ZARATHUSTRA E IL POPOLO PERSIANO


Una forza del tutto nuova e destinata ad esercitare un'efficacia grandissima, entra nella storia dell'Asia con le tribù ariane che occuparono l'altipiano dell'Iran. Si afferma in esse per la prima volta, e nel modo più cospicuo, la forza politica degli Indoeuropei. L'altipiano dell'Iran tocca ad occidente il territorio dei popoli semitici. L'orografia dell'Iran orientale è strettamente connessa con quella dell'altipiano asiatico: a sud la valle del Kabul conduce all'India. Geologicamente, l'Iran si distacca affatto dal tavoliere arabo-siro, la cui struttura ricorda il paesaggio africano. Nell'Iran invece si ripete il tipo dei paesaggio dell'Asia centrale. Esso é caratterizzato da maestose montagne a pieghe; l'interno è occupato da steppe senza sbocco e povere d'acqua e da deserti, mentre tutt'intorno l'agricoltura e le altre forme di civiltà trovano terreno propizio nelle valli fertili e abbondanti d'acqua.
Il margine occidentale dell'altipiano é formato dalle catene dello Zagros, per lo più di struttura calcarea, nude e frastagliate, alte fino a 4000 metri; dividono l'altipiano iranico dalla pianura del Tigri. A nord-ovest l'Iran si confonde con la regione montagnosa dell'Armenia, dalla quale si stacca verso est il gruppo degli Elburs, congiunto, mediante il Kopet-Dagh e le montagne del Gulistan, con l'Hindukush, l'aspro baluardo sul confine indiano. Dinanzi al margine settentrionale dell'Iran si stende il vasto bassopiano, che qui appare come steppa e in parte come deserto.

L'altipiano dell'Iran, dovunque era accessibile alla civiltà, ha reso i suoi abitanti forti fisicamente ed intellettualmente. La storia degli Irani ce li mostra come un popolo robusto, che si é conquistata la propria civiltà grazie a un lavoro indipendente, che ha creato uno degli Stati più cospicui e che ha svolto le sue splendide doti spirituali in opere insigni, religiose, filosofiche, poetiche. Prima di tutte le altre stirpi indoeuropee, gli Ari divennero popolo indipendente e fondarono una cultura nazionale. Prima della immigrazione aria, l'altipiano dell'Iran era abitato da popoli non-indoeuropei: Irani e Greci ricordano, anche in età meno antica, come tribù non arie gli Anariakai della Media settentrionale. Oggi stesso troviamo nel deserto gedrosio i discendenti di tribù quasi prive di civiltà: i Brahui del Belug'istan. Gli Irani stessi comprendono sotto il nome di Anariakai numerose tribù barbare, residenti nella Media settentrionale, fino al Mar Caspio. Gli Assiri ricordano i Nairi delle montagne armene; a occidente, sul confine della civiltà semito-babilonese, soggiornavano gli Elamiti (Hallatamtu) con Susa capitale, ed i Cossei.

La direzione in cui si mossero, emigrando, gli Irani e le tribù loro affini, può forse servirci a determinarne la patria. Uno di questi movimenti attraversa la Russia meridionale fino al Danubio. Popoli di carattere indubbiamente iranico si avanzano da oriente, prima gli Sciti, che nell'VIII secolo oltrepassano il Danubio, poi i Sarmati, spintisi fin nell'Ungheria. Sul Mar Caspio e, presso a poco, in Boemia risiedevano i Sigynni, che si davano l'appellativo di Medi e vestivano alla foggia dei Medi. Al nord del Caucaso troviamo nel I secolo a. C. gli Alani, gli Osseti attuali.
Il secondo movimento, che portò tribù ariane nell'altipiano iranico, muove da occidente verso oriente. Si può bene ammettere una immigrazione dall'Europa attraverso i valichi del Caucaso; anche in più tarda età storica troviamo tribù non-arie nell'Armenia e nella Media settentrionale. Si può dimostrare che in età storica i Medi e i Persiani si spinsero nell'Iran, movendo dall'altipiano verso occidente. Dovremo pertanto cercare la patria degli ancor nomadi Irani nella regione montuosa del nord-est dell'Iran e nelle' steppe del bassopiano. La più antica civiltà iranica è dominata dal contrasto, dipendente dalla natura del suolo, tra la popolazione agricola stabile e le tribù nomadi e predatrici del nord. I « nemici » dell'Avesta, che saccheggiano il pacifico contadino, sono tribù brigantesche delle montagne e delle steppe, però appartenenti anch'esse al popolo iranico. La loro sede negava a queste tribù stabilità di soggiorno ed altezza di civiltà, raggiunta invece dagli abitanti delle valli e delle oasi. La steppa, patria delle tribu brigantesche, é chiamata nell'Avesta « Turan », cui corrisponde « Tura » come nome di stirpe. i Turani non sono un popolo straniero, ma gli Irani nomadi, rimasti nel brigantaggio, nemici degli Irani stabili.

