CINA ANTICA


LA CINA E I CINESI NELL'ANTICHITÀ - STORIA - LA RELIGIONE -
LINGUA, SCRITTURA, LETTERATURA - LE ARTI - IMMOBILISMO E ISOLAMENTO

LA CINA E I CINESI NELL'ANTICHITÀ.
- Chiusa al nord da deserti e da sterminate plaghe di ghiaccio, al sud da montagne e da foreste impenetrabili, all'ovest dai monti più alti e dalle sabbie più sterili del mondo, all'est dall'oceano immenso, con una superficie di 12 milioni di chilometri quadrati, con più di in milIardo di abitanti, si estende la Cina.
Cina è nome d'uso puramente europeo. Gli indigeni chiamano il paese Tchug-Kue, «Impero del mezzo», oppure col nome della dinastia regnante. Cina è parola venuta in Europa tramite dei greci d'Egitto (Sinae, Thinae), da Thsin, dinastia potente che nel 249 a. Cr. riunì il paese, diviso in sette regni, sotto un solo scettro: e dura ancor oggi, duemila anni dopo che quella stirpe si spense.
Il nome dinastico del paese fu, fino a ieri, Hai-Thsing-Kue, "regno dei Thsing". Montuosa e sterile la gran parte del territorio; mentre dove i grandi fiumi s'allargano il paese è fertilissimo. I bacini dell'Hoang-ho, dello Yan-sekiang, dello Si-hiang sono altrettanto ubertosi quanto quelli più famosi d'America.
Fin nei tempi più remoti la Cina ebbe una civiltà elevata, assai diversa da quella del mondo classico, dal quale era naturalmente separata, ma non per questo meno importante. Le popolazioni di razza mongolica che prime vi si diffusero, dedite alla guerra e alla conquista, assopirono a poco a poco i loro istinti feroci, man mano che i confini dell'impero andarono allargandosi. All'età delle grandi guerre succedette una proficua pace. L'agricoltura ebbe un grande sviluppo e presto fu onorata come la nobilissima delle arti. Ogni anno l'imperatore, deposte le vesti imperiali, soleva guidare l'aratro in apposito campo, aprendo i solchi fecondi. In tutte le province i suoi messi compivano una simile cerimonia. Per le ampie strade, per i ben costruiti canali, ogni anno gli abbondanti carichi di riso si diffondevano in ogni parte del territorio.

Il governo risenti questa benefica influenza di pace: al feudalismo strapotente, subentrò una regolare divisione politico-amministrativa che permise ai sudditi di sviluppare le attitudini più proficue.

STORIA.
- Negli annali cinesi, cioè gli antichissimi Sciu-king, nel capitolo intitolato Ju-kung, si fa la descrizione della civiltà dell'Impero celeste com'era nel XXIII secolo a. Cr., con la più grande accuratezza e verità, sì che tuttora fa ancora testo. Le pagine descrittive sono precedute dal ricordo delle tradizioni popolari e quando le genti si aggiravano nelle foreste del Chan-si, dispersi, senza case, senza vesti senza fuoco, a caccia d'insetti e di radici
per nutrirsi. Pochi i progenitori della nazione, non già autoctoni, ma provenienti, lungo il lembo meridionale del Sin-Scian, dalla regione a sud-est del Caspio, e preceduti da Panku, il primo uomo che ebbe potenza di separare il Cielo dalla Terra.

Al suo regno succedettero quelli di Tien-Huang (sovrano del cielo), di Ti-huang (sovrano della terra), di Gin-huang (sovrano degli uomini). Gli uomini in queste epoche avevano, secondo la tradizione, teste di drago, corpi di serpenti, piedi equini, e cavalcavano cervi alati.
Ci atterremo al Tongkien Gang-mu (Storia generale della Cina) che fissa il principio dell'impero al regno di Fu-Hi (2397 a. Cr.), che primo assegnò a ciascun sesso abiti particolari e introdusse l'arte di lavorare il ferro e inventò i kira, caratteri simbolici che furono la base della scrittura cinese.

