomeni constatati da migliaia di persone.
La qualità mentale degli individui di cui si compone la folla non smentisce questo principio. Questa qualità non ha importanza. Dal momento che sono in folla, l'ignorante e il dotto diventano egualmente incapaci di fare osservazioni.

La tesi può sembrare paradossale. Per dimostrarla bisognerebbe riportare numerosi fatti storici, e non basterebbero parecchi volumi. Tuttavia, non volendo lasciare il lettore sotto l'impressione di asserzioni senza prove, gli darò qualche esempio preso a caso fra tutti quelli che si potrebbero citare.
Il fatto seguente é uno dei più tipici perché é scelto fra le allucinazioni collettive che agiscono su una folla in cui si trovano individui d'ogni specie, incolti e istruiti. È riportato incidentalmente dal luogotenente di vascello Julien Félix, nel suo libro sulle correnti marine.
La fregata Belle-Poule perlustrava il mare per ritrovare la corvetta Berceau da cui un violento uragano l'aveva separata. Si era in piena luce e in pieno sole. A un tratto la vedetta segnala una imbarcazione disattrezzata. L'equipaggio dirige i suoi sguardi verso il punto indicato, e tutti, ufficiali e marinai, scorgono nettamente una zattera carica di uomini, rimorchiata da imbarcazioni sulle quali si agitano segnali che invocano aiuto. L'ammiraglio Desfossé fece armare una imbarcazione per correre in aiuto dei naufraghi. Avvicinandosi, marinai e ufficiali vedevano « masse di uomini agitarsi, tendere le mani e udivano il sordo e confuso brusio di un gran numero di voci. Giunti vicino al preteso battello, si trovarono in faccia a qualche ramo d'albero coperto di foglie, strappato alla costa vicina. Dinanzi a una così tangibile evidenza, l'allucinazione svanì.

Questo esempio svela assai chiaramente il meccanismo dell'allucinazione collettiva, come noi lo abbiamo spiegato. Da una parte una folla in istato d'attesa; dall'altra la suggestione operata dalla vedetta che segnala un bastimento disattrezzato, suggestione accettata per contagio, da tutti i presenti, ufficiali e marinai.

Una folla non ha bisogno di essere numerosa perché la sua facoltà di vedere correttamente sia distrutta, e i fatti reali sostituiti da allucinazioni senza legame con essi. Pochi individui riuniti costituiscono una folla, e se anche fossero dei gran sapienti, essi rivestono tutti i caratteri delle folle comuni. La facoltà d'osservazione e lo spirito critico posseduto da ciascuno di essi, svanisce.

Uno psicologo ingegnoso, Davey, ce ne dà un assai curioso esempio, riportato dagli Annali delle scienze psichiche, e che merita d'esser qui riferito. Avendo Davey convocato una riunione di eminenti osservatori, tra i quali uno dei primi scienziati d'Inghilterra - Wallace - eseguì dinanzi ad essi, e dopo aver loro fatto esaminare degli oggetti e porre dei sigilli ove essi volevano, tutti i fenomeni classici di spiritismo: materializzazione degli spiriti, scrittura su lavagne, ecc. Avendo poi ottenuto da quegli spettatori illustri rapporti scritti che affermavano come i fenomeni osservati non potevano essere ottenuti che con mezzi soprannaturali, rivelò loro che essi erano il risultato di semplicissimi inganni.

« Il fatto che più stupisce in queste investigazioni di Davey, scrive l'autore della relazione, non é la meraviglia del trucco di per se stesso, ma l'estrema debolezza dei rapporti che ne hanno fatto i testimoni non iniziati. Dunque, egli dice, i testimoni possono fare numerosi e positivi racconti completamente erronei, ma il cui risultato é che, se si accettano le loro descrizioni come esatte, i fenomeni descritti sono inispiegabili come gherminelle. I metodi ideati dal signor Davey erano così semplici, che si é stupiti come abbia avuto l'ardire di impiegarli; ma egli aveva un tale potere sugli spiriti della folla, da persuaderla a vedere quel che essa non vedeva. »
Si tratta sempre del potere dell'ipnotizzatore riguardo a quello dell'ipnotizzato. Ma quando lo si vede esercitato su degli spiriti superiori, messi già in stato di diffidenza, si capisce con quale facilità si possano illudere le folle ordinarie.