Il contrasto fra gli Irani inciviliti e quelli riamasti barbari, forma il modello storico per la religione, dando aspetto peculiarmente iranico all'antico unito della lotta degli dèi luminosi con i demoni delle tenebre. Il contrasto della civiltà, creato in eterno dalla natura, non potè mai appianarsi. L'idea di una lotta eterna, di cui il mondo sarà pieno sino alla fine, tra forze buone e malvage, ne è il riflesso religioso. La lotta delle forze divine e il contrasto dei pacifici Irani coi briganteschi Turani si congiungono più volte nella leggenda.
Nelle valli dell'Iran e nelle oasi dell'altipiano risiedeva una popolazione di contadini, che accanto all'allevamento del bestiame praticava un'agricoltura primitiva: l'essere il bove tenuto in conto di animale sacro attesta la prevalenza di quello su questa. Il cavallo era certo possesso esclusivo della nobiltà guerriera; tiene il posto più alto nel culto sacrificale. Il bove all'incontro, datore di cibo, protetto dagli déi come compagno dell'uomo e aiuto al suo lavoro, tiene il posto più cospicuo nella civiltà e nella religione popolare. Gli ideali pratici e morali del ceto agricolo ario trovarono la più alta espressione nella riforma di Zarathustra.

Questa riforma presuppone una civiltà e cultura già elevata, quale si manifesta innanzi tutto nelle concezioni religiose degli Irani. Tutta quanta la vita intellettuale, le idee e i sentimenti, dànno alla religione e l'indirizzo e la materia. Le tribù iraniche rimaste nomadi venerano solo pochi dèi, corrispondenti ai bisogni di una vita primitiva. La stabilità di soggiorno aumenta le relazioni dell'uomo col mondo, che egli immagina posto sotto la protezione di forze divine. Insieme ai compiti della vita si allarga il cerchio degli déi, la cui protezione e appoggio si cerca guadagnarsi mediante il culto. È ovvio che un popolo agricolo s'immagini gli déi nelle forme degli animali familiari all'uomo: da ciò ha origine la « santità » di vari animali, come del bove. Essenziale per gli Ari é però una concezione del divino, risalente già all'età indoeuropea: gli déi non sono forze localmente limitate, ma regnano dovunque. La concezione di un dio celeste, la cui efficacia non poteva avere limiti di luogo, ha preparato questo tratto di universalismo.

Nella religione iranica troviamo innanzi tutto uno degli elementi di tutte le religioni primitive, la fede nella sopravvivenza dell'anima. Questa , fede conduce a stabili usi sepolcrali, al culto dei morti ed alla concezione di un regno d'oltretomba, il cui sovrano è Yima. Solo dai miti che li riguardano ci è dato riconoscere gli déi della religione popolare aria. L'antico dio celeste degli Indoeuropei é sparito; il dio solare (il Súrya degli Indiani) certo ebbe culto presso tutte le stirpi arie. Figure affatto diverse sorsero dall'esercizio dell'agricoltura; esse personificano gli ideali morali del ceto agricolo, ordine e giustizia, fedeltà e verità.
Il primo posto é occupato da Mithra e da Varuna; ambedue penetranti l'universo, ordinatori della natura e fondatori delle leggi umane. Con le loro figure s'intrecciano miti che si riattaccano a vari fenomeni naturali, cosicché l'origine di questi déi non è facile a determinare. Ad ogni modo i tratti essenziali sono di indole morale; essi personificano l'ordine che regge la natura e la vita. Entra così nella religione una idea nuova, l'idea di un ordinamento divino del mondo. Essa doveva trasformare l'essenza stessa degli dèi e ridurli, a rappresentare speculazioni astratte. L'una cosa e l'altra avvenne nella riforma di Zarathustra.