Gli succedette Scin-nani (agricoltore divino), a cui si attribuisce l'introduzione dei metodi agricoli, di strumenti come gli aratri, e della diffusione di piante medicinali. Perdette il trono per opera di Suon Yuen, che fu proclamato imperatore con il titolo di Huang-Ti, inventore di tutte le arti e di tutte le scienze. Divise i suoi Stati in province e queste in circondari, creò una regolare amministrazione, distinse le classi degli abitanti con i colori degli abiti, riservando il giallo alla famiglia reale, e appunto perciò fu chiamato Huang-Ti (imperatore giallo).

L'astronomia comincia a salire in onore; dal regno di Huang-Ti, si conta il primo ciclo o periodo di 70 anni, le cui serie si succedono con la regolarità dei secoli nei calcoli europei.
Gli tennero dietro il fiacco Ciao-Hao, Ciuen-Hio, fondatore di un'accademia di scienze;Ti-Ko, che introdusse con l'esempio la poligamia nell'impero; Ti-Ci, che fu deposto dai grandi per le sue male abitudini, e a cui fu sostituito il fratello Yao. Dal regno di costui comincia il documento storico più celebre e autentico dei Cinesi, il Sciu-king. o, libro degli annali, che è la cronaca più antica che esista: esso vanta la buona amministrazione, la dottrina, l'ingegno di Yao.

Nel 2297 a. Cr., sessantunesiimo del regno di Yao, avvenne il diluvio. Vista la desolazicne del popolo che ne segì, il buon re chiese gli fosse indicato qualcuno che l'aiutasse nell'amministrare i suoi popoli. Questi fu Sciun, al quale egli diede in sposa la figlia e affidò la cura dei lavori necessari allo scolo delle acque, all'arginamento dei fiumi, al dissodamento dei terreni. Morto Yao, Sciun ereditò l'impero e si impegnò a mitigare le torture dei delinquenti, a riformare il calendario, a visitare le province.
Gli viene attribuita l'invenzione della sfera cinese che porta il suo nome gli succedette il virtuoso Yu, che per 18 anni aveva condiviso il trono. Con lui cominciano le numerose dinastie dominanti in Cina, delle quali trascureremo i nomi; gli avvenimenti sono i contrasti con popolazioni limitrofe, senza valore per noi. La quarta dinastia detta degli Zin: sotto di essi (250 a. Cr.) fu inventata l'arte di scrivere sulla carta con inchiostro e pennello.
Sotto questa dinastia fu iniziata la gran muraglia che separa la Cina dalla Tartaria ed è il più ragguardevole monumento architettonico cinese: un grande baluardo di pietre ammucchiate, che si estende dal mar Giallo all'est di Pekino per 6000 chilometri, fin nell'interno della Mongolia. In molti luoghi non è che un bastione, ma in altri ha fondamenta di granito e calce, e le porte fortificate. Fu iniziata nel 215 a. Cr. (e proseguì fino al 600 d.C.), per opporre una barriera ai Mongoli. Ha un'altezza che varia dai 5 ai 10 metri e una larghezza di 6 uomini a cavallo. Questa muraglia forma il confine di quattro province: nella pianura e nei burroni è regolare, munita di opere fortificate e di alte torri: in montagna è di proporzioni ridotte. Le porte sono a intervalli regolari, per comodità dei viaggiatori e per la riscossione dei balzelli.

LA RELIGIONE.
- Non rigida la religione più antica varia secondo le consuetudini locali. All'imperatore era riservato il privilegio di adorare il Tien (l'essere supremo); l'adorazione della Terra, del Sole, della Luna era comune.
Ai geni dell'acqua, dei venti. degli astri erano sacre miriadi di cappellette sparse per la campagna grandi idoli di legno, con teste di animali, stavano ai lati della porta, e nell'interno piccole immagini di divinità ben pasciute, in mille atteggiamenti. Fra le quali tipico, in ogni casa, il lare domestico, il Men-scin con la clava protettrice nella sinistra, e la chiave nell'altra mano.