Simili esempi sono innumerevoli. Qualche anno fa i giornali riprodussero la storia di due bambine annegate e ripescate nella Senna. Quelle bambine furono senz'altro riconosciute nel modo più categorico da una "dozzina di testimoni". Dinanzi ad affermazioni così concordi, nessun dubbio era rimasto nella mente del giudice istruttore. Egli permise di redigere l'atto di morte. Ma nel momento in cui si stava per procedere alla inumazione, il caso permise di scoprire che le supposte vittime erano perfettamente vive e non avevano, del resto, che una lontana rassomiglianza con le piccole annegate. Come in parecchi degli esempi citati precedentemente, l'affermazione del primo testimonio, vittima di una illusione, era bastata a suggestionare tutti gli altri.

In casi simili, il punto di partenza della suggestione deriva sempre dall'illusione prodotta in un individuo da reminiscenze più o meno incerte, poi dal contagio di questa prima illusione. Se il primo osservatore é molto impressionabile, basterà che il cadavere che egli crede riconoscere presenti - all'infuori d'ogni reale rassomiglianza - qualche particolarità, una cicatrice o un particolare del vestito, capace di evocare in lui l'idea di un'altra persona. Questa idea evocata diventa allora il nucleo di una specie di cristallizzazione che invade il campo dell'intelligenza e paralizza ogni facoltà critica. Ciò che allora l'osservatore vede, non é più l'oggetto stesso, ma l'immagine evocata nel suo spirito. In questo modo si spiegano i riconoscimenti erronei di cadaveri di fanciulli dalla loro stessa madre, come nel caso seguente, già antico, e in cui si vedono manifestarsi precisamente i due ordini di suggestione di cui ho ora indicato il meccanismo.
« Il ragazzo fu riconosciuto da un altro ragazzo che si ingannava. Allora fu un susseguirsi di riconoscimenti inesatti. E si vide una cosa straordinaria. L'indomani del giorno in cui uno scolaro l'aveva riconosciuto, una donna esclamò : « Ah ! Dio mio, é mio figlio ».
Fu portata vicino al cadavere; ella osserva i vestiti, constata una cicatrice in fronte. « È proprio mio figlio, perduto dal luglio scorso. Me lo avranno rapito e poi ucciso ».
La donna era portinaia in Rue du Four e si chiamava Chavandret. Fu fatto venire suo cognato, che senza esitazione disse: « Ecco il piccolo Filiberto ». Parecchi abitanti della via riconobbero nel fanciullo Filiberto Chavandret; lo riconobbe anche il suo maestro di scuola per il quale la medaglia era un indizio.
Ebbene: i vicini, il cognato, il maestro di scuola e la madre si ingannavano. Sei settimane dopo, l'identità del fanciullo fu stabilita. Era un ragazzo di Bordeaux, ucciso a Bordeaux e dalla diligenza postale portato a Parigi. (Eclair del 21 aprile 1895).

Notiamo che questi riconoscimenti si verificano generalmente in donne e fanciulli, vale a dire negli esseri più impressionabili. Essi dimostrano quel che possano valere di fronte alla giustizia simili testimonianze. Specie le affermazioni dei ragazzi non dovrebbero essere mai invocate. I magistrati ripetono come un luogo comune che a quell'età non si mentisce. Una cultura psicologica un po' meno sommaria farebbe loro conoscere che invece a quell'età si mentisce quasi sempre. Senza dubbio la menzogna é innocente, ma non per questo essa non é menzogna. Sarebbe meglio giocare a testa o croce (affidarsi al caso) piuttosto di decidere - come tante volte si é fatto - la condanna di un accusato, in seguito alla testimonianza di un ragazzo.

