DOC.1100


GIOSUE' CARDUCCI

"RIME " e RITMI"

PIEMONTE
(1890).


"I canti eroici del Carducci, scrive Vincenzo Crescini (Rivista d'Italia, anno X, fast. VII), paiono frammenti di una grande epopea nazionale; o, a dire men peggio, sono l'epopea nazionale nella forma che l'età nostra sembra consentire piú volentieri: in forma lirica. Nel magnanimo cuore dell' aedo enotrio le gesta della patria rivivono, ripigliano essenza e figura: il passato è fatto presente nella intensità appassionata del sentimento: l'Italia storica palpita entro quel cuore: i secoli si ricompongono, innanzi agli occhi pensosi, nella continuità. fatale: egli vide.... svolgersi il gran dramma, glorioso e doloroso, della stirpe: e dal passato auspica, rievocando, incitando, rampognando, sperando, l'avvenire. Non ebbe l'Italia un più innamorato cuore di questo: e l'epico poema, che da quello rampollò, degnamente suggella il periodo eroico del riscatto italiano».

E, delle odi patriottiche del Carducci, questa al Piemonte, se per originalità d'arte e di concezione non sta forse al medesimo grado di altezza di quella dedicata al Cadore, in cui tanto è d'impeto guerriero, di concitazione lirica, di fervore, di forza, le è certamente pari per nobiltà di sensi e la supera nel volo più egualmente largo e solenne. L'una e l'altra danno un mirabile saggio della trasfigurazione ideale che l'immagine augusta e gli avvenimenti gloriosi della Patria assunsero nella coscienza eroica del Poeta.

L'ode fu cominciata in Ceresole Reale il 27 luglio 1890 e pubblicata il 20 settembre del medesimo anno. Da quell'alta stazione alpina, che è a 1495 metri sul livello del mare, e d'onde si ammirano le vette dentate del Gran Paradiso, il Poeta abbraccia con la fantasia tutta la cerchia delle Alpi piemontesi e segue il corso dei fiumi che si precipitano da' ghiacciai giù per le valli e ne' piani con l'impeto di accorrenti battaglioni, col sonito di cantanti epopee, portando alle città, industri, non molli ozi e vane leggende, ma gran tesoro di gagliardia e di ricchezza. Ed ecco sulle rive della Dora, Aosta ed Ivrea; Biella sul Cervo; Cuneo al confluente della Stura e del Gesso; Mondovì sopra il torrente Ellero; Torino sul Po; Asti sul Tartaro. Ed Asti richiama e ferma la visione del Poeta sui fatti eroici della Patria. Poiché di qui, come aquila dei picchi delle Alpi, Vittorio Alfieri sorse e trasvolò su tutta la penisola, rampognando i pigri cuori e gli animi ignavi.

Santa rampogna! Gli Italiani si destarono dal torpido sonno e corsero in guerra contro lo straniero; Carlo Alberto li guidò alle prime vittorie. Il Poeta ricorda (era fanciullo allora) quell'anno dei portenti: le folli speranze, gli ardimenti magnanimi, le epiche vittorie, e, più tardi, la tragica sconfitta. Il Re mori, profugo e tristo, nella lontana Oporto, in faccia all'Oceano immenso, ma fu consolato negli ultimi istanti dalla visione della eroica difesa di Roma, e ne sperò che i fati della Patria si sarebbero un giorno adempiuti. E allora un volo di spiriti cinse la morte di Carlo Alberto e scortò l'anima di lui a Dio: i martiri della Patria accoglievano tra loro il Re che li aveva percossi, ma che era morto, anche lui, per l'Italia.

PIEMONTE



( "Antologia Carducciana" di Mazzoni e Picciola, Zanichelli, 1907 )

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