La religione con Kung-fut zeu (Confucio), vissuto dal 551 al 479 a. Cr., acquistò un contenuto d'idee morali più elette, e, desunta come era dalle idee livellatrici di Buddha, non fu strumento d'oppressione per il popolo, che sempre venerò i numerosi sacerdoti (bonzi) che la predicarono.
Confucio fu ministro in parecchi Stati feudali della Cina; peregrinando, predicava la virtù e la giustizia. Le sue dottrine, esposte in più opere (Tahio, grande studio; Tchungyung, fissata nel mezzo; Lungyu, dialoghi morali), sono costituite da una serie di consigli utili, pratici, alla mano, nei quali è palese il profondo e continuo amore verso l'umanità.
Impongono l'adempimento scrupoloso dei reciproci doveri dell'umanità, il rispetto alla famiglia, agli antenati, al nome, e i medesimi principi applicano alla regola della cosa pubblica; ma il punto sul quale maggiormente insiste la dottrina di Confucio è il rispetto verso gli antenati, donde la vera e propria religione confuciana. In tutte le maggiori borgate della Cina sono eretti templi a Confucio; notevole, particolarmente, quello di Pechino, modellato sullo stile di tutti i monumenti confuciani; altissimi e austeri cipressi lo fronteggiano, quasi numi tutelari: si dice che siano stati piantati al tempo della dinastia dei Sung, circa mille anni fa. Dieci iscrizioni su pietra vi eternano delle strofe poetiche scritte, dicesi, durante il regno del principe Hsuan (827-782 a. Cristo).

L' istruzione del popolo fu sempre curata; la cultura però ben presto divenne infeconda, perchè la massima abilità fu riposta nel sapere a memoria le massime degli antichi; più che l'intelligenza, si coltivò l'arte mnemonica.

LINGUA, SCRITTURA, LETTERATURA.
- Pretendono gli scrittori che Zang-Rie, ministro di Hoang-Ti, abbia preso per modello dei caratteri da lui inventati non già la figura degli oggetti da rappresentarsi, ma bensì le tracce confuse e irregolari lasciate dagli uccelli fermatisi su una spiaggia arenosa; perciò i caratteri antichi cinesi si chiamano niao-ziven, o caratteri delle orme di uccello. Il monumento scritto più antico è una iscrizione su una rupe del monte Herg-scian, presso le sorgenti dell'Hoangho destinata a ricordare quanto fece Yu, nel 1200 a. Cr., per l'arginamento. Il modo di tracciare i caratteri variò sotto le diverse dinastie : il numero si accrebbe per varie ragioni nei diversi tempi. Da Hing-hiu, che visse nel 910, apprendiamo che, ad esempio, per l'introduzione del culto di Fa, la scrittura si arricchì di 26.000 caratteri, e che i bonzi della setta di Tao ne aggiunsero altri.

Si vantano i Cinesi d'avere per i primi usata la carta, fatta con corteccia di moro-morus papyrifera. Se ne fa rimontare l'uso a parecchi secoli prima dell'èra volgare.

Prodigiosa la quantità delle opere antiche cinesi. Alcune parti dei King, o libri canonici, servirono di base ai lavori filosofici cinesi, che sono da porre fra i libri più antichi che esistano. Se ne contano 5, in capo ai quali si deve porre lo Y-king (I Ching) o libro delle trasformazioni (o mutazioni), composizione enigmatica attribuita a Fu-hi : è, più che un libro, una serie di diagrammi, formata da due linee rette orizzontali, intera l'una, spezzata l'altra, le quali, combinate diversamente a 6 a 6, formano 64 figure dette Kua. I commentatori hanno scoperto in questo enigma un intero trattato di cosmografia, rappresentando per essi le due linee elementari il principio attivo e il passivo, le cui diverse combinazioni devono spiegare la natura e l'origine delle cose, lo sviluppo della creazione degli esseri, i principi dell'armonia delle parti dell'universo, la scienza dei numeri e, come se non bastasse, le leggi morali e politiche. (su I CHING vedi questa interessante pagina > > )