L'unica fonte per la storia di Zarathustra é il libro sacro della sua religione, l'Avesta Nel suo insieme, esso appartiene ad un'età assai più tarda la redazione e opera della chiesa di Stato, sotto i Sassanidi. Ma vi sono conservati elementi più antichi, innanzi tutto una serie di poesie, le cosidette gàthà, cioé « canti », ammonimenti o prediche di Zarathustra, peculiarissime espressioni del pensiero religioso. Vi aleggia uno spirito originale e indipendente; é il primo tentativo di innalzarsi a nuove idee, dal patrimonio spirituale di una civiltà semplice. L'espressione riesce faticosa e un po' pesante; manca lo slancio poetico e l'arte di una lirica religiosa in pieno sviluppo. Si ripetono spesso i medesimi pensieri fondamentali della dottrina, ma dappertutto si sente il robusto germogliare di una vita originale. Altro è lo spirito di questi canti, altro delle formule sacerdotali dell'Avesta. Qui la lingua tuttora imperfetta, la lingua di una civiltà di semplici agricoltori, deve esprimere pensieri più alti. Un poeta che con parole così dure e poco pieghevoli riesce a parlare in modo così disadorno eppure così immediatamente efficace, potente e penetrante, é uno spirito che attinge alla sua propria vita. Solo il creatore e il capo di una nuova fede parla in tal modo.

E che Zarathustra fosse tale, è attestato dal modo con cui le gàthà ritraggono la sua personalità. Egli vi appare come un uomo in carne e ossa, non già come un santo leggendario o un eroe mitico. Di lui, come individuo, sappiamo pochissimo. Una tradizione veramente storica intorno alla sua vita ed attività, non esiste; ma la storicità della sua persona é fuor di dubbio. L'etimologia del suo nome ("possessore di vecchi cammelli")i) é incerta; forse in origine si chiamava Zohravastra o Zortavastra. Tutti i dati cronologici sono inservibili. Una tradizione solo apparente é nella notizia di fonti medio persiane, secondo le quali la sua comparsa dovrebbe porsi 272 anni prima della morte di Alessandro, cioé circa nel 600 a. C.
Lo stato di civiltà che appare nei discorsi di Zarathustra, é certamente di molto anteriore all'età degli Achemenidi. Si noti soprattutto che le iscrizioni di Sargou II (725) mostrano che la fede in Mazda era già ampiamente diffusa nella Media e che Dario I, nella sua grande iscrizione, si dichiara adoratore di Ahura-Mazda. Possiamo pertanto porre l'attività di Zarathustra presso a poco nell'800; aggiungendo però che insigni studiosi la fissano tra il 600 e il 520.

Zarathustra non cominciò a predicare nella sua patria, ma nell'Iran orientale. Secondo la tradizione egli nacque nell'Iran occidentale, nella provincia di Atropatene. Nell'Iran occidentale confinante col territorio della civiltà babilonese, la cultura era più elevata che nell'orientale. Zarathustra voleva trapiantare in oriente lo stato di maggior civiltà dell'occidente, connesso con la stabilità di soggiorno e con l'agricoltura.
Circa il teatro della sua attività dobbiamo contentarci di ipotesi. È certo che Zarathustra non era persiano e che non predicò nemmeno nella Persia propria: probabilmente non nel suo dialetto nativo, ma nella lingua della provincia dove iniziò la sua missione di profeta: lingua conservataci nel dialetto delle gàthà. Dove fosse parlato, non sappiamo; però la tradizione sembra accennare al territorio del lago Kava, l'odierno lago Hamun.
La biografia storica di Zarathustra si può comprendere in pochi tratti isolati, ma affatto concreti. Egli stesso si dice discendente dalla famiglia degli Spitama, antica stirpe sacerdotale; Zarathustra é pure dipinto come un sacerdote " che « custodisce il fuoco sacro e canta inni ». In un passo delle githà dice persino di aspettarsi una congrua ricompensa per il compimento del sacrifizio. Nelle sue poesie si sente l' eco di una lunga e sterile lotta per la vittoria. La proclamazione della sua dottrina fu accolta ostilmente dal sacerdozio e nemmeno nel popolo essa guadagnò terreno. L'insuccesso lo scoraggiò. Finalmente, dopo 12 anni, il re Vîshtaspa e la regina Hutaosa divennero suoi seguaci e patroni. Questo re è un personaggio storico, per quanto non abbia probabilmente nulla a che fare coll'achemenide Vishtàspa (Istaspe), padre di Dario.