Per tornare alle osservazioni fatte dalle folle, concluderemo che le osservazioni collettive sono le più erronee di tutte e rappresentano di solito la semplice illusione di un individuo che ha, per contagio, suggestionato gli altri.
Innumerevoli fatti provano la completa diffidenza che bisogna avere della testimonianza delle folle. Migliaia di uomini assisterono alla celebre-carica di cavalleria della battaglia di Sédan, e tuttavia é impossibile, in presenza a testimonianze oculari contradittorie, sapere da chi essa fu comandata. In un recente libro, il generale inglese Wolseley ha provato che fino ad oggi erano stati commessi i più gravi errori sui più considerevoli fatti della battaglia di Waterloo, fatti attestati tuttavia da centinaia di testimoni (*).
(*) Sappiamo, a proposito di una sola battaglia, come essa si é esattamente svolta ? Ne dubito assai. Noi sappiamo chi furono i vincitori e i vinti, ma probabilmente niente di più. Quel che il d'Harcourt, partecipe e testimonio, riferisce della battaglia di Solferino, può applicarsi a tutte le battaglie: "I generali (edotti naturalmente da centinaia di testimoni) trasmettono i loro rapporti ufficiali; gli ufficiali incaricati di portare gli ordini modificano quei documenti e redigono il rapporto definitivo; il capo di stato maggiore lo contesta e lo rifà con nuove frasi. Viene portato al maresciallo, il quale esclama: «Voi vi ingannate assolutamente ! » ed egli sostituisce una nuova redazione. Del primo rapporto non resta quasi niente ». Il d'Harcourt riferisce questo fatto come una prova dell'impossibilità di stabilire la verità sugli avvenimenti più impressionanti e fra i meglio osservati.

Tutti questi esempi mostrano, lo ripeto, quel che vale la testimonianza delle folle. I trattati di logica includono l'unanimità delle testimonianze numerose nella categoria delle prove più certe sull'esattezza di un fatto. Ma ciò che noi sappiamo della psicologia delle folle mostra come essi si illudano a tal riguardo. I fatti di cui si deve maggiormente dubitare sono certamente quelli che sono stati osservati dal più gran numero di persone. Dire che un fatto é stato simultaneamente constatato da migliaia di testimoni, é come dire che il fatto é, in generale, molto diverso dalla versione accertata. Da ciò che si é detto, si deduce che i libri di storia vanno considerati come opere di pura immaginazione. Sono racconti fantastici di fatti mal osservati, accompagnati da spiegazioni inventate a cose fatte. Se il passato non ci avesse trasmesso le sue opere letterarie, artistiche e monumentali, non conosceremmo nulla di vero. Sappiamo forse una sola parola veritiera sulla vita dei grandi uomini che occuparono un posto importante nell'umanità come Ercole, Budda, Gesù o Maometto ? Molto probabilmente no.

D'altra parta, la loro vita esatta ci importa poco. Coloro cha hanno impressionato la folla furono eroi leggendari, a non eroi reali.
Sfortunatamente la leggende non hanno nessuna consistenza. L'immaginazione delle folla la trasforma continuamente secondo i tempi, a soprattutto secondo la razza. Ci corre molto dal Jehova sanguinario della Bibbia al Dio d'amore di Santa Teresa; e il Budda adorato in Cina non ha nulla di comune con quello venerato nell'India.

Non c'é neppure bisogno cha sieno passati dai secoli sugli eroi perché la leggende siano trasformate dall'immaginazione della folla. Qualche volta la trasformazione si compie in qualche anno. Ai nostri tempi, abbiamo visto la leggenda d'uno dai più grandi eroi storici modificarsi parecchie volte in meno di cinquant'anni. Sotto i Borboni, Napoleone diventò una specie di personaggio idillico, filantropico, e liberale, amico dagli umili, che, secondo i poeti, dovevano serbare il suo ricordo sotto la paglia per lungo tempo. Trent'anni dopo, il mite eroe era diventato un despota sanguinario, usurpatore del potere a dalla libertà, che aveva sacrificato alla sua ambizione tre milioni di uomini. Ora la leggenda si trasforma ancora. Quando saranno passati qualche decina di secoli, i dotti dell'avvenire, davanti a questi racconti che si contraddicono, dubiteranno forse dell'esistenza dell'eroe, come noi qualche volta dubitiamo di quella di Budda, e in lui non vedranno che qualche mito solare o uno sviluppo della leggenda di Ercole. Si consoleranno facilmente di questa incertezza, poiché, conoscendo meglio di quanto non si conosca oggi la psicologia delle folle, sapranno che la storia non può eternare che dei miti.


3.° - Esagerazione e semplicismo dei sentimenti delle folle.

I sentimenti, buoni o cattivi, manifestati da una folla, presentano questo duplice carattere : di essere semplicissimi e assai esagerati. Su questo punto, come su tanti altri, l'individuo della folla si avvicina agli esseri primitivi. Inaccessibile alle gradazioni, egli vede le cose nell'insieme e non conosce transizioni. Nella folla, l'esagerazione di un sentimento è fortificato dal fatto che propagandosi assai celermente per contagio e suggestione, l'approvazione di cui diventa oggetto, accresce notevolmente la sua forza.
La semplicità e l'esagerazione dei sentimenti delle folle le preservano dal dubbio e dall'incertezza. Come le donne, esse vanno subito agli estremi. La supposizione si trasforma senz'altro in evidenza indiscutibile. Un principio di antipatia e di disapprovazione, che nell'individuo isolato rimarrebbe poco accentuato, diventa subito un odio feroce nell'individuo della folla.