I primi tentativi d'interpretazione dei risalgono al XII secolo a. Cr., per opera dell'imperatore Ven-Vang, che aggiunse una breve nota a ogni diagramma; suo figlio Then-Kung ne aggiunse altre. La redazione presente è dovuta a Confucio. È il libro dal quale traggono la sorte i Cinesi.
II 2° è lo Sciu-king, già citato qui, frammenti raccolti da Confucio, documenti sulle prime quattro dinastie esposti in forma apologetica, istruzioni date dai principi ai sudditi. Il 3° è lo Sci-king, libro dei canti, raccolta d'inni di squisito sentimento; il 4° il Liki, libro dei riti, dei precetti, delle regole, a cui conformare la vita; il 5° è il Ciun-Zien, primavera e autunno, cronaca del regno di Lu, patria, di Confucio, scritta da lui (450 avanti Cristo).
Importanti dopo i king sono gli Ze-ciu o quattro libri classici scritti da Confucio e dai suoi discepoli; il Ta-koa, grande studio che contiene i principi del governo dei popoli; il Lun-yu, libro delle discussioni tra Confucio e i discepoli; i Meng-Zenau-zen, opere dialogiche brillanti del filosofo di questo nome; le opere di Sun-Zen, trattatista di politica e morale, di Kuan-zen, scrittore fecondissimo di politica e di legislazione, di Hoai-nau-ben, ecc.

Il 213 a. Cr. è memorabile nei fasti della letteratura cinese per la persecuzione imperiale contro i letterati - 460 furono sotterrati vivi - e contro i libri, che vennero bruciati. Più tardi, quasi a lavare quell'onta, venne fondata la biblioteca imperiale.
Ze-ma-Than raccolse tutti i documenti sfuggiti alla distruzione in tutto l'impero, e li ordinò: per questo a buon diritto egli meritò il nome di principe della storia. Il figlio suo, Ze-ma-Thsian, si acquistò il titolo di Erodoto cinese: la sua storia che va dal 2697 al 122 a. Cr., diventò il modello di tutti i trattati posteriori. È divisa in cinque parti cronologica la prima; le altre riguardano i culti, l'astronomia, la geografia, i pesi e le misure. I continuatori degli Sciu-king, i grandi annali, seguirono da allora in poi tale distribuzione di parti.
Con il buddismo si ebbe una fioritura di trattati morali e una pleiade di opere di divulgazione di
elle idee: contemporaneamente si svolse la poesia drammatica.

LE ARTI.
- Antichissima é la pittura cinese, caratterizzata dall'assenza completa della prospettiva e degli effetti di luce, notevole, per l'uso dei colori brillanti e puri. La vera scultura cinese si compendia in quelle statuette che i francesi chiamano magots figurine grottesche dei Buddha. Bronzi, avori, ceramiche, argenti, giade,,ecc., lavorati meravigliosamente, così da destare profonda ammirazione, riproducono sempre identici motivi.
L'architettura ebbe sempre, fino ad oggi, un carattere assolutamente originale: le città furono, come le vediamo tuttora, case costruite con simmetria perfetta a uno o due piani a forma di piramide, svelte, leggere, graziose, ornate con mirabile fantasia. I tempi affermano l'ardimento dei costruttori. Il Tempio del Cielo di Pechino, la Torre di porcellana di Nankin, il ponte di Fu-Ceu-Fu, lungo 600 m., e alcuni archi di trionfo sono opere mirabili e documentano la fantasia degli artisti e la tecnica perfetta dei costruttori.
La musica fu sempre tenuta in grande onore alla corte: l'invenzione di quest'arte si fa risalire all'imperatore Fu-Hi (3300 a. Cr.).