Nelle gàthà Zarathustra non appare né come un teologo del pensiero sistematico né come una figura innalzata al disopra della misura umana; l'immagine del profeta é affatto umana e chiara nelle sue lotte e nei suoi sforzi. Lo scorgiamo in un ambiente umano. Un principe nazionale lo protegge, ma non gli mancano nemici. Nelle gàthà sono frequenti le allusioni ad un principe ostile alla sua dottrina e ad un sacerdote suo avversario. Si accenna pure a vari avvenimenti, del resto ignoti. Appunto questi accenni più tardi incomprensibili e perciò non rintracciatili, mostrano che la persona del profeta ha base nella vita reale, il che confermato dalla sfondo storico riconoscibile nelle gàtha. Zarathustra si rivolge a tribù dell'Iran orientale, viventi in condizioni pressoché primitive, tuttora nomadi, dedite all'allevamento del bestiame. Questo sfondo di civiltà è, per così dire, elaborato nella dottrina di Zarathustra. Il contrasto fra l'agricoltore capace di più alta civiltà e ammaestramento morale, allevatore di animali domestici, in specie del bove, e il nomade brigantesco, figlio delle montagne selvagge, serve in certa maniera di modello alla grande antitesi, di cui il mondo é pieno, tra il male e il bene. Questo contrasto etico costituisce il tratto fondamentale della religione persiana, designata perciò come « dualismo ».

Però sul contrasto delle forze buone e malvage si leva così dominatrice la potenza del vero dio Ahura-Mazda (Ormuzd), da poter considerare tale religione come essenzialmente monoteistica. Anche le antiche divinità indipendenti sono scomparse. Accanto ad Ahural Mazda stanno i sei spiriti buoni, gli Ameshaspenta, personificazioni delle virtù e dei beni costituenti il regno del dio supremo.
Di contro ad Ahura-Mazda sta lo spirito maligno, Angra-Mainyu (Ahriman), signore di tutte le forze ostili (il "satana") . L'uomo é posto in mezzo a questo contrasto di bene e di male, con la missione di contribuire a realizzare nel mondo la signoria di Ahura-Mazda ed a combattere le potenze maligne. Egli adempie a tale missione con ogni lavoro apportatore di civiltà, con l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, giacché le paludi e i deserti sono dovunque sede di spiriti maligni. Chi lavora la terra, ne discaccia le forze malvage. Il contrasto fra popolo agricolo e popolo nomade si riaffaccia in forma religiosa, secondo è confermato anche dalla morale predicata da Zarathustra. Egli raccomanda le virtù di una vita pacifica e laboriosa: verità, giustizia, mitezza, fedeltà, diligenza, compassione, ubbidienza, umiltà. Il valore, distintivo del brigante nomade, manca nella serie delle virtù zarathustriane. Con la dottrina religiosa egli congiunse una riforma d'indole economica, cercando d'indurre le tribù nomadi a stabilirsi in sedi fisse e a coltivare la terra. Nelle gàthà, l'agricoltore zelante è l'ideale dell'uomo pio. Nessuno che non abbia cura della coltivazione dei campi, può partecipare alla dottrina di Zarathustra.

Secondo il suo intimo carattere, questa dottrina deve aver radice in una civiltà superiore. Il suo pensiero religioso si é già assai allontanato dal culto primitivo che scorge esseri divini nelle forze della natura. La sua fede é regolata dall'etica, tuttora però legata a considerazioni economiche e sociali. Nella religione dell'Avesta affiorano ancora concezioni più antiche: gli antichi tratti essenziali degli dèi personificanti forze naturali, non sono del tutto cancellati. Nella credenza negli spiriti, nella magia, nelle usanze superstiziose permangono tracce di idee più antiche e primitive. La dottrina di Zarathustra non è una creazione del tutto nuova, ma piuttosto una riforma della religione popolare dell'Iran. Gli dèi dell'Avesta sono figure della credenza popolare; acquistano però un nuovo significato coll'essere messi in rapporto con le tendenze civili e morali della riforma stessa.