Anche la violenza dei sentimenti delle folle é esagerata, specie nelle folle miste, per l'assenza di responsabilità. La certezza dell'impunità, tanto più forte quanto più la folla é numerosa, e la nozione di un potere momentaneo considerevole dovuto al numero, rendono possibili alla collettività dei sentimenti e degli atti impossibili all'individuo isolato. Nelle folle, l'imbecille, l'ignorante e l'invidioso sono liberati dal sentimento della loro nullità e impotenza, che é sostituita dalla nozione di una forza brutale, passeggera, ma immensa.

Nelle folle l'esagerazione porta spesso sfortunatamente a cattivi sentimenti, rimasuglio degli istinti dell'uomo primitivo, sentimenti che, per tema del castigo, l'individuo isolato e responsabile frena. In tal modo si spiega la facilità delle folle a lasciarsi andare agli eccessi peggiori.
Abilmente suggestionate, le folle diventano capaci di eroismo e di devozione. Di ciò sono ancor più capaci che non l'individuo isolato. Avremo ben presto occasione di tornare su questo punto studiando la moralità delle folle.

Non essendo la folla impressionata che da sentimenti eccessivi, l'oratore che vuole sedurla deve abusare delle affermazioni violente.
Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari.

La folla esige anche la stessa esagerazione nei sentimenti dei suoi eroi. Le loro qualità e le loro virtù apparenti devono sempre essere ingrandite. In teatro, la folla esige dall'eroe della commedia delle virtù, un coraggio, una moralità, che non sono mai praticamente nella vita.
Si é parlato con ragione dell'ottica del teatro. Ce n'é una, certamente, ma le sue regole spessissimo non hanno nulla di comune col buon senso e la logica. L'arte di parlare alle folle é inferiore, non esige attitudini tutte speciali. Leggendo certe commedie non sappiamo spiegarci come mai abbiano avuto successo. Gli stessi direttori di teatri, quando ricevono una commedia, sono generalmente molto incerti sulla sua riuscita, poiché, per giudicare, bisognerebbe che si trasformassero in folla (*).
(*) Ciò spiega come certe commedie rifiutate da tutti i direttori di teatri ottengano un gran successo quando, per caso, vengono recitate. Si conosce il successo della commedia di Coppée, "Per la corona", rifiutata per dieci anni dai direttori dei primi teatri, nonostante il nome dell'autore. "La madrina di Charley", messa in scena a spese d'un agente di cambio, dopo numerosi rifiuti, ebbe duecento rappresentazioni in Francia e più di mille in Inghilterra. Senza la spiegazione data più sopra sull'impossibilità in cui si trovano i direttori di teatro di sostituirsi mentalmente alla folla, sarebbero incomprensibili tali aberrazioni di giudizio da parte di persone competenti e piene di interesse a non commettere tali errori.

Se ci potessimo dilungare, sarebbe facile dimostrare anche l'influenza preponderante della razza. La commedia che entusiasma la folla in un paese, qualche volta non ha successo in un altro o non ottiene che un successo di stima e convenzionale, perché non ha le risorse capaci di sollevare il suo nuovo pubblico.
E' inutile aggiungere che l'esagerazione delle folle si basa soltanto sui sentimenti, e in nessum modo sull'intelligenza. Per il solo fatto d'essere folla, il livello intellettuale dell'individuo - l'ho già dimostrato - si abbassa considerevolmente. Il signor Tarde l'ha constatato facendo le sue ricerche sui delitti delle folle. Dunque é soltanto nel campo sentimentale che le folle possono salire molto in alto, o, al contrario, discendere molto in basso.


4.° - Intolleranza, autoritarismo e conservatorismo delle folle.