IMMOBILISMO E ISOLAMENTO.
- Il carattere spiccato degli abitanti dell'impero celeste è l'immobilismo o, in altre parole, la conservazione e la stretta osservanza delle consuetudini antiche; quindi nessun ulteriore progresso.
Fin dai tempi antichissimi, i Cinesi furono colonizzatori, ma nel modo più lento e pacifico che si possa immaginare. Lenti nell'espansione, sicuri però nell'occupazione; fu questo il principio seguito dai Cinesi per ingrandire il loro paese, tendendo principalmente, per mezzo di Presidi armati, ad assicurarsi in zone sempre più vaste la libertà dei commerci.

Un'antica leggenda popolare cinese racconta di un imperatore che volle conquistare una provincia limitrofa ai suoi territori di confine e allora soggetta a un principe Mao. Fece correre voce che egli possedeva due vacche le quali convertivano in oro tutto quello che mangiavano e mandò poi a dire al principe che voleva dargliele in regalo, ma che esse erano troppo delicate per viaggiare su strade malagevoli. Allora il principe Mao fece costruire con gran fatica una magnifica strada che anche oggi è fra le migliori della Cina, e di essa l'imperatore si valse per entrare nella provincia e soggiogarla. La Ieggenda è chiaramente allusiva al metodo di conquista dei Cinesi, pacifico e astuto, che durò immutato attraverso i secoli.

L'isolamento poi nel quale si mantenne sempre questo Stato, fu la causa che per tutto l'evo antico rimanesse quasi del tutto ignoto ai popoli dell'Asia occidentale e dell'Europa, e che in seguito non si innalzasse granchè sopra il livello, al quale era inizialmente era arrivato. Che se nei tempi più remoti i Cinesi fecero molte scoperte, le fecero per sè; e se vantano un'antica civiltà non ne possono certamente vantare la propagazione, poichè, ripetiamo, essi non ebbero mai relazioni con gli altri popoli dell'antichità, i quali perciò nulla impararono da loro e quasi non li conobbero nemmeno. Gli stessi Greci e i Romani non ebbero se non una vaga idea di quella sterminata regione dell'estremo Oriente, che essi chiamavano Serica, paese della seta.

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IL BUDDHISMO IN CINA

E' del 500 la prima testimonianza della grande arte cinese che lascia ai posteri la prima scultura del gruppo dorato di BUDDHA. 
E lo stesso anno anche l'arrivo in Cina, proveniente dall'India, di BODHIDHARMA, il primo patriarca della scuola buddhista ch'an (meglio conosciuta con il nome giapponese ZEN).

L' introduzione di questa dottrina in Cina si dimostrò determinante per lo sviluppo della "saggezza" ("religione", "filosofia") cinese, perché entrambe le scuole di Confucio, Buddha, e Lao Tse fino al XVIII secolo rimasero in buona armonia, l'una vicina all'altra. 
Per tutto questo tempo si arrivò perfino a dimostrare che le tre scuole sono nella loro sintesi concettuale una cosa sola. Tutte e tre nelle loro manifestazioni "religiose" lasciarono sussistere i culti di "religioni" più antiche facendo di queste "religioni" filosofiche una "religione" universale. Nessuna delle tre non ha mai richiesto ai suoi seguaci un'adesione e una fede esclusiva, perchè considera valide tutte le altre "religioni" e non conosce l' intolleranza (perchè non sono religioni come le intende un occidentale).

IL SIDDHARTA, BUDDHA dal punto di vista storico, della sua gioventù non si sa quasi nulla; si trasmisero sia i fatti leggendari che i suoi insegnamenti solo oralmente, tramandati nei vari dialetti.  La tradizione scritta non venne fissata se non dopo un secolo dopo la morte.