Nella regione dell'Oxus hanno soggiornato, in età preistorica, stirpi indoeuropee, che si affacciano alla storia come Ari. L'antico Huvarazini, l'oasi di Chiwa, si può riguardare come una delle più vetuste colonie arie. Attraverso le vallate, gli Ari risalirono l'altipiano, all'incirca nella regione del Badachshan. Da questo punto a popolazione ariana poteva facilmente spostarsi ad ovest, moto già riconoscibile storicamente. Verso il 1000 a.C., tribù iraniche avevano preso stabile dimora nell'oriente, soprattutto nelle fertili vallate del Zarafshan, fondandovi comunità statali.

Tra gli Irani, i Medi compaiono per i primi nella storia. Nell'836 ne fa menzione, per la prima volta, Salmanassar II, che li incontrò in una spedizione nel Zagros. Condottieri irani avevano allora stabilito piccole signorie tra popoli non ariani. Nelle iscrizioni di Tiglatpileser II (715-727), diversi nomi di capi tributari sono certo di conio iranico. La penetrazione verso occidente si chiude nell'VIII secolo, come dimostra la grande quantità di nomi propri iranici nella grande lista di Sargon II (713). Anche nell'estremo nord della Siria, i nomi di Kundaspi (854) e Kustaspi (740), portati da principi di Kommagene, attestano la penetrazione degli Irani. Fin verso il 640 il predominio, più o meno stabile, degli Assiri sui Medi si affermò mediante frequenti spedizioni militari. Insieme ai Medi, Sargon ricorda il paese dei Manda, nei quali é certo da riconoscere una delle tribù dei Medi. Sembra che il regno dei Medi si sia costituito, verso il 640, con le tribù nomadi del deserto iranico, sempre restie al dominio assiro.

Senza dubbio la Media fu, per breve tempo, lo stato più potente dell'Asia anteriore. Kyaxares (Chvachshahra) aveva innanzi tutto organizzato l'esercito; già presso i Medi dovevano esser costituiti i corpi dei lancieri, arcieri e cavalieri, che troviamo più tardi nell'esercito persiano. La capitale Hagmatana (Egbatana, oggi Hamadan) sul pendio settentrionale dell'Elvend, era ritenuta inespugnabile.
La cultura dei Medi é una trasformazione della babilonese; i Medi la trasmisero a loro volta ai Persiani.

Verso il 600 i Lidi, cacciati i Cimmeri (Gimirai) avevano esteso il loro regno sull'Asia minore, trovandosi così a confinare coi Medi. Essendosi Kyaxares spinto verso occidente, avvenne l'urto fra i due stati (590). Un'eclisse totale prodottasi durante la battaglia del 28 maggio 585, mise fine alla lotta. Per mediazione di Nebukadnezar e del re di Cilicia, fu conclusa la pace e fissato l'Halys come confine dei due regni. Kyaxares, il fondatore della potenza dei Medi, mori verso il 584; gli successe il figlio Astyages (Ashtuvega). Finché regnò Nebukadnezar ( 561), le relazioni tra a Media e la Babilonia furono sempre amichevoli. Ma egli non ebbe nessun successore ; salito al trono Naboned (555), i Medi - sotto Astyages - invasero a Mesopotamia. Ma le cose presero tutt'altro aspetto per la Babilonia e la Media, allorquando un principe vassallo dei Medi insorse, conquistando alla propria tribù il dominio sull'Asia occidentale. Agli antichi Stati nazionali, dovunque distrutti, erano subentrati quelli fondati sulle conquiste. In essi ha gran parte il caso della divisione delle forze e il formarsi dei rapporti politici: altrettanto grande, il caso di personaggi di facoltà e di energia straordinarie, che sanno afferrare e dominare la situazione, imprimendo alla storia un nuovo indirizzo.
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Bibliografia:
D. Cinti, Storia Universale
F. Harttung, Storia Universale - Lo sviluppo dell'Umanità
Erodoto, Storie


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