Le folle, non conoscendo che i sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco le opinioni, le idee, le credenze che vengono suggerite loro, e le considerano come verità assolute o come errori non meno assoluti. Quante sono le credenze nate dalla suggestione, invece d'essere state generate dal ragionamento! Tutti sanno quanto siano intolleranti le credenze religiose, e che impero dispotico esercitino sulle anime.
La folla, non avendo nessun dubbio su ciò che per lei é verità o errore, e avendo d'altra parte la nozione chiara della propria forza, é autoritaria quanto intollerante. L'individuo può accettare la contraddizione e la discussione, ma la folla non le ammette mai. Nelle riunioni pubbliche, la più piccola contraddizione da parte di un oratore é accolta con urli di collera e violenti invettive, seguite ben presto da vie di fatto e dall'espulsione se l'oratore insiste un poco. Se non fossero presenti gli agenti dell'autorità, il contraddittore sarebbe spesso linciato.

L'autoritarismo e l'intolleranza sono caratteristiche di tutti i generi di folle, ma vi si trovano in gradi diversi, e qui ancora riappare l'importanza fondamentale della razza, dominatrice dei sentimenti e dei pensieri umani. L'autoritarismo e l'intolleranza sono più forti nelle folle latine. E lo sono al punto di aver distrutto quel sentimento di indipendenza individuale così potente negli Anglo-Sassoni. Le folle latine sono sensibili soltanto all'indipendenza collettiva della loro setta, e la caratteristica di questa indipendenza é il bisogno di asservire alle loro credenze, immediatamente e violentemente, tutti i dissidenti. Presso i popoli latini, i Giacobini di tutte le età, da quelli dell'Inquisizione, non hanno mai avuto un'altra concezione della libertà.

L'autoritarismo e l'intolleranza sono per le folle sentimenti molto chiari, che esse sostengono tanto facilmente quanto facilmente li praticano. Le folle rispettano la forza e sono mediocremente impressionate dalla bontà, che é facilmente considerata come una forma di debolezza.
Le loro simpatie non sono mai state per i padroni miti, bensì per i tiranni, che le hanno dominate con energia. Ad essi vengono innalzate le statue più imponenti. Se esse volentieri calpestano il despota detronizzato, si é perché avendo questi perduto la sua forza, rientra nella categoria dei deboli che si disprezzano e non si temono. Il tipo dell'eroe caro alle folle avrà sempre la struttura di un Cesare. Il suo pennacchio le seduce, la sua autorità si impone e la sua sciabola fa loro paura.

Sempre pronta a sollevarsi contro un'autorità debole, la folla si curva servilmente dinanzi a un'autorità forte. Se l'azione dell'autorità é intermittente, la folla, ubbidendo sempre ai suoi sentimenti estremi, passa alternativamente dall'anarchia alla servitù, e dalla servitù all'anarchia.
Credere al predominio degli istinti rivoluzionari nelle folle, significherebbe del resto disconoscere la loro psicologia. Le loro violenze ci illudono a tal riguardo. Le esplosioni di rivolta e di distruzione sono sempre effimere. Troppo esse sono guidate dall'incosciente, e per conseguenza troppo sottomesse all'influenza di eredità secolari, per non mostrarsi estremamente conservatrici. Abbandonate a se stesse, le si vedono ben presto, stanche dei loro disordini dirigersi di istinto verso il servilismo. I più orgogliosi e intrattabili Giacobini acclamarono energicamente Bonaparte quando soppresse tutte le libertà e fece duramente sentire la sua mano di ferro.

La storia delle rivoluzioni popolari é quasi incomprensibile se si disconoscono gli istinti profondamente conservatori delle folle. Esse vogliono bensì cambiare i nomi delle loro istituzioni, e a volte compiono perfino violente rivolte per ottenere questi cambiamenti; ma il fondo di queste istituzioni é troppo l'espressione dei bisogni ereditari della razza perché esse non si ricredano. La loro incessante mobilità non si basa che sulle cose superficiali. Infatti esse hanno istinti conservatori irriducibili e, come tutti i primitivi, un rispetto feticista per le tradizioni, un orrore incosciente per le novità capaci di modificare le loro condizioni reali di vita. Se l'attuale potenza delle democrazie fosse esistita all'epoca in cui furono inventati i telai meccanici, il vapore e le strade ferrate, la realizzazione di queste invenzioni sarebbe stata impossibile, o soltanto ottenuta a costo di molteplici rivolte. Fortunatamente per il progresso della civiltà, la supremazia delle folle non si é sviluppata se non quando le grandi scoperte della scienza e dell'industria erano già compiute.


5. - Moralità delle folle.