In questi anni 500 d.C. abbiamo però il primo "concilio" di Vaisòli dove si possiedono informazioni attendibili. I discepoli monaci convocati in questo luogo, nella loro lunga assemblea iniziarono a fissare i canoni del Buddhismo. Non che prima non esistessero.

Per intero è stato conservato fino ai nostri giorni il Tipitaka composto in dialetto pali verso il 100 a.C. Di canoni ne nacquero - prima del concilio di Vaisòli- anche altri che introdussero modifiche e interpolazioni che poi dettero vita a numerose altre scuole (come il nostro Cristianesimo che ancora oggi di correnti ne ha 5, e Chiese diverse 56; l'Ebrea, 3 correnti, 12 tribù; la Musulmana, 3 correnti 65 movimenti). 
Fondamentalmente però i concetti universali di questi nuovi canoni del buddhismo, di cui stiamo parlando, se andiamo alla radice sono gli stessi, e che oggi possiamo semplificare chiamandola nè filosofia nè religione (due termini che in Oriente hanno un significato completamente diverso da quello occidentale ) ma Saggezza Orientale, che ha suscitato in occidente sempre un interesse molto generico e sempre con limitate prospettive storiografiche. 

Infatti anche i più preparati culturalmente si trovano in imbarazzo se devono elencare i maggiori filosofi orientali. Citano i soliti Confucio, Buddha e Lao Tsè, ma oltre non vanno, nè vanno alle radici. Sarebbe come se per capire la nostra filosofia Occidentale un cinese conoscesse solo Platone, Aristotele e Socrate. Converrebbero tutti che a un estraneo non è sufficiente per capire l'Occidente, perchè l'Occidente non è rimasto fermo ai tre filosofi greci anche se messi insieme. La nostra civiltà occidentale e medio orientale di questi ultimi 3000 anni, fino ai nostri giorni, è un insieme di filosofie e religioni di 3000 anni! Ed esse hanno influenzato la società, la politica, e la stessa economia.

Altrettanto la stessa "saggezza" ("filosofia", "religione") Orientale (anch'essa di 3000 anni) è molto più complessa nel suo insieme che non quella -singola o le tre messe insieme- di Confucio, Lao Tse e Buddha. Quella precedente, le tre citate, e quella successiva hanno come ispirazione la stessa antica "scuola" (del resto anche la Cristiana, Ebrea e Maomettana (pur così diverse) si ispirarono tutte al Patriarca ABRAMO prendendo strade diverse, e creando dottrine e dogmi diversi; correnti diverse nelle stesse dottrine e negli stessi dogmi, tanto da arrivare a oltre un centinaio di dogmi che partono da un unico ceppo. Ognuna ne ha fatta una personale. Quella che gli faceva comodo!).

Non pretendo io di colmare quelle lacune storiografiche, ma solo stimolare il lettore a trovare una traccia che possa portare ad approfondire le dottrine Orientali, che sono banalmente molto spesso nazionalpopolarizzate per scopi che non hanno nulla a che vedere con il tema che stiamo trattando. Uno dei capostipiti l' ho già citato nel 28 d.C. quando ho accennato a quel WANG CH'UNG che in quasi tutti i testi o dizionari occidentali è quasi sconosciuto, mentre nella "filosofia" cinese occupa interi capitoli ed è considerato il più grande pensatore della scuola antica, quello che ha attinto alle radici primordiali dell'umanità ancora sgombra di una morale di comodo impostata e ratificata con leggi, e via via dai governanti di turno applicate.
Affermava che con l'avvento della società moderna organizzata, basata sul potere di questo o quell'imperatore, gli ordinamenti, le leggi, le istituzioni, gli insegnamenti, le regole di comportamento, la morale, create da loro (e per loro comodo) hanno stravolto l'ordine naturale delle cose e della società umana. Quell'ordine antico dove "c'erano" i segni di una manifestazione biologica universale alle quali si deve guardare con una spontanea commozione naturalistica e una prospettiva antropocentrica.
(E Wang Ch'ung non aveva visto ancora i nostri due ultimi secoli! il capitalismo, le multinazionali, i trust, i capi degli imperi monopolistici, l'informazione globalizzata per darci "ordini" e "morali" che spesso sono vere scemenze uscite da ideologie a gogò)

Il Buddhismo vuole liberare l'uomo dal samsòra, ossia dal circolo delle esistenze: perche' la maledizione di ogni esistenza è la sua caducità. L' "io" personale, insieme a ciò che noi chiamiamo l'anima, si trova coinvolto in questo processo. In termini metaforici si potrebbe dire che come guardando un film si ha la impressione di una continuità per il succedersi ininterrotto delle immagini staccate, benchè una vera unità non esista, del pari l'incessante susseguirsi di processi istantanei della coscienza fa nascere l'illusione di un "io" nascente.
Ma il Buddhismo non nega soltanto un'anima sostanziale; esso ritiene che gli stessi dei siamo soggetti alla caducità e alla rinascita. Sembrerebbe dunque che esso è un ateismo, e ci si è chiesti appunto se si può chiamarla una religione. Non solo, ma potrebbe conferire all'etica buddhista qualcosa di freddo e una certa passività , ad un "uscire dal mondo", e in effetti all'origine era come una religione monastica occidentale, una comunità che si poteva definire un Ordine, e solo in seguito abbracciò una più vasta cerchia di laici, i quali bastava loro di pronunciarsi davanti a un monaco la formula di "prendo rifugio nel Buddha" per esservi ammesso. (ci si sposa con l'io più che con un dio).

Per tutto il resto questo laico poteva continuare la sua vita e mantenere le sue occupazioni nel mondo, senza un qualsiasi controllo ecclesiastico; mettendo in pratica quel che della morale buddhista è realizzabile nella sua particolare esistenza. I precetti di questa morale sarebbe lungo elencarli ma rispecchiano quella che è l'etica umana fin da quando la presa di coscienza nel danneggiare un altro ha cominciato a metterci a disagio con noi stessi, quando identificandoci nell'altro capivamo cosa era male cosa era bene, e che brevemente tali concetti fondamentali si possono elencare come 1° non uccidere alcun essere vivente; 2° non appropriarsi dei beni altrui; 3° non toccare la donna degli altri; 4° non mentire. Ed era una conseguenza che - per andare nella "retta via" - comportavano l'esclusione di quelle professioni che provocavano dolore agli altri: come quella del soldato, del cacciatore, del pescatore, del macellaio, perchè implicano l'uccisione di esseri viventi. 

Si vorrebbe anche nella vita ascetica del buddhista metterla in parallelo al nostro stoicismo, ma se andiamo alle origini delle stesse religioni occidentali, inizialmente a questo stoicismo, al dolore, alla sofferenza, erano proprio infarcite le prime dottrine, erano le forme per arrivare a meritarsi con l'uscita dal mondo, col cercare la sofferenza e il dolore un premio divino. Ecco dunque le punizioni corporali, le autoflagellazioni, il martirio, la morte invocata. Cosa che invece il buddhismo non contempla proprio perchè la morte conduce a una nuova nascita e non libera l'uomo dall' inesorabile destino della trasmigrazione. (l'Eterno Ritorno- Nietszchiano)