Se annettiamo al termine moralità il senso di rispetto costante di certe convenzioni sociali e di permanente repressione degli impulsi egoistici, é assai evidente che le folle sono troppo impulsive e troppo mutevoli per essere suscettibili di moralità. Ma se in questo termine facciamo entrare l'apparizione momentanea di certe qualità come l'abnegazione, l'affezione, il disinteresse, il sacrificio di se stessi, il bisogno di equità, possiamo dire che le folle sono invece suscettibili a volte di una moralità elevatissima.
I rari psicologi che le hanno studiate non lo fecero che dal punto di vista dei loro atti criminali; e riscontrando tali atti frequenti, hanno assegnato alle folle un livello morale bassissimo.
Senza dubbio di frequente ne danno prova: ma perché ? Semplicemente perché gli istinti di ferocia distruttrice sono residui di età primitive che dormono nel fondo di ognuno di noi. Pericoloso sarebbe all'individuo isolato il soddisfarli, mentre l'essere egli assorbito in una folla irresponsabile, ove l'impunità é assicurata, gli dà ogni libertà per seguirli. Non potendo abitualmente esercitare questi istinti distruttivi sui nostri simili, ci limitiamo a estrinsecarli sugli ani
mali. Da una medesima sorgente derivano la passione per la caccia e la ferocia delle folle. La folla, accanendosi lentamente su una vittima senza difesa, dà prova di una crudeltà vilissima; ma é parente assai prossima, per il filosofo, a quella dei cacciatori che si riuniscono a dozzine per avere il piacere di assistere allo sventramento di un disgraziato cervo da parte dei loro cani.

Se la folla é capace di assassinare, di incendiare e di ogni specie di delitti, essa é ugualmente capace di atti di sacrificio e di disinteresse più elevati di quelli di cui é suscettibile l'individuo isolato. Specie sull'individuo che fa parte della folla si riesce ad agire, invocando sentimenti di gloria, di onore, di religione e di patria.

La storia é piena di esempi simili a quello delle Crociate e dei volontari del '93. Soltanto le collettività sono capaci di grandi sacrifici e di grandi atti di disinteresse. Quante folle si sono fatte eroicamente massacrare per fedi e idee che esse appena comprendevano ! Le folle che si mettono in sciopero, fanno ciò più per obbedire a una parola d'ordine che per ottenere un aumento di salario. Di raro l'interesse personale é nelle folle una causa potente, mentre esso costituisce il movente quasi esclusivo dell'individuo isolato.
Non fu certo l'interesse che guidò le folle in tutte le guerre, di frequente incomprensibili alla loro intelligenza, e in cui esse si lasciavano massacrare facilmente quanto le allodole ipnotizzate dallo specchio del cacciatore.
Anche i furfanti più perfetti, per il solo fatto di essere riuniti in folla, acquistano talvolta dei principi rigidissimi di moralità. Taine fa notare che i massacratori del Settembre deponevano sul tavolo dei comitati i portafogli e le gioie trovate sulle loro vittime, così facili a derubarsi. La follo urlante, brulicante e miserevole che invase le Tuileries durante la Rivoluzione del 1848, non si impadronì di alcuno degli oggetti preziosi e di cui uno solo rappresentavo il pane per molti giorni.

La moralizzazione dell'individuo per mezzo della folla, non é certamente una regola costante, ma si osserva di frequente e anche in circostanze meno gravi di quelle che ho citate. In teatro, l'ho già detto, la folla esige dall'eroe della commedia delle virtù esagerate; un pubblico, anche composto d'elementi bassi, é molte volte assai morigerato. Il gaudente di professione, il lenone, il mascalzone motteggiatore mormorano davanti a uno scena un po' spinta o a una frase maliziosa, pur essendo meno volgari delle loro solite conversazioni.
Dunque, le folle, che spesso si abbandonano ai più bassi istinti, danno anche esempi di atti d'alta moralità. Se il disinteresse, la rassegnazione, la devozione assoluta a un ideale chimerico o reale, sono virtù morali, si può dire che le folle, qualche volta, posseggono queste virtù a un grado che i più saggi filosofi hanno raramente raggiunto.

Le praticano, certamente, con incoscienza, ma non importa. Se le folle avessero ragionato spesso e riflettuto sul loro interesse immediato, nessuno civiltà si sarebbe forse sviluppata sullo superficie del nostro pianeta, e sicuramente l'umanità non avrebbe storia.

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