L'incontro e lo scontro del buddhismo con l' occidente, ha poi provocato all' inizio del sec.XIX e XX, un rinnovamento interno che in parte si ricollega ad antichi movimenti riformistici, e in parte ha assunto in maggiore o minore misura categorie di pensiero e strutture organizzative tipiche dell'occidente. Questo secondo movimento, cui presero parte anche i buddhisti occidentali, è stato chiamato neobuddhismo o buddhismo modernistico. Uno dei tratti che lo caratterizza è la ricezione delle scienze occidentali; l'altro è l'accentuazione (contrapposta al pensiero cristiano che resiste a oltranza) del carattere scientifico del pensiero buddhista e della sua fondabilità razionale. 
Le tendenze socialrivoluzionarie del buddhismo modernista hanno portato in alcuni paesi a un'unione del buddhismo col marxismo. Citiamo Marx e Nietszche, e sembra paradossale che i due maggiori combattenti contro le religioni, nelle loro riflessioni filosofiche mettono la questione religiosa sempre al centro dei loro pensieri e arrivano a certe riflessioni diametralmente opposte. Il primo afferma che "la religione è un' invenzione dei forti per opprimere i deboli" (Marx era di origine Ebrea) ; mentre l'altro che "è un invenzione dei deboli per frenare i forti". 

Entrambi in Oriente tali due riflessione sarebbero prive di sostanza e ritornando a leggere WANG CH'UNG nell'anno 28 di questa cronologia, ci si accorge che dalle sue poche righe voleva dire tutto questo e ben altro. Attingendo all'antichità, alla arcaica coscienza, spazzava via dalla sua dottrina proprio quei poteri (politici,religiosi), spazzava via la contaminazione del potere umano sulle nostre coscienze, sulla nostra morale, e additava solo la naturale biologica universale morale etica esistenziale nata con l'uomo stesso, sentita nell'armonia dell'ordine cosmico degli esseri viventi senza nessuna gerarchizzazione fabbricata a tavolino di qualche "palazzo" o in qualche "concilio". 
Se noi ammettiamo invece che questa gerarchizzazione esiste e deve esistere, quando siamo deboli prepariamoci sempre a chinare la testa, e non lamentiamoci se si è perdenti. Ma attenzione nulla è più deleterio quando ci si fa soffocare dalla rassegnazione, con questa non si va da nessuna parte; prima di iniziare già siamo soccombenti, poco più che vegetali. 

Si può anche prendere coscienza che alla gara che partecipiamo si può anche non vincere, ma se si ha anche coscienza che si è perso solo una gara e non tutte, si può continuare a gareggiare, insegnando se non altro a chi ci sta vicino (al nuovo discepolo) come ci si prepara a vincere, quali sono gli errori da non fare, e dov'è il punto di arrivo. E se abbiamo contribuito a far questo, qualcosa abbiamo vinto anche noi.

Significativa è quella storiella di quel cinese che avendo il suo povero orto in una valle in mezzo a due montagne, dove non arrivava mai il Sole, con una piccola pala incominciò a scavare la montagna che gli stava davanti con l'intenzione di liberarsi di quell'ostacolo e far crescere bellissimi frutti e saporite verdure; un occidentale fermandosi e osservando questa ciclopica operazione si affrettò a dire facendo i suoi calcoli che era inutile, che gli occorrevano almeno 130 anni prima di spianarla del tutto, e che lui il Sole non l'avrebbe di sicuro mai visto, -si lo so, disse il cinese- e allora perché lo fa? - perchè così mio figlio vedrà l'opera già iniziata e continuerà, poi suo figlio farà altrettanto con il suo esempio, infine come ha detto lei fra 130 anni i miei nipoti mangeranno delle ottime verdure e vedranno il sole entrare dalle finestre, e a lei tutto questo le sembra inutile?

E pensare che se noi non abbiamo la Ferrari e la Nutella subito, ci sembra che "non è vita questa". La gerarchizzazione ci ha portato anche a questo: sappiamo quanto vale la vita eppure ascoltiamo il saccente di turno che ci dice lui quando vale la pena di viverla. Insomma che il "nostro mondo" debba per forza essere uguale al suo.

Non dice quella pubblicita' "a che mondo sarebbe se non hai la.........? e l'altra "che vita è senza........?". A quando "ma perchè vivi ancora se non hai la........"? 
A quando il suicidio di massa perché non abbiamo disponibile una cioccolata calda?

vedi PIANETA CINA - Dalla Dinastia Hsia a Mao Tse-Tung a Piazza Tienanmenn > >


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